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Trattamento dei funzionari delle organizzazioni internazionali

Per quanto riguarda il trattamento dei funzionari delle organizzazioni internazionali non esistono norme consuetudinarie che impongano agli Stati di concedere loro particolari immunità, e tanto meno le immunità diplomatiche; sicché solo mediante convenzione lo Stato può essere obbligato in tal senso.

Lo Stato nel cui territorio opera ufficialmente un funzionario internazionale che non abbia la sua nazionalità è tenuto a proteggerlo con le misure preventive e repressive previste dalle norme consuetudinarie sul trattamento degli stranieri. Oltre in capo allo Stato esiste un obbligo di protezione anche in capo all'Organizzazione cui il medesimo soggetto appartiene? Allo stato attuale la risposta è affermativa ma solo per il risarcimento dei danni ad essa arrecati e non quelli arrecati all'individuo in quanto tale.

30. Il diritto internazionale Marittimo. Libertà dei mari e controllo degli Stati costieri sui mari adiacenti.

materia del diritto internazionale Marittimo esistono quattro convenzioni adottate a Ginevra nel 1958: la convenzione sul mare territoriale e la zona contigua, quella sull'alto mare, sulla pesca e conservazione delle risorse biologiche dell'alto mare, sulla piattaforma continentale. Inoltre nel 1982 è stata firmata a Montego Bay una nuova convenzione per la ricodificazione del diritto internazionale Marittimo (ben 320 articoli) che nonostante non sia ancora entrata in vigore ha fatto si che molte sue norme innovative siano state accettate da tutti i Governi. Il principio classico della "libertà dei mari" significa che il singolo Stato non può impedire e neanche soltanto intralciare l'utilizzazione degli spazi marini da parte degli altri Stati. L'utilizzazione degli spazi marini incontra il limite che consiste nella pari libertà altrui. In contrapposizione al principio della libertà dei mari si è sempre manifestata lamare territoriale (fine secolo scorso), piattaforma continentale (fine seconda guerra mondiale) e la zona economica esclusiva (da alcuni anni).
31. Il mare territoriale e la zona contigua.
Il mare territoriale è sottoposto alla sovranità dello Stato costiero così come la terraferma. L'acquisto della sovranità è automatico. L'art. 1 della prima Convenzione di Ginevra lo definisce così: "La sovranità dello Stato si estende, al di là del suo territorio e delle sue acque interne, a una zona di mare adiacente alle coste denominata mare territoriale". In base ad un principio da ritenersi ormai consolidato e sancito anche nella Convenzione di Montego Bay il mare territoriale può estendersi fino ad un massimo di 12 miglia dalla costa. Lo Stato ha anche il diritto di esercitare poteri divigilanza doganale in una zona contigua al mare territoriale. Questa zona, inizialmente fissata in massimo 12 miglia di larghezza, estesa a 24 dalla convenzione di Montego Bay, trova invece, secondo il diritto internazionale consuetudinario un limite funzionale e non spaziale. Lo Stato sarebbe cioè legittimato a prevenire e reprimere il contrabbando nelle acque adiacenti alle sue coste ma senza "vincoli numerici". Per quanto riguarda il limite interno del mare territoriale l'art. 3 della Convenzione di Ginevra fissa il principio della linea di bassa marea come base per la misurazione. All'art. 4 introduce poi la possibilità di derogare a tale principio con il sistema delle "linee rette". Secondo questo sistema la base per la misurazione si ha congiungendo i punti sporgenti della costa in linea retta e non seguendone le sinuosità. Nel caso di una baia, se i punti estremi sono distanti fino a 24 miglia si congiungono e le acque della baia.

Sono considerate "interne". Altrimenti si traccia una linea retta di 24 miglia all'interno della baia.

