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Potenze ed enti protettori dei prigionieri di guerra
Una Potenza protettrice è uno Stato incaricato da un altro Stato (noto come Potenza di
origine) di proteggere i suoi interessi e quelli dei suoi cittadini, nei confronti di uno Stato terzo
(chiamato Potenza detentrice) . Sono le Potenze protettrici che tutelano gli interessi delle Parti in
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conflitto e controllano l’applicazione della III Convenzione di Ginevra del 1949, attraverso il
proprio personale diplomatico o consolare oppure attraverso delegati scelti tra i propri cittadini o tra
quelli di altri Stati neutrali, che siano accettati dalla Potenza detentrice dove andranno a svolgere i
propri compiti (articolo 8, comma 1). L’articolo 9 sancisce che le Potenze protettrici non dovranno
ostacolare l’attività che il Comitato internazionale della Croce Rossa, o un altro ente umanitario
imparziale, svolgerà nei confronti dei prigionieri di guerra.
L’articolo 10 della III Convenzione di Ginevra del 1949 concerne la possibilità, per gli Stati
contraenti, di affidare a enti imparziali ed efficaci i compiti che spetterebbero alle Potenze
protettrici. Tale possibilità diviene obbligo quando i prigionieri non godono o smettono di godere
dell’attività della Potenza protettrice o dell’ente designato; questo obbligo deve essere connesso alla
formulazione di una richiesta da indirizzare a uno Stato neutrale o all’ente. Inoltre, nel caso in cui la
protezione non possa più essere assicurata, i detentori dei prigionieri dovranno rivolgersi a un ente
umanitario, affinché questo si assuma i compiti previsti dalla Convenzione, accettando l’offerta di
servigi di tale organizzazione.
Lo Stato neutrale o l’ente sono responsabili verso la Parte belligerante da cui dipendono i
prigionieri e devono garantire la capacità di assunzione e il compimento imparziale delle proprie
funzioni.
Le disposizioni dell’articolo 10 non ammettono che siano formulate deroghe tramite accordo
speciale tra le Potenze, premesso che una di dette Potenze non abbia libertà, anche solo temporanea,
di negoziare, a causa di avvenimenti militari, come per esempio e principalmente l’occupazione di
tutto o di una parte importante del proprio territorio.
Qualora lo ritengano utile nei confronti dei prigionieri sotto la propria protezione, le Potenze
protettrici, secondo l’articolo 11, presteranno i propri servigi in caso di disaccordi tra le Parti in
conflitto relativamente all’applicazione o all’interpretazione delle norme della III Convenzione. Lo
potranno fare attraverso la proposizione di riunioni di rappresentanti e di autorità incaricate di
proteggere i prigionieri (da svolgersi eventualmente in territorio neutrale scelto di comune accordo),
Questa è la definizione contenuta nel commentario all’articolo 8 della III Convenzione di Ginevra del
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1949, scritto nel 1960 dal Comitato internazionale della Croce Rossa. Cfr.
http://www.icrc.org/applic/ihl/ihl.nsf/Comment.xsp?
viewComments=LookUpCOMART&articleUNID=AF0617D438F20792C12563CD0051AB08
o anche suggerendo personalità appartenenti a una Potenza neutrale o delegate dal Comitato
internazionale della Croce Rossa, il quale ha facoltà di partecipare alle riunioni. I belligeranti
dovranno accettare le proposte delle Potenze protettrici.
4.10. Protezione generale dei prigionieri di guerra
A partire dall’articolo 12 si apre il Titolo II della III Convenzione di Ginevra del 1949,
composto da 5 articoli e rubricato ‘Protezione generale dei prigionieri di guerra’. Le disposizioni
che seguono sono pervase da un generale senso di umanità nei confronti dei prigionieri .
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Innanzitutto, l’articolo 12 afferma che i prigionieri sono in potere dello Stato nemico e non di
coloro che li hanno materialmente catturati. Lo Stato detentore sarà poi responsabile del trattamento
riservato ai prigionieri stessi, liberando così da ogni responsabilità i membri delle forze armate
detentrici.
Il comma 2 permette il trasferimento dei prigionieri dalla Potenza detentrice solo a una
Potenza che sia parte della Convenzione e che, inoltre, voglia e possa applicare le sue disposizioni.
Su quest’ultima incomberà la responsabilità dell’applicazione della Convenzione. In caso di
mancanze, la Potenza che ha trasferito i prigionieri, dopo notifica della Potenza protettrice, dovrà
prendere misure per rimediare alla situazione oppure chiedere il rinvio dei prigionieri stessi,
richiesta che dovrà essere esaudita dalla Potenza detentrice.
L’articolo 13 prevede un generale obbligo di trattare i prigionieri di guerra con umanità, in
ogni circostanza e a ogni condizione. Tale obbligo viene ritenuto un dovere assolutamente
fondamentale . Sono proibite le omissioni illecite che portino alla morte di un prigioniero o mettano
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un detenuto in serio pericolo (infrazioni gravi della III Convenzione di Ginevra). Inoltre, non sono
permesse mutilazioni corporali, né esperimenti medici o scientifici che non trovino la propria
giustificazione nell’esigenza di cure mediche e nell’interesse del prigioniero. Tale disposizione –
sostiene E. GREPPI – è stata influenzata dalla condotta inumana dei nazisti che avevano utilizzato
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gli esseri umani, internati nei campi di concentramento, per condurre i propri esperimenti; tra questi
soggetti, erano compresi anche detenuti che avrebbero dovuto ottenere le garanzie connesse allo
status di prigioniero di guerra.
