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Organizzazioni internazionali

Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) ed estesa via via a vari Paesi occidentali non europei (il gruppo dei "Paesi dell'OCSE" ha rappresentato finora, sullo sfondo dei rapporti economici mondiali, l'occidente industrializzato contrapposto ai Paesi in via di sviluppo);

Consiglio d'Europa e il Consiglio d'Europa, che attualmente comprende 47 Stati membri (ne fanno parte tutti gli Stati dell'Europa occidentale e quasi tutti quelli dell'Europa orientale). Al Consiglio d'Europa non si può fare a meno di dedicare qualche cenno, trattandosi del l'organizzazione da cui è derivato il primo esperimento di tutela internazionale organica, anche di carattere giurisdizionale, dei diritti dell'uomo."

Scopo del Consiglio d'Europa - dice l'art. 1 del Trattato istitutivo - è di conseguire una più stretta unione fra i suoi membri per salvaguardare e promuovere gli ideali e i principi.

checostituiscono il loro comune patrimonio e di favorire il loro progresso economico e sociale".

"Ogni Membro del Consiglio aggiunge l'art. 3 - deve accettare il principio della preminenzadel Diritto e quello in virtù del quale ogni persona, posta sotto la sua giurisdizione, devegodere dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali".

Come si vede, nell'uno e nell'altro articolo l'accento è posto sulla comune ispirazione dei Paesi membri ai principi dello Stato di diritto. Per quanto riguarda la struttura, gli organi principali dell'Organizzazione sono: il Comitato dei Ministri, che è l'organo dotato di maggiori poteri e che è composto dai Ministri degli Esteri, o da loro sostituti, di tutti gli Stati membri: l'Assemblea consultiva (denominata nella prassi Assemblea parlamentare), che esprime voti e raccomandazioni del Comitato dei ministri e nella quale, a partire da una riforma del 1951, siedono

rappresentanti dei Parlamenti nazionali (l'Assemblea consultiva, primo organo internazionale composto dai rappresentanti dei popoli degli Stati membri, anziché dei Governi, non è da confondere con il Parlamento europeo, organo dell'Unione europea); il Segretariato, con a capo un Segretario generale. Circa le funzioni (che normalmente non danno luogo ad atti vincolanti) va sottolineata la predisposizione di convenzioni, soprattutto di convenzioni in materie "giuridiche", come quelle relative al diritto e alla procedura penale (ce n'è una serie che va dalla Convenzione europea di estradizione del 1957 alla Convenzione sull'assistenza giudiziaria del 1959, alla Convenzione europea per la repressione del terrorismo del 1977, alla Convenzione contro la tortura del 1987, alla Convenzione relativa al "lavaggio", nonché alla ricerca, al sequestro e alla confisca dei prodotti del crimine, del 1990, alla Convenzione sulla protezione.

Dell'ambiente attraverso il diritto penale, del 1998, ecc.) e ai diritti umani sia economici e sociali che civili e politici. A questi ultimi è dedicata la famosa Convenzione europea dei diritti dell'uomo.

Convenzione europea dei diritti dell'uomo

18.2. La "Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali", della quale sono attualmente parti contraenti tutti gli Stati membri del Consiglio d'Europa, fu solennemente firmata a Roma nel 1950; successivamente, sono stati aggiunti vari Protocolli che tra l'altro hanno aumentato il numero dei diritti riconosciuti. Il Protocollo n. 11, entrato in vigore l'1.11.1998 ha attuato una radicale riforma della Convenzione, provvedendo alla fusione dei due organi che prima esercitavano il controllo sul rispetto dei diritti tutelati - la Commissione e la Corte europea dei diritti dell'uomo - in una Corte unica. È importante anche il Protocollo 14,

entrato in vigore l'1.6.2010, Protocollo che ha snellito le procedure innanzi alla Corte. Sia della parte della Convenzione che contiene il catalogo dei diritti riconosciuti (in prevalenza diritti civili) sia della parte relativa alle competenze della Corte ci occuperemo nel trattare rispettivamente del contenuto del diritto internazionale (v. S 23.2) e della funzione di accertamento delle norme internazionali (v. § 51.5). Il sistema di controllo instaurato dalla Convenzione, e perfezionato dal citato Protocollo n.11, costituisce un esperimento di grande interesse nel campo della tutela internazionale dei diritti umani, campo in cui gli Stati sono ancora restii non tanto ad obbligarsi quanto a sottoporsi ad accertamenti vincolanti di organi internazionali. All'esperienza europea si è direttamente ispirata la Convenzione americana sui diritti dell'uomo, entrata in vigore nel 1978 (su di essa v. 51.6). 19. Le raccomandazioni degli organi internazionali 19.1. Si è

già detto che la raccomandazione è l'atto tipico che gli organi delle Nazioni Unite (e delle organizzazioni internazionali in generale) hanno il potere di emanare. Si è anche più volte detto che la raccomandazione non è vincolante e precisamente non vincola lo Stato o gli Stati, a cui si dirige, a tenere il contegno raccomandato; essa dunque non è propriamente da annoverare tra le fonti previste da accordi. Trattasi di un atto che ha soltanto valore esortativo.

