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Il diritto commerciale e l'acte de commerce
Per quanto riguarda l'acte de commerce, si può dire che viene ereditato dai codici italiani prima dell'Unità, e viene portato avanti fino al 1865. Nel 1882 il codice di commercio viene sostituito da un altro tipo di testo, più affine alla nuova produzione industriale.
Il diritto commerciale viene applicato ai contratti e alle obbligazioni che ne scaturiscono, conclusi ed assunti da un commerciante. Si applica a entrambe le parti del rapporto. L'atto del commercio non viene definito dall'atto del commercio; esso predispone all'art.3 una lista di atti di commercio classificati in base alla funzione come:
- atti di intermediazione nella circolazione dei beni (commerciante che acquista per rivendere);
- imprese, ossia le produzioni di beni e servizi realizzate avvalendosi di una stabile organizzazione di mezzi e di persone;
- operazioni di banca, assicurazioni, operazioni di mediazione in affari commerciali, depositi;
- atti assoluti.
Cuiinclusione nella materia di commercio era indipendente dalla loro concreta funzione economica. Tali codici, restano in vigore fino al 1942 e la loro separazione implica la distinzione nellagerarchia delle fonti, nei principi generali delle obbligazioni e nella tipologia dei contratti.
Per quanto riguarda l'unificazione dei codici, si può affermare che riguardi l'unificazione deldiritto delle obbligazioni, secondo un' unica gerarchia delle fonti, principi generali uniformi eunica tipologia dei contratti nominati. Per quanto riguarda l'abbandono del progetto del codicedi commercio Asquini (come idea di codice separato dal codice civile), si può affermare che ifattori responsabili furono ideologia e politica.
Il codice civile del 1942 è un modello totalizzantedi comportamento vero e proprio, in cui possono riconoscersi tutti i professionisti dellaproduzione e dello scambio (dagli industriali agli agricoltoridagli artigiani ai commercianti).
Ciò riguarda anche i cosiddetti lavoratori intellettuali. Tutti i lavoratori, inoltre, hanno pari dignità nell'essere chiamati "imprenditori". Il patto con una realtà disomogenea il codice del 42 lo ha fatto nel momento in cui ha articolato il modello totalizzante di comportamento chiamato impresa proprio in ragione (a) della dimensione organizzativa e (b) della natura della produzione. Il modello totalizzante resta quello ricavabile dall'art.2082 c.c.; ma quel modello si scompone in una variante dimensionale piccola (2083 c.c.) ed in una medio-grande; e poi la produzione agricola (2135 c.c.) viene separata da quella commerciale (2195). In prima approssimazione può dunque affermarsi che ogni iniziativa di produzione professionale di beni o di servizi si presta ad una qualificazione binaria, che si avvale da un lato della dimensione organizzativa, e dall'altro della natura della produzione: ogni impresa insomma è giuridicamente omedio-grande ecommerciale; o medio-grande e agricola; o piccola e commerciale; o piccola e agricola. Laqualificazione binaria di maggior significato precettivo è quella corrispondente alla prima, le altre tre servono piuttosto a disapplicare lo statuto dell'imprenditore commerciale medio-grande. Lo statuto in parola (dell'imprenditore commerciale medio-grande) compendia norme che vertono su: 1) capacità; 2) pubblicità; 3) contabilità; 4) rappresentanza; 5) dissesto. Materie che grossomodo già trattava lo statuto del commerciante a rifondazione meno di radicale di quanto previsto, piuttosto lessicale. Lo statuto dell'imprenditore, secondo il codice civile, non ha subito modificazioni dopo il '42, tranne che per il regime di dissesto che a partire dalla fine degli anni '70, ha mostrato una deriva funzionale dalla liquidazione del patrimonio imprenditoriale e personale, del debitore insolvente alla conservazione del patrimonio imprenditoriale.
Dagli anni '90, grazie all'integrazione del diritto nazionale in quello dell'Unione Europea, si sono aggiunti nuovi precetti alle regole preesistenti. La loro applicazione, inoltre, è condizionata da fattori che non presentano tutti i requisiti del comportamento imprenditoriale, secondo il codice civile. Si necessita, dunque, di una più significativa vigilanza sul linguaggio giuridico utilizzato.
