Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
MECCANISMI DI RISOLUZIONE DELLE CONTROVERSIE INTERNAZIONALI
La controversia internazionale è una situazione in cui due o più Stati sono in lite tra di loro: c’è
un problema nei loro rapporti reciproci. Gli Stati sono in disaccordo tra di loro e i motivi per cui
possono esserlo sono vari; solitamente si tratta di una lite dovuta a un’interpretazione
es. comercio
divergente di una norma internazionale ( l’interpretazione del termine tra Costa
Rica e Nicaragua) oppure si può avere l’ipotesi di uno Stato che viene accusato di non aver
applicato correttamente una norma internazionale. Quindi, la controversia sorge nel momento
in cui uno Stato si ritiene leso dal comportamento di un altro Stato, che avrebbe commesso
una violazione di una norma di diritto internazionale. Si è in presenza di un presunto illecito
internazionale da parte di uno Stato. Lo Stato leso protesta formalmente nei confronti dello
Stato autore del presunto illecito e chiede che sia accertata la responsabilità internazionale
dell’altro Stato. Lo Stato leso deve fare una protesta formale, sennò lo si ritiene acquiescente,
come se avesse dato il proprio consenso all’illecito internazionale.
Nel diritto internazionale classico (di Westfalia) il metodo più utilizzato per la risoluzione delle
controversie internazionali è stato il ricorso all’autotutela, poteva essere non armato, ma
anche contemplare l’uso della forza. Questa forma violenta di soluzione delle controversie era
talmente accettata che il numero di conflitti è stato particolarmente alto. Il contenimento della
facoltà degli stati di ricorrere all’uso della forza è stato importante per favorire il
mantenimento di rapporti pacifici tra gli Stati in molte situazioni. Questa limitazione si è avuta
alla fine della Seconda guerra mondiale ed è stata affermata dalla Carta delle Nazioni Unite,
da una parte con l’art 2.4, ma è importante richiamare anche l’art. 2.3, secondo cui gli Stati
membri devono risolvere le loro controversie internazionali con mezzi pacifici, in modo che la
pace e la sicurezza internazionale non siano messe in pericolo. Le due disposizioni dell’articolo
2 sono strettamente collegate tra di loro, una disposizione non sta in piedi senza l’altra. È
importante il carattere perentorio dei termini utilizzati dalla Carta: “devono risolvere”, si tratta
di un obbligo giuridico per gli Stati membri, i quali devono ricorrere a strumenti pacifici che
non prevedano l’uso della forza. Tutto ciò sempre nell’ottica generale di favorire il
mantenimento della pace e della sicurezza internazionale.
Questa disposizione dell’art 2.3 è ulteriormente specificata dall’art. 33 della carta delle
Nazioni Unite; siamo fuori dal capitolo VII, siamo nella parte della Carta che si occupa della
Le parti di una
risoluzione pacifica delle controversie internazionali. All’art. 33 si dice “
controversia, la cui continuazione sia suscettibile di mettere in pericolo il mantenimento della
pace e della sicurezza internazionale, devono, anzitutto, perseguirne una soluzione mediante
negoziati, inchiesta, mediazione, conciliazione, arbitrato, regolamento giudiziale, ricorso ad
organizzazioni od accordi regionali, od altri mezzi pacifici di loro scelta”. L’articolo include un
elenco aperto; quelli elencati sono i metodi più comuni per la risoluzione delle controversie.
I meccanismi di risoluzione possono essere distinti in mezzi diplomatici (negoziati, inchiesta,
mediazione, conciliazione) e in strumenti giurisdizionali (arbitrati, regolamenti giudiziali), che
comportano il ricorso ad arbitri o giudici internazionali. I mezzi diplomatici non sono vincolanti
per gli Stati parte della controversia, gli Stati non devono necessariamente rispettarli.
Laddove invece gli Stati si rivolgono a un arbitro o giudice internazionale sono poi obbligati a
rispettarne le decisioni: sono strumenti vincolanti.
Leggendo l’art. 33 bisogna precisare due aspetti: (1) Gli Stati non sono obbligati a seguire
l’ordine presente nell’articolo, sono liberi di scegliere quale mezzo diplomatico utilizzare, non
di loro scelta”:
c’è una gradualità. L’elenco è esemplificativo e non esaustivo. (2) “ gli Stati
hanno piena libertà di scelta circa i metodi diplomatici della risoluzione di controversie,
scelgono loro di comune accordo. È uno dei tanti corollari del generale principio di sovranità
degli Stati membri e della parità tra gli Stati: non c’è nessun organo o ente superiore agli Stati
che può imporre loro quale a metodo di soluzione pacifica debbano ricorrere.
Mezzi diplomatici per la risoluzione di controversie internazionali
- Negoziato: è il mezzo basilare per risolvere una controversia internazionale. Negoziare
significa incontrarsi e parlarsi, confrontarsi. Due Stati che sono in lite, tramite i loro
organi (di solito gli agenti diplomatici), si incontrano e cercano di comporre la
controversia, di darle una soluzione. Si cerca di trovare un punto di incontro tra le loro
diverse posizioni. I negoziati, se hanno successo, giungono poi ad un accordo con cui si
pone fine alla controversia: i due Stati si mettono d’accordo formalmente, stabilendo
principi e obblighi reciproci. Il negoziato si svolge esclusivamente tra i rappresentati dei
due Stati e non coinvolge nessun soggetto terzo, estraneo a quella controversia.
