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Il federalismo è l'antitesi dell'internazionalità

Il federalismo accentra e verticalizza il potere, mentre la comunità internazionale, pur essendo priva di organi e poteri esecutivi, deve regolare i rapporti tra Stati sovrani con una certa efficacia.

Elenchiamo, ora, le funzioni fondamentali di vita e di ricambio dell'ordinamento internazionale:

  1. Le norme esistenti devono essere continuamente arricchite ed integrate (ricambio delle norme)
  2. Procedura di accertamento delle norme
  3. Funzione di attuazione delle norme

In uno Stato (ordinamento interno) queste tre funzioni (a, b, c) sono esercitate da organi che fanno operare la persona giuridica (Stato). L'organo, infatti, non è altro che lo Stato nell'espletamento di alcune funzioni: tra organo e Stato c'è un rapporto di immedesimazione. Il Parlamento, infatti, non rappresenta lo Stato ma è lo Stato nello

svolgimento della funzione legislativa. È possibile, dunque, che vi sia un organo legislativo nell'ordinamento internazionale? L'espressione "leggi internazionali" è erronea: l'ordinamento internazionale, infatti, non ha leggi perché la legge è emanata dal Parlamento e non esiste un organo internazionale che è investito della funzione legislativa (non esiste cioè un Parlamento dell'ordinamento internazionale).

E allora come si producono le norme internazionali? Quali sono le fonti del diritto internazionale?

  1. Accordi
  2. Consuetudine
  3. Atti dell'organizzazione internazionale

Tutte e tre le fonti elencate hanno una caratteristica in comune: si posano sul consenso degli Stati.

L'accordo è l'equivalente del contratto del diritto interno. Gli accordi internazionali sono la più diffusa fonte di norma di diritto internazionale.

La consuetudine si ha quando gli Stati ripetono un determinato

comportamento con la convinzione che sia un obbligo giuridico (diuturnitas + opinio iuris). Gli atti dell'organizzazione internazionale sono fonti di terzo grado e posano sul consenso degli Stati, i quali consentono all'organizzazione internazionale di porre in essere atti vincolanti.

Ritorniamo, ora, alle funzioni dell'ordinamento internazionale e confrontiamole con le funzioni dell'ordinamento interno.

a) Nell'ordinamento interno la legislazione spetta al Parlamento (o meglio, alle forze politiche che si accordano prima); nell'organizzazione internazionale, invece, sono proprio gli Stati che, con il proprio consenso, gestiscono la produzione di fonti.

b) Per quanto riguarda la giurisdizione, nell'organizzazione internazionale non possono esserci organi giurisdizionali. L'equivalente delle giurisdizione interna, quindi, può essere l'arbitrato (che nell'ordinamento interno è un istituto complementare alla giurisdizione statale).

L'arbitrato, infatti, è il classico mezzo di risoluzione delle controversie fra gli Stati: gli Stati si accordano con un compromesso arbitrale ed investono un organo del potere di risolvere una determinata controversia.

Per quel che concerne l'esecutivo, nell'organizzazione internazionale non vi sono, ad esempio, organi che riparano l'illecito. L'istituto corrispettivo, quindi, è quello dell'autotutela (paradossalmente si tratta della "legge del taglione"): è la reazione dello Stato leso, abilitato appunto dall'organizzazione internazionale a reagire ad un torto subito da altro Stato con un altro illecito, per tutelare le proprie ragioni.

DIRITTO INTERNAZIONALE - Prof. Picone - giovedì 27 gennaio 2005

Nello statuto della Corte internazionale di giustizia l'art. 38 dà un'illustrazione delle principali fonti utilizzabili nei diritti fra gli Stati. Questo articolo contiene una sorta di

gerarchia delle fonti principali di diritto internazionale: 1) Accordi 2) Consuetudine In questo caso non è corretto, però, parlare di gerarchia in senso stretto, perché la consuetudine è una fonte di primo grado e generale (produce norme valide ed efficaci per la generalità); l'accordo, invece, è fonte di norme particolari (vincola, cioè, solo le parti, ossia gli Stati, che lo concludono). Sarebbe, quindi, più opportuno effettuare un altro elenco: 1) Consuetudine 2) Accordi L'elencazione dell'art. 38, però, costituisce un metodo pratico per il giudice che, per la risoluzione delle controversie internazionali, fa dapprima riferimento agli accordi e poi alla consuetudine. Questo articolo, inoltre, non fa alcun riferimento all'altra fonte: gli atti. La fonte di primo grado, comune, è la consuetudine. Sorge, però, un problema di cui ha trattato anche Popper: diuturnitas ed opinio iuris, nella tesi.dellacostituzione dualistica, convergono per creare la consuetudine, fonte che appunto produce norme diefficacia e validità generale. Secondo la tesi dualistica, l'opinio iuris è un elemento formativo della consuetudine: quando però gli Stati manifestano la doverosità giuridica, in quel momento la consuetudine non si è ancora formata (nasce, infatti, alla fine). La costruzione dualistica sembra dunque essere molto labile: è come se l'opinio iuris avvenga per errore, prima che la norma si sia formata. Ma in realtà quando si parla dell'opinio iuris, si afferma che gli Stati seguono quel determinato comportamento a cui collegano una doverosità giuridica, da cui soltanto successivamente nascerà la consuetudine internazionale, e non seguono già una norma (che non si è ancora formata). Sorge, poi, un secondo problema: il comportamento degli Stati (opinio iuris) deve essere generale? Ma quanti devono

