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DERIVATE DAI TRATTATI
In italia l'adattamento alle norme pattizie internazionali
avviene normalmente con un atto ad hoc per ogni singolo
trattato. Tale atto è l'ordine di esecuzione, il quale è un
procedimento speciale o di rinvio. Esso dsi limita quindi ad
esprimere la volontà che il trattato sia eseguito ed applicato
all'interno dello stato, senza riformularne le norme ma
rimettendo all'interpete interno la ricostruzione e
l'interpretazione delle medesime.
L'ordine di esecuzione è di solito dato con legge ordinaria
che di solito contiene la formula "piena ed intera
esecuzione". In tal modo l'ordine di esecuzionepuò
precedere l'entrata in vigore dell'accordo, che può avvenire
al momento dello scambio delle ratifiche o del deposito di un
certo numero di ratifiche.
In mancanza dell'ordine di esecuzione, il trattato non ha
valore per l'ordinamento interno. A fini interpretativi può
essere ance utilizzato un trattato internazionale la cui ratifica
sia stata autorizzata dal Parlamento ma che non sia entrato
in vigore o non sia entrato in vigore per l'italia.
Occorre ora passare al problema del rango delle norme
convenzionali introdotte nell'ordinamento italiano tramite
l'ordine di esecuzione. Con una legge Costituzionale si è
rinnovata la materia dell'art. 117, stabilendo che la
legislazione statale deve esercitarsi "nel rispetto dei vincoli
internazionali", sancendo così una preminenza degli
obblighi internazionali e quindi anche degli obblighi derivanti
da trattati, sulla legge ordinaria.
Data la prevalenza degli obblighi internazionali sancita
dall'art 117, deve ritenersi che sia viziata da illegittimità
costituzionale e che possa essere annullata dalla Corte
costituzionale, la legge ordinaria che non rispetti i vincoli
derivanti da un trattato.
La prevalenza del trattato è stata anche assicurata, sempre
sul piano interpretativo, considerando il trattato come diritto
speciale ratione materiae o personarum. Importante è la
prassi secondo cui la legge posteriore prevale solo se vi è
una chiara indicazione della volontà del legislatore di
contravvenire al trattato, solo se, in altri termini, il legislatore
contravviene con piena conoscenza di causa.
Il trattato, una volta acquistata piena validità fomrale
all'intero dello stato, finisce con l'essere sorretto nell'ambito
dell'ordinamento interno da una duplice volontà normativa:
che certi rapporti siano disciplinati così come li disciplina la
norma internazionale e che gli impegni assunti verso altri
stati siano rispettati. Per far precedere una legge posteriore
occorre che entrambe queste volontà siano annullate.
(Specialità sui generis)
Per quanto riguarda i rapporti tra trattato e Costituzione, le
norme pattizie immesse potranno essere sottoposte a
conrollo di costituzionalità ed annullate se violano norme
della nostra Costituzione. Esse assumono la forza propria di
norme interposte tra legge ordinaria e costituzione, essendo
da un lato parametro di costituzionalità delle leggi e avendo
dall'altro, rango inferiore alla costituzione.
L'adattamento ad un trattato può prevedere espressamente
la diretta applicabilità delle decisioni degli organi all'interno
degli stati membri (es UE). Quando invece il trattato
istitutivo dell'organizzazione nulla dispone in materia, il
problema va risolto interamente alla luce dell'ordinamento
interno. Per la prassi italiana vi è un oreintamento verso
l'adozione di singoli atti di esecuzione oer ciascuna
decisione di organo internazionale, vincolante l'Italia. Tali atti
consistono talvolta in una legge ma il più spesso di decreti
legislativi o regolamenti amministrativi.
42.L'ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE E LE
COMPETENZE DELLE REGIONI
Quando il diritto internazionale o il diritto dell'UE
interferiscono con materie che in italia formano oggetto di
legislazione regionale, si pone il problema del
coordinamento tra norme internazionali e norme statali di
adattamento da un lato e norme regionali dall'altro.
Un principio è quello del rispetto, da parte delle regioni,
degli obblighi internazionali. Il principio è espressamente
sancito in taluni statuti regionali ed oggi esso è sancito
dall'art. 117 comma 1 della costituzione.
Con l'art. 117 la Corte ha finito col riconoscere alle regioni la
competenza autonoma ed originaria a partecipare, per le
materie di loro attribuzione, all'attuazione del dititto
internazionale nonchè del diritto comunitario direttamente
applicabile, riservando l'attuaione diretta delle direttive alle
regioni a statuto speciale. (lasciando margine d'azione allo
stato per "urgenza", "esigenze di uniformità sorrette
dall'interesse nazionale".
Per quano riguarda il diritto dell'UE, l'art 29 comma 1
stabilisce che, oltre allo stato, anche le regioni e le province
autonome, nelle materie di loro competenza, "danno
attuazione alle direttive e agli altri obblighi derivanti dal
diritto dell'UE". l'art 30 ribadisce che nelle materie di
legislazione concorrente, lo stato fissa "i principi
fondamentali nel rispetto dei quali le regioni e le province
autonome debbano esercitare la loro attività di attuazione
degli atti dell'UE nelle materie di competenza concorrente.