Per quanto riguarda le fasi dell'analisi giuridica del diritto della produzione professionale di beni e servizi, l'obiettivo principale è quello di capire come ragionare in maniera corretta quando si tratta di stabilire se sia da applicarsi o meno una determinata regola dello statuto. Le domande in merito possono essere:
- Qual è il comportamento che la regola impone o consente?
- Al verificarsi di quali fatti (quando) lo impone o lo consente?
- A chi lo impone o lo consente?
Importante è, inoltre, la terminologia specifica del diritto.
commerciale: "fatto che si verifica"=fattispecie; "regola da applicare"= disciplina; "fattispecie dello statuto"= impresa; "applicazione della disciplina ad un soggetto"= imputazione. Le fasi della progressione argomentativa:
- analisi della disciplina (lo statuto dell'imprenditore commerciale medio-grande);
- descrizione della fattispecie impresa;
- censimento dei potenziali destinatari della disciplina;
- criteri di imputazione della disciplina.
Fattispecie (impresa) della disciplina prescelta (statuto dell'imprenditore commerciale medio-grande) à definizione legislativa à art. 2082 c.c. Tale articolo non identifica un soggetto ma descrive un comportamento, astraendolo da chi si comporta; è ragionevole dire che chi tiene quel comportamento è imprenditore. Il 2082 insomma definisce l'impresa descrivendo un comportamento (non colui che si comporta). Il comportamento ha i seguenti connotati:
- Si presenta
L'attività professionale costituisce "elemento di un'attività organizzata in forma d'impresa"; se un'attività non è "elemento..." nessuna delle regole che costituiscono lo statuto gli si applica. Le attività libero-professionali sono esonerate dallo statuto dell'imprenditore per una scelta che si legittima solo nella prospettiva dell'autorità del legislatore; acquista credito la tesi che giustifica l'immunità dei professionisti intellettuali dallo statuto dell'imprenditore, come un privilegio di classe, un esonero concesso d'autorità alle persone dei professionisti in ossequio ad un pregiudizio socioculturale di eccellenza del loro lavoro (presente inoltre in alcune disposizioni del codice civile). Se l'immunità è accordata al professionista e non dipende dalla natura dell'attività, allora l'immunità va negata.
ogni qualvoltanon vi sia coincidenza tra chi lavora e assume l'iniziativa di prestare il servizio libero-professionale. E questo si verifica in almeno due casi: a) quando il servizio libero-professionalesia prodotto da chi si interpone tra il professionista ed il cliente (es.: laboratorio di analisimediche); b) quando l'iniziativa di produzione di servizi libero-professionali è collettiva.Sulversante del diritto della concorrenza cresce la riluttanza a vietare ai professionisti ciò che gli altriproduttori di servizi possono fare, come farsi pubblicità, esigere il rispetto della correttezza nelcompetere, identificarsi nei confronti della clientela etc. Sicchè non sembra lontano l'affermarsidi una nozione indifferenziata di concorrente, imprenditore o professionista che esso poi sianell'ottica dell'art. 2238 c.c.Per professionalità si intende un impegno stabile nell'eserciziodell'attività. La separazionetra iniziative stabili ed occasionali è materia di un accertamento difatto che il giudice deve motivare in modo esauriente e persuasivo; analisi casistica;
a) la professionalità non implica che l'iniziativa produttiva sia l'unica per chi l'adotta;
b) la professionalità non è incompatibile con pause nella produzione di beni o di servizi, quando queste pause siano giustificate socio-economicamente dal ciclo produttivo (es.: le attività agricole sono stagionali per natura);
c) la professionalità non è incompatibile con l'unicità del risultato produttivo, a condizione che l'organizzazione produttiva sia equivalente a quella richiesta per avviare e mantenere un ciclo produttivo di una serie aperta di manufatti o servizi, e dunque altro è l'unicità del risultato produttivo, altro occasionalità (es.: è professionale il calzaturificio tanto quanto lo è la
costruzione di una sola diga). Il termine "organizzazione" evoca l'idea di ordine funzionale, cioè di un insieme di relazioni tra cose o persone che serva al conseguimento di un certo risultato. La cultura giuridica attribuisce fondamentalmente due significati al termine "organizzazione": da un lato, indica l'insieme delle norme e delle istituzioni che regolano la vita sociale; dall'altro, si riferisce all'insieme delle attività e delle strutture che permettono il funzionamento di un'azienda o di un ente.