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Tuttavia si ritiene che i principi generali vadano considerati come assorbiti nella categoria
del diritto consuetudinario ---> la conferma si trova nel linguaggio della giurisprudenza
italiana tramite l'art. 10 Cost. Questo avviene perché lo stesso articolo si riferisce alle
consuetudini come "principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti".
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Comunque a prescindere dalla loro classificazione i principi generali fanno parte del c.d.
diritto positivo internazionale non scritto
È possibile che questi principi provengano dagli ordinamenti interni? Ci si è
• risposti che l'esistenza di un principio in un ordinamento interno è un elemento utile ma
non sufficiente per accertare l'esistenza di un principio generale internazionale ---> come
per la consuetudine è necessario verificare la sussistenza della prassi e dell'opinio iuris.
I trattati
Sia i contratti di diritto interno sia i trattati internazionali trovano il loro fondamento nel
principio generale pacta sunt servanda: entrambi i negozi giuridici devono presentare
La volontà delle parti ad acquisire diritti e il consenso ad assumere obblighi derivanti
• dall'accordo
La volontà e l'accordo di rispettarli sulla base del principio della buona fede.
•
Le regole generali consuetudinarie del diritto dei trattati sono state codificate nel 1969
nella Convenzione di Vienna: tali disposizioni si applicano anche per esaminare e
applicare trattati fra Stati che non fanno parte di questa convenzione perché
Molte disposizioni mettevano su carta delle consuetudini già consolidate
• Le disposizioni innovative nel corso del tempo fino ad oggi si sono evolute e consolidate
• in consuetudini 10
Cosa si intende per "trattato"? La convenzione di Vienna stabilisce che è un accordo
internazionale concluso fra Stati in forma scritta e governati dal diritto internazionale, sia
se incorporato in un singolo strumento, sia se in due o più strumenti tra di loro collegati,
qualunque sia la denominazione ---> non vi è quindi differenza dal punto di vista giuridico/
normativo fra trattati, accordi, convenzioni, protocolli o scambi di note.
N.B. Anche gli accordi non scritti costituiscono fonte pattizia del diritto internazionale,
anche se la convenzione di Vienna disciplina solo quelli di natura scritta ---> secondo
questa visione si potrebbe ricondurre alla stessa categoria di fonti anche la consuetudine
riprendendo la teoria dell'accordo tacito. Questo potrebbe sembrare un grande
cambiamento all'interno del sistema, ma è solo un'impressione perché, sia che consideri
due fonti separate sia che consideri una fonte unica, ambedue le norme sulla produzione,
consuetudo e pacta sunt servanda si fondano entrambe sul principio generale della buona
fede.
Un trattato è un trattato solo dopo che è entrato in vigore. Quali sono i vari
passaggi?
Adozione: non costituisce l'entrata in vigore del trattato, non è giuridicamente
• vincolante. L'art. 9 della convenzione stabilisce che l'adozione di un trattato avviene
attraverso il consenso di tutti gli Stati che hanno partecipato alla sua creazione con una
eccezione: nel caso di adozione di un trattato ad una conferenza internazionale è
sufficiente la maggioranza dei due terzi degli Stati presenti e votanti, a meno che la
maggioranza non decida un diverso regolamento. ---> questo articolo si limita ad indicare
le procedure, ma nulla dice sugli effetti giuridici dell'adozione.
N.B. L'art. 11 stabilisce che il consenso ad essere vincolati da un trattato può essere
espresso attraverso la firma, lo scambio di strumenti costituenti il trattato, la ratifica,
accettazione, approvazione ---> L'ADOZIONE NON È INCLUSA
Firma: il trattato può essere firmato in una sede e per un periodo stabiliti nel trattato
• stesso. Se non c'è la ratifica la firma produce effetti vincolanti
Deposito della Ratifica: in questo caso la firma ha un effetto giuridico limitato al principio
• di buona fede ---> è illecito un comportamento contrario al trattato da parte di uno Stato
firmatario, a meno che non abbia già espresso la volontà di non ratificare.
Chi può esprimere il consenso?
L'art. 7 stabilisce che la persona che esprime il consenso sia in possesso dei pieni
• poteri, un documento che viene emanato dall'autorità competente di ciascuno Stato, in
genere il capo dello Stato o il ministro degli affari esteri. Tale documento dovrà anche
specificare a quale fase o a quali fasi del procedimento di formazione del trattato fa
riferimento la legittimazione (adozione, firma, ecc..).
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Sulla base del principio di effettività della organizzazione interna degli Stati lo stesso art.
afferma che una persona è legittimata anche senza i pieni poteri quando la prassi degli
Stati interessati o le circostanze dimostrano l'intenzione di affidargli il potere di
rappresentanza ai fino della negoziazione o conclusione di un trattato --->
plenipotenziario di fatto. I
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Ci sono organi che non hanno bisogno dei pieni poteri:
Capi di Stato e di governo
17. Ministri degli esteri
18.
hanno pieni poteri per impegnare la volontà dello Stato 11
3. Capi missione
4. Delegati presso conferenze diplomatiche
5. Organizzazioni e organi internazionali
hanno pieni poteri solo per quanto riguarda l'adozione del trattato
L'art. 8 tratta della nullità dei trattati (anche manifestazione del consenso da chi non ne
• ha il potere) ---> il trattato nullo può essere sanato con la conferma successiva da parte
dello Stato in questione con effetto retroattivo al momento del compimento dell'atto.
