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RINVIO PREGIUDIZIALE
L’art. 267 del TFUE rappresenta un’eccezione alla regola dei 2 mesi, e
comporta un’altra forma di controllo sulla legalità degli atti, ossia il rinvio
pregiudiziale.
Il rinvio pregiudiziale non rappresenta un’azione diretta (non c’è un attore e
non c’è un convenuto), ma è un mezzo per coinvolgere la Corte di giustizia e
chiedere alla Corte l’interpretazione dei trattati oppure la validità
dell’interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni.
La validità rappresenta il “controllo di legalità” la Corte può essere chiamata
a valutare se un atto dell’UE è viziato.
Gli atti dell’UE si applicano in tutti gli Stati e sono redatti in tutte le lingue
ufficiali.
Se gli Stati potessero applicare queste norme come vogliono, nel corso del
tempo ci sarebbe un unico atto uguale in tutti gli Stati, ma con significati
diversi.
Per assicurare l’uniformità dell’interpretazione del diritto dell’UE è stato
previsto questo meccanismo che esiste fin dall’origine.
Quindi consentire alla Corte di giustizia di fornire un’interpretazione del diritto
europeo a tutti gli Stati.
La Corte di giustizia può essere attivata da un giudice nazionale (meccanismo
nelle 2 sentenze: sentenza Van Gend en Los + sentenza Costa vs Enel).
Nelle sentenze viste, il giudice nazionale doveva applicare il diritto dell’UE,
aveva un dubbio come interpretarlo e ha chiesto un’interpretazione alla Corte
di giustizia.
L’interpretazione garantisce una uniformità dell’interpretazione.
La procedura prevede un giudice nazionale che deve decidere una causa
applicando il diritto europeo e chiede l’interpretazione alla Corte.
Si chiama “rinvio pregiudiziale” perché interviene prima del giudizio finale del
giudice nazionale.
Articolo 267 del TFUE:
La Corte di giustizia dell'Unione europea è competente a pronunciarsi, in via
pregiudiziale:
a) sull'interpretazione dei trattati;
b) sulla validità e l'interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli
organi o dagli organismi dell'Unione.
Quando una questione del genere è sollevata dinanzi ad un organo
giurisdizionale di uno degli Stati membri, tale organo giurisdizionale può,
qualora reputi necessaria per emanare la sua sentenza una decisione su
questo punto, domandare alla Corte di pronunciarsi sulla questione.
In questo caso il giudice ha facoltà, cioè scelta, di rivolgersi alla Corte di
giustizia.
Esempio: Corte d’Appello in quanto le sue decisioni sono impugnabili.
Quando una questione del genere è sollevata in un giudizio pendente davanti a
un organo giurisdizionale nazionale, avverso le cui decisioni non possa
proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, tale organo
giurisdizionale è tenuto a rivolgersi alla Corte.
In questo caso il giudice deve rivolgersi alla Corte di giustizia.
Questo perché si tratta di un giudice di ultimo grado, le cui decisioni non sono
impugnabili dalle parti.
Esempio: la Corte di Cassazione e Corte d’Appello è un giudice di ultimo
grado.
Perché c’è questa differenza?
A causa della prassi in certi ordinamenti (come quello inglese) ci sono giudici
di grado inferiore che devono rispettare le sentenze del grado superiore.
Nel nostro ordinamento questo vincolo non c’è, ma si è sviluppata la prassi.
Esempio: se il tribunale di Milano segue la stessa strada della Cassazione, c’è
meno probabilità che le sue decisioni vengano impugnate.
Quindi i giudici di ultimo grado sviluppano una prassi e sono i giudici di
riferimento per tutti i giudici dell’ordinamento.
Quindi è importante che la prassi che si instaura sia compatibile con
l’ordinamento dell’UE.
Nel caso in cui ci fosse un obbligo di rinvio giudiziale per tutti i giudici nazionali,
ci sarebbero tantissimi ricorsi con un effetto paralizzante. Di conseguenza la
soluzione è stata quella di stabilire che TUTTI i giudici POSSONO rivolgersi alla
Corte, ma non tutti DEVONO.
La Corte fornisce una interpretazione che vale, non solo per il giudice nazionale
che lo richiede, ma anche per gli altri giudice.
Quando una questione del genere è sollevata in un giudizio pendente davanti a
un organo giurisdizionale nazionale e riguardante una persona in stato di
detenzione, la Corte statuisce il più rapidamente possibile.
11/05/18
Eravamo arrivati al rinvio pregiudiziale, vedendone gli elementi essenziali. Il rinvio
pregiudiziale ha due aspetti
● Interpretazione dei trattati
● Validità e interpretazione degli atti
Prendiamo la sentenza della CG a pag. 381 CM. Il problema pratico del TAR della
Sardegna è che era stata esclusa una persona da un bando per agente di ristorazione
in cui bisognava specificare se si fossero svolte mansioni nella pubblica
amministrazione. La signora Scholz aveva lavorato presso le poste in Germania. La
signora Scholz è stata esclusa perché aveva lavorato per la pubblica amministrazione
tedesca, quindi non era considerata l'esperienza nelle poste tedesche, questo causa
un punteggio basso e perde il posto. Lei impugna il bando presso il TAR, competente in
materia di concorsi. Il TAR deve capire se il bando è stato interpretato correttamente
dall'università oppure no.
