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Il sistema di sicurezza presente al Capitolo VII della Carta

Il sistema di sicurezza presente al Capitolo VII della Carta fa perno sugli artt. 39ss., che prevedono un'azione del Consiglio di Sicurezza per mantenere, ostabilire, la pace e la sicurezza internazionale. Tra le misure che il CdS può intraprendere è previsto anche il ricorso alla forza (art. 42).

Il CdS ha competenza esclusiva in materia di mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. Le sue delibere possono consistere in raccomandazioni, che non hanno natura giuridicamente vincolante, e in decisioni, che sono invece obbligatorie. Le delibere di entrambi i tipi sono adottate con il voto favorevole di 9 membri sui 15 che compongono il Consiglio. Tra i voti favorevoli devono però essere compresi i voti dei membri permanenti (Cina, Federazione Russa, Francia, Regno Unito, Stati Uniti). Pertanto, i membri permanenti possono bloccare una delibera del Consiglio con un voto negativo. Di regola, l'assenza di un membro permanente nella seduta del

Consiglio equivale a veto, ma non la sua astensione.

Misure coercitive per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale possono essere prese dal CdS dopo che sia stata accertata l'esistenza di una minaccia alla pace, di una violazione alla pace o di un atto di aggressione.

Una minaccia alla pace può derivare dal pericolo di ostilità tra due Stati, ma anche da una situazione all'interno di uno Stato, dove è, ad esempio, incorso una guerra civile.

Una violazione della pace è generalmente costituita dallo scoppio di ostilità tra due Stati. Il Consiglio vi fa spesso ricorso per evitare di prendere posizione tra i contendenti in seguito allo scoppio di ostilità.

Quanto all'aggressione, la sua definizione è contenuta nella risoluzione 3314 dell'Assemblea generale. La risoluzione costituisce solo una guida per il CdS.

Il Consiglio non opera necessariamente un accertamento formale della situazione.

Talvolta qualifica la situazione come una minaccia alla pace o comunque fa riferimento al Capitolo VII. Altre volte, la qualificazione della situazione è assente e la riconducibilità della situazione al Capitolo VII può essere desunta implicitamente dal tenore della risoluzione. Il CdS può raccomandare o decidere l'adozione di misure coercitive non comportanti l'uso della forza armata, come l'interruzione totale o parziale delle relazioni economiche e delle reti di comunicazione. Tali misure dovranno essere obbligatoriamente eseguite dagli Stati membri solo se sono oggetto di una decisione come nel caso di quella adottata nel 1966 contro la Rodesia del Sud. Normalmente, tali misure non hanno un termine finale e possono essere revocate o sospese con una decisione del CdS. Nei casi in cui questo adotti una raccomandazione, gli Stati non avranno l'obbligo di eseguire le misure raccomandate. A partire dall'attacco terroristico contro gli StatiUniti dell'11 settembre 2001, il CdS ha iniziato ad adottare risoluzioni obbligatorie che impongono agli Stati misure da applicare nel loro ordinamento interno in materia di lotta al terrorismo internazionale, come il congelamento dei beni. Il CdS si è praticamente attribuito poteri legislativi, una competenza che formalmente non ha secondo la Carta. Altra tipica azione del CdS è l'adozione di misure provvisorie. Si tratta di misure che il CdS adotta a termini dell'art. 40, quali il cessate il fuoco, allo scopo di prevenire un aggravarsi della situazione. Esse possono essere oggetto di una raccomandazione e, secondo alcuni, anche di una decisione con effetti giuridici vincolanti. In materia di mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, i poteri del CdS, quando è necessario intraprendere azioni coercitive, sono esclusivi: le funzioni del Consiglio non possono essere esercitate da altri organi delle Nazioni Unite. Es. In occasione della guerra in Corea.nel 1950, si tentò di attribuire all'Assemblea generale le funzioni spettanti al CdS. Quest'ultimo si trovò nell'incapacità di agire a causa del veto dell'URSS. L'Assemblea generale adottò allora una risoluzione, la Uniting for Peace, in virtù della quale le funzioni in materia di mantenimento della pace erano automaticamente trasferite all'Assemblea generale. Ma tale risoluzione, che non trova fondamento nella Carta, non ha dato luogo ad alcuna modifica del sistema, a causa delle proposte dell'URSS e degli altri paesi socialisti. Tutto quello che si può ammettere è che all'Assemblea generale sia consentito adottare misure provvisorie (non obbligatorie) del tipo di quelle menzionate nell'art. 40. I poteri d'intervento di cui al Capitolo VII spettano non solo in caso di conflitto internazionale, ma anche in caso di guerra civile, qualora quest'ultima metta in pericolo la pace o inpresenza di altre situazioni interne (come crimini contro l'umanità). Si possono ricostruire tre categorie di operazioni che comportano la dislocazione di truppe in territorio altrui:
  1. L'intervento armato da parte del CdS;
  2. Le operazioni di mantenimento della pace, attaccano solo in legittima difesa (peace-keeping);
  3. L'uso della forza autorizzato dal CdS.
È da premettere che le operazioni appartenenti alla prima categoria non hanno mai trovato attuazione. Occorre inoltre sottolineare che quelle comprese nella seconda categoria non hanno sempre caratteri uniformi, come dimostra la prassi degli ultimi anni. Talvolta, infatti, ad un'operazione di peace-keeping si accompagnano elementi di peace-enforcement. Il peace-keeping designa un'operazione volta al mantenimento della pace, quando le ostilità sono terminate, anche momentaneamente. Nella forma più evoluta, il peace-keeping comporta interventi di ricostruzione civile ed

mantenimento dell'ordine con l'impiego di forze di polizia. Il peace-enforcement comporta invece l'uso della forza militare allo scopo di ristabilire la pace e la sicurezza nella regione in cui l'intervento ha luogo.

