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Edoardo Sala: «...considerato traditore fu rinchiuso in una gabbia di filo spinato senza copertura e
servizi; il mangiare veniva passato fra i fili e durante il giorno si teneva le mani sulla testa per non
essere bruciato dal sole...» . Dopo una notte trascorsa in tende canadesi in cui erano ammassati fino
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a sei prigionieri, la sveglia suonava all'alba e seguiva l'adunata. Le tende venivano ispezionare per
ore e durante l'ispezione i prigionieri erano costretti a stare sull'attenti sotto il sole cocente. Molti di
P. CIABATTINI, Coltano 1945. Un campo di concentramento dimenticato, Milano, 1995, p. 61.
1 P. CIABATTINI, op. cit., p. 61-62.
2 P. CIABATTINI, op. cit., p. 64-65.
3 P. CIABATTINI, op. cit., p. 66.
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loro perdevano i sensi. Le docce avvenivano raramente, cosa che contrastava con l'articolo 13 della
Convenzione di Ginevra del 1929. Per passare il tempo erano organizzate partite di monopoli, dama
o scacchi. Anche le attività ricreative e culturali erano concesse, nel rispetto dell'articolo 17 della
Convenzione di Ginevra del 1929. Vi erano giornali murali e venivano regalati ai prigionieri
pennelli e colori. Erano organizzati spettacoli di prosa, utilizzando un palcoscenico allestito per le
varie occasioni teatrali, che poteva diventare anche ring per il pugilato o la lotta. Fu organizzata
anche una partita di calcio. Ci fu una mostra dell'artigianato locale. La professione della religione
era permessa con una celebrazione giornaliera e con l'assistenza dei cappellani, cosa che dimostrava
l'attenzione degli statunitensi per l'articolo 16 della Convenzione .
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La libertà religiosa fu osservata grazie a permessi speciali conferiti dagli ufficiali americani.
In ogni lager, veniva officiata la Santa Messa ogni giorno .
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A capo del campo di concentramento era posto un responsabile americano, che aveva potere
decisorio assoluto, poiché decideva se somministrare o meno il rancio ai prigionieri e se mandarli in
gabbia. «Non sarebbe mai dovuto sfuggire dalla mente di quelle migliaia di uomini che tali non
erano più, nella considerazione degli americani, avendone perduto ogni diritto. Essi erano solo dei
vinti ritenuti responsabili delle sciagure dell'Italia ed in parte anche dell'Europa» . Infatti, sui
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prigionieri italiani e tedeschi si rivalsero gli americani, con la scusa di vendicare i crimini di guerra
commessi dai rispettivi Stati d'origine durante la Seconda Guerra Mondiale .
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Contro il dettato della Convenzione di Ginevra del 1929, tra le punizioni inflitte ai prigionieri
italiani vi era il salto del pasto, cosa che era vietata dall'ultimo comma dell'articolo 11, poiché
debilitava i prigionieri e li rendeva più esposti alle malattie infettive, come la tubercolosi. Altra
punizione era la reclusione in una gabbia, che poteva portare a disturbi psichici non irrilevanti.
Inoltre, i detenuti venivano fatti dormire per terra e vivevano senza protezione dalle intemperie. Ciò
dimostra come la tortura fosse applicata dagli americani. Un'altra forma di punizione era quella di
non permettere ai prigionieri il ricevimento di notizie e aiuti dall'esterno . Infine, le fughe erano
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punite con misure sanzionatorie pesanti, come la reclusione in gabbia, il palo o il salto del pasto per
24 ore, in chiaro contrasto con l'articolo 50 della Convenzione di Ginevra del 1929, che prevede
solo pene disciplinari in caso di ricattura dei prigionieri evasi .
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P. CIABATTINI, op. cit., p. 66-71.
5 P. CIABATTINI, op. cit., p. 91-92.
6 P. CIABATTINI, op. cit., p. 72.
7 P. CIABATTINI, op. cit., p. 72-73.
8 P. CIABATTINI, op. cit., p. 73-75.
9 Le umiliazioni a Coltano erano estremamente dure. Gli articoli 2 e 3 della Convenzione di
Ginevra del 1929 non risultarono osservati. La prostituzione era all'ordine del giorno, poiché
permetteva di ottenere soldi che potevano essere utilizzati per acquistare tabacco o cibo. I detenuti
vivevano seminudi: anche gli anziani dovevano esporre le proprie nudità, vergognandosene. Gli
invalidi potevano contare solo sulla bontà dei compagni, come un mutilato senza gambe che veniva
trasportato ovunque da altri prigionieri. Non vi era umanità da parte degli ufficiali americani, che
godevano chiamando l'adunata nel mezzo della notte, sicuri che i prigionieri sarebbero corsi a
prendere qualcosa da bere o da mangiare .
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La corrispondenza con le famiglie fu difficile e lenta. La prima comunicazione tra prigionieri
e famiglie avvenne con diversi mesi di ritardo. L'articolo 36 della Convenzione di Ginevra del 1929
non fu rispettato da parte degli americani, se non grazie all'intervento dei cappellani militari, che
cercarono in tutti i modi di rendere possibili le comunicazioni tra i detenuti e i loro cari. Molti
familiari dei prigionieri giungevano fino al reticolato per vedere i propri parenti. Addirittura, una
madre fu uccisa da un ufficiale, mentre si stava buttando sul filo spinato per poter abbracciare il
proprio figlio .
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A dimostrazione del trattamento scarsamente umano che gli americani riservarono ai
prigionieri di guerra rinchiusi a Coltano, il racconto di un prigioniero italiano del campo risulta
molto significativo. Augusto Gatti era stato catturato a Modena, dove era stato gettato nel recinto di
un mercato del bestiame insieme ad altri prigionieri. Egli era stato costretto a restare nel fango e al
freddo per tre notti di fila. Fu poi trasportato in un piazzale, dove rimase esposto al vento, all'acqua,
al sole e alla fame. Due prigionieri che erano insieme a lui furono uccisi. Dopo un mese, i detenuti
furono trasportati su di un carro di bestiame e, a ogni fermata, venivano presi a sputi, sassate e
insulti. Giunsero a Pisa e furono obbligati a stare in posizione seduta, con la minaccia delle
bastonate . «Tanto era misera la vita al PWE 337 di Coltano! Fame, tanta fame. Sete, sudore e
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polvere e nel cuore tanta disperazione...» .
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Non sempre ai morti durante la prigionia nel campo di Coltano furono tributati gli onori cui
erano obbligate le Potenze detentrici, sulla base dell'articolo 76 della Convenzione di Ginevra del
1929. Esemplare fu il caso di Giampiero Angeletti, morto il 24 agosto del 1945, mentre stava
scontando la detenzione a Coltano. Il certificato di morte era stato rilasciato solo il 28 maggio 1954.
P. CIABATTINI, op. cit., p. 85.
10 P. CIABATTINI, op. cit., p. 75-77.
11 P. CIABATTINI, op. cit., p. 78-81.
12 P. CIABATTINI, op. cit., p. 86-91.
13 P. CIABATTINI, op. cit., p. 91.
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