Ma qual è la rilevanza nel diritto dell’UE? Il principio di non discriminazione in base
alla nazionalità, indicato all'art 18 del TFUE.
Vi è poi una specificazione per i lavoratori all'art 45 che parla di libera circolazione dei
lavoratori, abolendo discriminazioni sulla base della nazionalità. Qui la discriminazione,
a detta della ricorrente, sta nel fatto che la sua esperienza professionale è stata
acquisita in Germania. Quindi se l'opera universitaria di Cagliari non ha operato una
discriminazione allora la signora Scholz non ottiene il lavoro, se ha invece effettuato
una discriminazione i punteggi non sono stati assegnati in modo corretto. La norma
generale astratta dice che i lavoratori non devono essere distinti sulla base della
nazionalità, ma viene applicata al caso concreto e bisogna valutare se questa norma è
applicabile al caso in specie. È quindi un problema di interpretazione che ha ricadute
sull'applicazione.
Il Tar deve applicare il diritto dell'Ue, questo perché i giudici nazionali sono giudici
naturali dell'UE, una persona che crede che sia violata una norma europea si rivolge ai
giudici nazionali, non alla corte di giustizia che non ha competenza in materia. Il Tar
però ha sottoposto alla Corte una questione pregiudiziale sui trattati CEE, chiedendo
che possano essere interpretati nel senso che in occasione di un concorso pubblico
possa essere rilevante l'attività lavorativa prestata alle dipendenze della pubblica
amministrazione di un altro stato membro, quando il lavoro in pubblica
amministrazione sia considerato utile per l'inserimento in graduatoria. Il giudice fa una
domanda astratta, collegata alla peculiarità del caso in specie ma astratta. Non
nomina direttamente la Signora Scholz o l'università di Cagliari, ma formula una
domanda astratta che riprende gli elementi del caso in specie.
L'art 267, norma sul rinvio pregiudiziale, dice che quando una questione del genere è
sollevata dinanzi ad un organo giurisdizionale di uno degli Stati membri, tale organo
può domandare alla corte di pronunciarsi sulla decisione. Il TAR in questo caso ha
ritenuto importante rivolgersi alla corte, ma se non l'avesse fatto non avrebbe violato
il trattato perché il trattato dà una possibilità allo stato. Formula quindi una questione
alla corte per l’interpretazione della norma da applicare al caso.
La corte fa una cosa molto comune, riformula la questione, raramente risponde alla
domanda del giudice nazionale così com’è, ma di solito la riformula. Il giudice ha
chiesto l’interpretazione di più norme, perché dice che l'art 18 non c'entra in questo
caso, perché è valido se non ci sono norme più specifiche, ma in questo caso c'è una
norma specifica all'art 45. Inoltre, il regolamento da interpretare semplicemente
ribadisce quello che dice il trattato. Quindi ridefinisce il quesito e procede a dare una
risposta.
La corte non va dritta al punto, ma inquadra la questione partendo dagli aspetti
generali. Partendo da qui considera il significato della norma dell’unione per dare
risposta al giudice nazionale. Inoltre, la corte cita i precedenti, ossia casi simili presso
la corte. Quindi risulta da una giurisprudenza costante che l'art 45 vieta
discriminazioni palesi e dissimulate legate alla cittadinanza. Nel nostro caso non c'è
una discriminazione diretta, non era trattata in modo diverso perché tedesca, ma
perché aveva una competenza professionale acquisita in un altro stato membro. Si
dice anche che la norma non si applica nella pubblica amministrazione, ma
l'interpretazione è sempre stata quella che l'accesso sia limitato solo per quelle
attività che comportano l'esercizio di pubblici poteri come magistratura, polizia,
esercito…. Gli stati devono quindi garantire la parità di trattamento.
Ribadito che il divieto di discriminazione riguarda anche le discriminazioni dissimulate,
si sottolinea che nel bando non si specificavano che i lavori nella pubblica
amministrazione fossero legati alla ristorazione, ma era qualcosa di generale. Si tratta
quindi di una discriminazione indiretta non giustificata.
La corte chiude col dispositivo, parte in cui c'è la risposta alla domanda del giudice.
L'art 45 deve essere interpretato nel senso che non è possibile fare distinzione tra
cittadini comunitari a seconda che le attività siano state svolte nello stesso stato
membro o un altro. Non ha detto quindi chi ha torto e chi ha ragione, ma si mette
nell'ambito del trattato.
A questo punto la decisione della Corte di giustizia è vincolante per la corte che l'ha
richiesta. La sentenza del TAR conclude quindi il procedimento applicando il principio
indicato dalla corte di giustizia. Alla fine decide il TAR che si è avvalso della possibilità
di chiedere alla corte un'interpretazione e questo è un incidente nel procedimento,
ossia un passaggio non obbligatorio ma ritenuto opportuno dal giudice. Il TAR applica il
principio di diritto espresso, accoglie il ricorso e ordina di inserire in graduatoria la
signora Scholz.
La corte di giustizia ha sempre assegnato ai suoi precedenti un valore generale, dice
dei esser l&r