Diritto Industriale - 2° Parziale
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Vi sono due casi in cui la copia per uso privato è libera :
- Caso di una copia per uso personale dei lettori e fatta a mano o con mezzi di riproduzione “non idonea
a spaccio o diffusione dell’opera nel pubblico” (art.68.1 l.d.a)
- Caso di una copia realizzata, sempre per uso personale, ma tramite fotocopie di opere o copie di
fonogrammi o video grammi; in questo caso la copia è sempre libera, ma è previsto un compenso per il
titolare del diritto. (artt. 68, 71-sexies, 71-septies, 71-octies l.d.a). La legge prevede per questo caso il
c.d “sistema di prelievo alla fonte” cioè chi vende i supporti su cui vengono fissate dai privati queste
copie, o chi fornisce servizi di fotocopiatura deve scorporare da quello che guadagna una quota e deve
versarla a titolo di compenso per lo sfruttamento del diritto d’autore; non paga infatti direttamente il
privato perché sarebbe impossibile.
Va tenuta presente una distinzione tra corpus misticum e corpus mechanicum = il corpus misticum è l’opera
dell’ingegno (oggetto del diritto d’ autore), il corpus mechanicum è il supporto su cui l’ opera è fissata.
L’oggetto del diritto non è quindi il supporto materiale, ma è l’opera in quanto fissata nel supporto
materiale ed è quindi la creazione intellettuale, letteraria, artistica.
2. Diritto di distribuzione (art.17 l.d.a)
Questo diritto esclusivo consiste nel fatto che è riservata in esclusiva al titolare la messa in commercio o in
circolazione, o comunque a disposizione del pubblico, dell’originale o degli esemplari dell’opera. La differenza
tra questo diritto e quello del diritto di riproduzione è che quello di riproduzione riguarda la realizzazione della
copia, mentre quello di distribuzione riguarda la vendita.
Normalmente le due cose vanno viste insieme, ma tecnicamente si tratta di due diritti distinti ed indipendenti.
Il principio di esaurimento del diritto d’autore in questo caso dice che una volta che l’esemplare dell’opera è
stata messo in commercio dal titolare del diritto d’autore o con il suo consenso a livello di unione europea
possono circolare liberamente.
Questo è il motivo per cui sul mercato dell’usato chi compra prodotti che originariamente erano stati messi in
commercio con il consenso del titolare, li può rivendere liberamente senza dover dare nulla a nessuno.
La logica è quella che il titolare realizza già il suo profitto derivante dall’esclusiva con la prima vendita
dell’opera protetta e non può quindi pretendere un sovraprofitto ingiustificato.
Questo principio dice infatti che il diritto esclusivo si esaurisce nel momento in cui l’esemplare viene messo in
commercio dal titolare o con il suo consenso.
Bisogna però fare alcune precisazione (che valgono anche per i brevetti e per i marchi) :
- L’espressione “esaurimento” rischia di essere fuorviante perché non vuol dire che viene meno il diritto
d’autore ma viene meno la possibilità del titolare di opporsi alla rivendita dei singoli specifici esemplari
messi da lui in commercio o con il suo consenso.
- Nel campo del diritto d’autore questa regola dell’esaurimento vale solo per il diritto di distribuzione,
perché solo per questo diritto l’oggetto è la vendita dell’esemplare dell’opera.
- Altra regola è che l’esaurimento opera non solo per gli esemplari messi in commercio in Italia, ma
anche e solo per gli esemplari messi in commercio nell’intero territorio dell’unione europea.
Non opera quindi per esemplari messi in commercio al di fuori dell’UE. Si dice che sono ammessi
l’esaurimento nazionale e comunitario mente non opera l’esaurimento internazionale.
- Infine se ci sono ”motivi legittimi” di qualunque tipo l’esaurimento non opera : tipicamente è quando
l’opera viene modificata, alterato o viene venduta in un contesto on in un canale svilente. 28
3. Diritto di noleggio e di prestito (art. 18bis, l.d.a) – caso della vendita online.
Il noleggio è una sorta di affitto o locazione dell’opera ; è la concessione in uso delle opere per un tempo
limitato al fine di ottenere un beneficio economico o commerciale. Quindi non si vende il supporto e non se ne
diventa proprietario, ma se ne concede l’utilizzazione per un certo periodo.
Il prestito invece è assimilabile al comodato; è la concessione in uno delle opere per un tempo limitato senza
finalità di benefici economici o commerciali. Per evitare un’estensione eccessiva del diritto d’autore l’art.
18bis,2 l.da specifica che il diritto di prestito non riguarda i prestiti tra privati, ma riguarda esclusivamente il
prestito fatto da istituzioni aperte al pubblico.
Sono liberi anche, secondo l’art. 69 l.d.a, alcuni prestiti effettuati da biblioteche dello Stato e enti pubblici con
esclusive finalità di promozione culturale di studio personale.
La differenza non è solo dal punto di vista economico, ma anche per quanto riguarda la tutela.
Nel caso del noleggio si ha una tutla a tutto campo perché vi è un ritorno economico, nel caso di un prestito che
è invece gratuito o ad un prezzo inferiore la concessione in uso è riservata al titolare n termini molto ristretti.
4. Diritto di rappresentazione, di esecuzione e di recitazione (art. 15 l.d.a)
Consiste nelle rappresentazioni dell’opera ad un pubblico presente. L’opera viene mostrata ad un pubblico
riunito e presente nel punto in cui l’opera viene comunicata.
La legge indica questi 3 concetti :
- Rappresentazione quando vi è un’azione scenica con degli artisti (es. opera rappresentata a teatro,
danza)
- Esecuzione quando vi è un’esecuzione musicale ma senza azione scenica. (es. concerto)
- Recitazione quando vi è una dizione dell’opera senza azione scenica (es. lettura in pubblico di poesi
o di pagine di un romanzo)
La rappresentazione, l’esecuzione e la recitazione possono avvenire dal vivo oppure con la proiezione o
l’ascolto di una traccia audio registrata (es. proiezione di un film, ascolto di un disco in un bar); in entrambi i
casi il pubblico si trova nel luogo in cui avviene l’attività di comunicazione.
Tutte queste attività sono riservate al titolare solo se avvengono in pubblico (differenza dal diritto di
riproduzione che copre anche attività svolte in ambito privato).
La legge stabili poi all’art. 15.2 l.d.a che non avvengono in pubblico se hanno luogo “nella cerchia ordinaria
della famiglia, del convitto, della scuola o dell’istituto di ricovero” e non hanno scopo di lucro.
Secondo l’art. 15.3 l.d.a, aggiunto dal decreto legge n. 91/2013, convertito dalla legge n. 112/2013 – Inoltre non
è considerata pubblica “la recitazione di opere letterario effettuata, senza scopo di lucro, all’interno di musei
archivi e biblioteche pubbliche ai fini esclusivi di promozione culturale e di valorizzazione delle opere stesse”.
La legge prevedere poi all’art. 15bis l.d.a, un compenso ridotto per gli autori “quando l’esecuzione,
rappresentazione o recitazione dell’opera avvengono nella sede dei centri o degli istituti di assistenza,
formalmente istituiti nonché delle associazioni di volontariato, purché destinate ai soli soci ed invitati e sempre
che non vengano effettuate a scopo di lucro”
5. Diritto di comunicazione a un pubblico distante (art. 16 l.d.a)
Questo diritto fa riferimento ad un pubblico che non si trova nel posto dove avviene la comunicazione ma che
riceve la comunicazione in modo diverso.
La comunicazione dell’opera avviene a un pubblico distante “su filo o senza filo”.
Il pubblico in questo caso non è presente nel luogo in cui avviene l’attività di comunicazione. 29
Questa comunicazione deve avvenire attraverso uno dei mezzi comunicazione a distanza, quali radio e
televisione, comunicazione via satellite e ritrasmissione via cavo.
Ogni forma di messa a disposizione del pubblico dell’opera in maniera che ciascuno possa avervi accesso dal
luogo e nel momento scelto individualmente”. (comunicazione interattiva).
Il diritto del titolare copre quindi solo la comunicazione effettuata al pubblico e non quella effettuata in ambito
privato.
La legge stabilisce che questo diritto è valido anche per la diffusione dell’opera attraverso internet verso un
pubblico, ossia verso un numero indeterminato di fruitori potenziali.
Si dice che questo diritto non si spinge fino ad intromettersi nella sfera privata delle persone, quindi è
consentita la comunicazione dell’opera tra privati, ossia tra persone legate da rapporti personali, quando non
sia consentito l’accesso all’opera da parte dei terzi.
6. Diritto di elaborazione (art.18 l.d.a) – qui ci si collega con il concetto della protezione delle opere elaborate.
Questo diritto afferma che l’opera elaborata si ha in tutti i casi in cui un soggetto prende un’opera frutto
dell’ingegno di un altro soggetto e la elabora per creare una nuova opera dell’ingegno.
La legge deve mettere d'accordo il titolare dell'opera originaria e il soggetto che ha elaborato e creato la
nuova opera. Entrambi hanno fatto qualcosa di creativo ma gli elementi di creatività della prima opera si
ritrovano anche nella seconda, la legge stabilisce però che bisogna riconoscere come opera dell'ingegno
proteggibile anche la seconda opera però non ci si può dimenticare che la seconda opera contiene elementi
della prima per questo l’autore della seconda opera deve pagare un compenso all’autore della prima.
Anche le opere elaborate sono opere dell’ingegno che vanno protette. L’autore delle elaborazioni è
l’elaboratore e la sua esclusività riguarda gli elementi creativi che lui ha creato, però sono salvi dei diritti
sull’opera originaria.
Il diritto esclusivo di elaborare l’opera vale su tutte le forme di modificazione, elaborazione e trasformazione
dell’opera previste dall’art. 4 l.d.a. (elaborazioni creative).
Il titolare ha anche il diritto esclusivo di introdurre nell’opera qualsiasi modificazione e ha il diritto esclusivo di
tradurla.
Ci si chiede però se il titolare possa vietare solo l’utilizzo economico dell’opera elaborata o può vietare
anche la creazione in sé dell’opera. ? :
Questa domanda è interessante per quanto riguarda il software che spesso nasce come elaborazione di un
software precedente coperto da diritto d’autore.
