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LA VIOLAZIONE DELLE NORME INTERNAZIONALI E LE SUE CONSEGUENZE
43. Il fatto illecito e i suoi elementi costitutivi: l’elemento soggettivo
43.1 Può darsi che il diritto interno non riesca ad evitare che lo Stato incorra in una violazione del diritto
internazionale o, come anche si dice, in un fatto illecito internazionale. Si pone allora il problema della
responsabilità internazionale degli Stati, problema che consiste nel chiedersi, anzitutto, quando esattamente si
ha un fatto illecito internazionale, ossia quali sono i suoi elementi costitutivi, e poi quali conseguenze
scaturiscono dal medesimo, particolarmente di quali mezzi si dispone nell'ambito della comunità internazionale
per reagire contro di esso. Trattasi della fase patologica che trae alimento il tanto diffuso quanto giustificato
scetticismo circa la capacità del diritto internazionale di imporsi per forza propria ai singoli Stati.
Al tema della responsabilità degli Stati la dottrina ha dedicato approfondite indagini dagli inizi del ‘900 ad oggi.
È doveroso ricordare, tra i numerosi contributi, le magistrali ricerche di ANZILOTTI, KELSEN ed AGO, che hanno
segnato svolte decisive nella sistemazione della materia. Inoltre, all’epoca della Società delle Nazioni vari
tentativi di codificazione furono, fatti sia ad opera di istituzioni scientifiche sia in seno alla Società stessa. Dal
lontano 1953 la CDI ha poi intrapreso lo studio dell’argomento, ma un progetto definitivo di codificazione ha
visto la luce solo nel 2001, dopo quasi cinquant’anni. Nel 1980 la Commissione approvò, in prima lettura, la
prima parte
di un progetto di articoli redatto sostanzialmente dall’AGO, progetto che si limitava ad occuparsi dell’origine
della responsabilità, ossia degli elementi dell’illecito internazionale. Il progetto definitivo (Progetto di articoli
sulla responsabilità degli Stati per atti illeciti internazionali) ha visto la luce nell'agosto 2001. Esso si occupa, in
59 articoli, sia degli elementi sia delle conseguenze dell’illecito.
Una caratteristica fondamentale delle varie parti del Progetto della CDI, già presente nella versione del 1980, è
quella di considerare i principi sulla responsabilità come valevoli in linea di massima per la violazione di
qualsiasi norma internazionale. Tutti i precedenti tentativi di codificazione, ed anche buona parte delle indagini
dottrinali, si erano limitati invece ad esaminare la responsabilità nel quadro delle norme sul trattamento degli
stranieri.
43.1 bis. Quanto vale per la responsabilità degli Stati vale anche per gli altri soggetti internazionali ad
esclusione degli individui la cui responsabilità, sostanziandosi nella loro punizione nel caso di crimini
internazionali, è regolata da norme che attengono al campo del diritto penale (internazionale).
Sulla responsabilità delle organizzazioni internazionali la CDI ha approvato nel 2009 un Rapporto completo del
Relatore speciale GAJA, che per l’appunto si conforma per la maggior parte alle regole codificate in tema di
responsabilità degli Stati. Peraltro, alcuni articoli del Rapporto si occupano di un tema specifico quale è quello
dei rapporti tra responsabilità dell’organizzazione e responsabilità degli Stati membri. Trattasi di regole ispirate
in linea generale al principio dell’autonomia della responsabilità delle organizzazioni, ricavabile dall’autonoma
personalità internazionale di cui sono dotate le organizzazioni medesime.
Tra detti articoli segnaliamo anzitutto l’art. 16, che prevede la responsabilità dell’organizzazione allorché questa
adotti decisioni vincolanti per lo Stato membro e comportanti atti illeciti, oppure induca lo Stato membro a
compiere atti illeciti da essa autorizzati o raccomandati.
Va poi segnalato l’art. 39 il quale prevede che, qualora l’organizzazione debba riparare il danno derivante da un
suo atto illecito, gli Stati membri “siano chiamati” ad adottare, in conformità alle norme dell’organizzazione, le
misure più appropriate affinché la riparazione abbia luogo; il che significa, ad es., provvedere ai mezzi finanziari
necessari quando un risarcimento sia dovuto.
Infine, l’art. 61 prevede l’(eccezionale) caso della responsabilità, presumibilmente sussidiaria, dello Stato
membro per un atto illecito dell’organizzazione. Ciò solo quando lo Stato membro abbia accettato tale
responsabilità oppure abbia indotto la vittima dell’illecito a farvi affidamento; altrimenti rivive il principio
generale di autonomia della responsabilità dell’organizzazione.
La responsabilità internazionale dell’organizzazione non va confusa con la responsabilità di diritto interno,
qualora l’organizzazione sia ammessa a compiere atti giuridici, ed in particolare contratti, in uno Stato membro
o non membro. Il problema non può che essere risolto alla luce delle norme, internazionali o interne, che
regolano la capacità di diritto interno dell’organizzazione.
43.2. Data la coincidenza tra lo Stato come soggetto di diritto internazionale e lo Stato-organizzazione, è
ovvio che il fatto illecito consista anzitutto in un comportamento di uno o più organi statali, comprendendo tra
questi tutti coloro che partecipano dell’esercizio del potere di governo.
