Diritto fallimentare - Management dei servizi
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candidata di una procedura di concordato è un’impresa che sta attraversando
una fase di crisi. Il concetto di crisi secondo la giurisprudenza ricomprende
anche l’ipotesi di insolvenza, quindi l’accesso al concordato è possibile anche
nel caso in sui vi sia uno stato di insolvenza d’impresa, ma deve essere
recuperabile. Poiché è una procedura che potrebbe soprattutto servire al
debitore per affrontare in tempo una crisi che potrebbe sfociare in fallimento,
l’unico soggetto legittimato ad aprire la procedura è l’imprenditore stesso. Egli
però deve presentare un piano e dimostrare al tribunale un piano per il rilancio
dell’imprese e deve avere una serie di caratteristiche di una possibile
conservazione del business aziendale e deve essere sottoposto alla valutazione
dei creditori. Questa procedura, proprio perché deve essere aperta in relazione
a una situazione che possa avere delle possibilità di risoluzione, prevede due
fasi. Una prima fase in cui c’è una sorta di prelibazione sulle regole di accesso
al concordato dove il tribunale riguarda ammissibile la procedura. Il tribunale
una volta investito nella procedura nomina gli organi che sono il giudice
delegato e il commissario giudiziale va aggiunto che il creditore nel presentare
un piano deve presentarlo con un’attestazione tratta da un professionista
consulente, che si esprime sulla fattibilità del piano. Aspetto rilevante per
prendere scelte efficienti bisogna capire in che stato è l’impresa. L’apertura
della procedura determina importanti conseguenza come la sospensione delle
azioni esecutive da parte dei creditori. A questo proposito un importante
modifica del 2012 ha introdotto la possibilità del debitore di presentare
un’istanza di concordato non ancora accompagnata da un piano di
ristrutturazione per avere subito l’accesso alla procedura ed avere subito
l’effetto di sospensione delle procedure esecutive perché hanno capito che è
difficile negoziare un piano senza una cornice protettiva, come l’apertura della
procedura, in quanto il problema cruciale è la preoccupazione dei creditori. Per
evitare che questa procedura avvenga in modo strategico e soltanto per
prendere tempo, innanzitutto sono posti dei limiti temporali; il debitore deve
presentare la domanda entro il limite massimo di120 giorni che può solo
eccezionalmente allungato a 180. Alla scadenza se non presenta un piano
viene dichiarato inammissibile. Malgrado questo, si è avuto in Italia
un’impennata dei numeri di concordato, molto dei quali finiti male, perché si è
assistito ad un ricorso della procedura senza che ci fossero dei giusti requisiti.
APPROVAZIONE
Il debitore rimane nella gestione e nel gestire l’impresa si trova ad affrontare
l’approvazione della procedura (seconda fase della procedura di concordato). È
un’approvazione che avviene per maggioranze: se i creditori non sono suddivisi
in classi è possibile che venga scelto dalla maggioranza, se sono suddivisi in
classe occorre anche il voto favorevole della maggioranza di classi. Le classi di
creditori sono state introdotte nel 2006, perché il passivo di un’impresa è
diventato sempre più variegato, non ha creditori dello stesso tipo, ma creditori
di natura diversa che hanno interessi diversi e possono opporsi a delle
ristrutturazioni che effettivamente massimizzano il profitto, ma loro non hanno
interesse al continuamento dell’attività. La legge consente quindi la ripartizione
in classi, così che si assicura un’equa gestione del voto, che deve essere
manifestato in forma espressa (introdotto nel 2005). I creditori invece che non
votavano erano considerati consensienti (voto implicito). Alcuni creditori
tendono ad avere un atteggiamento passivo soprattutto quando hanno un
piccolo credito e coloro che si esprimono sono le grandi banche ecc… Se si
chiede il voto espresso, il rischio è che molti creditori non si espongano. Ora
abbiamo il voto espresso.
OMOLOGAZIONE
Il piano una volta raggiunto l’approvazione della legge è sottoposto
all’omologazione del tribunale. Il piano può avere tanti contenuti molto diversi
tra di loro e consente di intervenire sulla struttura dell’impresa e stesso del
capitale. Un modo per abbassare l’entità del passivo è quello di attribuire ai
creditori anziché cash quindi denaro, le partecipazioni del capitale. C’è rischio,
ma anche possibilità di successo.
Nell’omologare il piano il giudice non entra nel merito, nel contenuto del piano
che effettivamente consente il recupero dell’equilibrio della procedura, ma si
limita a prenderne atto. Qualora uno o più creditori impugnano la procedura di
omologazione, il giudice valuta anche la convenienza, ma è un giudizio che ha
un parametro chiaro, perché può comunque omologare il piano malgrado
l’opposizione se questo garantisce ai creditori dissenzienti un trattamento non
inferiore rispetto a quelle altre trattative applicabili. Il ruolo del giudice non è
gestorio, ma è quello di garantire il rispetto della legge.
LE RIFORME RECENTI
Una riforma importante del 2005-2006 il cui obiettivo è stato quello di
riformare, di trovare un equilibrio tra tutela ex ante, quindi tutela molto
sbilanciata a favore dei creditori, e l’efficienza ex post, che guarda all’obiettivo
della massimizzazione del valore consentendo un’allocazione delle risorse. Per
migliorare una possibilità di scelta tra le soluzioni che possono meglio
perseguire questi due obiettivi; il primo principio è stato quello di attribuire
maggiore spazio all’autonomia negoziale, cioè di un maggior potere dei
creditori e di un progressivo arretramento della figura del giudice, una scrittura
del concordato preventivo perché è sparito quel giudizio di meritevolezza
dell’imprenditore, la possibilità di attivare la procedura anche senza avere un
piano con la possibilità di averlo successivamente, questo strumento per cui si
approva anche in presenza di minoranza e dissenzienti di creditori e da ultimo
con una proposta approvata nel 2015, la possibilità per i creditori di presentare
proposte concorrenti rispetto a quella del creditore.
Abbiamo detto che la guida della scelta se attivare la procedura rimane in capo
al debitore proprietario dell’impresa, il problema però in molti casi è che poiché
il debitore è quello che ha le informazioni ed anche quello che può occultarle
per estrarne surplus a vantaggio dei creditori, ad esempio può presentare un
falso attivo di bilancio per far fare maggior sacrifici ai creditori e tenere una
parte di valore per se, è chiaro che se solo i creditori hanno in mano la
situazione, i debitori possono solo prendere o lasciare non possono arrivare ad
un piano. L’idea è stata quella di consentire ai creditori difronte ad un pino che
non li soddisfi di presentare un piano concorrente, ma per presentarlo devono
avere delle informazioni adeguate e essere messi in grado di leggere la
documentazione dell’impresa e infatti possono fare un’istanza, questa
possibilità però non è sempre consentita. La salvaguardia che si è prevista è
quella che scappa dalla possibilità di proposte concorrenti se il debitore non
promuove almeno un certo ammontare di soddisfacimento dei crediti pari al
40% se si tratta di un concordato liquidatorio o 30% se si tratta di un
concordato in continuità.
Qui è importante una distinzione: Il concordato che mira al superamento della
crisi, ma essenzialmente ad una liquidazione dell’impresa, solo che è una
liquidazione fatta nell’accordo delle parti e un concordato in continuità che è la
soluzione favorita dal legislatore cioè l’idea è che il processo di ristrutturazione
ha senso soltanto se l’obiettivo è quello di una continuazione dell’impresa in
capo al debitore originario. In realtà l’esperienza concreta hanno dimostrato
che nella pratica valgono i concordati liquidatori. I concordati liquidatori che
spesso danno luogo a un soddisfacimento limitato delle pretese dei creditori, il
problema è che qui l’impresa non da via alla procedura concordata di
ristrutturazione per tempo, riducendo così il valore dell’impresa, e quindi
l’unica soluzione possibile è quella del concordato liquidatorio in cui i creditori
accettano un sacrificio, ma si procede comunque alla liquidazione d’impresa.
Le recenti riforme questo istituto verrà ridotto nella sua applicazione. Per
quanto riguarda l’insolvenza dei debitori abbiamo visto che anche il fallimento
è stato già rivoluzionato da questo punto di vista, non soltanto perché sono
state attuate le sanzioni in precedenza, ma anche perché è stato attivato un
nuovo istituto che gli americani chiamano fresh start.
Nel nostro istituto si chiama processo di esdebitazione e ha lo scopo principale
di favorire l’assunzione del rischio imprenditoriale, perché quello che
succedeva in passato con la vecchia procedura è che al termine ripartito il
ricavato della vendita dell’attivo tra i creditori quei creditori che rimanevano
insoddisfatti conservavano intatte le proprie ragioni nei confronti dei debitori,
quindi una volta raggiunta la procedura potevano continuare ad aggradire il
patrimonio e questo scoraggia l’iniziativa economica.