essergli Stati che assumono quel comportamento? È sufficiente che un soloStato sia contrario perché la consuetudine non si formi? L'opinio iuris per essere assieme alladiuturnitas validamente esistente deve essere sorretta da un consenso degli Stati: il consenso degliStati corrisponde al consenso delle forze sociali prevalenti. Queste forze sociali prevalenti, espressive di un consenso attribuibile alla comunità internazionale,devono essere considerate caso per caso. Poniamo l'esempio di una consuetudine sorta nel campo della non proliferazione nucleare: èimportante che questa consuetudine sia sorretta dal massimo consenso degli Stati, ma soprattutto dalconsenso di quegli Stati che possiedono arsenali nucleari. Prendiamo, ora, l'esempio di una consuetudine sorta in materia di investimenti: in questo campoesistono Paesi interessati all'esportazione di capitali ed altri Paesi che hanno interesse ad importareinvestimenti esteri. Non sempre prevalgono,

però, le condizioni dei Paesi esportatori: anche in questo caso c'è un riferimento alle forze sociali prevalenti. Sorge, inoltre, un terzo problema sui tempi: quanto deve durare il comportamento degli Stati a che si formi la consuetudine? Oggi il fattore tempo diminuisce; qualcuno afferma addirittura che possono essere delle consuetudini istantanee le quali, però, sono pericolose, proprio perché danno agli Stati il potere di imporre un determinato precetto senza aspettare un determinato tempo per fare in modo che la prassi si sia consolidata. Vi possono anche essere delle situazioni in cui le prassi sono poste da Stati forti del sistema, costitutive di consensi istantanei, anche se in realtà la consuetudine poggia sul ripetersi di comportamenti nel tempo. Vi è, poi, un quarto problema: la consuetudine è fonte di norme generali, che vincolano cioè tutti gli Stati, anche quelli che con il loro comportamento non hanno aderito alla.

Prassi e non hanno contribuito alla formazione della consuetudine. Nel caso in cui uno Stato, quindi, faccia valere sempre il proprio dissenso nei confronti di una consuetudine, non può comunque essere escluso dalla consuetudine stessa.

Sorge, poi, un quinto problema, in tutti quei casi in cui la consuetudine non si forma dal concorso della diuturnitas e dell'opinio iuris.

Sono sorte, a fronte di questo problema, due teorie:

  1. Consuetudine intesa come tacito accordo
  2. Consuetudine, come fonte di norme generali, che si forma solo sulla base del consenso, dell'opinio iuris (è la cosiddetta "consuetudine selvaggia").

La teoria 1) non ha mai trovato una base nella giurisprudenza della Corte internazionale di Giustizia, ma è stata sorretta solo dai Paesi socialisti. Erano gli autori sovietici, dunque, che sostenevano questa teoria. Ma perché? E con quali effetti? L'accordo tacito vincola solo gli Stati che hanno stipulato tale accordo (accordo

che poi ha sorretto la consuetudine): non si può, quindi, imporre la portata della consuetudine ad un terzo Stato dissenziente. La teoria 1) è sorta e si è diffusa perché si era diffusa l'idea che gli Stati socialisti vivessero in una condizione di accerchiamento (erano, cioè, accerchiati da altri Stati che imponevano loro determinate norme). I Paesi socialisti, quindi, si difendevano con questa teoria dalle norme imposte loro dai Paesi occidentali. La teoria 2) fu, invece, sostenuta dai Paesi in via di sviluppo tra la fine degli anni '70 e gli inizi degli anni '80, con il concludersi del processo di colonizzazione (che era cominciato agli inizi degli anni '60). In quegli anni, infatti, vi furono molte disposizioni solenni, proposte dall'Assemblea generale, che affermavano molti principi importanti a vantaggio dei Paesi in via di sviluppo e a scapito dei Paesi industrializzati. Queste due teorie e la teoria della costruzione

La teoria della costruzione dualistica della consuetudine sottolinea la differenza tra la costituzione materiale e le fonti generali dell'ordinamento. Nel punto di equilibrio tra queste posizioni contrapposte, prevale la teoria della costruzione dualistica della consuetudine, in cui il consenso delle forze sociali prevalenti è forte.

Come tutte le norme internazionali, anche la consuetudine produce effetti all'interno degli ordinamenti statali, ed è quindi un fenomeno che ci interessa da vicino.

Le consuetudini sono oggetto di adattamento all'interno del nostro Stato. Il primo comma dell'art. 10 della Costituzione sancisce che "L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute", quindi le norme di diritto internazionale fanno parte dell'ordinamento italiano.

Inoltre, sorgono notevoli problemi riguardanti l'accertamento di...

Una consuetudine: è al giudice che spetta il compito di accertare l'esistenza di una prassi e l'esistenza di tutte le com.
Dettagli
A.A. 2012-2013
11 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/13 Diritto internazionale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher valeriadeltreste di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto internazionale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Picone Paolo.