43. IL FATTO ILLECITO E I SUOI ELEMENTI
COSTITUTIVI: L'ELEMENTO SOGGETTIVO
Può darsi che lo stato non riesca ad evitare ce lo stato
incorra in una violazione di diritto internazionale o in un fatto
di illecito internazionale. Si pone allora il problema della
responsabilità internazionale degli stati che consiste nel
chiedersi quando esattamente si ha fatto un illecito
internazionale, quali sono i suoi elementi constitutivi e quali
conseguenze ne derivano.
A partire dal 1953 la Commissione di diritto internazionale
delle Nazioni Unite (CDI) ha intrapreso la realizzazione di un
progetto di decodificazione completato poi nel 2001. Esso si
occupa, in 59 articoli, sia degli elementi dell'illecito sia delle
conseguenze relative ad esso. Una caratteristica
fondamentale è quella di considerare i principi sulla
responsabilità come valevoli in linea di massima per la
violazione di qualsiasi norma internazionale (in precedenza
si erano redatti codici solo per il trattamento degli stranieri).
Quando si cerca di ricostruire una responsabilità a riguardo
di qualsiasi violazione di norma internazionale si presentano
diverse difficoltà in quanto la prassi diviene assai
frammentaria ed incerta, parlare di riparazioni per illeciti
gravissimi risulta avere poco senso e che risulta evidente la
scarsità di mezzi diretti ad assicurare 'attuazione delle
norme internazionali.
Sulla responsabilità delle organizzazioni internazionali la
CDI ha approvato definitivamente nel 2011 un progetto nel
quale si tratta di regole ispirate in linea generale al principio
dell'autonomia della responsabilità delle organizzazioni
internazionali, ricavabile dall'autonoma personalità
internazionale di cui sono dotate.
Vediamo alcuni articolti da segnalare:
-L'art. 17 prevede la responsabilità dell'organizzazione
qualora quesra induca con una decisione vincolante, uno o
più membri a compiere un atto illecito.
-L'art. 40 sancisce che i membri, qualora lo statuto
dell'organizzazione lo preveda, debbano prendere tutte le
misure necessarie per dotare l'organizzazione dei mezzi
(finanziari) per far fronte alle conseguenze dell'illecito da
essa commesso.
-L'art. 62 indica che un membro è responsabile a titolo
sussidiario per un atto illecito dell'org quando abbia
accettato tale responsabilità oppure abbia indotto la vittima
a farvi affidamento.
Il fatto illecito consiste in un comportamento di uno o più
organi statali, comprendendo tutti coloro che partecipano
all'esercizio del potere di governo (un qualsiasio organo
dello stato che sia legislativo, giudiziario o esecutivo, del
governo centrale o di un ente territoriale).
La violazione di norme internazionali attraverso la semplice
emanazione di leggi o di altre norme di portata astratta è
scarsamente ipotizzabile in quanto il contenzioso
internazionale è un contenzioso che ha per oggetto
questioni concrete.
Esiste una discussione per quanto riguarda la responsabilità
dello stato quando l'organo abbia commesso un'azione
internazionalmente illecita al di fuori dei limiti della sua
competenza (es organi di polizia, tortura, maltrattamenti di
individui). Secondo alcuni e secondo l'art. 7 del Progetto,
azioni del genere sarebbero comunque attrivuibili allo stato,
secondo altri autori invece l'azione in quanto tale resterebbe
propria dell'individuo o degli individui che l'hanno compiuta e
l'illecito dello stato consisterebbe nel non aver preso misure
idonee a prevenirla.
Se l'illecito internazionale è opera di organi statali, resta
esclusa la possibilità che allo stato sia addossata una
responsabilità per atti di privati che arrechino danni ad
individui, organi o stati stranieri. Oggi si ritiene che lo stato
risponda solo quando non abbia posto in essere le misure
atte a prevenire l'azione o a punirne l'autore e quindi solo
per il fatto dei suoi organi. Il comportamento di cui è qui
responsabile lo stato consiste in un'omissione (complicità
con il violatore).
44. L'ELEMENTO OGGETTIVO
Il progetto dall'art. 12 in poi si occupa del fatto illecito osia
ell'illiceità del comportamento dell'organo statale: "si ha
violazione di un obbligo internazionale da parte di uno stato
quando un fatto di tale stato non è conforme a ciò che gli è
importo dal predetto obbligo"
L'art. 13 contiene la regula tempus regit actum, ossia
prevede che l'obbligazione debba esistere al momento in cui
il comportamento dello stato ha luogo. Nel 14 e 15 si
stabilisce quando deve ritenersi che si verifichi l'illecito negi
illeciti istantanei (tempus commissi delicti), in quelli avente
carattere continuo (tempus commissi delicti copre tutta la
durata dell'illecito)
All'elemento obbiettivo dell'illecito internazionale attengono
le cause o circostanze escludenti l'illiceità:
1) Consenso dello stato leso. Viene configurato da una
parte della dottrina come un vero e proprio accordo tra lo
stato autorizzante e lo stato autorizza