Con l’istituito dell’esdebitazione il debitore che però soddisfa alcuni requisiti, in
particolare deve essere un debitore che ha collaborato in modo attivo con gli
organi della procedura, che non ha occultato o falsificato parte dell’attiva, che
non abbia voluto l’esdebitazione nei 10 anni anteriori. Solo il debitore che ha
questi requisiti può accedere, facendo un’istanza al tribunale, all’esdebitazione.
Questo comporta una liberazione integrale dei debiti presenti e una possibilità
di intraprendere delle nuove iniziative.
Quanto alla efficienza ex post. Un aspetto importante di cui si è occupato la
precedente riforma, è quello di semplificare la procedura fallimentare ed anche
di ridurne i costi e di promuovere il maggior ricavato possibile. Varie sono le
norme proposte al riguardo, norme soprattutto quella del 2015 relativa alla
riduzione dei tempi di procedura e la volontà di migliorare il recupero dei
creditori diviene un approccio più di mercato rispetto alle vendite. Questo vale
per una procedura fallimentare attraverso l’introduzione di possibilità di
delegare le vendite a soggetti privati: avvocati e notai, e questo fa si che
possano eseguire delle procedure più snelle dell’asta fallimentare che produce
un deprezzamento dei beni. Quindi questo è nell’ottica di massimizzazione del
valore. Ma anche nella procedura di concordato preventivo sono state
introdotte delle misure che consentono delle offerte concorrenti che è una cosa
diversa dalle proposte concorrenti. Le proposte concorrenti riguardano la
possibilità di presentare dei piani di ristrutturazione in alternativa a quello
proposto dal debitore, mentre l’offerta concorrente riguarda il processo di
vendita, perché quello che succedeva in passato è che il creditore presentava
un piano concordatario con una parziale cessione e riduzione dell’attività con
un’offerta già chiusa. Questo agevola, ma potrebbe escludere dalla
partecipazione alla procedura soggetti che potrebbero offrire di più rispetto a
quanto offre il soggetto individuato.
Il tribunale può aprire un’asta competitiva dove possono partecipare altri
soggetti di mercato, qualora ritenga che si possa offrire di più. La
massimizzazione del valore è sempre il punto principale.
È stato inoltre dato maggiore spazio agli accordi stragiudiziali, abbiamo detto
che un’ipotesi della crisi è quella fatta in via negoziale con l’accordo fra debitori
e creditori, gli accordi sono difficili quando ci sono accordi con i quali
interloquire, ma quello che la legge ora offre dopo aver riformato le procedure
è quello di dare una certa stabilità agli accordi stessi.
Sarà introdotta poi una disciplina per i rapporti di ristrutturazione che non sono
vincolanti per i creditori dissenzienti, ma che consentono una composizione
della crisi con un rilevante numero di creditori, e se l’accordo raggiunto viene
poi omologato dal tribunale questo è un accordo stabile che ha effetto anche
sugli altri in quanto vincola alcune risorse pur non determinando nessun
obbligo. 22:40
Questo quadro notevolmente migliorato ha prodotto degli effetti positivi che
non è semplicissimo valutare in concreto, ma si è visto che rispetto al passato
sono aumentate le procedure di ristrutturazione e si è avuto un incremento non
sostanziale degli accordi di ristrutturazione, ma una contrazione sembra essersi
rilevata nella durata delle procedure che in realtà ci vedono ancora in una
posizione ancora svantaggiosa rispetto ad altri paesi. In Italia la procedura
fallimentare ha una durata di 6 anni. Probabilmente gli effetti ancora non sono
totalmente percepibili, perché non ci sono dati per poter valutare
appropiatamente il termine delle procedure, perché soprattutto se guardiamo
alle procedure di ristrutturazione ciò che occorre far capire, per vedere se la
ristrutturazione è andata in porto è anche vedere la capacità di sopravvivenza
dell’impresa dopo che si è chiusa la procedura.
La banca d’Italia sta effettuando delle indagini sotto questo punto di vista. Si è
però in una fase di assestamento perché molte delle riforme più possono avere
impatto sulla buona performance delle procedure sono collegabili agli anni
2012- 2015 quindi è ancora difficile vederli in concreto. Sul piano delle regole
però i rapporti internazionali ci hanno riconosciuto di aver fatto degli sforzi
importanti, in particolare c’è un rapporto “doing business” quello pubblicato
dalla banca mondiale che guarda in particolare a quanto è favorevole il sistema
economico di un paese rispetto a fare impresa in quel paese. Tutto questo per
dire che una buona normativa fallimentare è davvero una normativa
essenziale, proprio per valutare la capacità di un paese di attrarre investimenti
e imprese nel suo ambito.
L’importanza della normativa fallimentare. Si è visto quanto questa conti nei
periodi di crisi, perché nel periodo ad esempio della crisi finanziaria globale del
2009 che ha caratterizzato il mercato finanziario e le banche, è chiaro che se le
banche sono in crisi un effetto inevitabile è quello della crisi dell’economia
generale e il ruolo della legge fallimentare diventa cruciale per quelli che si
chiamano il non performing loan che sono dei crediti concessi dalle banche alle
imprese, imprese che non riescono a rispettare i loro impegni e quindi il non
performing loan è importante nei bilanci bancari questi crediti devono essere
dismessi, cioè ceduti, così da consentire una pulizia dei bilanci. Se però non c’è
una buona legge fallimentare di base questa dismissione diventa difficile,
perché questi creditori che potrebbero essere interessati a comprare sono
disposti a pagare pochissimo perché sanno di poter riuscire a guadagnare
molto poco da un quadro fallimentare che non è attento alla massimizzazione
del valore.
Per le recenti riforme, sono state attuate in maniera frammentaria e una delle
riforme dell’introduzione delle proposte concorrenti mirava proprio al possibile
avvio al mercato di questi crediti in Italia, perché è chiaro che un imprenditore
comprando un credito può intervenire sulla modalità di risoluzione della crisi
avendo anche la possibilità di presentare un piano concorrente uguale a quello
del debitore, è disposto a pagare di più per quel credito, perché quel credito gli
consente di avere una voce in capitolo nell’impresa valida e risanabile. Negli
ultimi anni è cresciuta una notevole attenzione da parte del mercato degli
investitori istituzionali per acquistare questi crediti.
Un altro aspetto importante è quello dell’importanza di avere informazioni per
l’impresa, perché una buona ristrutturazione passa per una condivisione di
informazioni tra creditori e debitori e serve per una valutazione prospettiva del
funzionamento delle riforme recenti. È quindi previsto l’accesso al registro da
una parte al pubblico e da un’altra parte a tutti gli investitori in cui si avranno
tutti i dati sui tempi di svolgimento della procedura e i professionisti che la
seguono. Questo consentirà di avere un quadro chiaro e anche da parte di
soggetti che vogliono entrare nella procedura per proporre offerte, sanno che
esistono delle procedure aperte e sanno in che situazione si trovano. Nell’ottica
degli investitori è importante per fare delle scelte di investimento in abito di
queste procedure. Questo registro dovrebbe essere attuato a breve.
Restano ancora due importanti lacune che la legge non ha ancora affrontato,
ma saranno affrontate nelle prossime lezioni : la crisi dei gruppi dell’impresa e
le regole sulla giurisdizione.
3° LEZIONE DIRITTO FALLIMENTARE
Parte sui gruppi.
Argomenti
Perchéunadisciplinadellecrisi di gruppo?
Rischi della gestioneatomistica della crisi
• Struttura di gruppo eregole appropriate
• L’amministrazionestraordinaria delle grandi
• imprese in crisi
Alcuni casi complessi, con esiti e
• problematichediverse:
- il crackParmalat e la crisi Alitalia
- il caso ILVA 2
Perché è importante porsi il problema dell’insolvenza dei gruppi d’imprese?
