Anteprima
Vedrai una selezione di 11 pagine su 47
Diritto fallimentare - Management dei servizi Pag. 1 Diritto fallimentare - Management dei servizi Pag. 2
Anteprima di 11 pagg. su 47.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Diritto fallimentare - Management dei servizi Pag. 6
Anteprima di 11 pagg. su 47.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Diritto fallimentare - Management dei servizi Pag. 11
Anteprima di 11 pagg. su 47.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Diritto fallimentare - Management dei servizi Pag. 16
Anteprima di 11 pagg. su 47.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Diritto fallimentare - Management dei servizi Pag. 21
Anteprima di 11 pagg. su 47.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Diritto fallimentare - Management dei servizi Pag. 26
Anteprima di 11 pagg. su 47.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Diritto fallimentare - Management dei servizi Pag. 31
Anteprima di 11 pagg. su 47.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Diritto fallimentare - Management dei servizi Pag. 36
Anteprima di 11 pagg. su 47.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Diritto fallimentare - Management dei servizi Pag. 41
Anteprima di 11 pagg. su 47.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Diritto fallimentare - Management dei servizi Pag. 46
1 su 47
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

OMOLOGAZIONE

Il piano una volta raggiunto l’approvazione della legge è sottoposto

all’omologazione del tribunale. Il piano può avere tanti contenuti molto diversi

tra di loro e consente di intervenire sulla struttura dell’impresa e stesso del

capitale. Un modo per abbassare l’entità del passivo è quello di attribuire ai

creditori anziché cash quindi denaro, le partecipazioni del capitale. C’è rischio,

ma anche possibilità di successo.

Nell’omologare il piano il giudice non entra nel merito, nel contenuto del piano

che effettivamente consente il recupero dell’equilibrio della procedura, ma si

limita a prenderne atto. Qualora uno o più creditori impugnano la procedura di

omologazione, il giudice valuta anche la convenienza, ma è un giudizio che ha

un parametro chiaro, perché può comunque omologare il piano malgrado

l’opposizione se questo garantisce ai creditori dissenzienti un trattamento non

inferiore rispetto a quelle altre trattative applicabili. Il ruolo del giudice non è

gestorio, ma è quello di garantire il rispetto della legge.

LE RIFORME RECENTI

Una riforma importante del 2005-2006 il cui obiettivo è stato quello di

riformare, di trovare un equilibrio tra tutela ex ante, quindi tutela molto

sbilanciata a favore dei creditori, e l’efficienza ex post, che guarda all’obiettivo

della massimizzazione del valore consentendo un’allocazione delle risorse. Per

migliorare una possibilità di scelta tra le soluzioni che possono meglio

perseguire questi due obiettivi; il primo principio è stato quello di attribuire

maggiore spazio all’autonomia negoziale, cioè di un maggior potere dei

creditori e di un progressivo arretramento della figura del giudice, una scrittura

del concordato preventivo perché è sparito quel giudizio di meritevolezza

dell’imprenditore, la possibilità di attivare la procedura anche senza avere un

piano con la possibilità di averlo successivamente, questo strumento per cui si

approva anche in presenza di minoranza e dissenzienti di creditori e da ultimo

con una proposta approvata nel 2015, la possibilità per i creditori di presentare

proposte concorrenti rispetto a quella del creditore.

Abbiamo detto che la guida della scelta se attivare la procedura rimane in capo

al debitore proprietario dell’impresa, il problema però in molti casi è che poiché

il debitore è quello che ha le informazioni ed anche quello che può occultarle

per estrarne surplus a vantaggio dei creditori, ad esempio può presentare un

falso attivo di bilancio per far fare maggior sacrifici ai creditori e tenere una

parte di valore per se, è chiaro che se solo i creditori hanno in mano la

situazione, i debitori possono solo prendere o lasciare non possono arrivare ad

un piano. L’idea è stata quella di consentire ai creditori difronte ad un pino che

non li soddisfi di presentare un piano concorrente, ma per presentarlo devono

avere delle informazioni adeguate e essere messi in grado di leggere la

documentazione dell’impresa e infatti possono fare un’istanza, questa

possibilità però non è sempre consentita. La salvaguardia che si è prevista è

quella che scappa dalla possibilità di proposte concorrenti se il debitore non

promuove almeno un certo ammontare di soddisfacimento dei crediti pari al

40% se si tratta di un concordato liquidatorio o 30% se si tratta di un

concordato in continuità.

Qui è importante una distinzione: Il concordato che mira al superamento della

crisi, ma essenzialmente ad una liquidazione dell’impresa, solo che è una

liquidazione fatta nell’accordo delle parti e un concordato in continuità che è la

soluzione favorita dal legislatore cioè l’idea è che il processo di ristrutturazione

ha senso soltanto se l’obiettivo è quello di una continuazione dell’impresa in

capo al debitore originario. In realtà l’esperienza concreta hanno dimostrato

che nella pratica valgono i concordati liquidatori. I concordati liquidatori che

spesso danno luogo a un soddisfacimento limitato delle pretese dei creditori, il

problema è che qui l’impresa non da via alla procedura concordata di

ristrutturazione per tempo, riducendo così il valore dell’impresa, e quindi

l’unica soluzione possibile è quella del concordato liquidatorio in cui i creditori

accettano un sacrificio, ma si procede comunque alla liquidazione d’impresa.