Normalmente prevale la dottrina per cui vi è libera l'attività di creazione per le opere d’arte pura mentre
per le opere utili prevale la dottrina per cui la realizzazione dell'opera elaborata può essere vietata.
In ogni caso sugli elementi creativi della prima opera che restano anche nella seconda opera su questi
elementi resta comunque la tutela del creatore originale. 30
Durata del diritto patrimoniale d’autore
La legge stabilisce all’art. 25 l.d.a che i diritti di utilizzazione economica dell’opera durano per tutta la vita
dell’autore e sino al termine del 70esimo anno solare dopo la sua morte.
Questo termine, invece, non ha molto senso per le opere utili dato che si parla di innovazioni tecniche, perché
un monopolio così lungo non è giustificato; inoltre non ha senso neanche in un’ottica di mercato perhè queste
opere hanno una vita utile molto corta.
Per quanto riguarda invece le opere in comunione (semplici o composte), la durata, i 70 anni dei diritti spettanti
ai coautori “si determina sulla vita del coautore che muore per ultimo”.
Invece per le opere collettive ci sono delle regole diverse :
- La durata dei diritti sui singoli contributi si determina sulla vita di ciascun autore.
- La durata dei diritti sulla raccolta invece come durano 70 anni a partire dalla prima pubblicazione.
Libere utilizzazioni del diritto d’autore
Queste sono le ipotesi in cui il titolare del diritto d’autore non può far valere l’esclusiva per vietare l’utilizzo
dell’opera da parte dei terzi, perché questi hanno degli interessi prevalenti.
Le libere utilizzazioni possono essere al 100%, cioè che vi è libera utilizzazione dell’opera, oppure possono
esserci dei casi in cui per l’utilizzo dell’opera è richiesto un compenso per il titolare del diritto d’autore.
Quando si parla di utilizzazioni si parla di :
- Riproduzione per uso personale (copia privata), deve essere per un uso esclusivamente privato e in
questo caso si può eliminare del tutto il diritto d’autore, o in altri casi la copia è libera ma bisogna
pagare un compenso al titolare. - (art. 68, 71 – sexies, 71 – septies e 71- octies l.d.a)
- Utilizzo dell’opera per finalità di informazione e di cronaca : le ipotesi sono
Riproduzione o comunicazione di articoli di attualità e di materiali dello stesso
carattere. (art. 65.1 l.d.a)
Riproduzione o comunicazione di opere o materiali utilizzati in occasione di
avvenimenti di attualità (art. 65.2 l.d.a)
Riproduzione o comunicazione di discorsi tenuti in pubblico su argomenti di interesse
politico o amministratuvo e di estratti di conferenze aperte al pubblico. (art. 66 l.d.a)
- Utilizzo dell’opera per finalità di pubblica utilità e di solidarietà le ipotesi sono
Riproduzione dell’opera a fini di pubblica sicurezza. (art. 67 l.d.a)
Riproduzione o comunicazione dell’opera per uso personale a beneficio di portatori di
handicap. (art. 71bis l.d.a)
Riproduzione di emissioni radiotelevisive da parte di ospedali pubblici e di istituti di
prevenienza e pena, con equo compenso per il titolare del diritto. (art. 71 quater l.d.a)
- Utilizzo dell’opera per finalità di promozione culturale, di diffusione dell’opera, di ricerca, di studio :
Presetito, riproduzione, comunicazione o messa a disposizione di opere presenti in
bibliotece pubbliche o enti analoghi. (artt. 69 e 71 ter l.d.a)
Riassunto, citazioni o riproduzione di brani o parti di opere e loro comunicazione al
pubblico per fini di critica, di discussione, di insegnamento o di ricerca scientifica (art.
70 l.d.a)
Esecuzione di opere musicali da parte delle bande e delle fanfare dei corpi armati dello
stato. (art. 71 l.d.a) 31
La legge stabilisce a favore del titolare di un diritto d’autore la possibilità di apporre misure tecnologiche che
limitino o impediscano la copia dell’opera. Si parla di :
Misure tecnologiche efficaci per impedire o limitare atti relativi all’opera protetta.
- (art. 102 quater l.d.a)
- Misure anti-accesso e misure anti-copia.
- Informazioni elettroniche sul regime dei diritti (art. 102 quinquies l.d.a) : che permette l’identificazione
dell’opera e del titolare, e delle informazioni circa i termini e le condizioni d’uso dell’opera.
- Divieto di rimuovere, eludere o aggirare le misure tecnologiche di protezione
Queste misure portano ad alcune riflessioni e timori di un’eccessiva protezione del titolare al problema del
rapporto con le libere utilizzazioni.
Diritto Morali
Contenuto del diritto d’autore -
I diritti morali sono diritti della personalità, quindi sono diritti che concernano la tutela della personalità
dell’autore, della sua identità personale, del suo onere e reputazione, della sua stima e apprezzamento da
parte del pubblico.
(Caso : prima causa è stata una sentenza della corte di cassazione di metà anni 80, dove era venuto in rilievo
questo diritto perché era stato attribuito ad un noto medico l’opinione secondo cui quel medico non sarebbe
stato contrario al fumo di sigarette leggere, mentre in realtà lui era contrarissimo al fumo di qualunque
sigaretta. Ha quindi fatto causa per dire che era stata lesa la sua personalità perché gli era stata attribuita
un’opinione che non corrispondeva alla sua).
Questa categoria di diritti morali segna un punto di frattura tra i diritti degli stati europei e il diritto
statunitensi.
Questi diritti sono inalienabili e non rinunciabili (art. 22.1 l.d.a), non hanno limiti di tempo e dopo la morte
dell’autore possono essere fatti valere dal coniuge, dai figli e da altri congiunti (art. 23.1 l.d.a) , la legge dice
appunto che “possono essere fatti valore” che significa che possono essere esercitati, ma questi eredi non
diventano titolari del diritto morale, ma esercitano il diritto.
Vi è un’eccezione del diritto al ritiro dell’opera dal commercio che può essere fatta valore solo dall’autore, non
dagli eredi. (art, 141 l.d.a)- La logica di questo è che l’autore può decidere di ritirare l’opera dal commercio ma
se lui muore senza averla ritirata vuol dire che voleva che la sua opera continuasse a circolare.
Vediamo adesso i singoli diritti morali :
1. Diritto alla paternità dell’opera (art. 20.1 l.d.a) : è il diritto di essere riconosciuto come autore
dell’opera e di vietare a terzi di attribuire a sé o ad altri questa paternità o comunque disconoscerla.
Questo diritto si traduce nella possibilità di :
Il diritto dell’autore di vedere il suo nome figurato sugli esemplari dell’opera o in
occasione del suo utilizzo, dipende dalle c.d “forme d’uso”, cioè quando per quel tipo
di opera è prassi che sia indicato nome dell’autore oppure no.
(es. un romanzo è normale che vi sia il nome dell’autore in copertina, ma per esempio
le sculture dell’industrial design non è usuale che sia presente il nome dell’autore.
Il diritto di non vedersi attribuita la paternità di opere altrui (per alcuni non rientra
propriamente tra i diritti morali d’autore) – il diritto di vietare le false attribuzioni, cioè
che qualcuno attribuisco ad un soggetto la paternità di un’opera non sua. 32
2. Diritto all’integrità dell’opera (art. 20.1 l.d.a) : è il diritto dell’autore di opporsi a qualsiasi
deformazione, mutilazione od altra modificazione, ed a ogni atto a danno dell’opera stessa che possano
essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione.
Per “atti a danno” si intendono le attività in cui l’opera non se non viene modificata ma viene
presentata al pubblico con modalità o in un contesto pregiudizievole per la reputazione e l’onore
dell’autore.
Casi reali :
- Cassette con canzoni che erano state messe come regalo nei fustini del detersivo, l’autore aveva fatto
causa perché diceva che per lui l’opera era importante e invece associata ai detersi pregiudicava la sua
reputazione.
- Rappresentazione di un’opera in modo da snaturarne il significato.
- Il problema delle interruzioni pubblicitarie dei film.
Gli “atti a danno” devo essere forme di utilizzo dell’opera, non la formulazione di giudizi critici.
Riassumendo il caso è quello di pregiudizio all’onore o alla reputazione, cioè che l’opera viene utilizzata
in un modo da falsarne il significato e trasmette al pubblico un significato diverso da quello che voleva
comunicare l’autore, il pubblico è così indotto a formarsi un’opinione distorta.
Caso : distruzione dell’originale o dell’esemplare unico dell’opera.
Il proprietario di un quadro che aveva in casa l’aveva bruciato perché convinto che quel quadro
portasse sfortuna alla sua famiglia, l’autore gli fa causa e lui si giustifica dicendo che portava sfiga.
Ci sono state posizioni che dicevano che non si poteva fare, che solo l’autore lo può fare e ci sono state
altre posizioni secondo cui il distruggere l’esemplare dell’opera si potrebbe fare.
3. Diritto di ritiro dell’opera dal commercio (art. 142 e 143 l.d.a) :
Nel caso in cui l’opera sia già in circolazione l’autore ha il diritto di ritirare l’opera dal commercio se
ricorrono gravi ragioni morali; deve però indennizzare chi ha già acquistato i diritti di utilizzazione
dell’opera.
Sussistono gravi ragioni morali se la circolazione dell’opera diventa pregiudizievole per la personalità
dell’autore, (anche solo per un mutamento delle convinzioni dell’autore)
Si è posta poi una situazione particolare, in un momento intermedio in cui l’autore ha già autorizzato la
circolazione dell’opera ma l’opera non ha ancora avuto diffusione, quindi è ancora inedita; in questo
caso il titolare ha il diritto di ritirare l’opera dal commercio, impedendone così la prima pubblicazione.
Su questa situazione ci sono due posizioni (142 l.d.a) :
o Chi dice che non servono le gravi ragioni morali per ritirare l’opera
o Chi invece dice che anche per questa ipotesi valgono le stesse regole, e quindi ci vogliono le
gravi ragioni morali. 33
Violazione dei diritti d’autore
La legge dice che si ha un’attività di contraffazione (plagio) quando un terzo compie un’attività, senza il
consenso del titolare, che rientra nella sfera di esclusiva del titolare stesso.