Come abbiamo visto la procedura d’insolvenza riguarda il singolo debitore e il
suo patrimonio. Una delle caratteristiche principali costituita in forma giuridica,
spa e srl, è quello della separatezza patrimoniale per cui ogni società risponde
soltanto con il suo patrimonio e se si tratta di personalità giuridica, i proprietari
dell’impresa rispondono ai debiti della società soltanto nei limiti
dell’investimento. La scelta di gestire l’azienda in forma di gruppo, deriva dal
fatto che l’organizzazione societaria presenta dei benefici e consente il
frazionamento della responsabilità, per cui se ci sono dei legami societari tipo
piramide, c’è un coordinamento di attività al fine di miglior gestione. Attraverso
regole del diritto societario si parla dei rischi dei gruppi, in particolare il
manager della capogruppo può perseguire degli interessi a scapito delle
controllate, quindi i rischi di abuso e conflitto, è stato introdotto un principio di
vantaggio compensativo per cui non bisogna guardare alla responsabilità di chi
esercita l’attività di coordinamento, ma si guarda al risultato complessivo di
quest’azione. Per cui anche perdite del gruppo vanno guardate in un’ottica
generale e devono trovare una compensazione nel risultato generale del
gruppo nel suo insieme. Ora il problema è che poiché la nostra disciplina
concorsuale guarda soltanto alla singola società, si aprono ad esempio
procedure fallimentare e concordato nei confronti di una singola impresa, tutta
questa gestione unitaria del gruppo così importante nella fase ideologica di
gestione unitaria delle attività si perde nel momento in cui la società entra in
crisi. Vedremo da un lato i rischi di questa gestione non più unitaria, ma
atomistica e quali dovrebbero essere le regole adatte a catturare il fenomeno di
gruppo e vedremo i rischi che non è contenuta nella legge fallimentare ma in
un'altra che si interessa della disciplina di gruppi.
Perchéunadisciplinadellecrisi di
gruppo?
in bonis,
All’unitàeconomica segue lo
• smembramento in caso di dissesto
I legami di gruppoperdonorilevanzanellagestione
dellacrisi (sfasaturatrarealtà economicae realtà
giuridica)
Soluzione inefficiente, soprattutto per i gruppi fortemente
«integrati»
In caso di fallimento, i creditori di ciascunasocietàcercano di
soddisfare i propri crediti nei confronti di tale società=apertura
di unapluralitàdi procedure; maggiori costi; perditadel valore
economico dell’impresanel suo complesso 3
Nella situazione di gestione dell’azienda di gruppo, questa agisce come un
organo unitario. Quando poi c’è una situazione di dissesto tutte le parti del
gruppo vengono smembrate perché non sono più rilevanti ai fini della
procedura i legami del gruppo. Questo può anche funzionare nel caso di gruppi
che hanno soltanto i legami di controllo d’impresa, ma crea problemi rilevanti
quando si tratta di un gruppo fortemente integrato. Questo da luogo ad una
procedura che deve riguardare non solo a tutte le società del gruppo che sono
in crisi, (costi moto superiori ) , ma soprattutto se poi l’esito è una liquidazione
dei beni se questi sono dati in modo atomistico si perderà grande valore della
gestione.
Rischi dellagestioneatomistica
dellacrisi
Gruppo ancorarisanabile:
•
- maggiore rischio di liquidazione prematura
- maggiore difficoltàdi riorganizzareil gruppo nel complesso
Gruppo non risanabile:
• going concern
- Impossibilitàdi unavendita asa (che
massimizzerebbe il valore di realizzo)
- Difficoltàdi ricostruire trasferimenti di beni trale societàdel
gruppo (danno per i creditori delle societàche hanno ceduto
risorse allacasamadre)
- Difficoltàdi sostegno finanziario infra-gruppo nell’ambito di
unaristrutturazione 4
Cosa comporta riguardo ai rischi concreti? Se effettivamente di gestisce la crisi
guardando solo alle singole società, si potrebbe arrivare ad una procedura
premature quando il gruppo considerato nel suo insieme può produrre valore e
continuare l’attività d’impresa, purchè la crisi sia trattata in maniera unitaria. Il
problema più grave quindi sono le varie procedure che riguardano le singole
società. In particolare nel caso di liquidazione diventa difficile una vendita
“going concern” . Il gruppo può avere dei rami aziendali che uniscono insieme
valori riconducibili a due o tre imprese nel gruppo e se ci fosse un accordo tra
queste imprese, potrebbero dar luogo ad una vendita compatta del ramo
aziendale, che invece è impossibile perché si è in presenza di uno
smembramento. C’è anche un problema di valorizzazione dell’attivo poiché
diventa difficile ricostruire i trasferimenti di risorse e di beni che ci sono stati
fra il gruppo, in particolare se non è possibile ricostruire ex post questi
trasferimenti, è chiaro che ne subiscono un danno i creditori del gruppo. Nel
caso delle ristrutturazioni c’è un problema di difficoltà di far arrivare
finanziamenti da parte di certe società del gruppo a favore di altre società,
quindi diventa anche difficile reperire sostegno all’interno nell’ambito del
gruppo. Quali regole….?
Quali regolepertenercontodella
strutturadi gruppo incasodi rispettareil principio della distinta personalità
•
insolvenza? substantiveconsolidation?)
giuridica(no
Assicurare il coordinamento procedurale
•
Andrebbero anzitutto considerati:
• (per
promuovere laristrutturazione ove possibile, o per
a) i vantaggi connessi allapreservazione della ridurre i costi dell’insolvenza)
separatezzalegale frale componenti del gruppo Prevenire (o almeno ridurre) i problemi di
•
b) l’importanzadi unastrutturaeconomica conflitto di interessi (
attività più rischiose possono
unitaria essere trasferite in una delle societàcontrollate; ma
c) i rischi di conflitto di interessi )
non sempre ciò è negativo 6
5
Ora per poter gestire invece in modo efficiente la crisi nell’ambito di un
gruppo, i profili che andrebbero considerati sono 3:
- non è possibile superare il regime di separatezza patrimoniale, perché in
contrasto con l’autonomia negoziale di soggetti che costituiscono società.
Si tratta di vedere come a salvaguardare la sostanza rispetto alla forma
giuridica. Questo perché come dicevamo occorre da un lato preservare
l’unitarietà economica, dall’altro preservare che si gestiscono in maniera
adeguata i rischi di conflitto tra la capogruppo e le società controllate. Si
è creato un principio di consolidamento sostanziale, cioè in caso di crisi
far riunire tutti gli assets in un unico gruppo facente capo agli altri e può
ammettersi in situazioni gravemente patologiche in cui c’è un utilizzo
fraudolento e distorto della personalità giuridica. Per far questo è
necessario che si trovino dei modelli di coordinamento tra le procedure
che possono aprirsi tra le società insolventi del gruppo. In un caso di crisi
però non è detto che tutte le società del gruppo siano insolventi, ma
l’insolvenza può manifestarsi in base a determinati soggetti. Uno ei rischi
è l’allontanamento della casa madre, ma questo non è un aspetto
negativo laddove questo sia fatto per una gestione adeguata rispetto a
come è strutturato il gruppo seppur poi ci siano dei vantaggi quindi in
una prospettiva di gestione unitaria tornino le risorse alle società
pregiudicate. Quindi non esiste al momento una normativa di questo tipo.
L’abbiamo solo nelle regole dell’amministrazione straordinaria delle
grandi imprese in crisi. Abbiamo altri settori, come bancario e
assicurativo dove esistono regole ad hoc che passano sempre per
procedure straordinarie che hanno una struttura ed una disciplina ancora
più speciale. Quella che accomuna l’amm. Generale e quella straordinaria
delle imprese in crisi è che c’è una considerazione rilevante dell’interesse
pubblico e quindi anche un ruolo dell’autorità amministrativa. Un dato
importante parlando dell’amministrazione straordinaria delle grandi
imprese è che qui in realtà anche la disciplina che si occupa dei gruppi, è
una normativa che fa entrare in gioco e da considerazione a interessi che
vanno oltre a interessi tipici e si occupa di interessi di creditori
contemperati all’esigenza di massimizzare il valore. Perché c’è
l’interferenza di interessi ulteriori? Si tratta di imprese la cui crisi genera
delle esternalità negative molto significative e sono riassumibili in quelle
che sono i 5 profili.
Innanzitutto l’esigenza di dare rilievo alla funzionalità di un determinato settore
dell’economia che ad esempio in una situazione italiana in cui costituiscono
una realtà molto significativa le reti d’imprese in cui ci sono reti organizzati in
modo da coprire ampi settori dell’economia e in cui l’entrata in crisi di un
soggetto di queste reti può determinare rischi a catena con effetti sul territorio,
un ulteriore aspetto è quello dei problemi da risolvere sul piano
dell’occupazione. Questo è stato un obiettivo molto accentuato in quanto il
livello occupazionale rischia di produrre danni nel lungo periodo. C’è poi un
problema di salvaguardia di impianti produttivi, soprattutto impianti produttivi
che non potrebbero essere riconvertiti oppure che potrebbero essere
riconvertiti ma con dei gravi problemi sul territorio. Poi c’è un grave problema
di funzionalità di servizi pubblici essenziali. Vedi imprese di compagnie aeree
che rispondono a un servizio pubblico e l’interruzione può rilevare dei disagi
enormi. Poi ci sono imprese che richiedono una gestione speciale perché
rivestono un interesse strategico nazionale. Caso ilva.