Sono solo gli organi statali i possibili autori delle violazioni del diritto internazionale. Anche il Progetto, dopo aver
indicato all’art. 2 come elementi del fatto illecito un comportamento (azione od omissione) (a) attribuibile allo
Stato e (b) consistente in una violazione di un obbligo internazionale dello Stato, specifica poi all’art. 4 che il
primo elemento (elemento soggettivo) consiste nel comportamento di un qualsiasi organo dello Stato, sia esso
legislativo, giudiziario o esecutivo, del governo centrale o di un ente territoriale, e che comunque sia tale in
base al diritto interno. Gli art. 5 ss. prevedono poi varie ipotesi di comportamenti tenuti da persone che non
sono organi ma agiscono in fatto come tali oppure agiscono sotto il controllo o dietro istruzioni dello Stato.
Il fatto che l’autore dell’illecito sia necessariamente un organo dello Stato assume importanza quando si tratta
di illeciti commissivi, consistenti in azioni; è chiaro che per gli illeciti omissivi l'identificazione dell’organo che
avrebbe dovuto attivarsi e non lo ha fatto, la sua competenza ecc., non hanno rilievo per il diritto internazionale.
Nel commento al Progetto si sottolinea la difficoltà che può incontrarsi nello stabilire se persone che non sono
organi dello Stato sono sottoposti ad un controllo da parte di quest’ultimo tale da comportarne la responsabilità
per le loro azioni. Particolari difficoltà si incontrano soprattutto nella materia regolata dall’art. 8, secondo il quale
sono attribuibili allo Stato comportamenti di persone o gruppi di persone che agiscono di fatto in base ad
istruzioni e sotto la direzione ed il controllo dello Stato. Il caso più importante in materia è quello di gruppi
armati irregolari che agiscono con il sostegno di uno Stato contro un altro Stato. Di esso si è occupata la CIG
nelle sentenze 1986 sulle Attività militari e paramilitari in e contro il Nicaragua e 2007 sull’applicazione della
Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (Bosnia-Erzegovina c. Serbia e
Montenegro). In entrambe le sentenze la Corte ha dato una interpretazione restrittiva della nozione di controllo;
per quanto riguarda la prima sentenza, essa ha ritenuto che non esistessero gli estremi per considerare come
responsabili gli Stati Uniti per le operazioni dei contras contro il Governo del Nicaragua. Per quanto riguarda la
seconda, essa ha anzitutto specificato che non sono imputabili ad uno Stato singole azioni armate che, pur
iscrivendosi in un conflitto sul quale lo Stato stesso esercita un controllo di carattere generale, non è dimostrato
si siano svolte sotto il suo controllo effettivo o in base a sue istruzioni; ed ha per questi motivi escluso la
responsabilità della Serbia per il genocidio perpetrato a Sebrenica nel 1995 dalle milizie serbo-bosniache.
Sebbene in linea astratta sia vero che qualsiasi organo possa impegnare la responsabilità dello Stato, tale
possibilità si trova in concreto limitata a causa del contenuto che di solito le norme internazionali hanno. Il diritto
internazionale non prende in considerazione l’astratta possibilità degli Stati di indirizzare comandi agli individui
se essa non si accompagna all’attuale e concreta possibilità che tali comandi siano attuati. Se così è, è chiaro
che la violazione di norme internazionali attraverso la semplice emanazione di leggi o di altre norme a portata
astratta è scarsamente ipotizzabile.
Si discute se la responsabilità dello Stato sorga quando l’organo abbia commesso un’azione internazionalmente
illecita avvalendosi di tale sua qualità, e dunque agendo nell’esercizio delle sue funzioni, ma al di fuori dei limiti
della sua competenza. La questione attiene ai soli illeciti commissivi e riguarda essenzialmente azioni illecite
condotte da organi di polizia (assassinii, tortura e maltrattamenti di individui, catture di delinquenti avvenute in
territori di altri Stati, e simili) in violazione del proprio diritto interno e contravvenendo agli ordini ricevuti.
Secondo una parte della dottrina, ed anche secondo l’art. 7 del Progetto, azioni del genere sarebbero comunque
attribuibili allo Stato, ad onta del fatto che l’organo abbia esorbitato dai limiti della sua competenza; secondo
altri autori, invece, l’azione in quanto tale resterebbe propria dell’individuo o degli individui che l'hanno
compiuta, e l’illecito dello Stato consisterebbe nel non aver preso misure idonee a prevenirla.
Contrariamente a quanto sostenuto in precedenti edizioni di questo libro, riteniamo che la soluzione accolta
dall’art. 7 sia la più aderente alla prassi, come testimonia la giurisprudenza, non contestata dagli Stati, della
CEDU in tema di azioni illecite degli organi di polizia, e quella della CIG in tema di azioni militari intraprese in
contrasto con le istruzioni ricevute. Il fatto che simili azioni siano contrarie al diritto interno o contravvengano
agli ordini ricevuti non è significativo in quanto l’illecito internazionale si verifica solo quando siano stati esauriti
gli eventuali mezzi di ricorso interni, e dunque solo quando lo Stato, pur avendo la possibilità di riparare, non lo
abbia fatto.
43.3. Se l’illecito internazionale è opera degli organi statali, resta esclusa la possibilità che allo Stato sia
addossata una responsabilità per atti di privati che arrechino danni a individui, organi o Stati stranieri. In effetti,
a configurare una responsabilità