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La causa arbitrale Italia-Costa Rica del 1998

ha affrontato la questione: l'Italia finanziava dei progetti di cooperazione allo sviluppo in Costa Rica, per mezzo di un trattato che prospettava rapporti di collaborazione e dei finanziamenti a tassi d'interesse agevolati (in particolare, 12 milioni di dollari vennero prestati per la realizzazione di un porto). Il presidente della Costa Rica ratificò tale accordo tra le parti con autorizzazione parlamentare, mentre qualche mese più tardi il parlamento istituì un ente pubblico che si occupasse di ricevere ed elargire i prestiti alle società che si occupavano dei progetti infrastrutturali. L'Italia richiese quindi, negli anni seguenti, il prestito, ma il nuovo governo costaricano si rifiutò sostenendo che il trattato era stato istituito in violazione alle norme costituzionali di uno stato, in quanto le convenzioni che comportano oneri alle finanze dello stato richiedono la maggioranza parlamentare.

dei due terzi, maggioranza che non vi era stata. Intervenne quindi l'arbitrato internazionale, con la sospensione dei rapporti di cooperazione allo sviluppo.

La Corte Internazionale di Giustizia accettò la causa italiana sostenendo che, sulla base dell'art.46 della Convenzione di Vienna, uno stato non può invocare la violazione di una norma interna come causa di invalidità di un trattato, a meno che tale violazione non sia grave e manifesta. Inoltre, secondo l'art.45, lo stato contraente non può invocare una causa di invalidità di un trattato se ne ha riconosciuto la validità in modo implicito o esplicito: il parlamento costaricano aveva, nei mesi successivi alla ratifica, adottato delle leggi relative al trattato che ne riconoscevano di fatto la validità (acquiscienza), in quanto davano esecuzione allo stesso. Secondo il principio di buona fede e di ragionevolezza, per cui uno stato non può trarre vantaggi dalle proprie contraddizioni,

non erapossibile invocare l'invalidità dell'accordo se ne era stata data spontanea esecuzione (al limite una negoziazione, ma noncerto un suo disconoscimento).Esiste inoltre la possibilità che un trattato possa essere in contrasto con una norma dello ius cogens, così come stabilitodall'art.53 della Convenzione di Vienna, per cui ogni trattato in contrasto con norme di carattere imperativo oinderogabile del diritto internazionale, relative alla tutela di interessi dell'intera comunità, ne determinano lanullità. Questo fu il caso, ad esempio, della causa Nicaragua-Stati Uniti, in merito al divieto dell'uso della forza, chel'ordinamento statunitense non poteva ignorare. Come noto, questo articolo creò diverse criticità per l'effettiva adesionealla convenzione (la Francia non la ratificò in riferimento ai trattati conclusi con ex-colonie, perché la loro nullità potesse essere invocata.sulla base del principio di autodeterminazione dei popoli, che era ius cogens), che ne prolungarono l'approvazione di due anni; nella difficoltà di individuare una lista di norme superiori che rappresentassero il ius cogens, si è giunti alla formula di compromesso seguente: ''una norma inderogabile o imperativa nel diritto internazionale è una norma che è riconosciuta e accettata dagli stati nel suo insieme come una norma la cui deroga non è permessa e che può essere modificata solo da un'altra norma di diritto internazionale che abbia lo stesso carattere''; formula che permette comunque l'individuazione della prassi internazionale in merito a tali principi, in particolare nella giurisprudenza della Corte Internazionale di Giustizia. Tale diritto imperativo deve intendersi come norma indivisibile nei confronti della comunità internazionale nel suo insieme, che ha su questa un forte impatto (atti di violenza, genocidio,schiavitù e traffico di esseri umani, segregazione razziale) con la conseguenza che stato può citare in giudizio alla Corte Internazionale di Giustizia un altro invocando la responsabilità internazionale. In una celebre sentenza del 1970, la Corte ha osservato che: bisognasegnare una distinzione essenziale tra obblighi di uno stato nei confronti della comunità internazionale nel suo insiemee obblighi nei confronti di un altro stato. Gli obblighi erga omnes sono stabiliti nel primo caso, altrimenti vannoverificati dalle circostanze. A differenza dei trattati, tuttavia, la consuetudine non può conferire esplicitamente giurisdizione alla Corte Internazionale di Giustizia, e dal momento che nell'ordinamento internazionale non esiste giurisdizione obbligatoria, la Corte non può esercitare la propria giurisdizione se non con la manifesta volontà degli stati coinvolti; tale complicazione crea però anche delle

dinamiche autoregolative, per cui anche in assenza di giurisdizione gli staticreano un rapporto giuridico che, facendo riferimento al diritto internazionale, tende alla risoluzione della controversia.

Lezione 13 – 19 ottobre 2020. La giuridicità degli atti unilaterali e gli atti di soft law.

[II.5. Gli atti unilaterali]. Gli atti unilaterali come la firma e la ratifica, pur essendo di fatto fonti di diritto nellamisura in cui vanno a costituire l'accordo con l'altra parte, non sono presenti nell'art.38 dello Statuto della CorteInternazionale di Giustizia. Tale aspetto è però fondamentale perché l'incontro tra le parti costituisce l'ottemperanza aiprincipi pacta sunt servanda e consuetudo est servanda: ci si chiede quindi in quale misura l'atto unilaterale facciascaturire diritti e obblighi.