L’amministrazionestraordinariadelle
grandi impreseincrisi
Le ragioni dell’istituto: esigenzadi perseguire
• interessi diversi daquello del migliore soddisfo dei
creditori e dellamassimizzazione del valore.
Quando? Esternalitànegative rilevanti:
• Rischio di crisi acatena
– Problemi occupazionali
– Territorio eintegritàdegli impianti produttivi
– Servizi pubblici essenziali
– Impresedi interessestrategico nazionale
– 7
L’AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA è stata oggetto di una serie di interventi
normativi sin dalla prima legge prodi che risale al 79 e che è stata una misura
legislativa adottata in risposta ad un grave periodo di crisi economica che ha
riguardato gli anni 70 in Italia e qui uno degli obiettivi principali della legge è
quella che difronte ad imprese con un numero elevato di dipendenti,
salvaguardare principalmente i livelli occupazionali. Per fare questo e dare
adeguata considerazione all’interesse pubblico per i posti di lavoro, l’autorità
giudiziaria doveva essere affiancata dall’autorità amministrativa. Qui c’è un
ruolo rilevante dell’attività amministrativa imprescindibile perché sono
procedure che vedono l’accertamento dello stato d’insolvenza.
L’amministrazionestraordinaria.
Evoluzionenormativa
Lal. Prodi (legge 3.4.1979, n. 95), in rispostaallacrisi
• economicadegli anni ’70
favorire ristrutturazionecon finalitàdi salvaguardiadei
– livelli occupazionali; aiuti di stato (garanziadel Tesoro)
Maggiore del ruolo dell’autoritàamministrativarispetto a
– quellagiudiziaria
Preclusionedel fallimento (alterazione della concorrenza)
–
Lal. Prodi-bis(d.lgs. 8.7.1999, n. 270) introduce
• importanti correttivi
Assoggettamento afallimento se laristrutturazione
– industriale non appareconseguibile 8
Il problema delle procedure determinato dall’applicazione della legge prodi del
79 era principalmente quello che a questi soggetti era comunque preclusa la
possibilità di apertura della procedura fallimentare e quindi la continuazione
dell’impresa doveva sempre e comunque richiedere delle garanzie soprattutto
avere dei finanziamenti ricevuti dallo stato e banche. Quindi erano società
salvate attraverso aiuti pubblici. Aiuto pubblico che però contrata in base al
trattato europeo i principi della concorrenza, perché mantenere in piedi
un’impresa che usa fattori e risorse produttive non in maniera ottimale, ma
secondo un modello che non andrà in porto è contrario alle norme del trattato.
Ci sono state procedure di infrazione nei confronti dell’Italia per questa legge,
ma il problema principale è di queste imprese zombie, che continuavano ad
essere in vita con grave dispendi di risorse senza la possibilità di arrivare ad
una soluzione se non nell’ipotesi in cui sempre in qualche modo con aiuti
pubblici. Questo ha condotto dopo ben 20 anni ad una riforma introdotta nel 99
prodi bis, che ha introdotto dei correttivi, ma soprattutto la possibilità di
precludere la strada del risanamento se non appariva la possibilità di
ristrutturazione d’impresa.
C’É SEMPRE UN PROBLEMA DI BILANCIAMENTO TRA TUTELA DI CREDITORI E
VALORE D’IMPRESA DA UNA PARTE E TUTELA DI ALTRI INTERESSI.
In primo luogo si cerca di raggiungere con la legge prodi bis che corregge la
procedura precedente in quanto troppo bilanciata e a scapito dei diritti dei
creditori invece di quella dei lavoratori e ci saranno altri correttivi sempre per
trovare un giusto bilanciamento.
L’amministrazionestraordinariain
generale
Proceduracon finalitàconservativedel patrimonio
• produttivomediante prosecuzione, riattivazioneo
riconversione delle attivitàimprenditoriali.
Riservataalle imprese insolventi di grandi e
• grandissimedimensioni (in relazione aforzalavoro
impiegatae dimensioni del passivo)
Salvataggio dell’impresa(non dell’imprenditore) in
• caso di concrete prospettivedi recupero (periododi
osservazione)
Ripartizionedi compiti traautoritàgiudiziariae
• amministrativa(MISE) 9
Le caratteristiche principali dell’amministrazione straordinaria.
Procedura che ha come finalità delle prove conservative del mondo produttivo
e l’idea è che queste grandi imprese debba fare un tentativo di salvare quello
che c’è di salvabile. Conservazione che può aver luogo attraverso la
prosecuzione dell’attività oppure la conversione dell’attività imprenditoriali. Qui
si cerca di salvare non l’imprenditore, ma l’impresa. Si può avere anche un
passaggio ad un altro imprenditore. Sono rivolti a imprese che nella legge prodi
bis devono avere un numero di dipendenti che non sia inferiori a 200.
L’amministrazione poi applica anche ad imprese che occupano più di 500
dipendenti, ma importanti sono i parametri di possibilità di assoggettamento
alla procedura guardano anche al grado di indebitamento complessivo.
La procedura rimane aperta e si da accesso solo se ci sono realmente delle
prospettive di recupero e non è possibile valutarlo subito, ma essendoci un
periodo di osservazione c’è l’opportunità di effettuare una diagnosi delle
imprese e in questo periodo c’è una ripartizione di compiti tra l’autorità
giudiziaria e amministrativa che nella legge prodi era il ministero dell’industria
ora è subentrato il ministero dello sviluppo economico (MISE).
L’amministrazionestraordinaria
(Prodi-bis). Caratteristiche
Presupposti soggettivi: numero dipendenti e
• indebitamento; Presupposto oggettivo: insolvenza
Legittimazione: creditori, P.M., Tribunale d’uffico
• Autoritàammnistrativa indica1 o 2 commissari da
• nominare (il Tribunale decide)
Fase diagnostica30gg. – Relazione commissario su
• concrete prospettive di recupero: 2 opzioni:
- cessione con prosecuz. attività 1anno
- ristrutturaz. con programma di risanam2anni
Oppure, fallimento
• 10
Sempre a dettaglio della procedura abbiamo detto che i presupposti oggettivi
sono il numero di dipendenti e l’indebitamento, e a questo proposito occorre
che siano contemporaneamente presenti tutti e due i presupposti, quindi oltre
al superamento del limite dei dipendenti l’indebitamento deve essere pari a 2/3
dell’attivo. Il presupposto oggettivo è comune ed è che occorre l’accertamento
da parte del tribunale del luogo dove ha sede l’impresa dell’insolvenza. Sia una
crisi patrimoniale sia di liquidità. Il ruolo dell’autorità amministrativa emerge
subito per il fatto che è l’autorità amministrativa che una volta che il tribunale
accerta lo stato d’insolvenza ed accerta che esistono i presupposti del
fallimento ad indicare i commissari straordinari da indicare. Qui non c’è quindi
un curatore, ma ci sono dei commissari (1 o 2) che sono di nomina governativa
La fase diagnostica di cui parlavamo prima, il periodo di accertamento che
consegue il periodo del tribunale, è una fase che dura 30 giorno all’esito della
quale il commissario redige una relazione che va a vedere se ci siano
(basandosi sulle scritture contabili dell’impresa e di mercato) i presupposti di
insolvenza e indica due opzioni di recupero: la prima è la cessione dell’azienda
in tutta la sua totalità ad un soggetto diverso, quindi dev’esserci qualcuno
individuabile sul mercato che possa vedere l’attivo e il passivo dell’impresa, e
quello che occorre è una prosecuzione di questa attività in vista di questa
cessione. Significa che c’è un programma di rilancio che non può durare più di
un anno per favorire la cessione sul mercato. La seconda è la ristrutturazione
dell’impresa quindi un’impresa che non passa di mano, ma rimane lo stesso
soggetto giuridico sulla base di un progetto di risanamento che può avere
un’estensione temporale più ampia, ma non può superare i due anni. Se poi la
relazione del commissario non riesce ad individuare alcune di queste opzioni di
equilibrio imprenditoriale non può che concludersi nel dichiarare il fallimento
dell’impresa. Ladisciplinadei gruppi
Ladisciplinadei gruppi nell’amministrazionestraordinaria
nell’amministrazionestraordinaria L’ASavviataper unasocietàdel gruppo
•
L’A.S. tiene conto dellediverse forme organizzative
• (proceduramadre) può essere estesaad altre
dell’impresa, compresaquelladi gruppo (coerente societàinsolventi del gruppo (anche se non
ratio)
con la soddisfano i requisiti) se lagestione unitariaè
Ladisciplinasi basasul concetto di controllo
• opportunaper gli obiettivi dellaAS.
