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L. MONCHIERI, op. cit., p. 11-12.
10 Articolo 8. “I prigionieri di guerra potranno essere internati in una città, in fortezza o località qualsiasi
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con l'obbligo di non allontanarsene oltre determinati limiti. Potranno anche essere internati in campi cintati.
Non potranno essere rinchiusi o consegnati se non per misure indispensabili di sicurezza e di igiene, e
soltanto finché durino le circostanze che impongono questa misura”.
L. MONCHIERI, op. cit., p. 12-14.
12 L’articolo 9 della Convenzione di Ginevra del 1929 non trovò applicazione perché i tedeschi
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riunirono in un unico campo persone di razze ed etnie differenti, creando scontri e situazioni di
permanente conflittualità: per esempio, gli slavi si ritrovarono insieme ai croati, i cechi con gli
slovacchi, gli ucraini con i russi, gli italiani del nord con quelli del sud. Inoltre, i prigionieri vennero
tenuti in zone ad alto rischio e utilizzati per la produzione bellica in stabilimenti che venivano
spesso colpiti dai raid aerei angloamericani .
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I nazisti violavano anche le norme sul vitto dei prigionieri (articolo 11 ). La razione
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alimentare non era proporzionata al lavoro svolto, anche perché, spesso, il cibo destinato ai detenuti
era rubato dagli ufficiali. Non erano previsti mezzi per preparare gli alimenti. I provvedimenti
collettivi che colpivano il cibo erano abusati dai gerarchi nazisti, che li decidevano in modo
pretestuoso e arbitrario . «Non sappiamo che cosa mangiassero i soldati tedeschi comandati alla
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nostra custodia. Comunque la loro razione non era paragonabile alla nostra. A parte i giorni terribili
della fame patita a Wietzendorf, Fallingbostel e Walsrode, la regola era: infuso di tiglio il mattino;
niente a mezzodì; fetta di pane nero (otto prigionieri per un filone da un kilo), gamella di brodaglia
di rape la sera, con un'unghia di companatico» .
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Monchieri racconta, inoltre, che dovette tenere la propria divisa militare durante tutto il
periodo di reclusione, senza avere biancheria per il cambio; peraltro, gli fu confiscata, insieme alla
coperta, la biancheria che teneva con sé come scorta. Nessuna tenuta di lavoro fu concessa a lui
come agli altri prigionieri, all’infuori di guanti di iuta o di tela . Queste condotte tedesche erano
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contrarie all’articolo 12 della Convenzione di Ginevra del 1929 .
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Articolo 9. “I belligeranti eviteranno per quanto possibile di riunire nello stesso campo prigionieri di
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razze e di nazionalità diverse. Nessun prigioniero potrà mai essere mandato in una regione ove sia esposto al
fuochi di combattimento, né utilizzato per porre al riparo dal bombardamento, con la sua presenza, certi punti
o certe zone”.
L. MONCHIERI, op. cit., p. 14-15.
14 Articolo 11. “La razione alimentare dei prigionieri guerra sarà equivalente, per qualità e quantità, a quella
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delle truppe dei depositi. I prigionieri riceveranno inoltre i mezzi per prepararsi da se stessi i generi
supplementari dei quali disponessero. Sarà loro fornita acqua potabile in misura sufficiente. Sarà autorizzato
l'uso del tabacco. I prigionieri potranno essere adibiti alle cucine. Sono vietati provvedimenti disciplinari
collettivi che incidano sul vitto”.
L. MONCHIERI, op. cit., p. 15-16.
16 L. MONCHIERI, op. cit., p. 15-16.
17 L. MONCHIERI, op. cit., p. 18.
18 Articolo 12. “Il vestiario, la biancheria, le calzature saranno forniti ai prigionieri dalla Potenza detentrice.
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I lavoratori dovranno inoltre ricevere una tenuta da lavoro, ovunque la natura stessa del lavoro lo richieda”.
Per quanto riguarda l’assistenza medica, nei lager non vi erano infermerie, così i malati erano
costretti a raggiungere a piedi l’ospedale più vicino. Totale era la mancanza tedesca rispetto alla
lettera della Convenzione (articolo 14 ). Monchieri, dopo un incidente, narra di essere stato «
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mandato al lager XI B in una squallida infermeria da campo dove si entrava per... non uscire più. Se
si moriva, toglievamo il disturbo, per finire nelle fosse comuni; se si sopravviveva, il Reich ci
riutilizzava, vendendoci alle Firmen [fabbriche belliche tedesche, ndr] affamate di braccia per la
produzione bellica» .
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Il rispetto della libertà di culto e delle religioni (articolo 16 ) non era usuale nella Germania
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della Seconda Guerra Mondiale. L’autore dice di aver visto solo due volte il cappellano, il quale, a
dispregio della fede dei detenuti, era costretto a predicare di fronte al ritratto di Hitler, che si trovava
sopra l’altare. Il suo vangelo fu lanciato dalla finestra. Monchieri peraltro non ebbe mai assistenza
religiosa, nemmeno indiretta .
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L’articolo 17 della Convenzione non fu osservato dai gerarchi nazisti, che non permisero né
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distrazioni sportive, né intellettuali, se non la lettura di testi o la visione di film a sfondo fascista e
propagandista .
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Monchieri afferma, poi, di non aver mai visto gli ufficiali responsabili dei campi in cui era
rinchiuso. Questi agivano da lontano, ordinando punizioni e divieti, senza ascoltare le lamentele dei
detenuti , trasgredendo così l’articolo 18 della Convenzione di Ginevra del 1929 .