2 R. KOLB, R. HYDE, An Introduction to the International Law of Armed Conflicts, Oxford, Portland, 2008,
p. 209.
3 R. KOLB, R. HYDE, op. cit., p. 209.
4 E. GREPPI, op. cit., p. 22.
Occorre poi tenere lontani i prigionieri da atti di violenza e di intimidazione, così come dagli
insulti e dalla pubblica curiosità (articolo 13, comma 2). In proposito, gli eventi principali sono
accaduti durante il secondo conflitto mondiale , in cui molti prigionieri subirono la sorte di essere
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esposti al ridicolo da parte dei nemici. Più tardi, lo stesso trattamento fu riservato dagli iracheni ai
due piloti italiani Bellini e Cocciolone, durante la guerra del Golfo (1990-91) . I militari erano stati
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ripresi in televisione dai soldati iracheni, che volevano così metterne in risalto i segni delle percosse
che avevano ricevuto. In quel caso, il Consiglio di sicurezza era intervenuto per chiedere all’Iraq il
rispetto della III Convenzione di Ginevra del 1949. C’è stata una violazione dell’articolo 13 anche
dopo la guerra degli Stati Uniti d’America in Iraq (2003), quando Saddam Hussein è apparso in
televisione, dopo la cattura, in evidente stato di coercizione fisica e costretto a essere esaminato da
un medico .
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Sono vietate, infine, le misure di rappresaglia nei confronti dei detenuti (articolo 13, comma
3). L’articolo 14 prescrive il diritto dei prigionieri al rispetto della propria persona e del proprio
onore . Contraria a questo articolo è stata la condotta del governo iracheno «che, durante la II
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guerra del Golfo, fece sfilare i piloti della coalizione catturati (tra cui due italiani) tra la folla e
costrinse loro a tenere un’intervista televisiva» . Anche a Guantanamo, gli americani si resero
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responsabili di infrazioni di tale disposizione della Convenzione di Ginevra del 1949. Infatti, il
campo può essere descritto come un luogo dove non trovano rispetto l’onore e la personalità di chi
vi è rinchiuso: «Sally, «Sally 8», sortita 8. La chiamano così, la porta dell’inferno d’acciaio. Chi vi
accede entra in uno spazio vuoto, sbarrato da un’altra porta. Che non si aprirà prima che sia chiusa
quella che la precede. E così a seguire, per una decina di metri» . Tutt’intorno corre un filo spinato
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non elettrificato e «una spessa fascia di nylon verde bottiglia» che preclude gli sguardi di chi è
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condannato all’interno e di chi, invece, si trova all’esterno. Diciotto edifici d’acciaio sono stati
costruiti nel campo, «aperti su tutte e quattro le superfici di esposizione e sigillati al soffitto da una
R. KOLB, op. cit., p. 168.
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6 E. GREPPI, op. cit., p. 21.
R. KOLB, op. cit., p. 168.
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8 N. RONZITTI, op. cit., p. 171.
R. KOLB, R. HYDE, op. cit., p. 209.
E. GREPPI, op. cit., p. 21.
9 N. RONZITTI, op. cit., p. 171.
C. BONINI, op. cit., p. 21.
10 C. BONINI, op. cit., p. 22.
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pesante copertura di cemento armato e lamiera» . Ogni blocco consta di quarantotto celle, poste
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una di fronte all’altra. Ogni cella è separata dall’altra, in modo che nessuno possa vedere o sentire
ciò che accada al di fuori. È un regime di isolamento, che si basa su di un livello massimo di
sorveglianza. Ogni cella misura «sei piedi (1,8 metri) e otto pollici (20,32 centimetri) di larghezza
per 8 piedi di profondità» . Il campo principale è Camp Delta, in cui si trovano quattro livelli, che
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riservano trattamenti diversi in base al grado di collaborazione del prigioniero. Al livello 1 ci sono
coloro che collaborano appieno, dal livello 2 al 4 coloro che, invece, non lo fanno. Il 4- è
l’isolamento, che prevede condizioni di reclusione durissime . Poi c’è Camp Echo, riservato agli
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interrogatori e ai detenuti problematici. Due nuovi campi, Romeo e Tango, sono destinati
all’isolamento totale: i prigionieri vi vengono gettati nudi, per poi ricevere, dopo pochi giorni, dei
pantaloncini «che coprono soltanto fino a 15 centimetri sopra il ginocchio» . I prigionieri raccolti
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in preghiera, secondo la tradizione religiosa musulmana, si chinano, facendo mostra delle pudenda:
ciò è fatto allo scopo di «metterli in imbarazzo e distruggere la [loro] personalità» . Per di più, nel
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campo si aggirano, oltre ai soldati di sesso maschile, anche soldatesse. Per i detenuti, ciò
rappresenta una mancanza di rispetto della propria dignità, sia a livello religioso che culturale.
Essere comandati «da ragazze bionde con gli occhi chiari e il manganello lungo il fianco» ferisce
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l’orgoglio dei dannati, rappresentando una ovvia contrazione delle garanzie convenzionali previste
dall’articolo 14. Inoltre e ancora contro l’articolo 14, i detenuti non hanno nomi. Sono identificati
da un numero, che distrugge la loro personalità.
Le violazioni della Convenzione di Ginevra del 1949 non vengono perfezionate solo a
Guantanamo. La creazione, da parte degli Stati Uniti, di campi per la detenzione di prigionieri di
guerra in altre zone del mondo è stata effettuata per lo scopo mediatico di allontanare l'attenzione da
Guantanamo. «Si scoprono e si stigmatizzano i peccati "veniali&qu