Secondo un principio comunemente accettato, i negoziati devono svolgersi in buona
fede. non
La Corte Internazionale di Giustizia ha precisato che per “buona fede" si intende “
devono insistere sulle loro posizioni senza contemplare alcuna modifica ”. Se uno Stato
rimane fermo sulla sua posizione e non accetta di venire incontro all’altro Stato, allora è
esclusa in origine la possibilità di condurre un negoziato, non è in buona fede. Lo Stato
non si mette nelle condizioni per avviare un negoziato. Deve esserci una sincera
volontà di arrivare a un risultato positivo, i due Stati devono mettere in discussione le
loro convinzioni e dimostrare di volersi venire incontro.
Contrariamente ai negoziati, buoni uffici, mediazione, conciliazione e inchiesta sono strumenti
diplomatici che richiedono l’intervento di un soggetto terzo; quindi, si svolgono coinvolgendo
un soggetto che non è parte della controversia.
- Buoni uffici: in questo caso interviene un terzo che svolge un ruolo contenuto, con dei
limiti: si limita a far avvicinare i due Stati in lite, cerca di far avviare un dialogo fra di
loro oppure fornisce una sede per i negoziati. Quello che il terzo non fa nei buoni uffici è
proporre, nemmeno informalmente, una soluzione alla controversia. Quando parliamo
di un soggetto terzo facciamo riferimento o a un altro Stato, o a un’organizzazione
internazionale (in particolare al Segretario delle Nazioni Unite), o in diversi casi il Papa
ha svolto l’attività di terzo. Si tratta di uno Stato o di una personalità dotata di prestigio
o rilevanza nella comunità internazionale, che esercitano un’autorità riconosciuta.
- Mediazione: il ruolo del terzo è più incisivo perché non si limita ad assistere ai negoziati
fra le parti, ma partecipa in modo attivo. Suggerisce una soluzione alla controversia, un
compromesso.
- Conciliazione: è uno strumento ancora più incisivo, perché il terzo svolge un esame in
collaborazione con gli Stati parte della controversia: un esame fattuale e giuridico, in
cui prende in considerazione quali elementi di fatto e di diritto internazionale sono
rilevanti in quella controversia, e presenta formalmente agli Stati parte una proposta di
soluzione. Questa proposta non è vincolante, gli Stati parte della controversia possono
accoglierla oppure no.
- Inchiesta: intervento di un terzo che conduce un’inchiesta; in questa controversia
internazionale i due Stati non riescono a superare un ostacolo al proseguimento dei
negoziati perché sono in disaccordo, per esempio su come si sono svolti due fatti, ci
sono due versioni diverse. Il terzo interviene per svolgere un’inchiesta, per accertare in
modo imparziale come si sarebbero svolti i fatti che hanno dato luogo a quella
controversia e poi presenta un rapporto. Perché l’inchiesta abbia un effetto è
necessaria la cooperazione degli Stati parte della controversia, che dovranno mettere a
disposizione la documentazione necessaria perché il terzo capisco cos’è accaduto.
Tutti questi strumenti sono accumunati dal fatto che interviene un terzo che è imparziale e
sono accumunati anche dal fatto che un’eventuale soluzione proposta dal terzo non è
vincolante.
Anche nell’ambito dello svolgimento dell’esercizio di strumenti diplomatici, il Consiglio di
Sicurezza può svolgere un ruolo che è disciplinato dal capito VI della Carta, dagli articoli dal
33 al 38. Il Consiglio di Sicurezza può:
Svolgere un’inchiesta, creando un’apposita commissione d’inchiesta;
Raccomandare agli Stati parte di seguire una specifica procedura per risolvere la
controversia ed eventualmente anche proporre metodi di soluzione, i cosiddetti termini
di regolamento. A differenza del capitolo VII, qui si parla di raccomandazioni, ovvero atti
non vincolanti; quindi, le proposte del Consiglio di Sicurezza non sono vincolanti;
analoghi poteri ha l’assemblea Generale.
Questi sono tutti strumenti che la diplomazia mette a disposizione agli Stati per aiutarli a
comunicare tra di loro, a ridurre le tensioni, a desistere dalla violenza, a mantenere ordine,
pace e sicurezza internazionale.
Meccanismi giudiziali di risoluzione delle controversie
Se i mezzi diplomatici sono caratterizzati dalla loro non obbligatorietà nei confronti degli Stati
parte della controversia, in relazione ai giudici e agli arbitri internazionali il discorso cambia. I
provvedimenti adottati da arbitri e giudici internazionali sono vincolanti. Facciamo riferimento
in questo discorso generale all’arbitrato, alla Corte Internazionale di Giustizia e, più in
generale, a tutti i tribunali e le corti che operano a livello internazionale per risolvere dispute
tra soggetti di diritto internazionale. La Corte Internazionale di Giustizia non è l’unica corte
internazionale, ce ne sono molte che operano a livello regionale (Corte di Giustizia dell’Unione
Europa, Corte Europea dei Diritti dell’Uomo), oppure in materie specifiche (tribunale
internazionale del diritto del mare).
La premessa è rappresentata dal carattere volontario della giurisdizione internazionale.
Significa che ci rapportiamo a principi di sovranità degli Stati: non esiste un’autorità superiore
a essi che si imponga su di loro come organo verticistico, senza che gl