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C. TURCHIA, PIATTAFORMA CONTINENTALE DEL MARE EGEO
Nella sentenza la Corte internazionale di giustizia afferma il principio della libertà delle forme
nella conclusione di trattati internazionali, affermando che possa in linea di principio
costituire un accordo internazionale anche un comunicato congiunto adottato dalle parti al
termine di una conferenza diplomatica, dovendosi, al fine di stabilire se si sia in presenza di
un accordo di carattere giuridicamente vincolante, avere riguardo alla natura dell'atto o della
trattativa che trova espressione nel documento adottato. Nel caso di specie, la Corte ravvisò
la presenza nel comunicato congiunto di un impegno a negoziare e a stipulare un accordo
ulteriore, trattandosi quindi di un mero pactum de contrahendo inidoneo a produrre
automaticamente effetti vincolanti.
I trattati devono essere letti per il loro poggetto e scopo, per il quale risulti dal
testo e contesto del trattato stesso. Il contesto nel caso di specie l’incontro
intervenuto tra le parti per il quale il comunicato era stato comunicato, alla
luce di questo contesto appariva che ci fosse un orientamento favorevole da
Paola Catera
entrambe le parti e allo scopo di una soluzione pacifica. Doveva esserci, dal
contesto emerso, la prova della disponibilità delle parti ad addivenire ad un
meccanismo obbligatorio della soluzione della controversia.
Benché ci fosse questa disponibilità da entrambe le parti a addivenire ad una
soluzione diplomatica consensuale della controversia, ciò non valeva da solo a
scaturire l’obbligo per una delle parti di accettare ad essere tradotta davanti
alla CIG senza che fosse intervenuto un ulteriore accordo che definisse i
termini materiali della controversia, perché l’obbligo non era incondizionato.
La volontà emersa dalle parti era di quella di concludere nuovi negoziati e
quindi non poteva esserci la volontà revocabile di sottoporsi alla CIG, ciò che s
avrebbe solo in uno stadio ulteriore in cui le parti dovessero costatare che non
è stato possibile raggiungere l’accordo.
CORTE INTERNAZIONALE DI GIUSTIZIA, SENT. 1° LUGLIO 1994, QATAR C.
BAHREIN, DELIMITAZIONE MARITTIMA E QUESTIONI TERRITORIALI
La sentenza ribadisce il principio della libertà delle forme nella conclusione degli accordi
internazionali, affermando che un accordo internazionale vincolante possa essere contenuto
anche nel processo verbale di un incontro internazionale, sempre che, secondo quanto già
affermato nella precedente sentenza del 1978 relativa alla Piattaforma continentale del mare
Egeo (v.), il verbale indichi specificamente gli impegni reciprocamente assunti dalle parti e
questi non siano subordinati alla negoziazione o conclusione di accordi ulteriori.
Era stato fissato un termine ultimo entro il quale doveva raggiunto un accordo
in assenza di che una parte sarebbe stata libera di portare l’altra davanti alla
CIG.
La distinzione tra un vero accordo vincolante e mere intese provvisorie che
pactum de contrahendum,
convengono un un impegno a svolgere ulteriori
negoziati, per cui il principio della libertà delle forme, se una certa garanzia di
flessibilità della disciplina in questa materia, può aprire dei margini di
incertezza dal quale in poi si deve ritenere che gli stati abbaino manifestato il
loro consenso a determinati obblighi. Martedì, 10 Ottobre 2017
Libertà delle forme
Il principio osservato dal diritto internazionale consuetudinario sulla
conclusione dei trattati è che si trova codificato corrispondentemente nella
Convenzione di Vienna sui diritti dei Trattati.
Nondimeno, però, alla libertà delle forme si contrappone una disciplina delle
modalità di conclusione dei Trattati negli ordinamenti interni dei singoli Stati
perché negli organi competenti a firmare e ratificare i Trattati sono stabiliti in
ciascuno Stato in modo conforme all'ordinamento interno.
Paola Catera
Se ai fini della partecipazione negoziali e della firma del Trattato a scopo di
mera comunicazione delle indicazioni che si applicano a tutti gli Stati sono
nell'art. 7
contenuti sui pieni poteri della Convenzione di Vienna, i Capi di
Governo e i Ministri degli Esteri non devono presentare il documento dove
risulti i pieni poteri perché questi sono insiti nella Commissione.
Lo stesso vale per la prassi consolidata negli Stati per quello che avviene ai
Trattati che sono conclusi dai Capi delle Commissioni diplomatiche, ma
solamente per i Trattati con lo Stato presso il quale l'agente diplomatico è
inviato. E ugualmente, per quello che attiene ai trattati conclusi sotto gli uffici
delle Organizzazioni Internazionali o nell'ambito delle Conferenze
internazionali, questi pieni poteri sono presunti nel fatto che quel determinato
individuo è inviato come rappresentante dello Stato presso quella
organizzazione internazionale o presso quella conferenza internazionale
presso la quale il Trattato viene negoziato.
Diverso è il consenso ad essere vincolati al trattato, dove qui vige il principio
della libertà forma e ci possono essere Trattati conclusi in forma semplificata
in cui il Trattato è concluso direttamente per effetto della firma senza
necessità di successiva ratifica da parte degli organi centrali dello Stato.