(tecnicamente “plagio” è la violazione del diritto morale di paternità ; mentre la “contraffazione” è la violazione
dei diritti di utilizzo economico).
I casi di attività vietata (contraffazione) sono :
- Copia o ripresa integrale dell’opera o di una sua parte creativa.
- Realizzazione di un’opera che presenta differenze rispetto all’opera originale, ma nella quale i tratti
essenziali dell’opera originale rimangono riconoscibili nell’opera successiva; in questo caso quando
bisogna valutare se c’è o no contraffazione si utilizza il criterio della riconoscibilità (affermato dalla
corte di cassazione); viceversa se il terzo si limita a prendere spunto e ispirazione dall’opera ma poi
realizza un’opera autonoma, che non incorpora elementi creativi dell’originale, non c’è contraffazione.
Casi concreti
1. È stata negata la contraffazione di una guida turistica illustrata con disegni da parte di un’altra
guida che, pur presentando una “certa coincidenza tra i disegni”, aveva una diversa composizione e
impaginazione e una diversa forma di rappresentazione dei disegni (bidimensionale e in bianco e
nero, anziché tridimensionale e a colori) – [secondo la Corte di Cassazione, 27 ottobre 2005, n.
20925 ]
2. È stata affermata la contraffazione in un caso in cui il ritornello di una canzone era “pressoché
identico” al ritornello di una canzone precedente (erano riprodotte 33 note su 40), anche se vi
erano differenze nel ritmo – [secondo la Corte di Cassazione. 15 giugno 2012, n. 9854]
3. È stata negata la violazione di diritti d’autore (che però era stata affermata nel primo grado di
giudizio dal tribunale di Roma) in un caso in cui il titolo e i versi iniziali di una canzone (“prendi
questa mano zingara”) erano stati utilizzati in una canzone per il resto diversa – [secondo la Corte
di Cassazione, 19 febbraio 2015, n. 3340]
4. È stata esclusa la violazione dei diritti d’autore su sculture che un altro artista aveva “rivisitato”,
trasformandole “in senso sia materiale che concettuale” (si trattava di figure femminili allungate e
sottili, per dare l’idea della fame, della guerra e dei patimenti di Alberto Giacometti, che erano
state reinterpretate e vestite con abiti e accessori di moda da John Baldessari) – [secondo il
Tribunale di Milano, ord. 13 luglio 2011]
5. È stata ritenuta lecita la parodia di un’opera altrui, quando la parodia muta il senso dell’opera
parodiata e ne costituisce un “rovesciamento concettuale” (escluso perciò che, sotto il profilo del
diritto d’autore, costituisse una violazione dei diritti sulla guida gastronomica “Gambero Rosso” la
diffusione di una guida dal titolo “il Gambero Rozzo” – [secondo il tribunale di Roma, ord. 23 giugno
2008]
6. Caso di due quadri : quadro di arte astratta dipinto nel 1962 da Emilio Vedova e quadro dipinto nel
2004 da Pierluigi De Lutti – caso molto discusso dal Tribunale di Milano e dalla Corte d’appello di
Milano che hanno detto che l’idea in se di fare il quadro con queste macchie di colore non è
proteggibile perché tipico delle arti astratte e chiunque può farlo.
I giudici però nello specifico per questi due quadri hanno detto che mettendoli a confronto la forma
delle macchie, la loro posizione e il loro colore è molto simile, e nella seconda opera continua ad
essere riconoscibile la prima, quindi è stata confermata la violazione di diritti d’autore. 34
Tutela del software
Le ragioni per cui il software è finito nel diritto d’autore hanno portato ad un assetto delle norme di legge
che è poi rimasto.
I software sono creazioni dell'ingegno umano che meritano protezione medianti i brevetti, negli scorsi anni
però da un lato la materia sembrava molto nuova dalle invenzioni tradizionalmente brevettate (campo
meccanico) e al tempo stesso c'era il timore che gli uffici preposti al rilascio dei brevetti non avessero
competenze necessarie per tale lavoro.
C'è stata poi un'altra influenza molto forte in quegli anni erano prevalsi i produttori di hardware che
temevano che un'esclusiva sul software potesse intralciare le vendite di macchine hardware mentre se è
tutto libero anche loro avrebbero potuto muoversi liberamente. Questa pressione dei produttori di
hardware ha portato a far sì che nelle legislazioni brevettuali dagli anni 70 in poi si è avuto il divieto di
brevettazione del software.
Lo scenario però è cambiato, sia da un punto di vista di sviluppo tecnologico che ha reso evidente quanto
queste innovazioni fossero utili e meritevoli di tutela, lo stesso legislatore si è reso conto che questo era un
settore che aveva bisogno di innovazione e gli stessi produttori di software hanno aumentato il loro potere
e sono riusciti ad imporre la loro idea.
Nel momento in cui è maturata la convinzione che anche il software dovesse essere protetto c'erano norme
e convenzioni internazionali che dicevano che il software non poteva essere protetto, così per non rifare
l'assetto esistente si ha lasciato il divieto di brevettazione per cercare un'altra forma di tutela, il diritto
d'autore.
A partire dagli anni 90 si sono aggiunti nei vari set di norme delle previsioni aggiuntive nella tutela di queste
creazioni. Ci sono certe innovazioni nel campo del software che sfuggono al divieto e possono essere
protette mediante il diritto dei brevetti.
Un vantaggio all’ottenimento del diritto d’autore rispetto al brevetto è che il diritto d’autore non prevede
formalità costitutive, quindi per proteggere un software con diritto d’autore non devo andare presso
l’ufficio e registrarlo, basta la creazione. Anche per quanto riguarda l’accesso alla tutela la soglia è
abbastanza facile in quanto non è richiesta l’originalità e il livello inventivo dei brevetti ma è sufficiente che
vi sia creatività. Anche la durata è maggiore perché i brevetti durano 20 anni mentre il diritto d’autore dura
70 anni dopo la morte dell’autore. (la durata non è molto rilevante perché in se la vita utile di un software
non è poi così lunga).
Un problema che invece si è posto per il diritto d’autore rispetto ai brevetti è che il brevetto tutela l’idea
inventiva, mentre nel diritto d’autore si protegge il contenuto, quindi vi è il problema di se qualcuno
riprende l’idea di funzionamento del programma ma cambia l’espressione del programma, c’è violazione o
no? Vedremo che il legislatore cerca di ovviare a questo problema stabilendo delle regole precise.
Il quadro normativo, le fonti di legge attuali in materia di software :
- Artt. 1.2, 2 n. 8, 12-bis, 64-bis, 64-ter e 64-quater l.d.a.
- Direttiva CE n. 2009/24 del 23 aprile 2009 (in precedenza la prima Direttiva CEE n. 91/250 del 14
maggio 1991 – nascita del diritto europeo d’autore sul software)
- Art. 10.1 Accordo TRIPs (tutela del software)
- Art. 4 WIPO Copyright Treaty (settore specifico della copia del diritto d’autore) 35
- Oggetto della protezione
Il concetto base è che il software (programmi per elaboratore) è un insieme di istruzioni che fanno eseguire
una certa operazione a un elaboratore.
La Direttiva CE precisa che sono “programmi per elaboratore” i programmi “in qualsiasi forma, compresi quelli
incorporati nell’hardware”; possono essere protetti anche i lavori preparatori di progettazione per realizzare un
programma, ma solo se sono di natura tale “da consentire la realizzazione di un programma per elaboratore in
una fase successiva”.
L’art. 1.2 l.d.a dice che i programmi per elaboratori sono considerati e vengono protette come opere
letterarie e rientrano per questo motivo nel novero delle opere letterarie e artistiche. Vi è quindi
un’assimilazione del software alle opere letterarie.
Quindi si può dire che :
- Idee, funzioni, principi del programma non sono protetti dal diritto d’autore, perché il diritto
d’autore non tutela le idee, quindi non si tutela la prima fase dalla progettazione.
(es. la stessa Corte di Giustizia nel caso SAS Instituite del 2010 ha detto che la funzionalità di un
programma per elaboratore non è proteggibile con il diritto d’autore).
- Algoritmi matematici del programma e diagrammi che, con livello di dettaglio crescente nel corso
dell’elaborazione del programma, indicano come le varie parti del programma svolgono le loro
funzioni e interagiscono tra loro (c.d flowcharts) : secondo la posizione prevalente non possono
essere protetti dal diritto d’autore, perché non si è ancora arrivati a un livello di progettazione da
consentire la protezione. (secondo il tribunale di Bologna del 2006)
Dunque è protetto il programma per elaboratore compiutamente realizzato, espresso in qualsiasi forma, e i
lavori preparatori quando abbiano raggiunto una sufficiente compiutezza tale per cui è immediato il passo
successivo della realizzazione del programma.
Il legislatore poi stabilisce che sono forme di espressione del programma per elaboratore, protette con il
diritto d’autore, sia il codice sorgente (programma espresso in un linguaggio di programmazione
comprensibile all’uomo), sia il codice oggetto (linguaggio macchina; programma espresso nella forma
leggibili ed eseguibile dall’elaboratore) – C’è violazione del diritto d’autore sia se si copia il linguaggio
macchina sia il codice sorgente.
Vi è poi il problema dell’interfaccia utente grafica che non è una forma di espressione del programma, ma
solo un mezzo con cui l’utente sfrutta le funzionalità del programma (cioè tutte quelle icone, quei comandi
che si trovano tipicamente sugli schermi dei computer che ci permettono di far funzionare la macchina).
Tuttavia la corte di Giustizia ha detto che l’interfaccia può essere protetta in base alla disciplina generale del
diritto d’autore purché sia una “creazione intellettuale” del suo autore.
Gli stessi principi valgono per il linguaggio di programmazione e per il formato dei file utilizzati nell’ambito
del programma per sfruttare le sue funzioni: La corte di Giustizia infatti dice che non sono forme di
espressione del programma proteggibili con le norme speciali, ma possono essere tutelati in base alle
norme generali di diritto d’autore se costituiscono una creazione intellettuale del loro autore.
Il problema per quanto riguarda il software è sempre quello che il diritto d’autore protegge la forma
espressiva e non l’idea.
