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MODO DI OPERARE DELLE CAUSE DI INVALIDITÀ E DI SOSPENSIONE/ESTINZIONE DEI TRATTATI

Gli articoli 65-68 della Convenzione di Vienna disciplinano la procedura da seguire per far valere una causa di invalidità o di sospensione/estinzione di un trattato:

Lo Stato contraente che vuole far valere una causa di invalidità o di sospensione/estinzione deve effettuare una notificazione scritta della sua pretesa alle altre parti. Trascorso poi un termine di almeno 3 mesi dalla notificazione, salvo particolare urgenza, senza che vi siano state obiezioni, lo Stato invocante può adottare la misura proposta; se invece sono state sollevate obiezioni entro il termine di 3 mesi, gli Stati controvertenti devono ricercare una soluzione della controversia attraverso i mezzi previsti dall'art. 33 della Carta delle Nazioni Unite, entro un nuovo termine di 12 mesi. Decorso tale termine senza che le parti siano riuscite a concordare un mezzo per la soluzione, ciascuna parte può, unilateralmente,

Attivare una procedura conciliativa mediante domanda al Segretario generale delle Nazioni Unite, la cui decisione non sarà vincolante. Qualora si tratti invece di una controversia sull'applicazione o l'interpretazione di una norma di jus cogens, una delle parti può, con richiesta scritta, rivolgersi alla Corte internazionale di giustizia, la quale si pronuncerà con sentenza vincolante, a meno che non si sia concordato il ricorso ad arbitrato.

Problema: la procedura prevista dalla Convenzione, salvo l'ipotesi di contrasto con una norma di jus cogens, può comportare la persistenza indefinita della controversia senza riuscire ad arrivare ad una decisione? La soluzione più corretta è quella che fa salva, per gli Stati contraenti, la facoltà di far operare le cause di invalidità e di estinzione automaticamente, cioè senza denuncia, ad opera dei giudici interni; questi ultimi sono infatti tenuti ad applicare i trattati.

Internazionali e non c'è pertanto motivo per cui non debbano occuparsi anche delle cause di invalidità, sospensione ed estinzione degli stessi.

Sezione 3 - Atti delle organizzazioni internazionali

Le fonti subordinate ad un trattato sono considerate fonti di terzo grado, in quanto il trattato, a sua volta, sarebbe fonte di secondo grado subordinato alla consuetudine, configurata come fonte di primo grado.

Oggi si parla di fonti di terzo grado riferendosi in particolare:

  • agli atti giuridicamente vincolanti delle organizzazioni internazionali (es. le decisioni del Consiglio di sicurezza ex art. 41 della Carta delle Nazioni Unite), i quali, tuttavia, sono previsti molto raramente negli statuti delle organizzazioni internazionali;
  • agli atti organici, validi solo se conformi al trattato che ne prevede l'adozione.

N.B. Gli atti successivi ad un trattato sono considerati fonti di secondo grado, alla stregua dei trattati, poiché prevalenti sul trattato che ne

adottati a posteriori. Gli atti delle organizzazioni internazionali, sia esortativi che vincolanti, svolgono un'importante funzione nel diritto internazionale contemporaneo, permettendo infatti allo stesso di formarsi in tempi più rapidi e di rispondere così più prontamente alle esigenze reali. Attraverso i loro atti, inoltre, le organizzazioni internazionali svolgono la funzione essenziale di esercitare una pressione dall'alto e dall'esterno sul modo di essere degli Stati, e quindi sul modo in cui questi devono esercitare la loro autorità di governo coordinandosi con gli altri. Atti delle Nazioni Unite e poteri "legislativi" del Consiglio di sicurezza La Carta delle Nazioni Unite attribuisce in numerosi casi agli organi dell'Organizzazione il potere di adottare raccomandazioni, cioè atti non giuridicamente vincolanti che invitano od esortano gli Stati membri a tenere un certo comportamento.

Quanto riguarda invece gli atti giuridicamente vincolanti, la Carta delle Nazioni Unite prevede la possibilità per l'Assemblea generale e per il Consiglio di sicurezza di emanare delle decisioni. In particolare, l'art. 17 attribuisce all'Assemblea generale il potere di approvare il bilancio dell'Organizzazione e di decidere la ripartizione delle relative spese, deliberando a maggioranza qualificata di 2/3 dei membri presenti e votanti.

L'art. 41 consente invece al Consiglio, qualora a suo giudizio si verifichi una minaccia, una violazione o un atto di aggressione alla pace, di adottare misure non implicantil'uso della forza e di imporle a tutti gli Stati membri, che sono tenuti ad attuarle.