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Articolo 14. “I belligeranti potranno con particolari accordi concedersi reciprocamente la facoltà di
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trattenere nei campi medici e infermieri per la cura dei loro connazionali prigionieri”.
L. MONCHIERI, op. cit., p. 19.
21 Articolo 16. “I prigionieri di guerra godranno di ampia compresa l'assistenza alla funzioni del culto, alla
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sola condizione di uniformarsi alle misure d'ordine e di polizia prescritte dall'autorità militare. I ministri di
un culto, prigionieri di guerra, qualunque sia la denominazione del culto stesso, saranno autorizzati a
esercitare pienamente il loro ministero fra i propri correligionari”.
L. MONCHIERI, op. cit., p. 19-20.
23 Articolo 17. “I belligeranti incoraggeranno quanto più sarà possibile le distrazioni intellettuali e sportive
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organizzate dai prigionieri di guerra”.
L. MONCHIERI, op. cit., p. 20-22.
25 L. MONCHIERI, op. cit., p. 22.
26 Articolo 18. “Ogni campo di prigionia sarà sottoposto all'autorità di un ufficiale responsabile. I
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prigionieri dovranno il saluto a tutti gli ufficiali della potenza detentrice. I prigionieri saranno trattati con i
riguardi dovuti al grado e all'età”.
Ancora, il lavoro del prigioniero fu retribuito solo in alcuni casi. Tuttavia, al termine della
reclusione, in controtendenza rispetto all’articolo 23 , Monchieri non ottenne né rimborsi delle
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spettanze formatesi, né risarcimenti per l’attività svolta .
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L’articolo 24 non ottenne il rispetto da parte dei tedeschi, così nessuno poté inviare denaro
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alle famiglie o alle banche. L’usura era all’ordine del giorno, poiché i pagamenti avvenivano in
lagergeld, spendibili solo nel campo di concentramento, che era peraltro privo di negozi .
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La disposizione che vieta di obbligare i prigionieri a lavori inadeguati (articolo 29 ) fu
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palesemente trascurato dal governo nazista, che «non solo impiegò i prigionieri a spalar macerie, a
sgomberare strade, a salvare il salvabile, a riparare tronchi ferroviari, a riattare industrie, a
ripristinare strade e ponti, ma obbligò al lavoro coatto - senza badare né alle attitudini né al grado -
tutti i militari italiani deportati» , senza fornire loro assistenza e sottoponendoli al controllo di
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ufficiali dalle condotte inumane. Anche i sottufficiali furono costretti, come gli altri prigionieri, a
lavori inadatti al loro fisico .
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Anche l’articolo 30 non trovò applicazione da parte dei meister, che impiegavano i detenuti
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nelle ditte anche per dieci ore al giorno e li vendevano a privati la domenica, cancellando così il
giorno di riposo settimanale .
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I lavori svolti da Monchieri erano spesso legati alle operazioni belliche, cosa che dimostra
l’elusione del dettato dell’articolo 31 da parte del Reich .
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Articolo 23. “I versamenti fatti ai prigionieri a titolo di retribuzione dovranno essere rimborsati alla fine
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delle ostilità dalla Potenza presso cui i prigionieri hanno prestato servizio”.
L. MONCHIERI, op. cit., p. 23.
29 Articolo 24. “I soldi dovranno essere versati ai singoli prigionieri alla fine della prigionia. Durante la
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prigionia sarà concesso di trasferire somme alle banche o ad individui del paese d'origine”.
L. MONCHIERI, op. cit., p. 23-24.
31 Articolo 29. “Nessun prigioniero sarà obbligato a lavori ai quali sia fisicamente inadatto”.
32 L. MONCHIERI, op. cit., p. 24.
33 L. MONCHIERI, op. cit., p. 24-26.
34 Articolo 30. “La durata del lavoro giornaliero, compreso il tragitto di andata e ritorno, non sarà eccessiva
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e non dovrà, in ogni caso, superare quella ammessa per gli operai civili della zona, adibiti allo stesso lavoro.
A ogni prigioniero sarà concesso un riposo di 24 ore consecutive ogni settimana, possibilmente la
domenica”.
L. MONCHIERI, op. cit., p. 26-27.
36 Articolo 31. “Le prestazioni d'opera dei prigionieri non avranno alcun rapporto con le operazioni
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belliche. E' strettamente proibito adibire i prigionieri alla fabbricazione e al trasporto di armi e munizioni
come pure al trasporto di materiale destinato a unità combattenti”.
L. MONCHIERI, op. cit., p. 27-28.
38 Per di più, i lavori insalubri e pericolosi (severamente vietati dall’articolo 32 ) erano
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innumerevoli: Monchieri fu impiegato in luoghi esposti ai bombardamenti aerei, su linee ferroviarie
a cielo aperto continuamente colpite dagli attacchi delle mitragliatrici anglo-americane, e, infine,
nei polverifici. Spesso avvenivano inasprimenti nelle condizioni di lavoro dettati dall’odio razziale
nei confronti degli italiani .
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Non vi era retribuzione per i lavori e nessun saldo fu corrisposto ai prigionieri (o, in caso di
morte degli stessi, agli eredi), al termine della prigionia : ciò dimostra come l’articolo 34 della
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Convenzione di Ginevra del 1929 non sia stato rispettato.
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Le comunicazioni alle famiglie dei detenuti avvenivano tramite cartoline che non vennero mai
recapitate, senza che fosse data spiegazione del mancato inoltro di tali lettere, che peraltro furono
fatte compilare ai prigionieri , comportando una chiara violazione dell’articolo 36 del testo
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ginevrino del 1929 .
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Monchieri vide riconosciuto il proprio diritto a ricevere libri (articolo 39 ), anche se nei
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campi non erano sta