civilistico, ricomprendendo nel perimetro di gruppo
anchelesocietàlegate darapporti contrattuali con Coordinamento attraverso: nominadello
•
unasocietàin A.S. stesso commissario; possibilitàdi unico
Leprocedurerestano separatee distinte per le
• accordo con i creditori di tutte le società
diversesocietà, masono traloro coordinate
Responsabilitàdaabuso di direzione unitaria
• 12
11
Una delle caratteristiche che hanno queste normative tutte dalla legge prodi,
prodi bis sull’amministrazione straordinaria, è che hanno una sezione dedicata
ai gruppi in crisi. Per valutare il livello dimensionale si guarda a quanti
dipendenti impiegano le società del gruppo. Da questo punto di vista il nostro
ordinamento è stato moderno, perché già dal 79 si è preoccupato di stabilire le
norme per le crisi di gruppo. Come si ricostruisce la struttura di gruppo? Si
guarda ai legami di gruppo come definiti nel codice civile e quindi fanno parte
le società legati da rapporti legali, ma anche quelle legati da rapporti
contrattuali. Le società sono separate patrimonialmente, ma sono le procedure
tra loro coordinate, ma sono previste fattispecie di ipotesi di responsabilità da
abuso di direzione unitaria. Nel valutare quindi la responsabilità di chi ha
determinato l’insolvenza devono essere soddisfatti quei requisiti che prevede la
norma per far sorgere una responsabilità tra direzione e coordinamento. La
caratteristica principale è che l’amministrazione straordinaria che viene iniziata
per una delle società del gruppo (c.d. procedura madre) e rispetto alla quale si
valuta la sussistenza dei requisiti per l’apertura della procedura, può essere
estesa anche ad altre società del gruppo, anche se queste considerate
singolarmente non soddisferebbero i requisiti previsti dalle legge in termini di
entità dell’indebitamento e di forza lavoro e si fa questa scelta di apertura della
amministrazione straordinaria anche delle società satelliti del gruppo, qualora
si valuti che effettivamente una valutazione unitaria della gestione di crisi
sarebbe comunque più efficace per l’esito della crisi.(questo accadrà
soprattutto tra gruppi tra loro molto integrati )
ALCUNI CASI RILEVANTI: Vediamo i punti d’interesse tra loro in conflitto e
soluzioni efficienti, vedremo che ci sono stati una mole di interventi legislativi,
che sono stati adottati non ex ante, ma vengono emanati per gestire singoli
casi di grandi imprese.
PRIMO ESEMPIO: CASO PARMALAT
Il casoParmalat
Unottimocandidatoperil salvataggio
32.000dipendenti (moltissimi in Italia)
• Moltissime imprese (e loro dipendenti) dipendevano
• daParmalat
L’impresaproducevaliquidità(gestione attiva, cassa
• positiva)
Laliquidazione (politicamente) erafuori discussione
• 13
Questo era un ottimo candidato per una procedura di amministrazione
straordinaria con salvataggio, cioè aveva veramente una possibilità malgrado
la gravissima situazione. Era un’impresa grandissima ed era un’impresa che
produceva liquidità ed aveva una cassa positiva e poteva rispondere al mercato
perché aveva delle potenzialità elevate. Si è trovata in una situazione di
gravissima crisi a causa di condotte gravemente fraudolente di coloro che
avevano la gestione della società. Sebbene fosse impresa quotata ebbe una
componente molto forte nelle mani della famiglia fondatrice e ciò scaturì la
crisi e di come degli illeciti ben occultati e mascherati possano portare ad una
crisi grave e reversibile fondamentalmente sana come erano le imprese del
gruppo parmalat. Anche per questo proprio perché erano imprese competitive
sul mercato internazionale e erano imprese collegate al territorio italiano, sul
tema politico il caso della liquidazione non poteva essere preso in
considerazione e quindi bisognava fare i conti con la possibilità di salvataggio
che veniva messa a disposizione dalla normativa esistente. La normativa
esistente che era quella della prodi bis, che però non era in grado in realtà di
soddisfare quelle esigenze del tutto particolari che presentava la crisi parmalat.
PerParmalatfuurgentemente
modificatalanormativa. Perché?
Il d.lgs. 270/1999, chesarebbestatoapplicabile:
Permette lacontinuazione dell’attività, sotto il controllo
• giudiziale e laprotezionedei creditori
Tuttavia:
• crea una fasedi incertezza sullesorti dell’impresa (cfr.
– art. 30)
permette(forse) una ristrutturazioneindustriale, ma
– nonuna ristrutturazionefinanziaria (cfr. artt. 27e56c.
3)
L’unicarealeopzionesullabasedel d.lgs. 270/1999sarebbe
statalavenditadelleaziende 14
1) perché la prodi bis fa si che le attività continuino e consente la
prosecuzione dell’impresa però l’impresa qui aveva tanti illeciti compiuti
e seguire la prodi bis non avrebbe fatto altro che aumentare la crisi a
causa del lungo periodo di osservazione. La crisi si portava anche una
situazione problematica delle banche, non era accettata infatti una fase
di incertezza così lunga.
2) La prodi bis poi così come congegnata poteva dare via a una forma
industriale e ristrutturazione di un modello di business e impresa, ma non
era adeguata per consentire una ristrutturazione finanziaria, cioè un
intervento sull’indebitamento complessivo sulle società del gruppo.
Leinnovazioni dellanormativa
“Parmalat”(d.l. 347/2003el. 39/2004)
Ammissione immediataallaproceduradi amm.
• straordinaria(senza“periodo di osservazione”)
Cfr. art. 2
– Effettuata dall’autorità di Governo enon da ungiudice
–
Soprattutto:possibilitàdi ristrutturazione
• finanziaria
Concordato (Art. 4-bis, l. 39/2004)
– Possibilità di attribuireazioni ai creditori
– 15
Ci si rese conto quindi che bisognava modificare la normativa esistente. Ed è
qui che nasce l’esigenza di un intervento riformatore poiché la prodi bis
avrebbe consentito soltanto la vendita delle azienda, ma una vendita che
avrebbe dato luogo a una grande perdita di valore. Con il decreto legge
2003/347, Noto come LEGGE MARZANO, fu data la possibilità di apertura
immediata all’amministrazione straordinaria senza il periodo di osservazione
previsto dalla prodi bis e discosta dal governo. Quindi adesso chi apre la
procedura non è il tribunale (ci vuole però sempre l’accertamento
dell’insolvenza), ma è l’autorità amministrativa che nomina i commissari e la
grande innovazione è la possibilità di invenire ad un concordato con i creditori.
Quindi prima nella prodi e prodi bis non era previsto un concordato, ma
l’autorità amministrativa stabiliva sulla base della relazione del commissario, i
creditori avevano poca voce in capitolo, ma rimanevano intatti i loro crediti
perché proseguivano rispetto all’impresa ceduta. Quando è stata approvata la
marzano non era prevista la legge fallimentare generale poi è stato fatto un
grande esperimento legislativo.
Ristrutturazionefinanziaria:
concettoeapplicazioneaParmalat
Parmalat, dicembre2003
Attivo consolidato: € 1,5 mld
• Passivo netto: € 14,3 mld
•
Inquestocontesto:
Gli azionisti non hanno alcun incentivo a
• ricapitalizzare
La società èinsolvente
• I €1,5mld di attivo devono esseretrasferiti ai
• creditori (a ciascuno in proporzione) 16
Come si attua questa ristrutturazione finanziaria nel caso di parmalat? Parmalat
era arrivata alla crisi conclamata con un attivo consolidato 1,5 miliardi di euro
con un passivo netto di 14,3 miliardi. In questo contesto è evidente che gli
azionisti potrebbero essere i primi soggetti dell’impresa a non aver nessun
incentivo a ricapitalizzare perché dovrebbero mettere tutte risorse che
sarebbero poi mangiate dal passivo. L’unica soluzione è quella di trasferire
l’attivo ai creditori perché sono gli unici che possono ancora beneficiarne.
Cometrasferire
l’attivoai creditori?