Negli altri casi, invece, vengono conclusi in forma solenne, la ratifica o atto
equivalente queste richiedono un atto da parte governo centrale dello Stato.
In questo caso la firma ha lo scopo di conferire ad esso autenticità e impedire
successive modificazioni sulle quali non ci sia il consenso di tutti i
partecipanti. Dalla mera firma del trattato non discende l'obbligo di ratificarlo
perché lo Stato, successivamente, potrebbe cambiare opinione circa l'effettiva
convenienza e l'effettivo interesse a ratificarlo, potrebbero mutare le
circostanze. standstill
L'unico obbligo che deriva dalla firma è un obbligo detto di che
potrebbe dirsi desunto da un principio generale di diritto, impone agli stati e
ai potenziali di non adottare dei comportamenti e degli atti che siano
incompatibili con la futura produzione degli effetti del trattato una volta
ratificato e quindi non alterare il quadro normativo interno adottando leggi
incompatibili, i quali renderanno più difficile la produzione degli effetti del
Trattato una volta ratificato.
Art. 11 - modi di esprimere il consenso
Possono presentare una certa libertà essendo lasciato, anche agli Stati
contraenti, di stabilire i tempi nei quali debba manifestarsi il consenso degli
Stati a vincolarsi. Avviene mediante la firma di quella che viene chiamata
modalità in forma semplificata e perché ciò avvenga deve essere voluto dalle
parti.
Paola Catera
Deve essere evidente anche agli altri contraenti che per effetto della firma
apposta, si intende esprimere il consenso degli Stati a vincolarsi
all'osservanza del Trattato altrimenti verrebbe violata la buona fede.
Art. 13 ipotesi atti bilaterali
Art.14 lettera a) Negli altri casi procedimento solenne avviene tramite
ratifica
L'adesione interviene successivamente rispetto a un Trattato al cui negoziato
lo Stato non ha partecipato e deve essere previsto dagli iniziali contraenti, il
quale deve essere munito di una clausola di adesione.
Diversa è la competenza interna a stipulare e quella quali siano gli organi
competenti a ratificare un trattato internazionale. O la disciplina volta a
stabilire entro quali limiti possa essere consentito agli Stati di concludere un
accordo in forma semplificata.
La libertà delle forme trova un limite nelle pertinenti nell'ordinamento
interno:
Art. 10-11-117 Costituzione - Adattamento diritto interno
80- 87- 89 Costituzione - Competenza a stipulare trattati.
Art. 87
Nei casi in cui un Trattato sia concluso con ratifica occorre Presidente
Repubblica, ma non è valido se non è controfirmato dai Ministri proponenti
che se ne assumono la responsabilità. I trattati che comportano modifica di
legge o quelli la cui ratifica sia autorizzata dalle Camere, sono controfirmati
dal Presidente del Consiglio, dal Ministro Esteri e dal Ministro competente per
materia. Il trattato, una volta introdotto nell'ordinamento statale, ha valore di
legge anche autorizza la ratifica e ne ordina l'esecuzione.
Nel Trattato Internazionale ci sono due profili da tenere distinti:
Profilo internazionalistico
- della costituzione dell'obbligo
internazionale sul piano dei rapporti con gli altri Stati
Profilo della produzione trattati nell'ordinamento statale
- :
La dottrina distingue:
Una fase ascendente:
- attiene alla manifestazione del consenso dello
Stato a vincolarsi nei rapporti con gli altri Stati
Fase discendente:
- attiene all'introduzione delle norme del trattato
all'ordinamento statale e processo di adattamento.
In questa seconda fase si presume che si sia formata la prima, perché se non è
sorto l'obbligo a osservare quel dato Trattato, cade anche la successiva
Paola Catera
introduzione delle norme del Trattato all'interno di quello Stato, poiché viene
meno l'obbligo che ne costituisce in qualche modo la fonte. Ma senza la
seconda, il trattato è concluso sul piano internazionale, ma non sul piano
statale, con il rischio che lo Stato si trovi inadempiente
Art. 87 dall'art.80.
– questi casi sono contemplati
L'art. 80 configura una norma eccezionale, interpretazione restrittiva.
Trattati di "natura politica"
- vuol dire trattati la cui conclusione è
espressione di una importante scelta politica.
Trattati di arbitrato regolamenti giudiziari
- – occorre interpretarlo
come mezzo di regolamento giudiziario delle controversie, ovvero tutte
le volte in cui lo Stato italiano accetti di sottoporre una controversia
Internazionale già presente con un compromesso o una o più
controversie future o Trattato generale di arbitrato che abbia ad oggetto
principale la sottoposizione di una categoria di controversie ad
arbitrato, un siffatto Trattato deve essere autorizzato dalle Camere,
proprio perché implica la sottoposizione dello Stato italiano a un'istanza
esterna con effetti vincolanti come avviene quando si propone alla
giurisdizione della CIG.
In questo caso si presenta una dichiarazione e quindi si aggira l'articolo 80
perché non si conclude un trattato, ma si presenta un atto unilaterale.
l'art. 80
In effetti presupporrebbe che questo adempimento deve essere
compiuto quando si conclude un accordo denominato "stato controparte" di
una data controversia e non quando si formula una dichiarazione di
accettazione ex ante della giurisdizione dell'organo giurisdizionale
internazionale.