N.B. la conferma può desumersi anche per fatti concludenti alla luce del principio
dell'affidamento dei terzi in buona fede.
Come si può esprimere il consenso?
Art. 11: tramite firma, scambio di strumenti, ratifica, accettazione, approvazione,
• adesione, qualsiasi altro mezzo stabilito dalle parti.
Artt. 12-16: non si evince una modalità prioritaria di manifestazione del consenso, a tal
• punto che anche dal punto di vista letterale degli articoli, le modalità idonee ad esprimere
il consenso mediante firma e ratifica sono praticamente uguali.
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Manca nella Convenzione di Vienna l'indicazione di quale sia la forma di manifestazione
del consenso di tipo residuale, nel momento in cui il trattato nulla dovesse dire a riguardo
---> la ragione sta nel compromesso tra chi preferisce
La modalità solenne, cioè la ratifica
19. La forma semplificata, cioè la firma
20. I
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La procedura di ratifica è disciplinata dal diritto interno di ciascuno stato (di regola spetta al
capo dello stato) ---> il problema si pone quando è necessaria la previa autorizzazione
parlamentare, che è stata inserita per consentire al parlamento di predisporre, di volta in
volta, le eventuali modifiche dell'ordinamento interno per dare piena attuazione al
trattato. I
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Tuttavia le sempre maggiori autorizzazioni hanno oberato i parlamenti ritardando così le
ratifiche dei trattati ---> da questo problema si è diffusa la prassi della stipulazione dei
trattati in forma semplificata: il problema si presenta quando è prevista l'autorizzazione
parlamentare obbligatoria all'interno di un ordinamento.
L'adesione è un'altra forma di manifestazione del consenso, sempre più diffusa nella
• prassi convenzionale multilaterale: lo Stato si vincola ad un trattato alla cui negoziazione
non ha partecipato ---> per farlo però deve essere espressamente previsto, quindi deve
trattarsi di un trattato aperto.
Cosa sono le riserve?
L'art. 19 prevede che al momento della manifestazione del consenso uno Stato possa
formulare una riserva, cioè una dichiarazione unilaterale per mezzo della quale esso si
propone di escludere o modificare l'effetto giuridico di certe norme del trattato nella
loro applicazione in quello Stato. I
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Il problema principale delle riserve attiene alle condizioni della loro ammissibilità e agli
effetti tra gli Stati contraenti. Ci sono state molte trasformazioni a riguardo: 12
Tradizionalmente erano ammesse solo le riserve contemplate dal testo negoziato, a
• meno che la riserva non prevista non fosse accettata all'unanimità dagli Stati firmatari
Nel 1951 la Corte internazionale di giustizia, esprimendo il proprio parere sulla
• Convenzione per la repressione del genocidio, introduce la flessibilità del principio
dell'ammissibilità delle riserve non contemplate, purché compatibili con l'oggetto e lo
scopo del trattato
La Convenzione di Vienna recepisce questo principio ---> il problema sta
• nell'impossibilità di trovare un metodo imparziale per accertare la compatibilità con
oggetto e scopo del trattato, dovuto alla difficoltà di superare l'approccio bilateralistico
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Infatti per quanto riguarda gli effetti delle riserve tra gli Stati contraenti:
Il trattato si applica interamente tra gli Stati che non hanno riserve
21. Le disposizioni oggetto di riserve si applicano secondo quanto detto dalla riserva tra lo
22. Stato che l'ha formulata e quelli che l'hanno accettata
Non si applicano tali disposizioni tra lo Stato che l'ha formulata e quelli che hanno
23. obiettato senza opporsi all'entrata in vigore del trattato
Il trattato non produce effetti giuridici tra lo Stato riservante e gli Stati che hanno
24. obiettato per incompatibilità con oggetto e scopo del trattato e abbiano manifestato la
volontà che il trattato non entri in vigore nei loro rapporti con lo Stato riservante.
Nel 1993 l'assemblea generale dell'ONU ha incaricato la CDI di proporre un progetto di
• nuove regole in materia di riserva, ma presto si è dimostrata un'operazione troppo
difficile.
Quando entra in vigore un trattato?
In linea di principio ---> quando almeno due Stati hanno manifestato il consenso di
• vincolarsi
Secondo l'art 24 ---> quando tutti i contraenti hanno manifestato il loro consenso
•
N.B. Si tratta di una regola di natura residuale, opera cioè in mancanza di diversa
disciplina stabilita all'interno del testo negoziale.
Nella prassi ---> gli Stati elaborano sempre clausole per l'entrata in vigore, cercando di
• mantenere una manifestazione del consenso superiore a due Stati, ma neanche un
consenso necessario della totalità di essi.
Cosa succede dopo l'entrata in vigore?
L'art. 80 Convenzione di Vienna stabilisce l'obbligo di trasmissione dei