Duegrandi “strade”:
L’attivo viene venduto, il ricavato viene quindi
• distribuito proporzionalmente
Struttura semplicissima
– fallimento tradizionale secondo lalegge del 1942
• amministrazione straordinariaexd.lgs270/1999
•
Ai creditori vengono date le quote dellasocietà
• “Ristrutturazione” (in realtà più complessa)
– Il diritto societario divieneimportante
– 17
Due sono le strade in cui si trasferisce l’attivo ai creditori: Una è quella
tradizionale ed è quella di vendita dell’attivo e quindi utilizzo del ricavato che
viene poi individuato nei crediti di ciascuno. Una struttura che troviamo alla
base della legge fallimentare con la vendita dell’attivo disponibile, ed è la
stessa che consentiva fino alla legge marzano e alla prodi bis nel caso della
cessione aziendale dopo un anno. L’altra strada invece è innovativa, è quella di
un’attribuzione ai creditori di quote della società. Questa è una gestione
complessa poiché richiede un’attenta valutazione dell’attivo disponibile del
patrimonio esistente della società ed è una organizzazione complessa poiché
assume un ruolo rilevante il diritto societario, poiché sappiamo che qualunque
intervento sulla struttura di capitale passa per decisioni che vedono coinvolta
l’assemblea.
Parmalat:leopzioni
Vendita dei beni e delleaziende:
• Avrebbereso meno di €1,5mld
– E’ difficile vendere aziende grandi, in crisi
•
Avrebbeprovocato una svalutazionedell’attivo mentre
– si cercava uncompratore
E’ statascelta lastradadellaristrutturazione
• E’ statachiesto al Parlamento di consentirla
• 18
Come si risolve il conflitto tra decisioni societarie (azionisti) e le decisioni dei
creditori? La marzano prevede una possibilità di attribuzione delle azioni ai
creditori con estromissione totale degli azionisti proprio perché le loro azioni
non valgono più nulla ed è possibile sancire questo poiché le procedure è la
dichiarazione di insolvenza. Gli azionisti quindi non hanno più valore e non
hanno voce in capitolo. I creditori partecipando all’accordo accettano di
ottenere in cambio del soddisfacimento dei crediti delle azioni, ma perché i
creditori prendono questa decisione? Perché assumendo il rischio d’impresa
partecipando ad una società che valutano essere ancora salvabile, partecipano
anche i futuri utili di questa società quindi accettano un sacrificio oggi
scommettendo sul programma di ristrutturazioni. Quindi è come se fosse una
scommessa. È sicuramente vincente rispetto alla vendita dei beni che avrebbe
reso meno nell’attivo. Meno perché in una situazione di crisi avrebbe dato
luogo ad un ulteriore svalutazione prima di trovare un compratore possibile. Si
è scelta quindi la strada della ristrutturazione dei debiti poiché c’era una forte
volontà politica e si è chiesto di emanare una nuova legge. La liquidazione
veniva considerata infatti una strada non accettabile sul piano politico.
COME È STATO PORTATO AVANTI IL PIANO DI RISTRUTTURAZIONE.
Il pianodi ristrutturazioneParmalat
(semplificato):
A seguito di un voto dei creditori di 16 societàdel
gruppo, amaggioranza(agosto-settembre 2005):
Fase1:
I diritti dei creditori delle16 societàsono stati ridotti
• a€ 1,5 mld (pari al valore dell’attivo)
E’ statacostituitaunaNewco (assuntore)
• Attivo epassivo (come ridotto) sono stati trasferiti
• allaNewco, acosto zero
Newco si è assuntal’obbligo di pagareanche100%ai
• creditori con prelazione eprededucibili 19
C’è stato il voto a maggioranza di tutti i creditori delle diverse società per cui si
è ridotto a un miliardo e mezzo il valore dei crediti perché ai creditori poteva
essere attribuito solo quello che c’era. E stata costituita una nuova società
chiamata NUOVA PARMALAT che ha assunto un attivo e passivo in equilibrio
grazie all’azzeramento del passivo ovviamente a costo zero. Però c’erano
ancora una liquidità di cassa con cui si è potuto procedere al pagamento
integrale dei creditori privilegiati.
Il pianodi ristrutturazione
Parmalat(segue):
Fase2:
Newco haemesso azioni per un totale di €1,5mld,
• allapari (cioè senzasovrapprezzo)
I creditori hanno sottoscritto le azioni compensando
• i loro crediti
Il 6ottobre 2005“Nuova” Parmalat è stataquotata
• 20
Nella fase 2 ci furono delle azioni che sono state distribuite delle azioni senza
sovraprezzo ai creditori, compensando così i loro crediti. Nel 2015 tutto
quest’operazione si è svolta nell’arco di un anno perché la crisi era di fine 2003
e ad ottobre 2005 la nuova parmalat fu quotata in borsa. Questo segna la fine
della crisi di parmalat. Adesso parmalat è una società che sta sul mercato
essenzialmente risanato.
Il pianodi ristrutturazionedel
gruppoinsintesi
I creditori chirografari di 16società hanno
• ricevuto azioni in “pagamento” dei loro crediti
I creditori con prelazione(€ 53 ml) ele spese di
• procedura(€151ml) sono stati pagati dallanuova
Parmalat
I creditori delle societànon inclusenel concordato
• hanno ricevuto il denaro derivante dalla
liquidazionedei patrimoni di tali società
La nuovasocietàè emersacon unastruttura
• finanziaria quasi priva di debito 21
Quindi i creditori di 16 società hanno avuto il pagamento dei crediti, sono stati
pagati i creditori che avevano azioni dalla nuova parmalat, mentre i creditori di
alcune società non ricomprese nel concordato hanno ricevuto denaro
attraverso la liquidazione dei beni delle società di cui facevano parte, quindi
alcuni rami del gruppo sono stati liquidati. E quindi la nuova società è potuta
ripartire in borsa con un grande valore che deriva dal business.
Il pianoParmalat: …maParmalaterauncaso“facile”:
grandecomplessitàtecnica l’attivitàdi Parmalatproducevautili
Cfr. dati 2002-2003rivisti daPriceWaterhouse
•
Centinaia di societàin paesi diversi
• Coopers(cfr. comunicato stampa26-1-2004):
Test difficileper il Reg. CE1346/2000
– sull’insolvenza transfrontaliera
caso Eurofood: decisione CGCE2-5-2006
•
Coordinamento di procedurein paesi non UE
– (Brasile, USA)
Il Brasile hacambiato lanormativain quel periodo
•
Azioni contro Parmalat di investitori e SEC
• negli Stati Uniti 23
22
Vediamo che malgrado la possibilità tecnico ingegneristica dell’operazione era
una crisi facile da gestire attraverso una ristrutturazione finanziaria perché per
quanto i valori di bilancio dell’esercizio 2002 e i ricavi erano gonfiati, comunque
aveva una parte degli utili e questo significa che poteva ancora operare. La
complessità era data dal fatto che molte società avevano sedi all’estero, alcune
in Europa e questo ha significato che per la loro gestione si è fatto ricorso alle
norme di un regolamento europeo e anche con imprese che si trovavano in
paesi extra europei rispetto ai quali non esiste una normativa comune che
tuttavia si sono riuscite a gestire attraverso una vasta rete di accordi. C’erano
infatti società in brasile e America e società e bisogna dire che c’era una
fortunata coincidenza perché fu nominato un commissario straordinario di
notevolissime capacità (BONDI),che è passato alla storia, poiché ha unito
creditori di più società tra loro diverse.
COSA CI INSEGNA IL CASO PARMALAT?
Il casoParmalat:
checosaNONinsegna
Parmalat aveva necessitàdi unaristrutturazione
• relativamente semplice
L’impresafacevaprofitti (anche se molti meno di
• quanto riportato in bilancio)
Non vi è stataalcunanecessitàdi “scelte tragiche”
• (creditori contro dipendenti e fornitori)
Alitalia (oltre20.000 dipendenti egrandi perdite
– operative) : uncaso molto più difficile
La normativa èutile, ma non può trasformareil
– ferro in oro 24
In realtà visto che ha portato una grande riforma normativa, cosa soprattutto
NON CI INSEGNA: non può essere presa a modello per altri casi di crisi perché
era una ristrutturazione facile come abbiamo detto perché l’impresa produceva
profitti anche se i bilanci erano gonfiati e non c’era quella necessità di fare una
scelta tra interessi tra loro molto convergenti. In altri casi questa situazione non
era così fortunata e semplice da gestire e uno di questi è stato il CASO
ALITALIA, che ha visto una grande crisi aperta subito dopo parmalat. Un caso
caratterizzato non solo da un elemento di elevatissimo numero di dipendenti,
ma soprattutto un modello di business che portava gravissime perdite
operative. Quindi la prosecuzione dell’attività, era una prosecuzione in grave
perdita e quindi per procedere ad una ristrutturazione non era una soluzione
economicamente fattibile. Quindi cosa ci insegna: che per quanto si possa
cambiare la normativa non si può trasformare il ferro in oro, cioè non si può
produrre ricchezza da una cosa che non è adeguata a produrla. È stata chiusa
poi la crisi ALITALIA nel 2004 2005, ma ora siamo in una nuova fase.