Da un lato il diritto d’autore non prevede la protezione della generale idea di funzionamento del
programma e dall’altro lato abbiamo che il diritto d’autore protegge il modo in cui il programma è espresso
[forma esterna], in mezzo abbiamo la struttura e l’organizzazione delle varie parti del programma [forma
interna]; dove ci si chiede se è protetta o no : 36
Ci sono diverse tre diverse posizioni :
1. Chi sostiene che sono protetti solo il codice sorgente e il codice oggetto (forma esterna) e non è
protetta la struttura (forma interna)
2. Chi sostiene che anche la struttura interna potrebbe essere protetta, ma solo ove influisca sulla
forma esterna o sia così dettagliata da consentire di passare senza difficolta alla stesura del codice
sorgente, quindi se la struttura è così dettagliata che si identifica e permette di passare subito al
codice sorgente allora ci potrebbe essere una tutela anche per la forma interna.
3. Chi sostiene che la struttura interna è protetta, a meno che non sia necessaria per raggiungere un
certo risultato tecnico.
- Requisiti di protezione e fatto costitutivo della tutela
Analizziamo adesso le caratteristiche che l’opera deve avere per essere protetta :
Originalità (carattere creativo) : L’art. 1.3 della Direttiva CE dice che il programma per elaboratore è
originale “se è il risultato della creazione intellettuale dell’autore”, cioè se vi è un apporto
personale della creatività dell’autore stesso.
La Direttiva poi precisa che non sono presi in considerazione altri criteri, in particolare non si
devono valutare “i meriti qualitativi o estetici del programma” ; questo segna proprio la differenza
con il diritto di brevetti, non si fa una valutazione di meritevolezza, non si guarda la qualità
dell’opera ma basta che sia frutto del suo autore.
Non ci sono formalità costitutive, la semplice creazione del programma costituisce il diritto
esclusivo.
- Titolarità dei diritti di utilizzazione economica
Di regola il diritto esclusivo spetta a chi ha creato il programma, va però tenuto conto che in base all’art.
12-bis l.d.a ; salvo patto contrario il datore di lavoro è sempre titolare dei diritti esclusivi di utilizzazione
economica del programma creato da un lavoratore dipendente ”nell’esecuzione delle sue mansioni o su
istruzioni impartite dallo stesso datore di lavoro.
Vediamo adesso i singoli diritti esclusivi del titolare di un software :
1. Diritto di riproduzione - previsto dall’ art. 64-bis, lettera A, l.d.a : afferma che è riservata al titolare la
riproduzione del programma
- in qualunque forma : perché il software può essere espresso in diverse forme, come linguaggio
programmatore o codice macchina, e tutti i modi di riproduzione sono riservati al titolare.
- con qualunque mezzo : sia il programma che sia copiato su un supporto fisico o nella memoria di un
computer.
- totale o parziale : è vietata la copia dell’ingegno non solo intesa come copia integrale ma anche la
copia di singole parti. Come nella regola generale è vietato copiare parti in sé creative.
- permanente o temporanea : la copia è vietata anche se temporanea: questa regola è stata inserita
per il software e poi nel diritto d’autore. (vedi art. 68 – bis : che dice che se si tratta di copie
temporanee senza rilievo economico che servono per permettere una circolazione legittima) 37
Il diritto di riproduzione prevede che sono soggetto ad autorizzazione del titolare anche tutte le operazioni
di caricamento / visualizzazione / esecuzione / trasmissione o memorizzazione se implicano che per fare
queste operazioni si crei una copia del programma.
2. Diritto di elaborazione – previsto dall’art. 64- bis, lettera B, l.d.a : La norma generale dice che un’opera
elaborata, che parte da un’opera anteriore e che incorpora suoi elementi creativi, è vincolata, perché per
sfruttarla ci vuole il consenso del titolare del diritto anteriore; la stessa cosa vale per il software solo che il
legislatore per spiegare cosa si intende per diritto di elaborazione ha fatto delle esemplificazioni calibrate
sulla realtà de software.
Ha così detto nell’art. che rientrano nelle facoltà esclusive del titolare (per quanto riguarda
specificatamente il software) attività di questo tipo :
- Traduzione : significa trasformare il linguaggio di programmazione del software in un altro.
- Adattamento : quando si cambia un programma esistente per farlo girare in un altro sistema
operativo. (es. prendo un programma scritto per un Mac e lo elaboro in modo che possa girare su
Windows) – oppure si può parlare di miglioramento / ampliamento del programma / correzione
con l’eliminazione di bug, ci sono però dei casi in cui è concessa questa elaborazione per correzione
di errori.
- Trasformazione :
- Ogni altra forma di modificazione :
- Riproduzione dell’opera risultata dalla elaborazione : non è possibile mettere in commercio il
risultato di copie frutto dell’elaborazione.
In caso di elaborazioni creative non vi è “pregiudizio dei diritti di chi modifica il programma”.
Chi ha realizzato l'elaborazione creativa ha su di essa un diritto d'autore ma deve chiedere il consenso del
titolare dell'opera sottoposta ad elaborazione.
Per quanto riguarda il campo del software si ritiene che occorre il consenso del titolare dell'opera
sottoposta a elaborazione non solo per l'utilizzazione del programma elaborato, ma, prima ancora, per la
creazione di questo programma.
Questo perché non si parla di campo morale in cui ci può essere appagamento dalla solo creazione, non era
così nel campo delle normali opere creative.
Ci sono varie ipotesi nel capo dell’elaborazione :
- Elaborazioni non creative : consistono nei semplici ritocchi, modifiche banali e corrispondono al
plagio – contraffazione dell’opera base. questa elaborazione non da quindi nessun diritto a chi
l’ha fatto ma è punibile.
- Elaborazioni creative :su questa elaborazioni si possono ottenere i diritti sull’elaborazione di chi
l’ha realizzata, ma è necessario il consenso del titolare dell’opera di base. (altrimenti si ha
comunque violazione dei suoi diritti)
- Elaborazioni talmente creative da dare vita ad un’opera del tutto nuova : in questo caso vi sono
solo i diritti di chi ha realizzato l’elaborazione, senza violazione dei diritti dell’autore della prima
opera e senza necessità di un suo consenso; perché quest’opera è diventata una cosa nuova a sé
stante. 38
3. Diritto di distribuzione – previsto dall’art. 64-bis, lettera C, l.d.a : questa norma riserva al titolare
qualunque forma di distribuzione al pubblico del programma originale o di sue copie; gli riserva in
particolare la vendita e la locazione del programma.
Caso UsedSoft : Questa causa nasceva proprio da questo problema: una sociaetà titolare (Oracol) di un
diritto d’autore su un software distribuiva agli utenti il software attraverso un dowload da internet ,
l’utente scaricava la copia da internet e riceveva poi una chiave per accedere e utilizzare la copia del
programma sul suo computer. La società UsedSoft però acquistava dagli utenti che non avevano più
bisogno del programma le chiavi di accesso e le rivendeva (era una sorta di mercato dell’usato di questo
software). Se si fosse trattato di sfotware distribuito i i fisici supporti non ci sarebbero stati problemi perchè
con la nozione di esaurimento se il titolare vende un CD con il sotware chi lo compra è poi libero di
rivenderlo (non lo può copiare o elaborare). In questo caso si tratta però di dowload da internet e in più il
contratto che l’utente concludeva online quando acquistava e scarica il programma era formalmente
qualificato come “licenza di software”.
La Oracol allora fa causa a questo rivenditore di software usato dice che :
- non ci può essere esaurimento nel caso della distribuzione fatta con dowload da internet
- loro non vendono ma danno in licenza, quindi la licenza non è una vendita quindi non comporta
esaurimento.
La Corte di Giustizia si è trovata a risovere questo problema, e risponde inizialmente fornendo una
definizione di :
- Vendita : è un contratto con cui viene trasferito il diritto di proprietà su una copia del programma.
Viene quindi ceduta la proprietà dell’esemplare (del supporto), ma non vengono ovviamente ceduti
i diritti d’autore sul programma.
Si può avere una vendita non solo quando la copia del programma è fissata su un supporto
tangibile come CD-ROM o un DVD, ma anche quando la copia viene scaricata mediante dowload da
un sito internet. Come ha stabilito la Corte Giust. UE, 3 luglio 2012, causa C-128/11, caso UsedSoft,
punti 35 ss.
- Locazione / Licenza : è un contratto con cui si mette a disposizione di un terzo, per l’utilizzazione
per un periodo limitato e per fini di lucro, un programma per elaboratore o una copia dello stesso
(considerando 12 della Direttiva) che alla scadenza devo però restituire.
La Corte di Giustizia dice che in realtà per dare una qualificazione a questi contratti con cui circola il
software in termini di vendita o locazione è irrilevante come le parti hanno chiamato il contratto, perchè
spetta al giudice definirlo valutandone la sostanza. In questo caso la Corte di Giustizia dice che hanno se la
sociaetà l’ha chiamata licenza, questa è a tutti gli effetti una vendita, perchè l’oggeto del contratto è il
trasferimento a tempo indeterminato della disponibilità della copia del software, è in fatti una vendita.
Quindi il titolare del diritto d’autore non può sottrarsi al principio dell’esaurimento semplicemente
qualificando il suo contratto come licenza, infatti in questo caso in realtà è una vendita.
Per quanto riguarda l’altro punto, la Corte di Giustizia dice che guarda la sostanza delle cose e quindi in
questo caso non c’è dfferenza tra supporto tangibile fisso e una vendita su internt, perchè in entrambi i casi
una copia di quel software viene ceduta e la proprietà viene acquisita da un altro soggetto.
Esaurimento : la legge dice che si determina solo in caso di vendita di una copia del programma da parte
del titolare dei diritti o con il suo consenso all’interno dell’Unione Europea; mentre la locazione o altre
forme di distribuzione non determinano esaurimento.
L’esaurimento impedisce al titolare di controllare le successive rivendite della copia venduta. Il titolare
conserva però il diritto sia di controllare la locazione della copia venduta, sia di vietarne la riproduzione e
l’elaborazione. 39
Questo però ha creato dei problemi, perchè l’utente che quindi rivende il software scaricato, non potrebbe
terne una copia sul suo computer e lo dovrebbe appunto cancellare nel momento in cui lo rivende. (perchè
se ne vendu una copia tenendo anche lui un esemplare sul suo computer, ci sono due copie).
