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1. Le fonti normative precedenti alla III Convenzione di Ginevra del 1949
La fonte normativa relativa al trattamento dei prigionieri di guerra più risalente nel tempo è di
diritto consuetudinario. Inizialmente, nella Cina del VI secolo a.C. Sun Tzu (o Sun Zi), generale e
filosofo, scrive L’arte della guerra. Una massima contenuta in tale opera, secondo cui «i prigionieri
devono essere trattati e mantenuti con generosità» , risulta di estrema attualità, soprattutto se
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confrontata con gli usi del tempo, secondo i quali coloro che venivano fatti prigionieri di guerra
erano destinati alla schiavitù o alla morte.
Durante il Medioevo, il Cristianesimo comincia a imporsi nella prospettiva di un trattamento
più umano dei prigionieri, che non devono essere uccisi una volta che si arrendono. Ma sempre in
quest’epoca, si diffonde la pratica del riscatto, pagato dalla parte che vuole ottenere la liberazione
del prigioniero. Ciò accadde, ad esempio, nel celebre caso del re inglese Riccardo “Cuor di Leone”,
che naufragato al largo del mar Adriatico dopo la Crociata del 1190, fu tenuto prigioniero prima dal
Duca Leopoldo d’Austria per tre mesi e successivamente dall’imperatore Enrico VI per la durata di
un anno .
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A partire dal Cinquecento, si afferma il concetto del prigioniero come persona che merita una
tutela giuridica. Pietrino Belli, ad esempio, nel 1563, nella sua opera De re militari et bello,
impedisce di “inveire” sui prigionieri come divieto assoluto . La visione del Belli è volta
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all’umanità e alla sensibilità, dovuta dall’orientamento fortemente cattolico e dal fatto di essere
stato personalmente colpito da trent’anni di guerre europee, che avevano decimato il continente e a
cui aveva preso parte direttamente e come giudice militare. Egli vieta così le sevizie e l’uccisione
dei nemici rapiti. Alberico Gentili ammette invece solo dieci casi in cui sia possibile inveire sui
prigionieri di guerra .
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Allineato al pensiero di Pietrino Belli è il filosofo Francisco de Vitoria, uno dei maggiori
esponenti della scuola di Salamanca, il quale però ritiene ancora giusta l’idea del riscatto, pagato
per il rientro del prigioniero nella propria terra .
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Durante l’Illuminismo poi, Montesquieu e Rousseau affermano la qualità strumentale del
Cfr. SUN ZI, L’arte della guerra, Roma, 1990, p.42.
1 Cfr. E. GREPPI, I prigionieri di guerra, in Conflitti armati e situazioni di emergenza: la risposta del
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diritto internazionale, in I. Papanicolopulu e T. Scovazzi (a cura di), Milano, 2007, p. 14-15.
Cfr. PENE VIDARI, Guerra e diritto nel pensiero di Pietrino Belli, in Diritto@Storia, Rivista
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Internazionale di Scienze Giuridiche e Tradizione Romana, n. 4, Torino, 2005.
Cfr. E. GREPPI, op. cit., p. 15.
4 Cfr. A. MARCHEGGIANO, Diritto umanitario e sua introduzione nella regolamentazione dell'Esercito
5
Italiano, vol. I, Stato Maggiore dell’Exercito, Ufficio Storico, 1990, p. 41.