SECONDO ESEMPIO: CASO ALITALIA
Il casoAlitalia
Gravi perdite strutturali =no ristrutturazione;
• necessitàdi individuare complesso di beni in grado
di consentire unagestione attivae di esserevenduti
formaaggregata(goodcompany)
in
Nuove modifiche alle legge sullaA.S. (Marzano bis)
• Cosaci insegna?
• Nelle ipotesi di irreversibili perdite strutturali occorre
• in tempi rapidi considerare l’ipotesi di un salvataggio
parziale. Il tentativo di salvare l’interaaziendafasolo
perderetempo prezioso 25
C’è un’alitalia bis proprio perché il tentativo di risanamento che è stato fatto in
quella fase subito dopo parmalat era un tentativo che doveva fare….
E perché il piano di ristrutturazione fnanziaria non bastava? Perché c’erano
delle gravi perdite strutturali e significa perdite legate alla struttura, legate al
modello industriale su cui si basava il funzionamento della società e quindi non
era possibile pensare ad un risanamento della società nel suo complesso.
Questo si presentava come struttura governativa in forma aggregata e questo
ha reso necessario di intervenire con un’altra legge normativa. Quindi dopo
prodi, prodi bis, marzano (per parmalat) e la marzano bis (per alitalia ). Di
nuovo la politica entra in questi affari perché ritiene che ci sia un interesse
comune da salvaguardare questo era l’interesse in particolare alla
conservazione della compagnia aerea ed era una società che prestava servizi
per interesse pubblico essenziale ed anche aveva bisogno di una salvaguardia
di un piano strategico come la conservazione dell’attività.
COSA CI HA INSEGNATO ALITALIA con la MARZANO BIS?
Che quando c’è una crisi irreversibile legata a problemi strutturali, quello che
occorre fare è considerare nel più breve tempo possibile procedere ad un
salvataggio parziale dell’impresa, perché non si può procedere ad un
salvataggio integrale perché se si tenta di proseguire con l’impresa, senza
amputare e cedere altrove e liquidare quei rami che non hanno nessuna
possibilità di sopravvivenza, non si fa altro che perdere tempo e aggravare la
crisi. Nel caso Alitalia non è stato richiesto nelle modifiche normative, la
marzano bis nota come la legge che si applica alle grandissime imprese in crisi,
che ha consentito una ristrutturazione temporanea però cedendo ad una nuova
compagnia soltanto il ramo operativo, cioè quello che gestiva i voli ed ha
consentito la gestione in modo tutto sommato efficiente della crisi dando luogo
ad importanti rapporti di commercializzazione e c’è qualcuno che sostiene che
quello che si è fatto è di continuare le attivita attraverso la Cai, ma facendo un
regalo a Taiwan procedendo ad un ipotesi di deroga alle normative di
concorrenza. Una delle ragioni per le quali poi la crisi si è ripresentata è che
c’erano grandi perdite strutturali che erano dovute al fatto che c’erano un
enorme esubero di lavoratori e quindi occupazione in eccesso impiegate nella
compagnia. Ci sono state 4.000 esuberi quando è entrata in crisi, ma in realtà il
problema occupazionale non si è risolto in quella fase.
TERZO ESEMPIO: CASO ILVA.
Lacrisi dell’ILVA
Con ulteriori decreti norme specifiche per ILVA
•
- Obblighi di risanamento ambientale
- Sospensione organi sociali
- Possibilitàdi impiegare somme sequestrate
dall’A.G.; conferimento coattivo e
finanziamento coattivo
- Erogabilità di finanziamenti con garanziadello
Stato;
- Continuitàfinalizzataal risanamento aziendale
27
La crisi con cui ci troviamo a confrontarci in questa fase più recente, è una crisi
che ci fa vedere che difronte a situazioni molto complesse, in cui ci sono
interessi ulteriori da salvaguardare, in questo caso guarderemo non soltanto la
tutela dei creditori, ma la tutela ella continuazione di un servizio per interesse
strategico, perché l’azienda Ilva con i suoi impianti siderurgici presentavano un
importante stabilimento produttivo di rilievo strategico per l’Italia e quindi un
servizio pubblico da preservare, con la conseguente salvaguardia dei lavoratori.
Nel caso Ilva c’era un problema occupazionale molto forte perché anche questa
impiega decine di miliardi di dipendenti, ma qui c’è un aspetto ulteriore che
interferisce nella crisi e pone alla ribalda un interesse pubblico molto
interessante che questa volta non fa capo a singoli soggetti, ma c’è un
interesse all’ambiente e alla salute che viene qualificato giuridicamente diffuso,
perché non è semplice individuare i soggetti che devono essere tutelati da
disastri ambientali come quello dell’ilva. È quindi un interesse diffuso. In questo
caso c’è un intervento di tipo normativo. C’è una prima misura che viene
adottata con un degreto legge della fine 2013, ed è però una procedura che
non apre una vera e propria procedura di amministrazione straordinaria perché
in realtà detta soltanto delle msure volte a consentire al fronte di denunce
all’autorità penale che chiedevano la chiusura con forza dell’attività che
creavano molto inquinamento, si interviene con delle misure volte ad
assicurare la prosecuzione dell’attività imprenditoriale, proprio perché la loro
cessazione avrebbe si fatto cessare la forma acuta di inquinamento, ma
avrebbe dato luogo ad una riconversione dell’impianto che a loro volta
avrebbero prodotto gravi danni ambientali insieme a fprti perdite di denaro, e
quindi la prima visione è quella della prosecuzione dell’attività in capo
all’impresa, però con degli obblighi molto importanti in capo all’autorità di
risanamento ambientale. Questa è una normativa che prevede un intervento
della corte costituzionale perché coloro che avevano denunciato l’impresa per i
danni ambientali, ritengono incostituzionale una legge. Questo è un approccio
che è in contrasto alla normativa europea che in tema di inquinamento dice:
“chi inquina paga”, quindi in qualche modo dice che si può inquinare, ma in
caso bisogna pagare. Quindi l’impresa continua, ma secondo il giudice che
hanno emesso la questione in corte costituzionale, il vero problema qui è la
situazione di salvaguardia del diritto alla salute, quindi non è ammissibile una
decisione ce prevede la prosecuzione dell’attività anche a scapito della salute
per i cittadini. Qui la c.c. con una sentenza molto articolata e lunga, in realtà ha
slavato la legge dalle situazioni di incostituzionalità, dichiarando che questa
non si limitava a dire soltanto che l’attività prosegue a prescindere dal danno
alla salute, ma prevedeva che dovesse farsi corso in contemporanea alla
prosecuzione dell’attività ad un’opera di risanamento ambientale. Quindi
continuità finalizzata al risanamento aziendale.
Questa prima misura del 2013 non è stata per niente soddisfacente. Fino ad
oggi abbiamo avuto ben dieci decreti legge per affrontare la crisi dell’ilva,
perché proprio in questo caso, si tratta di una crisi che ha tante implicazioni sul
piano ambientale e della tutela della salute, che non è stato possibile
affrontarle di volta in volta. Il problema serio dell’ilva è che l’impianto
siderurgico operava in grave situazione a quella che si chiama in gergo A.R.I.A.
che aveva delle prescrizioni molto serie sul piano delle misure e degli
accorgimenti che dovevano essere aggiornati di volta in volta. Tutta questa
esigenza di intervento normativo nel tempo è perché non era chiara la
situazione, ma soprattutto si è visto che lasciare l’impresa, come aveva fatto il
decreto del 2016, in capo agli stessi soggetti che l’avevano gestita in questo
molto altamente illecito non era certamente una buona soluzione. Quindi con
norme successive la prima cosa che si fese fu quella di nominare dei
commissari che rimpiazzassero del tutto la componente proprietaria originaria.
Con il primo decreto emanato dopo il 2013, fu dato il potere al commissario
speciale di deliberare un aumento di capitale, e di attuare questo aumento
attraverso un finanziamento coattivo. Cioè impiegare le somme dell’attivo per
immettere il capitale nella società, capitale che doveva essere utilizzato per il
risanamento ambientale, mentre la società doveva essere ceduta ad un
acquirente sul mercato. Questo finanziamento però non si potè realizzare,
proprio perché l’azienda produceva perdite tali da gonfiare il pregiudizio e
quello di cui ci fu bisogno fu l’erogazione di finanziamenti garantiti dallo stato,
mentre la continuità in capo alla nuova impresa era esclusivamente finalizzata
al risanamento aziendale, poi l’azienda è stata acquisita da un altro gruppo.