I poteri che spettano allo Stato costiero sono in linea di principio gli stessi esercitati nell'ambito del territorio ma con alcuni limiti peculiari:

  1. diritto di passaggio inoffensivo secondo il quale ogni nave straniera può attraversare il mare territoriale se non reca pregiudizio alla pace e al buon ordine dello Stato costiero;
  2. la giurisdizione penale non può esercitarsi in ordine a fatti puramente interni alla nave straniera che cioè non turbino in alcun modo il normale svolgimento della vita della comunità territoriale.

32. La piattaforma continentale. La zona economica esclusiva.

In seguito alla seconda guerra mondiale, la tecnologia iniziò a permettere lo sfruttamento di risorse marine diverse dalla semplice ittica (minerali, idrocarburi ecc.).

Secondo un'altra delle Convenzioni di Ginevra, largamente riproduttiva del

diritto consuetudinario, lo Statocostiero ha il diritto esclusivo di sfruttare tutte le risorse della piattaforma, intesa come quella parte del suoloarino contiguo alle coste che costituisce il naturale prolungamento della terra emersa e che pertanto simantiene ad una profondità costante (circa 200m) per poi precipitare negli abissi. Il diritto sulla piattaformacontinentale ha natura funzionale. Lo Stato non può cioè esercitare in modo generico il suo potere digoverno sulla piattaforma ma solo per sfruttarne le risorse. Poiché la dottrina sulla piattaforma, facendo levasulla conformazione geografica, risulta in certi casi iniqua (es. Perù e Cile che ne sono sprovvisti) l’art. 1della Convenzione di Ginevra stabilisce che per piattaforma continentale debba intendersi anche il suolodelle regioni marine dove la profondità delle acque sovrastanti consente lo sfruttamento delle risorse naturalidelle dette regioni.Altro problema è la

delimitazione della piattaforma di due Stati che si fronteggiano. In tal caso si traccia una linea i cui punti siano equidistanti dai punti delle rispettive linee di base del mare territoriale. Dobbiamo considerare che il criterio di equità che la Corte internazionale di giustizia prescrive per gli accordi in materia è in realtà irrilevante dato che una volta concluso l'accordo questo resta valido qualunque siano stati i criteri. Negli ultimi anni ai poteri dello Stato costiero sulla piattaforma continentale si sono venuti sovrapponendo quelli esercitabili nell'ambito della zona economica esclusiva la quale può estendersi fino a 200 miglia dall'alinea di base del mare territoriale. I poteri consistono nell'attribuzione esclusiva di tutte le risorse economiche della zona, sia biologiche che minerali. Per gli Stati diversi da quello costiero nella zona economica esclusiva è ammessa la navigazione, la posa di cavi sottomarini, e il sorvolo.quanto riguarda la piattaforma continentale che geologicamente si estende oltre 200 miglia è ammessa la giurisdizione da parte dello Stato costiero secondo la Convenzione di Montego Bay. Tuttavia una parte dice che lo Stato ricava in tale zona deve essere versata alla costituenda Autorità internazionale dei fondi marini. Per i Paesi in sviluppo la zona economica esclusiva costituisce una sorta di "sequestro conservativo" dato che spesso non hanno i mezzi necessari a goderne. 33. Il mare internazionale e l'area internazionale dei fondi marini. Negli spazi marini situati oltre la zona economica esclusiva cessa ogni tutela degli interessi degli Stati costieri. Il mare internazionale è l'unica zona in cui trova ancora applicazione il vecchio principio della libertà dei mari. Tutti gli Stati hanno eguale diritto a trarre dal mare internazionale le risorse che questo è in grado di offrire. Naturalmente, trattandosi spesso di risorse esauribili,

Non è ammissibile che gli Stati se ne approprino a loro arbitrio. Questo problema è stato affrontato nella Convenzione di Montego Bay con la costituzione dell'Autorità internazionale dei fondi marini destinata a presiedere allo sfruttamento delle risorse del fondo e del sottosuolo del mare internazionale in modo che tutto avvenga nell'interesse dell'umanità. Quest'ultimo obiettivo verrebbe raggiunto dividendo ogni area da sfruttare in due parti uguali, l'una attribuita allo Stato che l'ha individuata e l'altra direttamente sfruttata dall'Autorità.