La Corte di Giustizia dice che lui può rivendere la copia ma non ne può tenere un esemplare, perchè questo
è illecito. In questo caso si fa quindi riferimento a quelle tecniche di protezione del software, cioè il titolare
deve cercare di corredare lui il software di sistemi anti-copia per cui la copia del primo acquirente non sia
più sfruttamebile nel momento della rivendita.
Libere Utilizzazioni (le eccezioni ai diritti) sono attività che il legislatore non ritene corrette negare ai
terzi e quindi consente che vengano svolte sul software protetto in via eccezionale. I casi sono :
Riguardo alle operazioni consentite all’utente legittimo per essere sicuro di poter sfruttare pienamente il
programma, la legge prevede :
- Art. 64-ter.1 , l.d.a : è connessa al fatto che se si acquista un programma lo si deve poter utilizzare.
Quindi la legge dice che il legittimo acquirente di una copia del programma può compiere attività di
riproduzione, di elaborazione e di correzione di errori, “se si tratta di attività necessarie per l’uso del
programma per elaboratore conformemente alla sua destinazione”; è possibile però un patto contrario.
(non è sempre possibile il pattocontrario)
- Art. 64-ter. 2, l.d.a : è connesso al fatto che il programma scaricato potrebbe andare perso, o si
deteriori/danneggi. In questo caso la legge dice che chi ha diritto di usare una copia del programma può
realizzare una copia di riserva (c.d copia di back-up), se questa copia è necessaria per l’uso.
Per quanto riguarda invece la possibilità di esaminare il software per fini di studio, di ricerca o anche per fini
commerciali, la legge prevede :
- Art. 64-ter.3 l.d.a : la regola generale dice che chi ha diritto di usare una copia del programma può
studiarlo e provarlo per cercare di determinare le idee e i principi su cui sono basati i suoi elementi; è però
consentita solo un’analisi dall’esterno (osservazione del funzionamento del programma) e solo durante
determinate fasi di utilizzo del programma (caricamento, visualizzazione, esecuzione, trasmissione o
memorizzazione). La legge in questo caso pone un principio giusto ma non da i mezzi per raggiungerlo,
perchè non consente un’analisi più approfondita.
C’è però una sottoeccezione più specifica all’art. 64-quater l.d.a : dove si dice che vi è un solo caso in cui
l’utente non deve limitarsi allo studio dall’esterno ma può procedere ad uno studio dall’interno. Cioè è
consentita la decompilazione del programma se indispensabile per acquisire informazioni necessarie per
conseguire una interoperatività con altri programmi.
- Decompilazione : è l’analisi del programma espresso nel codice oggetto per risalire al codice
sorgente e ai principi che sono alla base del programmI.
- Interoperatività : è la capacità di due o più sistemi di scambiare informazioni e di usare
reciprocamente le informazioni scambiate, (considerando 10 della Direttiva). 40
Tutela della banche di dati
È la seconda opera utile in relazione al diritto d’autore.
Le banche dati sono raccolte di informazioni e dati con strumenti interni di ricerca che permettono di
reperire facilmente e rapidamente gli elementi di cui si ha bisogno.
Il loro valore economico è dato dal fatto che vi sono dei soggetti che si fanno carico di raccogliere i dati, si
assemblarli, di organizzarli e di renderli disponibili con delle ricerche per “parola chiave”, quindi dal lato
dell’offerta abbiamo un fornitore che si fa carico lui di tutte queste attività – dal alto della domanda
abbiamo un utente finale che sa che accedendo a quella banca dati senza alcun sforzo potrà reperire i dati
di cui ha bisogno.
Le banche dati infatti hanno una grande utilità e anche un grande valore economico e come tali hanno
bisogno di essere protette, perché se non lo fossero chiunque potrebbe copiare il lavoro altrui. holi
Il quadro normativo - Le banche dati sono disciplinate dai seguenti articoli e direttive :
Direttiva CE n. 96/9 dell’11 marzo 1996 : che il legislatore italiano ha attuato in Italia. Ha posto in
Italia i principi di questa direttiva inserendo nel 1999 una serie di articoli nella legge del diritto
d’autore.
Questi articoli sono : Artt. 1.2, 2 n. 9, 12-bis, 64-quinquies, 64-sexies, 102-bis e 102-ter l.d.a.
Art. 10.2 Accordo TRIPs
Art. 5 WIPO Copyright Treaty
V. anche art. 2.5 Convenzione di Berna : che diceva che le raccolte di opere letterarie o artistiche e
le antologie che abbiano carattere creativo possono essere protette con diritto d’autore.
Oggetto della protezione
La direttiva e la nostra legge sul diritto d’autore: (art. 2, numero 9, l.d.a – art. 1.2 Direttiva) Dicono che le
banche dati sono “raccolte di opere, dati o altri elementi indipendenti sistematicamente o metodicamente
disposti ed individualmente accessibili mediante mezzi elettronici o in altro modo”. Per essere considerata
una banca dati quindi deve avere congiuntamente tutti i requisiti previsti in questa definizione.
Vediamoli singolarmente, la banca dati deve quindi essere una :
- Raccolta (o “compilazione”) di elementi di ogni tipo (es. opere letterarie, artistiche o musicali;testi;
immagini; numeri; fatti e dati – v. considerando 17 Direttiva) ma non occorre che si tratti di
elementi in sé creativi e protetti con il diritto d’autore.
La legge poi precisa che questi singoli elementi della banca dati devono essere :
- Elementi indipendenti, perché se non fosee così anche le opere audio visive o cinematografiche
finirebbero per poter essere considerate come delle banche dati. 41
Il legislatore specifica quindi come ha precisato la Corte di Giustizia in questa sentenza (Fixtures
Marketing, punto 29 del 2004) che questi elementi devono essere separabili gli uni dagli altri senza
che il valore del loro contenuto informativo, letterario, artistico, musicale o di altro genere venga
ad essere per questo intaccato.
Non rientrano perciò nella nozione di bancha dati le opere audiovisive o cinematografiche, formate
da elementi che non sono tra loro indipendenti.
Infine vediamo la definizione che la Corte di Giustizia ha dato dell’ulteriore requisito :
- Elementi disposti in maniera sistematica o metodica e individualmente accessibili : : “questa
condizione comporta che la raccolta figuri su un supporto fisso, di qualsiasi natura, e contenga un
mezzo tecnico quale un processo di tipo elettronico, elettromagnetico o elettroottico ... o un altro
mezzo, quale un sommario, un indice delle materie, un piano o un metodo di classificazione
particolare, che consente la localizzazione di ogni elemento indipendente contenuto nel suo
ambito”.
Perciò questa condizione “permette di distinguere la banca di dati ai sensi della direttiva,
caratterizzata da un mezzo che consente di ritrovare nel suo ambito ciascuno dei suoi elementi
costitutivi, da un insieme di elementi che fornisce informazioni ma che è privo di qualsiasi mezzo di
elaborazione dei singoli elementi che lo compongono” (Corte Giust. CE, 9 novembre 2004, causa C-
444/02, caso Fixtures Marketing, punti 30-31).
Esempi di bache dati : - Cataloghi di opere
- Cataloghi di merci
- Listini prezzi e liste clienti
- Elenchi telefonici (Pagine Bianche, Pagine Gialle)
- Calendari di campionati e competizioni sportive
- Guide a ristoranti o alberghi
- Orari dei servizi pubblici
- Raccolte di schede di razze canine
- Raccolte di giurisprudenza
La Direttiva però diche che non sono proteggibili le raccolte di brani su CD, perché non sono abbastanza
originali da meritare la protezione con le norme del diritto d’autore.
Forme di tutela
Le banche dati possono essere protette con due forme di tutela:
Tutela di diritto d’autore per le banche dati creative
Tutela mediante un diritto sui generis per le banche dati che abbiano richiesto un investimento
rilevante (non rileva la creatività). si basa su una logica di fondo la “dottrina del sudore della
fronte”, cioè lo sforzo per lo svoglimento delle attività come investimento di tempo e denaro.
Il legislatore ha distinto queste due forme di tutela perché molte volte si tratta di raccolte la cui
costituzione non ha richiesto alcuna attività creativa ma invece ha richiesto molto tempo e molto denaro.
Così ci si rende conto che se si fosse data solo la tutela di diritto d’autore sarebbe servito a molto poco.
Tra l’altro per le banche dati si dice che si manifesta quello che è stato chiamato “il paradosso della
completezza” nel senso che una banca dati ha tanto più valore quanto più è completa; il paradosso sta nel
42
fatto che molte volte per le banche dati ciò che le renderebbe creative allo stesso tempo le metterebbe
fuori mercato, perché nessuno comprerebbe delle banche dati difficili da usare o priva di infromazioni
essenziali.
Analizziamole adesso singolarmente :
1 – Tutela di diritto d’autore
Le banche dati sono protette con diritto d’autore se manifestano della creatività nella scelta o disposizione
del materiale; secondo l’art. 1.2 l.d.a e art. 3.1 Direttiva.
- Scelta: vuole dire come vengono selezionati alcuni dati nell’insieme di dati disponibili
- Disposizione: vuol dire come vengono coordinati e organizzati i dati.
La Corte di Giustizia a seguito della sentenza “Football Dataco” del 2012 in cui si chiedeva se potessero
essere protetti con diritto d’autore i calendari della Premier League Inglese; dice che vi è creatività /
originalità nella costituzione di una banca dati quando, mediante la scelta o la disposizione dei dati “il suo
autore esprima la sua capacità creativa con originalità effettuando scelte libere e creative”; in altre
parole,la banca dati è protetta “a condizione che la scelta o la disposizione dei dati in essa contenuti
costituisca un’espressione originale della libertà del suo autore”. (in questo caso è stata esclusa).
Vicevera non vi è creatività / originalità se la costituzione della banca darti è “dettata da considerazioni di
carattere tenico, da regole o vincoli che non lasciano spazione per la libertà creativa”.