Il principio di buona fede nella sua espressione giuridica è un principio di coerenza istituzionale, che permette diriconoscere

sempre la validità di un trattato, senza invocarne unilateralmente l'invalidità in un momento successivo. Sulla base di tale principio, si crea anche una legittima aspettativa delle parti che l'altro si comporti secondo quanto stabilito dall'accordo. Nella causa tra Australia-Nuova Zelanda e Francia del 1974, i primi due stati citarono in giudizio il secondo alla Corte Internazionale di Giustizia affinché cessasse gli esperimenti nucleari che stava conducendo nel sud dell'Oceano Pacifico, con ripercussioni negative per i loro territori e per la popolazione. Il presidente francese tenne successivamente una conferenza stampa in cui espresse la rinuncia da parte della Francia a compiere esperimenti nucleari nell'Oceano Pacifico, così la Corte interruppe il procedimento giudiziario in quanto: ''La Corte ha riconosciuto che dichiarazioni effettuate attraverso atti unilaterali, in una situazione giuridica o fattuale, possono avere

L'effetto di creare obblighi giuridici. E un impegno di questo tipo, se dato pubblicamente e con l'intento di esserne vincolante, è vincolante anche se non viene effettuato all'interno di un contesto di negoziato internazionale. Veniva per tanto meno, sulla base di tale dichiarazione unilaterale, l'oggetto del contenzioso: erano presenti infatti la pubblicità dell'atto e la manifestazione della volontà a vincolarsi, che rendevano tale atto unilaterale carico di giuridicità e il cui rispetto è garantito dal principio di buona fede. La Commissione del Diritto Internazionale si occupò di elaborare uno studio operativo relativo proprio agli atti unilaterali e su fino a che punto creino obblighi giuridici, chiarendo quindi in che misura gli stati fossero vincolati da obblighi giuridici. Lo studio, pur mantenendo un carattere non estensivo, costituisce comunque un riferimento per la giurisdizione in quanto principio.

consolidato della comunità internazionale sulla loro importanza. Gli atti di soft law possono essere utilizzati come strumenti interpretativi di norme giuridiche esistenti o come base per lo sviluppo di nuove norme. Tuttavia, è importante sottolineare che essi non hanno forza vincolante e non possono essere applicati in modo coercitivo. La loro efficacia dipende dalla volontà degli Stati di adottarli e di conformarsi ad essi. Nonostante ciò, gli atti di soft law svolgono un ruolo significativo nel processo di sviluppo e applicazione del diritto internazionale.espresso daglistati che quello sia diritto o debba divenire diritto. Nel preambolo dell'Atto Finale di Helsinki era chiaramente indicato come quanto stabilito non era indicativo di obblighi giuridici ma piuttosto di impegni politici; l'atto ha tuttavia mantenuto la sua rilevanza giuridica in quanto atto di soft law, perché in quanto linea guida rivolta agli stati parte qualifica una prassi degli stessi rispetto ai principi che contiene. Sembra solo apparentemente paradossale pensare che gli stati non intendano creare diritto attraverso questi atti, ma al tempo stesso le negoziazioni degli stessi possano prolungarsi per lunghi anni, considerato che il quadro giuridico elaborato alla fine potrebbe in altre circostanze assumere elementi di giuridicità. Gli atti di soft law non devono intendersi come atti legislativi dell'Assemblea Generale o di una conferenza diplomatica, dal momento che non esiste un organo legislativo sovraordinato a livello internazionale, ma

Le convenzioni costituiscono semplicemente dichiarazioni, risoluzioni, piani d'azione o linee guida che vanno a confluire verso linguaggi comuni reciprocamente integrati degli stati. Non sono quindi fonti autonome, ma possono solo integrare altre fonti.

La Corte sostiene che una disposizione sulla codificazione delle convenzioni vincolano anche gli stati che non sono parte di quella convenzione, nella misura in cui essa coincide con una norma consuetudinaria. In particolare, illustra tre ipotesi secondo cui tali disposizioni coinciderebbero con il diritto consuetudinario:

  1. Funzione enunciativa: le disposizioni contenute nella norma convenzionale sono enunciative di un principio consuetudinario preesistente, ovvero enunciano principi che il diritto internazionale consuetudinario già prevede e che già vincolano tutti gli stati della società internazionale, indipendentemente dal fatto che siano parte o meno della convenzione.
  2. Funzione di cristallizzazione: l'adozione del testo
della convenzione dà conto del fatto che, durante il negoziato, l'atto di soft law si configura come manifestazione diffusa di opinio iuris in una determinata materia che, coniugandosi con una prassi preesistente altrettanto diffusa, permette di consolidare la consuetudine nella materia in questione.
Dettagli
A.A. 2020-2021
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SSD Scienze giuridiche IUS/13 Diritto internazionale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giovanni.romano.shinjuku di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto internazionale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Tanzi Attila.