Effetto di liceità delle raccomandazioni

Nelle precedenti edizioni di questo libro abbiamo sempre mantenuto una tesi da noi sostenuta in un vecchio studio del 1968 (CONFORTI, La funzione dell'accordo nel sistema delle Nazioni Unite, Padova, 1968, 124), tesi secondo cui la raccomandazione produrrebbe un "effetto di liceità": non commette illecito - dicevamo - lo Stato il quale, in osservanza di una raccomandazione, venga meno ad obblighi precedentemente assunti.

nei confronti di altri Stati membri dell'organizzazione raccomandante; ciò purché la raccomandazione sia legittima, ossia non fuoriesca dalle competenze proprie degli organi e da ogni altro limite che il Trattato istitutivo ponga all'azione degli organi medesimi. Una simile tesi poteva essere ricavata dalla prassi dell'epoca, soprattutto dalla prassi delle Nazioni Unite, quando le raccomandazioni degli organi internazionali non erano, come oggi, né numerose né tanto prolisse da finire per contenere spesso tutto e il contrario di tutto. Se poi si considera che la prassi non ha più offerto esempi significativi dell'effetto di liceità, ci sembra che questo non sia più semplicemente ricavabile come allora facciamo - dall'obbligo di cooperazione insito in ogni trattato istitutivo di organizzazione internazionale. Per quanto riguarda la prassi, ci aveva colpito all'epoca il caso della risoluzione 9.4.1966 del Consiglio di Sicurezza.che aveva ribadito l'interdizione della vendita di petrolio alla Rhodesia del Sud, interdizione già raccomandata in precedenti atti, ed aveva raccomandato alla Gran Bretagna di impedire con qualsiasi mezzo l'arrivo nel porto di Beira (Mozambico) di petrolio destinato a proseguire via terra per la Rhodesia. In effetti già nei giorni precedenti le autorità britanniche avevano operato in alto mare, al largo di Beira, la visita della nave Joanna V di nazionalità greca, ma la cosa aveva incontrato la più ferma opposizione da parte del Governo ellenico in quanto contraria alle norme internazionali consuetudinarie sulla navigazione marittima. In vece, dopo la raccomandazione alla Gran Bretagna del Consiglio essendo stata intercettata e visitata una seconda nave greca, la Manuela, nessuna protesta ne seguì da parte dello stesso Governo (per la cronaca degli avvenimenti v. RGDIP, 1967, 472). Dobbiamo dunque ormai riconoscere che le raccomandazioni appar

Tengono puramente semplicemente al soft law, sul cui valore abbiamo discusso a proposito della formazione delle norme consuetudinarie (v. S 4.4).

Inosservanza reiterata della raccomandazione 19.2. Taluni, sempre facendo leva sull'obbligo di cooperazione insito nei trattati istitutivi di organizzazioni internazionali, ritengono che sia illecito il comportamento dello Stato il quale rifiuti di osservare tutta una serie di raccomandazioni. Ciò equivale a dire in buona sostanza che le raccomandazioni, purché reiterate nel tempo, diverrebbero obbligatorie! La tesi è inaccettabile in quanto il principio della cooperazione tra gli Stati membri non può essere respinto fino al punto di sovvertire la caratteristica fondamentale dell'atto che è quella di non vincolare il destinatario al contenuto raccomandato. Anche questa tesi non trova comunque conforto nella prassi attuale. cogente. L'unitarietà.

La gerarchia delle fonti internazionali.

Il diritto internazionale dell'ordinamento internazionale. Rapporti tra consuetudine e accordo

20.1. Per concludere sulle fonti di norme internazionali, e riprendendo cenni già fatti nelle precedenti pagine, si può ora tracciare un quadro della gerarchia esistente tra le fonti medesime.

Al vertice della gerarchia si situano le norme consuetudinarie, tra esse compresa quella particolare categoria di norme consuetudinarie costituita dai principi generali di diritto comuni agli ordinamenti interni. La consuetudine è dunque fonte di primo grado, ed è l'unica fonte di norme generali, come tali vincolanti tutti gli Stati. Il secondo posto della gerarchia spetta al trattato, che trova in una norma consuetudinaria, la norma pacta sunt servanda, il fondamento della sua obbligatorietà. Il terzo posto è occupato dalle fonti previste da accordi, particolarmente dagli atti delle organizzazioni internazionali.

Quali sono i rapporti fra queste tre fonti?

Possono le norme di grado inferiore derogare alle norme di grado superiore? Cominciando dai rapporti tra consuetudine e accordo, è appena il caso di notare che il fatto che le norme pattizie siano sottordinate alle norme consuetudinarie non significa di per sé inderogabilità di queste ultime da parte delle prime. Una norma di grado inferiore può derogare alla norma di grado superiore se quest'ultima lo consente ad es. nel diritto interno un regolamento governativo può derogare alla legge se ciò è dalla legge previsto. Il nostro problema consiste pertanto nel chiederci se le norme consuetudinarie internazionali siano così fortemente vincolanti da non poter essere derogate mediante trattati. Flessibilità delle norme consuetudinarie In linea generale la soluzione da dare al problema ora posto è negativa. Le norme consuetudinarie, secondo l'opinione comune, sono caratterizzate dalla loro flessibilità, e quindi dalla possibilità di essere modificate o derogate in base alle circostanze. Tuttavia, ciò non significa che le norme consuetudinarie siano completamente prive di vincoli. Esistono principi generali del diritto internazionale che limitano la possibilità di derogare alle norme consuetudinarie, come ad esempio il principio di buona fede. Inoltre, la pratica degli Stati nel rispettare le norme consuetudinarie può influenzare la loro interpretazione e applicazione. In conclusione, sebbene le norme consuetudinarie siano flessibili, ci sono comunque dei limiti alla loro derogabilità.

loro derogabilità mediante accordo.

Data la flessibilità della consuetudine

Dettagli
A.A. 2020-2021
332 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/13 Diritto internazionale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher stefania99pipitone di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto internazionale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Palermo o del prof Pellingra Massimo.