In ogni caso, nella valutazione della creatività/originalità non assumono rilievo “l’impegno intellettuale e il
know-how destinati alla creazione di dati” (Corte Giust. UE, 1° marzo 2012, causa C-604/10, caso Football
Dataco, punti 33 e 46), ma conta la creatività nella costituzione della banca dati secondo criteri originali,
non l’attività di creazione dei dati in sé.
Esempio : sentenza Corte di Giustizia nel caso della Premier League inglese, perché chi aveva fatto la banca
dati con il calendario della Premier Leage aveva detto che c’era un margine di creatività perché i calendari
di calcio non sono casuali ma sono creati con delle regole “c.d regole d’oro”. La C.G dice che questo
elemento di creatività anche se ci fosse non riguarda la creazione delle banche dati ma riguarda la
creazione delle informazioni che poi entreranno nella banca dati.
Quindi creatività c’è solo nel caso in cui una volta che l’informazione esiste, il metterla nella banca dati e
organizzare la banca dati a un qualche cosa di creativo.
Ad essere titolare dei diritti di utilizzazione economica è di regola chi ha creato la banca dati, anche se
secondo l’art. 12-bis l.d.a, salvo patto contrario il datore di lavoro è titolare dei diritti esclusivi di
utilizzazione economica della banca dati creata da un lavoratore dipendente “nell’esecuzione delle sue
mansioni o su istruzioni impartite dallo stesso datore di lavoro”.
La protezione di diritto d’autore delle banche dati non si estende al loro contenuto e lascia impregiudicati
diritti esistenti su tale contenuto. (art. 2 num.9 l.d.a e art. 3.2 Direttiva)
Quindi in base alla disciplinda del diritto d’autore è vietato replicare gli elementi creativi della banca dati, il
modo in cui questa è organizzata, la sua struttura e la disposizione dei dati, ma non è vietato copiare il
contenuto (i dati). 43
I diritti esclusivi di un titolare di una banca dati sono:
- Diritto esclusivo di riproduzione: è vietata e riservata al titolare la copia di una banca dati non
rispetto al contenuto e ai singoli dati, ma rispetto al modo in cui questi dati sono scelti e organizzati,
si tutela la sua forma. Questa riproduzione può essere permanente o temporanea, totale o parziale
di una parte creativa, con qualsiasi mezzo e in qualsiasi forma. (art. 64-quinquies, lettera A, l.d.a)
- Diritto esclusivo di elaborazione: è vietato e riservato al titolare tradurre, adattare, modificare la
banca dati. (art. 64-quinquies, lettera B, l.d.a). Questa norma riserva al titolare anche la diversa
disposizione dei dati, cioè è una disposizione vietata prendere i dati e disporli diversamente.
- Diritto esclusivo di distribuzione al pubblico: è vietato e riservato al titolare distribuire al pubblico
cioè di vendere, far circolare, dare in licenza l’originale o le copie di una banca dati. E anche in
questo caso solo per i casi di vendita, in cui si ha un passaggio di proprietà della banca dati si
determina esaurimento. (art. 64-quinquies, lettera C, l.d.a)
- Diritto esclusivo di presentazine, dimostrazione o comunicazione al pubblico della banca dati,
compresa la trasmissione effettuata con qualsiasi mezzo e in qualsiasi forma è riservata al titolare.
(art. 64-quinquies, lettera D, l.d.a)
- Diritto esclusivo di riproduzione, distribuzione, comunicazione, presentazione o dimostrazione in
pubblico dei risultati delle modifiche ed elaborazione di cui alla lettera B, sono riservati al titolare.
(art. 64-quinquies, lettera E, l.d.a).
La legge stabilisce poi alcune libere utilizzazioni delle banche dati:
- Riguarda le attività didattiche e di ricerca scientifica (art. 64-sexies.1, lettera A, l.d.a): si riservano
quindi dei margini di liberta e non si fa valore l’esclusiva nel caso di accesso e consultazione della
banca dati con finalità esclusivamente didattiche o di ricerca scientifica però il legislatore circoscrive
questa facoltà sepecificando che:
l’attività di accesso o consultazione non deve essere svolta nell’ambito di
un’impresa
Si deve indicare sempre la fonte (regola delle citazioni)
Deve perseguire assolutamente delle finalità non commerciali
Non si deve procedere alla riproduzione permanente della totalità o di una
parte sostanzale del contenuto su un altro supporto;
- Chiamata “eccezione di Polizia”, riguarda i casi in cui ci siano esigenze di acquisire informazioni da
una banca dati per fini di sicurezza pubblica o per effetto di una procedura amministrativa o
giurisdizionale. (art. 64-sexies.1, lettera B, l.d.a). In questi casi si può direi che non ci sono limiti di
utilizzo previsti invece per le attività di studio e ricerca;
- Infine non può essere impedito ad un utente leggittimo della banca dati di compiere tutte le
attività, indicate nell’art. 64-quinquies l.d.a, che sono necessarie per accedere al contenuto della
banca dati e per il suo normale impiego. (art. 64-sexies.2, l.d.a).
Eventuali clausole contrattuali contrarie sono nulle. (art. 64-sexies.3. l.d.a)
2 – Tutela mediante il diritto sui generis
La titolarità del diritto in questo caso sorge in capo al costitutore della banca dati.
Per costitutore si intende “chi effettua investimenti rilevanti per la costituzione di una banca dati o per la
sua verifica o la sua presentazine, impegnando, a tal fine, mezzi finanziari, tempo o lavoro” (art. 102-bis.1,
l.d.a ; v. anche art. 7.1 Direttiva che parla di un “investimento rilevante sotto il profilo quantitativo e
44
qualitativo) – il presupposto della tutela in questo caso è aver effettuato degli investimenti rilevanti (la
dottrina del sudore della fronte) non per aver fatto qualcosa di creativo.
La legge dice anche quali devono essere gli oggetti su cui devono intervenire questi investimenti e sono 3
(costituzione – verifica – presentazione della banca dati); se in relazione ad almeno uno di questi tre aspetti
ci sono stati degli investimenti rilevanti sorge questo diritto.
La legge specifica anche all’art. 102-bis, commi 3 e 4, l.d.a che vengono tutelate solo le banche dati di
cittadini di Stati UE o di residenti abituali nella UE; o, nel caso di imprese o società, di soggetti con una sede
in uno Stato UE e un legame effettivo e continuo con questo stato. [a differenza del diritto d’autore che
spetta a chiunque]
Analizziamo adesso i requisiti che una banca dati deve avere per essere protetto mediante diritto
sui generis; come risulta dalla definizione di costitutore, il presupposto della tutale sono gli
investimenti rilevanti (non la creatività).
La Corte di Giustizia sempre nei casi relativi ai calendari del campionato di calcio ha specificato una
serie di principi; innanzitutto ha detto come si fa a valutare se un investimento è rilevante: lo si
deve valutare sia sotto il profilo quantitativo sia sotto il profilo qualitativo.
- Per valutare se l’investimento è rilevante in senso quantitativo si fa riferimento “a mezzi
quantificabili numericamente” (es. somme investite, investimento in denaro)
- Per valutare se l’investimento è rilevante in senso qualitativo si fa riferimento “a sforzi
non quantificabili, quali uno sforzo intellettuale o un dispendio di energie”.
Analizziamo adesso come la Corte di Giustizia ha definito i tre elementi chiave su cui deve avvenire
l’investimento rilevante.
1. L’investimento per la costituzione della banca dati ha ad oggetto “i mezzi destinati alla ricerca di
elementi indipendenti esistenti e alla loro riuniune | organizzazione nella banca dati”; mentre non
rilevano invece i “mezzi impiegati per la creazione stessa di elementi indipenditi”. Quindi rileva solo
l’investimento per conseguire la banca dati, non anche l’investimento per creare i dati.
2. L’investimento per la verifica della banca dati ha ad oggetto “i mezzi destinati, al fine di assicurare
l’affidabilità dell’informazione contenuta nella detta banca di dati, al controllo dell’esattezza degli
elementi ricercati, all’atto della costituzione di questa banca di dati così come durante il periodo di
funzionamento della stessa”.
3. L’investimento per la presentazione della banca dati ha ad oggetto “i mezzi intesi a conferire alla
detta banca di dati la sua funzione di gestione dell’informazione, ossia quelli destinati alla
disposizione sistematica o metodica degli elementi contenuti in questa banca di dati nochè alla
organizzazione della loro accessibilità individuale”. Quindi tutto ciò che è stato investito per
organizzare i dati e renderli facilmente consultabili e per rendere semplice e accessibile la banca
dati per gli utenti.
La protezione delle banche dati con il diritto sui generis si estende anche al contenuto informativo. Questo
è un grande vantaggio rispetto al diritto d’autore perché si da un’esclusiva anche sui dati (contenuto
informativo) delle banche dati.
Il costitutore in questo caso ha il diritto di vietare le operazioni di estrazione o di reimpiego della totalità o
di una parte sostanziale della banca dati. (art. 102-bis.3, l.d.a), quindi l’esclusiva del titolare di diritto sui
generis consiste nell’estrazione o reimpiego. 45
- Per estrazione si intende il trasferimento permanente o temporaneo della totalità o di una parte
sostanziale del contenuto di una banca di dati su un altro supporto con qualsiasi mezzo o in
qualsiasi forma. (art. 102-bis.1, lettera B, l.d.a)
- Per reimpiego (vuol dire distribuzione, non riutilizzare) si intende qualsiasi forma di messa a
disposizione del pubblico della totalità o di una parte sostanziale del contenuto della banca dati
mediante distribuzione di copie, noleggio, trasmissione effettuata con qualsiasi mezzo e in qualsiasi
forma. (art. 102-bis, lettera C, l.d.a)
La nozione di “parte sostanziale” del contenuto della banca dati (definita dalla Corte di Giustizia ) va intesa
in senso sia quantitativo, sia qualitativo.
- Dal punto di vista quantitativo si fa riferimento al volume dei dati estratti o reimpiegati rispetto al
volume totale del contenuto della banca dati; Quando si fa riferimento in termini percentuali per
vedere quanti dati sono stati copiati.
- Dal punto di vista qualitativo si fa riferimento alla rilevanza dell’investimento relativo alla parte del
contenuto della banca dati che è stata oggetto di estrazione o reimpiego. Quando si fa riferimento
ad una parte che ha richiesto particolari investimenti e particolati sforzi per essere reperiti e inseriti
nella banca dati.