Ancora, l'art. 94 attribuisce al Consiglio il potere di decidere misure per obbligare uno Stato condannato dalla Corte internazionale di giustizia ad adempiere la sentenza di condanna, ove non lo faccia spontaneamente e su richiesta dello Stato a favore.

del quale la sentenza è stata emessa. Negli ultimi anni si è sempre più diffusa la tendenza del Consiglio di sicurezza ad adottare risoluzioni (in particolare quella sul terrorismo internazionale del 2001), tali da aver fatto pensare in dottrina all'esercizio di poteri legislativi. E ciò in quanto queste risoluzioni si basano su una nozione di "minaccia alla pace" riferita non più solo a specifiche situazioni o a specifici comportamenti di uno Stato, quanto ad interi fenomeni globali, imponendo obblighi corrispondenti a quelli sanciti da trattati che gli Stati destinatari delle decisioni del Consiglio non avevano ratificato. Inoltre, queste risoluzioni non stabiliscono un limite temporale entro il quale i loro scopi devono essere realizzati dagli Stati ed impongono agli Stati che non vi adempiono anche delle sanzioni. Questo esercizio di poteri legislativi "globali" da parte del Consiglio comporta l'imposizione di obblighi a

Tutti gli Stati senza il loro specifico consenso, ed è per questo che numerosi Stati ne contestano la legittimità, sostenendo che la Carta non attribuisce al Consiglio un mandato per legiferare, e che al massimo si tratterebbero di misure temporanee di carattere eccezionale volte a rafforzare i trattati esistenti. Difatti, si deve ritenere che, anche se queste soluzioni ai problemi globali siano oggi necessarie nel loro complesso, dal punto di vista giuridico questa pratica va combattuta.

Problema sulle modalità di interpretazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza: è vietata l'interpretazione unilateralistica delle risoluzioni del Consiglio, le quali devono essere interpretate, secondo quanto affermato dalla Corte internazionale di giustizia, secondo i criteri della Convenzione di Vienna.

Altro problema: quello della legittimità a sindacare gli atti adottati da un organo dell'organizzazione internazionale e ad annullarli se ritenuti illegittimi.

Ad eccezione dell'UE, nessun'altra organizzazione internazionale ha questa competenza; tuttavia, dalla prassi si ricava che lo Stato membro che contesti la legittimità di un atto possa discostarsi dai suoi effetti e che i giudici nazionali tendono sempre più a sindacare la legittimità degli atti del Consiglio di sicurezza, soprattutto quando si tratta di sanzioni lesive dei diritti umani.

Atti degli Istituti specializzati delle Nazioni Unite

Atti giuridicamente vincolanti possono essere adottati su questioni di natura tecnica da alcuni Istituti specializzati delle Nazioni Unite, quali:

  • l'Organizzazione Mondiale della Sanità, che può adottare progetti di convenzioni o accordi in materie di sua competenza con un voto a maggioranza di 2/3 dell'Assemblea, la cui entrata in vigore per gli Stati membri avviene al momento dell'accettazione; nonostante questi ultimi siano liberi di non accettare, essi hanno l'obbligo di attivarsi ai

fini dell'accettazione, ossia di sottoporre le convenzioni o gli accordi agli organi costituzionalmente competenti per la ratifica entro il termine di 18 mesi, di comunicare al Direttore generale dell'Organizzazione le azioni intraprese e, in casi di mancata accettazione, i motivi. L'assemblea può inoltre adottare raccomandazioni non vincolanti rivolte agli Stati membri, in qualsiasi materia di competenza dell'Organizzazione.

Infine, l'Assemblea può adottare a maggioranza semplice regolamenti che vincolano tutti gli Stati membri in seguito alla comunicazione della loro adozione da parte dell'Assemblea stessa, ad eccezione per quegli Stati membri che notifichino al Segretario generale il rigetto o riserve entro un periodo di tempo indicato nella comunicazione (di regola di 9 mesi). Fondamentali sono a tal proposito i regolamenti dell'OMS, in vigore dal 2007 per 194 Stati, diretti a prevenire, proteggere in materia di sanità pubblica la

diffusione internazionale di malattie.

l'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), che può scegliere se adottare delle raccomandazioni o delle convenzioni: per entrambe è necessario il voto di 2/3 dei membri presenti e devono poi essere comunicate agli Stati membri per la ratifica; questi ultimi hanno l'obbligo di comunicarle, entro un anno o, in casi eccezionali, entro termini più lunghi non superiori a 18 mesi, alle autorità interne competenti, senza tuttavia essere obbligati a rispettare le raccomandazioni. L'OIL ha adottato fino ad oggi un gran numero di convenzioni, disciplinanti i più importanti aspetti del lavoro, molte delle quali sono in vigore in numerosi Stati.

Atti vincolanti dell'Unione Europea

Nell'UE gli atti vincolanti, a differenza di tutte le altre organizzazioni, costituiscono la regola e non l'eccezione: questi sono i regolamenti, che hanno portata generale, sono obbligatori in tutti i loro

elementi e sono direttamente applicabili in ciascuno degli Stati membri, entrando in vigore 20 giorni dopo la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'UE;

le decisioni, obbligatorie in tutti i suoi elementi ma vincolano solo i destinatari da essa designati, ed entrano in vigore in seguito alla notifica dei destinatari o dopo 20 giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'UE quando sono indirizzate a tutti gli Stati membri;

le direttive, che vincolano lo Stato membro cui sono rivolte solo per quanto riguarda il risultato da raggiungere, restando salva la competenza degli organi nazionali in merito ai mezzi per raggiungere tale risultato; entrano in vigore come le decisioni.

Rilevanti sono anche gli accordi internazionali dell'UE, che vincolano le istituzioni dell'Unione e gli Stati membri; tali accordi non possono derogare al TFUE, ma non possono a loro volta essere derogati dalle istituzioni dell'UE. Nei casi in cui il TFUE preveda espressamente una

va all’Unione Europea.
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I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Michnapo di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto internazionale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università del Salento o del prof Di Benedetto Saverio.