COSA INSEGNA QUESTA CRISI CHE È ANCORA IN SEDE DI REALIZZAZIONE?
Lacrisi dell’ILVA: quali lezioni?
La personalità giuridica non è(più) di ostacolo
• Interessi rappresentati v. interessi diffusi
• Interessi dei creditori (edei lavoratori) v. libera
• concorrenza 28
La gestione di una crisi in questo modo può anche tradursi in una gigantesca
azione di responsabilità perché ha fatto si che a pagare i costi del grave danno
ambientale fossero i soggetti che ne avevano cagionati. Per realizzare questo
progetto non è infondo un ostacolo così grande quello di preservare la
personalità giuridica, abbiamo visto infatti un aumento di capitale coattivo
dell’impresa. Ci sono poi delle possibilità di trasferimento per la parte sana
dell’impresa ad un nuovo soggetto andando oltre alla struttura originaria. Un
trend che si sta sempre più prendendo piede rispetto alle crisi che riguardano
soggetti in cui operato coinvolge interessi pubblici molto rilevanti perché
questo è ad esempio un modello che si ispira la crisi bancaria. C’è sempre
questo dualismo tra interessi dei creditori e dei lavoratori che si tenta di
salvaguardare a volte pregiudicando anche la libera concorrenza, poiché ogni
qual volta che si consente la sopravvivenza sul mercato dell’impresa che
produce perdite significa alterare il gioco della concorrenza.
LEZIONE 4
28.11.2017
Ieri abbiamo parlato a lungo dell’amministrazione straordinaria e abbiamo visto
alcune declinazioni(applicazioni) di questa procedura a casi diversi e ogni volta
con l’intervento di normative ad hoc per gestire delle crisi che presentavano
non solo delle particolari caratteristiche, come ad esempio crisi legate a
questioni di natura finanziaria o al modello industriale seguito e poi abbiamo
visto nell’ambito di queste tipologie diverse di crisi e l’interferenza con gli
interessi pubblici di volta in volta di tipo diverso e destinati in qualche modo a
prevalere sull’interesse generale alla tutela dei creditori. Un esempio lampante
è stato il caso dell’ILVA: l’interesse generale era rappresentato dal diritto alla
salute, che imponeva soluzioni che non solo andavano a scapito degli azionisti
originari che venivano estromessi dall’impresa ma addirittura imponendo un
contributo di questi al risanamento ambientale necessario per porre rimedio
derivante dall’esercizio dell’attività industriale e abbiamo parlato
dell’amministrazione straordinaria nella prospettiva dei gruppi perché
anticipavo inizialmente, che non abbiamo nella legge fallimentare generale,
una normativa che consenta quella gestione unitaria necessaria e utile quando
un gruppo è molto integrato eppure essendo costituto da sogg giuridic diversi
opera sul mercato come un’unica entità economica; quindi c’è una differenza
tra la forma e la struttura giuridica e la forma e lo svolgimento dell’attività
economica. Ciò che quindi troviamo nella legge fallimentare è quindi un vuoto
normativo, perché non ci sono regole appropriate x gestire questi casi; si sono
trovate però nel tempo recente alcune soluzioni di tipo negoziale avallate poi
dalla giurisprudenza che hanno consentito di arrivare a soluzioni che
salvaguardassero l’unitarietà del gruppo; ciò è accaduto in particolare per la
procedura di ristrutturazione, che è il concordato preventivo.
I problemi che si determinano in assenza di norme appropriate sono diversi:
-Se rispetto ad un’esigenza di riorganizzazione, sia possibile presentare
un’unica domanda di concordato per più società appartenenti allo stesso
gruppo e quindi fondate su un unico piano di riorganizzazione che coinvolga
tutte le società interessate del gruppo o se occorrono più ricorsi (se ciò è
possibile a quale Tribunale?) o se ciò non sia proprio possibile, perché è chiaro
che il coordinamento diventa complesso se ci sono più domande diverse;
-Altro interrogativo: è possibile di fronte ad una riorganizzazione di gruppo,
conseguire il risultato di ristrutturazione sulla base di un piano che sia
assoggettato ad un unico giudizio di omologazione da parte di un Tribunale? A
quali condizioni? Sapete che il concordato preventivo si basa su un accordo
raggiunto tra i debitori e creditori ma sottoposto sia all’approvazione dei
creditori che partecipano ma anche all’omologazione da parte del Tribunale;
-Altro problema principale è sapere se sia possibile depositare un unico piano
per le diverse entità del gruppo e quindi presentare così un immagine unitaria
di come possa avvenire la ristrutturazione;
Le risposte che ha dato la giurisprudenza sono di vario tipo e sono state
innovative, perché sono andate al di la del dato delle norme:
-Ha ritenuto ammissibile sia la presentazione di un unico ricorso per tutte le
imprese del gruppo (degli esempi sono dati dall’Appello Roma 2013 e il
Tribunale di Benevento 2012) sia il deposito di più ricorsi, poi riuniti ai fini di
un’unica omologazione, presupponendo necessariamente che le società del
gruppo abbiano la sede dello stesso circondario di Tribunale, perché come
sapete la procedura si apre davanti al Tribunale dove è la sede legale
dell’impresa, e non è possibile derogare a questa competenza inderogabile dei
Tribunali (anche se in questi giorni si sta discutendo di una legge-delega che
prevede la possibilità di poter aprire la procedura anche di fronte a Tribunali
con sedi differenti da quelle delle società, se queste appartengono ad un
gruppo);
-Ha ammesso una proposta di concordato di gruppo, formulata con unico
ricorso e sulla base di un piano unitario, ma con separazione delle masse e
autonoma votazione dei creditori di ciascuna impresa in adunanze separate;
-Ciò è possibile solo quando le sedi delle diverse imprese coincidono e i ricordi
possono essere presentati a un unico Tribunale;
E’ importante comunque poter fare riferimento a delle norme per poter
risolvere delle crisi in presenza di gruppi ed è importante soprattutto che
queste siano chiare. E’ spesso capitato che in passato le parti si siano inventate
degli strumenti, come per esempio il conferimento dei patrimoni delle società
del gruppo nella casa madre, creando incorporazioni per fusione e quindi
creando infine un nuovo soggetto per poter avviare una procedura, sostenendo
ovviamente ingenti costi anche perché son queste modifiche societarie che
passano per il voto delle assemblee e non è detto che riescano ad andare in
porto e poi si tenga presente che questi progetti di incorporazione potrebbero
pregiudicare i creditori. E’ facile quindi capire che il loro profilo di certezza è
facilmente discutibile.
Citiamo qui un caso del 2013 molto interessante: ci sono qui due società ed
altre società satellite. Le parti arrivano a delle soluzioni articolate che superano
un problema che esiste nel diritto concorsuale attuale nel rapporto tra il diritto
societario e fallimentare. Ciò perché? Perché le regole della corporate
governance, ossia le regole che attribuiscono poteri alle assemblee e organi
delle società, non subiscono deroghe o comunque, non tengono conto di
decisioni che in caso di crisi che possono prescindere dal voto dell’assemblea
ed attribuiscono così un potere di veto agli azionisti, i quali, se non sono
d’accordo nel realizzare le operazioni previste dal piano, ma che appunto
richiedono un voto assembleare, rischiano di far saltare piani di
riorganizzazione utili per l’impresa e soprattutto per i creditori.
Il caso di Seat Pagine gialle è un caso particolare in cui sono state utilizzate
non solo senza deroghe, ma solo attraverso degli accorgimenti organizzativi
degli strumenti societari, ma vediamo in azione anche la modalità molto utile
per superare la crisi, che è quella della conversione dei prestiti obbligazionari o
crediti in partecipazioni al capitale. In questo caso l’impresa aveva iniziato ad
affrontare una crisi che si protraeva da anni, dal 2008 e dopo aver negoziato in
maniera complessa con i creditori, arrivò nel 2012 ad un piano di risanamento.
Il piano di risanamento è uno strumento stragiudiziale che non vincola i
creditori, ma vincola solo il debitore, perché non implica necessariamente
l’esistenza di un accordo, ma consente sulla base di una pattuizione bilaterale
o solo rivolta ad una categoria di creditori, di apportare modifiche
all’operatività o all’organizzazione aziendale attraverso un piano che viene poi
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher silviaesposito1996 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto societario e diritto fallimentare e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Cattolica del Sacro Cuore - Milano Unicatt o del prof Malaguti Maria Chiara.
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