L’estrazione o il reimpiego di parti non sostanziali invece sono di regola leciti.
Si sono però posti dei problemi perché se un soggetto furbescamente faccia tante copie ripetue nel tempo
di tante piccole parti ciascuna in sè non sostanziale ma che messe insieme permettano di ricostituire la
banca dati nella sua interessa o in una sua parte sostanziale e se risulta che queste operazioni sono fatte
proprio con questa finalità allora anche la copia progressiva di queste parti non sostanziali è vietata.
Quindi la legge stabilisce secondo una regola di buon senso che sono invece vietati l’estrazione o il
reimpiego “ripetuti e sistematici” di parti non sostanziali, qualora “presuppongano operazioni contrarie alla
normale gestione della banca di dati o arrechino un pregiudizio ingiustificato al costitutore della banca di
dati” (art. 102-bis.9 l.d.a).
Si tratta di “comportamenti non autorizzati, che mirano a ricostituire, mediante l’effetto cumulativo di
operazioni di estrazione, la totalità o una parte sostanziale del contenuto di una banca di dati tutelata dal
diritto sui generis e/o a mettere a disposizione del pubblico, mediante l’effetto cumulativo di operazioni di
reimpiego, la totalità o una parte sostanziale del contenuto di una tale banca di dati, e che pregiudicano
pertanto gravemente l’investimento del costitutore di tale banca di dati”.
Anche per i diritti sui generis infine vale la regola dell’esaurimento cioè che la vendita di una copia della
banca dati effettuata dal titolare o con il suo consenso all’interno dell’Unione Europea esaurisce il diritto di
controllare la rivendita di quella copia. (art. 102-bis.2 l.d.a). E anche per questi diritti vale la regola che se
non c’è estrazione o reimpiego la baca dati resa accessibile al pubblico può essere oggetto di libera
consultazione.
Facoltà dell’utente legittimo:
- L’utente legittimo di una banca dati messa a disposizione del pubblico può effettuare attività di
estrazione o reimpiego di parti non sostanziali del contenuto della banca dati, per qualsiasi fine (art.
102-ter.3 l.d.a.).
- L’utente legittimo non può invece “arrecare pregiudizio al titolare del diritto d'autore o di un altro
diritto connesso relativo ad opere o prestazioni contenute in tale banca” (art. 102-ter.1 l.d.a); e
neppure “eseguire operazioni che siano in contrasto con la normale gestione della banca di dati o
che arrechino un ingiustificato pregiudizio al costitutore della banca di dati” (art. 102-ter.2 l.d.a). 46
La durata del diritto:
Il diritto sui generis “sorge al momento del completamento della banca di dati e si estingue trascorsi
quindici anni dal 1° gennaio dell'anno successivo alla data del completamento stesso” (art. 102-bis.6 l.d.a).
Se però la banca dati viene messa a disposizione del pubblico prima della scadenza di questo termine, il
diritto “si estingue trascorsi quindici anni dal 1° gennaio dell'anno successivo alla data della prima messa a
disposizione del pubblico” (art. 102-bis.7 l.d.a).
Il legislatore dice che nel caso di modifiche non rilevanti nel corso del tempo nelle banche dati non è il caso
di allungare la protezione, ma ci possono essere i casi in cui “vengono apportate al contenuto della banca di
dati modifiche o integrazioni sostanziali comportanti nuovi investimenti rilevanti”, in questo caso decorre
un nuovo periodo di tutela, pari a quello previsto dai commi 6 e 7 dell’art. 102-bis l.d.a., “dal momento del
completamento o della prima messa a disposizione del pubblico della banca di dati così modificata o
integrata, e come tale espressamente identificata” (art. 102-bis.8 l.d.a.).
Si discute ancora oggi sul fatto che il prolungamento della protezione riguardi la banca dati nel suo
complesso o solo le parti modificate o integrate, vi sono due opinioni opposte:
- Chi dice che visto che la protezione aggiuntiva viene data per l’investimento rilevante, la
protezione aggiuntiva riguarda solo l’aggiunta
- E chi dice che la banca dati è un blocco unico e non può essere scisso in parti soggette a termini
diversi di protezione e quindi nel caso in cuisi hanno queste aggiunte i 15 anni di protezione
rigurdano il tutto, e quindi anche i dati vecchi continuano ad essere prottetti. 47
3 – Concorrenza sleale
Parliamo di regole di condotta / regole di comportamento, si parla di come devono comportarsi le imprese nel
andare sul mercato.
Nel concetto di concorrenza è insito un margine di aggressività, cioè che l’operare sul mercato comporti
fisiologicamente un danno ai concorrenti, nel senso che se sono bravo ed efficiente conquisto delle quote di mercato
e discapito dei concorrenti. In sé il fare danno al concorrente non è cosa vietata è anche una cosa logica del mercato.
Tuttavia il problema che si è avvertito da sempre è che ci sono anche condotte che non rientrano in un concetto
normale di concorrenza, che il legislatore definisce come condotte non legittime ma sleali, in cui i concorrenti
tengono comportamenti scorretti.
Questi comportamenti sono fissati dall’art. 2598 del codice civile, dove vengono elencate le condotte sleali, cioè quei
comportamenti che nelle gare concorrenziali non si possono fare perché sono scorrette.
Ferme le disposizioni che concernono la tutela dei segni distintivi e dei diritti di brevetto, compie atti di concorrenza
sleale chiunque:
1) Attui una “concorrenza sleale confusoria”, cioè usi nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione
con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i prodotti di un
concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con
l'attività di un concorrente;
2) Svolga “illeciti di comunicazione”, cioè diffonde notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull'attività di un
concorrente, idonei a determinarne il discredito, o si appropria di pregi dei prodotti o dell'impresa di un
concorrente; Sono i casi di denigrazione, cioè denigro con falsità il mio concorrente o se ci si appropria
di pregi del concorrente, vantano falsamente di pregi che in realtà non ho.
3) Si avvale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza
professionale e idoneo a danneggiare l'altrui azienda.
I Presupposti dell’applicazione di questa disciplina
È una disciplina che regola la concorrenza e quindi si applica nei casi in cui due soggetti siano in concorrenza sul
mercato.
Due soggetti si dicono in un rapporto di concorrenza se offrono sullo stesso mercato beni o servizi idonei a
soddisfare gli stessi bisogni o bisogni simili.
Per valutare se c’è concorrenza si guarda quindi:
- Il profilo merceologico: quindi il tipo di bene o servizio offerti sono gli stessi e soddisfano gli stessi
bisogni.
- Il profilo territoriale: se è possibile che vi sia un passaggio di clientale tra i soggetti.
- I giudici aggiungo però che si deve tenero conto anche delle c.d concorrenza potenziale, cioè che
non esiste una sovrapposizione attuale dal punto di vista territoriale o merceologico ma la
situazione attuale è tale da far ritenere che ci saranno degli sviluppi concreti che porteranno a
questa sovrapposizione e quindi al sorgere di una ropporto di concorrenza.
I soggetti destinatari di questa disciplina possono essere:
- Gli imprenditori, non i privati cittadini. Per imprenditore si intende un soggetto che offre un
prodotto o un servizio sul mercato nell’ambito dell’attività economica, quindi anche i liberi
proessionisti possono essere soggetti alla concorrenza sleale. 48
- La concorrenza può svilupparsi anche a livelli economici diversi. Quindi può verificarsi in tutte le
figure della filiera produttiva (produttore/grossista/dettagliate).
- È possibile che ci sia anche una concorrenza sleade (c.d “per interposta persona”); ad esempio il
concorrente non compie direttamente un’attività ma si avvale di un terzo che compie quell’attività
nell’interesse del concorrente. (caso tipico: il concorrente che si rivolge al dipendente di un
concorrente e induce il dipendete a lasciare il suo attuale datore di lavoro e a passare da lui).
- Anche gli enti pubblici possono essere soggetti alla concorrenza sleale.
- Infine l’art. 2601 del c.c. ci dice che a potersi lamentare degli atti di concorrenza sleale non sono
solo i soggetti che subiscono direttamente gli effetti della concorrenza sleale ma anche le
associazioni professionale.
Esaminiamo adesso le singole ipotesi:
1- La concorrenza sleale confusoria (art. 2598, n.1, c.c)
Questa disciplina va in parallelo con quella dei marchi.
Questo articolo dice che i casi in cui un soggetto crea confusione ai consumatori sull’origine del prodotto o
servizio, questo è un atto di concorrenza sleale; fa credere ai consumatori che il prodotto provenga da un
altro imprenditore.
1. La prima ipotesi prevista dell’art. 2598, cc è: L’uso di segni distintivi «idonei a produrre confusione»
con segni distintivi legittimamente usati da altri - questa è una norma che vieta atti confusori
rispetto a tutti i segni distintivi, non solo il marchio registrato ma tutti i tipi di segni, quindi sono
tutelati tutti i segni tipici (un marchio, una ditta, l'insegna, il nome a dominio), e atipici ( altri segni
distintivi che svolgono comunque la funzione di segni distintivi anche se non menzionati, es.account
di fb).
Chi crea confusione rispetti a segni distintivi commette un atto di concorrenza sleale.
Questa norma si applica anche ai segni distintivi non registrati oltre che registrati, quindi creare
confusione con un marchio registrato può essere simultaneamente sia concorrenza sleale sia
contraffazione di marchio.
I presupposti di tutela di tutti i segni distintivi sono gli stessi dei marchi: novità, capacità distintiva,
liceità del segno.
Inoltre, perché vi sia concreta possibilità di confusione occorre che il segno anteriore sia usato e
noto al consumatore come segno che distingue i prodotti o i servizi di un determinato
imprendirotre da quelli di un imprenditore diverso (c.d notorietà “qualificata”).
Una differenza rispetto alla tutela di un marchio registrato, e tutti gli altri segni per cui non è
prevista la registrazione, è che per la concorrenza sleale confusoria la tutela opera solo contro un
effettivo rischio di confusione, vale a dore solo in relazione a prodotti o servizi per i quali, sia sotto il
profilo merceologico, sia sotto il profilo territoriale, sussista per il consumatore medio una
confondibilità sull’origin, basata sulla notorietà qualificata del segno.
