Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
La Santa Sede dispone anche della c.d. legazione (attiva e passiva): ossia la possibilità di
intrattenere rapporti con gli altri stati tramite gli ambasciatori, che nel caso della Sante Sede di
chiamano nunzi pontifici ai quali si affianca un decano.
La Santa Sede inoltre partecipa a molte conferenze intergovernative.
Quello che la Santa Sede non ha fatto e non può fare, ma che comunque sarebbe sconveniente
se lo facesse, è partecipare all’Onu. La Santa Sede è solo un osservatore perché l’Onu è aperto
solo agli stati. I papi tuttavia hanno sempre avuto un grande sostegno e ammirazione all’Onu.
VI lezione: 16 ottobre 09: dalle 8:30 alle 10:30
Altro ente non statale e senza territorio è il Sovrano ordine gerusalemmitano di Malta, ente
di origine religiosa che svolge una funzione di assistenza.
Due elementi contribuiscono al riconoscimento di soggettività di questo ente: le relazioni
diplomatiche, perché scambia i suoi ambasciatori con oltre 70 stati e la conclusione di veri e
propri accordi internazionali, stipulati fra uguali.
Con l’Italia esisteva un accordo del ’60 costituito però solo da note ma nel 2003 si è avuto un
vero e proprio accordo.
Questo ordine svolge una bella funzione umanitaria ma in realtà la soggettività gli serve più per
motivi fiscali perché è esonerato dalle tasse.
Tra gli altri enti non statali abbiamo i movimenti o partiti insurrezionali (o governi di fatto locali).
Si tratta di movimenti che combattono contro il governo “legittimo” di un paese riuscendo con la
forza ad ottenere il controllo di una parte del territorio. Per questo gli si riconosce una certa
soggettività anche se è destinatario solo di alcune norme internazionali.
Ci sono state 4 convenzioni (di Ginevra), fatte dalla Croce Rossa per umanizzare la guerra.
L’articolo 3 di queste convenzioni prevede uno standard minimo di umanizzazione del conflitto.
Queste sono norme consuetudinarie e per questo rispettate da tutti. A queste convenzioni sono
stati aggiunti due protocolli di cui uno sulle regole dei conflitti bellici.
Elemento che identifica questa categoria di ente è il controllo di una parte di territorio, l’ente ha
quindi il requisito della territorialità, ed è destinatario delle norme che limitano la sovranità dello
stato nel rispetto dei beni stranieri che si trovano nel territorio così come dei cittadini stranieri
che vanno protetti.
Hanno infine la capacità di concludere accordi internazionali di vario oggetto, soprattutto di pace
o armistizio, con lo stato “legittimo” col quale sono in conflitto.
Questo soggetto per sua natura è transitorio, non può durare in eterno. O avviene una
secessione o distacco che porta alla creazione di uno stato nuovo o il partito insurrezionale
occupa la capitale e si sostituisce al governo legittimo creando quindi un mutamento
rivoluzionario di governo, oppure l’ipotesi opposta e il governo legittimo sconfigge quello
rivoluzionario che si estingue.
In seguito al rapimento di Aldo Moro, si disse che non si poteva trattare coi terroristi, ma secondo
alcuni ciò era possibile perché considerava i rapitori di Aldo Moro come movimenti rivoluzionari,
cosa che in realtà non sono.
Poi c’è la categoria dei movimenti di liberazione nazionale che è analoga a quella
insurrezionale perché c’è la medesima organizzazione ma le differenze sono: che non si richiede
il controllo di un territorio e che il movimento combatte per ottenere l’autodeterminazione.
Autodeterminazione dei popoli: norma non solo costituzionale ma anche cogente, inderogabile.
Sul piano delle norme scritte internazionale l’enunciazione di questo principio lo ritroviamo
10
nell’articolo 1 e 55 della carta dell’Onu (prima venne enunciato da Winston) e, per altri elementi,
nella prassi che creò un contenuto più preciso che porta a distinguere due aspetti: non si tratta
di un principio generale ma di un diritto del popolo, diritto che ha due risvolti, uno interno che
riguarda i rapporti tra cittadini e stato che garantisce taluni fondamentali diritti politici, e uno
esterno, per la prima volta solennemente affermato nel 1960 con una dichiarazione nella quale
si sottolinea l’estraneità dello stato coloniale e la madre patria.
Il principio di autodeterminazione dei popoli si traduce in un diritto all’indipendenza, diritto del
popolo coloniale a diventare indipendente.
Questa dichiarazione è seguita da una prassi costante. Tutti gli atti dell’assemblea generale
dell’Onu sono raccomandazioni ma questa dell’autodeterminazione diventa subito una norma
consuetudinaria che si arricchisce e amplia la categoria di popoli che hanno diritto
all’indipendenza: anzitutto i popoli soggetti a un regime di apartheid (quelli del Sud Africa), poi
tutti gli altri popoli che subiscono una dominazione straniera imposta con la forza (il popolo
palestinese nei confronti dello stato israeliano, i baschi, i curdi, la Lega Nord; le isole Tremiti
chiesero di unirsi alla Libia), e infine ai popoli senza patria.
In queste tre ipotesi è riconosciuto il diritto di indipendenza, altrimenti va rispettata l’integrità
territoriale.
Caratteristiche del movimento di liberazione nazionale: c’è chi ritiene che essi possano fare
ricordo alla forza armata quando non gli viene riconosciuta la liberta, ma secondo il prof questa
non può che essere una estrema ratio.