Il problema è che l'Autorità non è ancora operativa. Come debbono comportarsi allora gli Stati? Non sembra accettabile l'ipotesi secondo la quale lo sfruttamento di tali risorse sia congelato fino alla istituzione dell'Autorità. Dobbiamo concludere che vada ammesso purché nell'interesse dell'umanità.

34.

La navigazione marittima. Il principio generale è che ogni nave è sottoposta esclusivamente al potere dello Stato di cui ha nazionalità: lo Stato di bandiera o Stato nazionale ha diritto all'esercizio esclusivo del potere di governo sulla comunità navale e esercita siffatto potere attraverso il comandante (considerato come organo dello Stato). Vediamo ora le eccezioni che tale principio incontra allorché una nave si avvicini alle coste di un altro Stato:

  1. Acque internazionali. La nave pirata può essere catturata da qualsiasi Stato e sottoposta a misure repressive. Lo Stato nel cui territorio è in corso una guerra civile può visitare e catturare qualsiasi nave che si proponga di recare aiuto (in armi o armati) agli insorti.
  2. Zona economica esclusiva. Lo Stato costiero può visitare e catturare navi e relativo carico per infrazioni alle proprie leggi sulla pesca o allo sfruttamento delle risorse sottomarine.
  3. Mare territoriale.
Rilevano i principi già analizzati del diritto di passaggio inoffensivo e della sottrazione alla giurisdizione penale dello Stato costiero dei fatti puramente interni alla nave. Le navi da guerra o comunque destinate a servizi pubblici possono inseguire una nave straniera che abbia violato le loro leggi purché l'inseguimento sia continuo e abbia avuto inizio almeno nelle acque contigue al mare territoriale. Se la nave inseguita entra nelle acque territoriali di un altro Stato l'inseguimento cessa. Per quanto riguarda la nazionalità delle navi occorre che tra queste e lo Stato che concede la bandiera esista un legame sostanziale (genuine link). 35. La protezione dell'ambiente marino. La lotta all'inquinamento marino non può non fondarsi su una stretta cooperazione internazionale. Ecco perché la Convenzione di Montego Bay dedica all'argomento più di quaranta articoli. Tuttavia nella prassi non vi sono elementi che inducano adaffermare l'esistenza di obblighi particolari in materia in capo agli Stati. La problematica è molto simile a quella che già abbiamo affrontato al riguardo degli inquinamenti su terraferma. Al contrario, non sembra esserci una normativa specifica che regoli gli inquinamenti marini. Tuttavia, esistono convenzioni internazionali che mirano a prevenire e ridurre l'inquinamento marino, come ad esempio la Convenzione MARPOL (International Convention for the Prevention of Pollution from Ships) e la Convenzione OSPAR (Convention for the Protection of the Marine Environment of the North-East Atlantic). Queste convenzioni stabiliscono regole e standard per la prevenzione dell'inquinamento marino da parte delle navi e degli impianti costieri. Inoltre, molti paesi hanno adottato leggi nazionali per proteggere le acque marine e punire coloro che commettono atti di inquinamento. Ad esempio, negli Stati Uniti esiste il Clean Water Act, che impone limiti alle sostanze inquinanti che possono essere scaricate nelle acque marine. In conclusione, sebbene non esistano obblighi particolari in materia di inquinamento marino, ci sono normative e convenzioni internazionali che mirano a prevenirlo e ridurlo, e molti paesi hanno adottato leggi nazionali per proteggere le acque marine.
Dettagli
A.A. 2012-2013
23 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/13 Diritto internazionale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher valeriadeltreste di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto internazionale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Picone Paolo.