Un marchio registrato è protetto in tutto il territorio italiano quindi ci può essere contraffazione di
marchio senza che ci sia concorrenza sleale confusoria in quando c'è il principio della territorialità.
2. La seconda ipotesi prevista dall’art. 2598, cc è: l’imatazione servile dei prodotti di un concorrente –
questa è l’omologo della tutela dei marchi di forma di fatto / non registrati ; perche infatti per
come è scritta sembrerebbe che imitare/copiare la forma di un prodotto del concorrente sia
sempre e comunque un atto di concorrenza sleale, ma non è così.
Proprio per questo problema c’è stata una forte attività interpretativa; anche se la legge non lo
precisasi tratta di una tutela contro il rischio di confusione, quindi è la tutela contro la copiatura
delle forme distintive dei prodotti (cioè la tutela della forma distintiva del prodotto o della sua
confezione). Si tratta anche in questo caso di una tutela contro il rischio di confusione che
presuppone che la forma abbia capacità distintiva e sia percepita come segno distintivo dai
consumatori (notorietà “qualificata” della forma) – la protezione della forma distintiva del prodotto
contro i casi di concorrenza sleale confusoria viene chiamara imitazione servile. 49
Da questo presupposto ne derivano una serie di corollari:
- Sono tutelati solo gli elementi esterni che il consumatore vede; un rischio di confusione non
può derivare dall’imitazione di parti interne del prodotto che il consumatore non vede e che
non posso creare confondibilità sull’origine.
- Sono tutelati sia i segni trimensionali (es: forma di una borsa, di una scarpa, di una fibbia, di
un gioiell; l’aspetto esteriore di una carrozzeria di un veicolo; forma di una bottiglia), sia i
segni bidimesionali (es: disegni di tessuto, superficie di una scatola o di un sacchetto per
prodotti alimentari).
Qui succede appunto la stessa cosa che succede per i marchi di forma registrato.
Facendo riferimento alla disciplina dei marchi di forma registrati abbiamo visto che l’art. 9 pone dei
limiti perché si vuole evitare dei monopoli troppo estesi, limitando infatti la possibilità di registrare i
marchi di forma (le forme che incorporano soluzione tecniche e ornamentali non possono essere
protette), in questa materia vi sono dei limiti analoghi in riferimento all’imitazione servile;
- Forme utili: Si è rilevato che le forme utili sono brevettabili solo per un periodo limitato di tempo,
poi devono cadere in pubblico dominio, non possono quindi essere protette illimitatamente
contro l’imitazione servile. Di conseguenza le forme utili brevettabili (con il brevetto per
invenzione o con il brevetto per modello di utilità) non possono, anche se distintive, essere
protette contro l’imitazione servile. Quando si tratta invece delle forme non brevettabili, anche se
in certa misura utili, queste invece sono tutelabili contro l’imitazione servile.
Ci sono casi in cui una certa idea di soluzione tecnica può essere eseguita solo con una certa forma
(forma necessitata). Tuttavia se un concetto innovativo per conseguire una certa utilità del
prodotto può essere attuato con tante forme diverse, ciascuna di queste forme può essere
protetta contro l’imitazione servile (es.: il concetto innovativo di effettuare lavorazioni a rilievo
sulla superficie di un pedale per renderlo antiscivolo può essere attuato con lavorazioni di tanti
disegni diversi, come righe parallele, cerchi concentrici, puntini in rilievo, ecc.).
In questo caso l’esclusiva sulla forma specifica (data dalla tutela contro l’imitazione servile) non si
traduce in una esclusiva sull’utilità funzionale e sul concetto innovativo, che possono essere
sfruttati senza problemi dai concorrenti con forme alternative; quindi se anche un soggetto
acquisisce tutela su una specifica configurazione, non si crea un’esclusiva sull’idea innovativa
perché quel concetto innovativo può essere declinato in tante forme diverse (le altre forme
diverse rimangono libere);
- Forme ornamentali: non sono invece tutelabili contro l’imitazione servile, le forme che danno un
valore sostanziale al prodotto (ossia influenzano le scelte d’acquisto del consumatore). Le forme
invece semplicemente gradevoli, ma non tali da dare un valore sostanziale al prodotto, possono
essere protette contro l’imitazione servile.
Ci potrebbe essere un cumulo di tutele, da un lato, la tutela contro l’imitazione servile (o tutela del
marchio di forma registrato) e, dall’altro, la tutela della stessa forma come disegno o modello (artt. 31
ss. c.p.i): ciò avviene quando la forma è contemporaneamente dotata da carattere distintivo (ma non
dà valore sostanziale al prodotto), in base alla disciplina dei marchi e dell’imitazione servile, e di
carattere individuale, in base alla disciplina dei disegni e modelli.
3. La terza ipotesi prevista dall’art. 2598 è: il compimento con “qualsiasi altromezzo” di atti idonei a
creare confusione con i prodotti e con l’attività di un concorrente. Questa ipotesi vieta in generale
qualsiasi altro atto idoneo a creare confusione con i prodotti o l’attività di un concorrente, senza
però definirli specificatamente. (es. copiatura di moduli e formulari, copiatura di cataloghi,
imitazione dell’arredamento caratteristico di una catena di negozi) 50
2.1 – Concorrenza sleale per denigrazione (art. 2598, n.2, prima parte, cc)
Questo articolo (art. 2598, n.2, prima parte, cc) regola due ipotesi in cui ci si comporta in modo
scorretto e si sottrae clientela in modo scorretto a un concorrente mediante comunicazioni di mercato.
1. Denigrazione: si intende la diffusione di notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull’attività di un
concorrente idonei a determinarne il discredito. In questo modo si va a danneggiare il
concorrente mettendolo in cattiva luce.
Si ha la diffusione quando le notizie e gli apprezzamenti vengono portati a conoscenza di terzi,
ma può bastare anche la comunicazione a una sola persona.
Per discredito si intende la perdita di buona reputazione dell’impresa e della fiducia di cui gode,
da cui deriva un danno concorrenziale (l’impreditore denigrato perde clientela o incontra
difficiltà con fornitori o finanziatori).
Ogetto della denigrazione possono essere determinati prodotti del concorrente (loro
caratteristiche), l’attività svolta dal concorrente, o anche in generale la situazione in cui il
concorrente si trova (stato di dissesto o di difficoltà dell’impresa). È possibile però diffondere
notizie vere, a condizione che siano rigorosamente vere ed esposte in modo completo,
oggettivo e non tendenziozo (c.d exception veritatis).
È inoltre lecita la pubblicità comparativa che rispetti tutte le condizioni previste dal d.lgs. n.
145/2007 (in particolare, non ingannevolezza; confronto tra beni o servizi omogenei; confronto
tra caratteristiche essenziali e verificabili; assenza di un rischio di confusione con marchi altrui;
assenza di pregiudizio a marchi altrui o di indebito vantaggio tratto dalla loro notorietà).
La pubblicità comparativa avviene quando si confronta il proprio prodotto con quello del
concorrente mostrando che il proprio prodotto è superiore rispetto a quello del concorrente.
Anche questa è un'azione denigratoria ma una pubblicità comparativa onesta e sincera non ha
motivo di essere vietata. È stata introdotta una disciplina specifica per la pubblicità comparativa
che fissa le condizioni di liceità.
2. Diffida a terzi: sono lecite se la contestazione contenuta nella diffia o comunicazione è fondata;
illecite in caso contrario. (la diffida è una comunicazione in forma di lettere in cui si invita il terzo
a non tenere una certa condotta).
Un titolare di un marchio o brevetto se ritiene che il diritto è stato violato può scrivere ai clienti
del concorrente contraffattore dicendo che si sta comprando dei prodotti in contraffazione del
proprio marchio e li si invita a smettere.
Diffusione e pubblicazione di comunicati con notizie relative a procedimenti giudiziari in corso
contro il concorrente o a provvedimenti ottenuti dal giudice. Sono attività lecite se i comunicati
riferiscono dati veri e se li espongono in modo non forviante. (es. sarebbe fuorviante parlare di
una sentenza come se fosse definitiva, mentre può essere ancora impugnata)
2.2 – Concorrenza sleale per appropriazione di pregi (art. 2598, n.2, seconda parte, cc)
In questo articolo si parla, invece nella seconda parte, di appropriazione di pregi dei prodotti di un
concorrente. In questo caso non si parla male del concorrente ma si parla bene di sè stessi attribuendosi
caratteristiche positive di un concorrente.
- Pregi: sono appunto caratteristiche dei prodotti o dell'impresa che sono avvertite come positive
dai consumatori e che perciò li inducono a preferire questi prodotti o questa impresa. (si può
parlare di materiali / tecniche di lavorazione / vincita di premi di certi prodotti)
- Per appropriazione: si intende affermazioni, in comunicazioni rivolete al mercato, che la propria
impresa o i propri prodotti possiedono pregi che in realtà non possiedono e che sono invece
propri dell'impresa o dei prodotti di un concorrente. È un illecito di comunicazione, non si copia
nulla del prodotto altrui, ma si afferma che il proprio prodotto ha caratteristiche / pregi che il
prodotto in realtà non ha.
In generale mentire al pubblico / ingannarlo è atto di concorrenza sleale.
C'è un'estensione della disciplina dell'approvvigionamento di pregi ai casi di concorrenza sleale per
agganciamento: si ha agganciamento quando il concorrente si presenta al mercato equiparandosi a un
concorrente (dicendo che i suoi prodotti sono come quelli del concorrente) o comunque sfruttando in modo
51
DESCRIZIONE APPUNTO
Riassunto per l'esame di Diritto Industriale (2°Parziale), basato su appunti personali presi a lezione con il Prof. Giulio Enrico Sironi, con integrazione di appunti presi in classe e con riferimenti al testo consigliato dal docente "Diritto Industriale, Giappichelli" quarta edizione.
Gli argomenti trattati sono : "i brevetti per invenzione, il diritto d'autore con riferimenti al software e alle banche dati, la concorrenza sleale".
(Materiale sia per esame frequentante che per non frequentante)
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher LatiLeo di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto industriale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Cattolica del Sacro Cuore - Milano Unicatt o del prof Sironi Giulio Enrico.
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