Da più di un decennio i tentativi di riforma del CdS e dell'aumento dei suoi membri vanno avanti. L'unico risultato, tuttavia, riguarda l'istituzione di una Peace-building Commission come organo sussidiario dell'Assemblea generale e del CdS, con il compito di occuparsi della ricostruzione economica e istituzionale degli Stati devastati dai conflitti.

L'INTERVENTO ARMATO DA PARTE DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA

Qualora ritenga che per far fronte alla situazione occorrano misure più incisive, il CdS può intraprendere una vera e propria operazione militare mediante forze aeree, navali o terrestri. Secondo la Carta dell'ONU, il CdS avrebbe potuto intraprendere direttamente azioni coercitive contro uno Stato.

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (CdS) avrebbe avuto il potere di autorizzare e coordinare azioni militari per mantenere la pace e la sicurezza internazionale. Il CdS sarebbe stato responsabile di un atto di aggressione mediante truppe messe a sua disposizione dagli Stati membri e coordinate da un Comitato di Stato Maggiore, composto dai capi di stato maggiore dei membri permanenti del CdS (art. 47).

A sua discrezione, il CdS avrebbe stabilito se impegnare in una determinata operazione le forze di tutti i membri delle Nazioni Unite o solo quelle di alcuni di essi. Subito dopo l'entrata in vigore della Carta, gli Stati avrebbero dovuto stipulare accordi ad hoc, in cui sarebbero stati indicati in dettaglio i contingenti che ciascuno Stato avrebbe messo a disposizione del Consiglio per intraprendere un'azione coercitiva. Per le misure militari più urgenti, i membri avrebbero dovuto tenere immediatamente a disposizione contingenti di forze aeree.

Gli accordi in questione non sono mai stati stipulati, con la conseguenza che le operazioni di polizia effettuate dalle Nazioni Unite hanno finito per assumere una fisionomia diversa da quella originariamente prevista.

Il documento adottato al Vertice di New York del 2005 aveva persino proposto l'abolizione del Comitato di Stato Maggiore, ma l'art. 47 non può ritenersi abrogato in mancanza di una revisione formale della Carta.

LE OPERAZIONI PER IL MANTENIMENTO DELLA PACE

Nonostante la parziale attuazione del Capitolo VII della Carta, le Nazioni Unite sono riuscite a istituire operazioni per il mantenimento della pace, che sono diventate più numerose dopo la fine della Guerra fredda. Le forze di mantenimento della pace hanno operato tanto nel quadro dei conflitti armati internazionali quanto in quello dei conflitti interni. Sono da aggiungere le operazioni connesse al processo di decolonizzazione, che hanno avuto come compito la temporanea amministrazione dei territori. Le operazioni per il mantenimento della pace si distinguono dalle azioni coercitive per il fatto di essere attuate con il consenso dello Stato territoriale. Come si è detto, le operazioni di mantenimento della pace.Possono aver luogo nel contesto di un conflitto internazionale, oppure nel contesto di un conflitto interno. In questo caso, le forze di pace possono aiutare il governo legittimo a mantenere la legge e l'ordine, garantire la distribuzione degli aiuti umanitari o operare come forza d'interposizione tra governo legittimo e fazioni avversarie. Di regola, le operazioni per il mantenimento della pace nelle Nazioni Unite sono effettuate sotto la direzione del Segretario generale, dietro apposita delega da parte del Consiglio di Sicurezza. La delega, generalmente a tempo determinato, è stata, in caso di necessità, prorogata anche un notevole numero di volte. Al Segretario generale è affidato il compito di costituire la forza; rientra nella sua discrezionalità politica individuare gli Stati che intendono fornire volontariamente i contingenti componenti la forza. Le operazioni di mantenimento della pace fanno capo a un dipartimento ad hoc, istituito nell'ambito del Segretario.te caratteristiche: - Essere basate su un mandato chiaro e specifico del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. - Essere condotte in modo imparziale e neutrale, senza prendere parti nel conflitto. - Essere guidate da principi di consenso, imparzialità e non uso della forza, a meno che non sia strettamente necessario per la protezione dei civili. - Coinvolgere attivamente le parti in conflitto nel processo di pace e promuovere il dialogo e la negoziazione. - Essere sostenute da risorse finanziarie e logistiche adeguate. - Essere valutate e monitorate regolarmente per garantire l'efficacia e l'efficienza delle operazioni. - Essere coordinate con altri attori internazionali, come organizzazioni regionali e ONG, per massimizzare l'impatto delle operazioni di peacekeeping. - Essere sostenute da un forte impegno politico e diplomatico per risolvere le cause profonde del conflitto e promuovere la stabilità a lungo termine. Le operazioni di peacekeeping delle Nazioni Unite sono un importante strumento per mantenere la pace e la sicurezza internazionale.
Dettagli
Publisher
A.A. 2019-2020
35 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/13 Diritto internazionale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ginevra2201 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto internazionale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Balboni Marco.