I movimenti di liberazione nazionale, come l’OLP per esempio, sono considerati soggetto di
diritto internazionale, soprattutto dal punto di vista umanitario. Essi sicuramente concludono
degli accordi (Mauritania e Politania; “Dichiarazione dei principi fra Israele e l’OLP” del 1993, con
la quale l’OLP viene riconosciuta come rappresentante del popolo palestinese).
Anche la giurisprudenza interna riconosce a questi movimenti soggettività: la Corte di
Cassazione italiana in sede penale afferma che l’OLP è un soggetto di diritto internazionale
titolare di autodeterminazione. Tuttavia non è destinatario di norme ricollegate alla territorialità.
Quello che dice la Cassazione è vero ma è anche vero che questi movimenti sono responsabili
dei propri illeciti. Si pensi al dirottamento della Achille Lauro.
Il 7 ottobre 1985, mentre compiva una crociera nel Mediterraneo, al largo delle coste egiziane, venne
dirottata da un commando del Fronte per la Liberazione della Palestina (FLP). A bordo erano presenti 201
passeggeri e 344 uomini di equipaggio.
Dopo frenetiche trattative diplomatiche si giunse in un primo momento ad una felice conclusione della
vicenda, grazie all'intercessione dell'Egitto, dell'OLP di Arafat (che in quel periodo aveva trasferito il quartier
generale dal Libano a Tunisi a causa dell'invasione israeliana del Libano) e dello stesso Abu Abbas (uno dei
[1]
due negoziatori, proposti da Arafat, insieme a Hani El Hassan, un consigliere dello stesso Arafat ), che
convinse i terroristi alla resa in cambio della promessa dell'immunità.
Due giorni dopo si scoprì tuttavia che a bordo era stato ucciso un cittadino americano, Leon Klinghoffer,
ebreo e paralitico: l'episodio provocò la reazione degli Stati Uniti. L'11 ottobre dei caccia statunitensi
intercettarono l'aereo egiziano (un Boeing 737), che, secondo gli accordi raggiunti (salvacondotto per i
dirottatori e la possibilità di essere trasportati in un altro paese arabo), conduceva in Tunisia i membri del
commando di dirottatori, lo stesso Abu Abbas, Hani El Hassan (l'altro mediatore dell'OLP) oltre ad degli
agenti dei servizi e diplomatici egiziani, costringendolo a dirigersi verso la base NATO di Sigonella, in Italia,
dove fu autorizzato ad atterrare poco dopo la mezzanotte.
L'allora presidente del Consiglio italiano Bettino Craxi si oppose tuttavia all'intervento americano, chiedendo
il rispetto del diritto internazionale e sia i VAM (Vigilanza Aeronautica Militare) che i carabinieri di stanza
all'aeroporto si schierarono a difesa dell'aereo contro la Delta Force statunitense che nel frattempo era
giunta su due C-141. A questa situazione si aggiunse un altro gruppo di carabinieri, fatti giungere da Catania
dal comandante generale dei carabinieri (il generale Riccardo Bisogniero). Si trattò della più grave crisi
diplomatica del dopoguerra tra l'Italia e gli Stati Uniti, che si risolse cinque ore dopo con la rinuncia degli USA
ad un attacco all'aereo sul suolo italiano.
I quattro membri del commando terrorista vennero presi in consegna dalla polizia e rinchiusi nel carcere di
Siracusa e furono in seguito condannati, scontando la pena in Italia. Per il resto della giornata vi furono
numerose trattative diplomatiche tra i rappresentanti del governo italiano, di quello egiziano e dell'OLP.
Alla ripartenza dell'aereo con destinazione Ciampino si unirono al velivolo egiziano un velivolo del SISMI
(Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Militare) che era nel frattempo giunto con l'ammiraglio Fulvio
Martini (che nelle prime ore della crisi era stato costretto a seguire le trattative solo per via telefonica) e a
una piccola scorta di due F-104S decollati dalla base di Gioia del Colle e altri due decollati da Grazzanise,
voluta dallo stesso Martini. Nel frattempo un F-14 statunitense decollò dalla base di Sigonella senza chiedere
l'autorizzazione e senza comunicare il piano di volo e cercò di rompere la formazione del Boeing e dei velivoli
italiani, sostenendo di voler prendere in consegna il veivolo con Abbas a bordo, venendo però respinto dagli
F-104 di scorta. 11
Una volta giunti a Ciampino, intorno alle 23:00, un secondo aereo statunitense, fingendo un guasto, ottenne
l'autorizzazione per un atterraggio di emergenza e si posizionò sulla pista davanti al velivolo egiziano,
impedendone un'eventuale ripartenza. Su ordine di Martini al caccia venne allora dato un ultimatum di
cinque minuti per liberare la pista, in caso contrario sarebbe stato spinto fuori pista da un Bulldozer; dopo tre
minuti il caccia statunitense ridecollò, liberando la pista.
Gli Stati Uniti richiesero nuovamente la consegna di Abu Abbas, in base agli accordi di estradizione esistenti
tra Italia e USA, senza tuttavia portare prove del reale coinvolgimento del negoziatore nel dirottamento. I
legali del Ministero di Grazia e Giustizia e gli esperti in diritto internazionale consultati dal governo ritennero
comunque non valide le richieste statunitensi.
Il Boeing egiziano venne quindi trasferito a Fiumicino, dove Abu Abbas e l'altro mediatore dell'OLP vennero
fatti salire su un diverso velivolo, un volo di linea di nazionalità Jugoslava la cui partenza era stata
appositamente ritardata. Solo il giorno successivo, grazie alle informazioni raccolte dai