Le recenti riforme questo istituto verrà ridotto nella sua applicazione. Per

quanto riguarda l’insolvenza dei debitori abbiamo visto che anche il fallimento

è stato già rivoluzionato da questo punto di vista, non soltanto perché sono

state attuate le sanzioni in precedenza, ma anche perché è stato attivato un

nuovo istituto che gli americani chiamano fresh start.

Nel nostro istituto si chiama processo di esdebitazione e ha lo scopo principale

di favorire l’assunzione del rischio imprenditoriale, perché quello che

succedeva in passato con la vecchia procedura è che al termine ripartito il

ricavato della vendita dell’attivo tra i creditori quei creditori che rimanevano

insoddisfatti conservavano intatte le proprie ragioni nei confronti dei debitori,

quindi una volta raggiunta la procedura potevano continuare ad aggradire il

patrimonio e questo scoraggia l’iniziativa economica.

Con l’istituito dell’esdebitazione il debitore che però soddisfa alcuni requisiti, in

particolare deve essere un debitore che ha collaborato in modo attivo con gli

organi della procedura, che non ha occultato o falsificato parte dell’attiva, che

non abbia voluto l’esdebitazione nei 10 anni anteriori. Solo il debitore che ha

questi requisiti può accedere, facendo un’istanza al tribunale, all’esdebitazione.

Questo comporta una liberazione integrale dei debiti presenti e una possibilità

di intraprendere delle nuove iniziative.

Quanto alla efficienza ex post. Un aspetto importante di cui si è occupato la

precedente riforma, è quello di semplificare la procedura fallimentare ed anche

di ridurne i costi e di promuovere il maggior ricavato possibile. Varie sono le

norme proposte al riguardo, norme soprattutto quella del 2015 relativa alla

riduzione dei tempi di procedura e la volontà di migliorare il recupero dei

creditori diviene un approccio più di mercato rispetto alle vendite. Questo vale

per una procedura fallimentare attraverso l’introduzione di possibilità di

delegare le vendite a soggetti privati: avvocati e notai, e questo fa si che

possano eseguire delle procedure più snelle dell’asta fallimentare che produce

un deprezzamento dei beni. Quindi questo è nell’ottica di massimizzazione del

valore. Ma anche nella procedura di concordato preventivo sono state

introdotte delle misure che consentono delle offerte concorrenti che è una cosa

diversa dalle proposte concorrenti. Le proposte concorrenti riguardano la

possibilità di presentare dei piani di ristrutturazione in alternativa a quello

proposto dal debitore, mentre l’offerta concorrente riguarda il processo di

vendita, perché quello che succedeva in passato è che il creditore presentava

un piano concordatario con una parziale cessione e riduzione dell’attività con

un’offerta già chiusa. Questo agevola, ma potrebbe escludere dalla

partecipazione alla procedura soggetti che potrebbero offrire di più rispetto a

quanto offre il soggetto individuato.

Il tribunale può aprire un’asta competitiva dove possono partecipare altri

soggetti di mercato, qualora ritenga che si possa offrire di più. La

massimizzazione del valore è sempre il punto principale.

È stato inoltre dato maggiore spazio agli accordi stragiudiziali, abbiamo detto

che un’ipotesi della crisi è quella fatta in via negoziale con l’accordo fra debitori

e creditori, gli accordi sono difficili quando ci sono accordi con i quali

interloquire, ma quello che la legge ora offre dopo aver riformato le procedure

è quello di dare una certa stabilità agli accordi stessi.

Sarà introdotta poi una disciplina per i rapporti di ristrutturazione che non sono

vincolanti per i creditori dissenzienti, ma che consentono una composizione

della crisi con un rilevante numero di creditori, e se l’accordo raggiunto viene

poi omologato dal tribunale questo è un accordo stabile che ha effetto anche

sugli altri in quanto vincola alcune risorse pur non determinando nessun

obbligo. 22:40

Questo quadro notevolmente migliorato ha prodotto degli effetti positivi che

non è semplicissimo valutare in concreto, ma si è visto che rispetto al passato

sono aumentate le procedure di ristrutturazione e si è avuto un incremento non

sostanziale degli accordi di ristrutturazione, ma una contrazione sembra essersi

rilevata nella durata delle procedure che in realtà ci vedono ancora in una

posizione ancora svantaggiosa rispetto ad altri paesi. In Italia la procedura

fallimentare ha una durata di 6 anni. Probabilmente gli effetti ancora non sono

totalmente percepibili, perché non ci sono dati per poter valutare

appropiatamente il termine delle procedure, perché soprattutto se guardiamo

alle procedure di ristrutturazione ciò che occorre far capire, per vedere se la

ristrutturazione è andata in porto è anche vedere la capacità di sopravvivenza

dell’impresa dopo che si è chiusa la procedura.

La banca d’Italia sta effettuando delle indagini sotto questo punto di vista. Si è

però in una fase di assestamento perché molte delle riforme più possono avere

impatto sulla buona performance delle procedure sono collegabili agli anni

2012- 2015 quindi è ancora difficile vederli in concreto. Sul piano delle regole

però i rapporti internazionali ci hanno riconosciuto di aver fatto degli sforzi

importanti, in particolare c’è un rapporto “doing business” quello pubblicato

dalla banca mondiale che guarda in particolare a quanto è favorevole il sistema

economico di un paese rispetto a fare impresa in quel paese. Tutto questo per

dire che una buona normativa fallimentare è davvero una normativa

essenziale, proprio per valutare la capacità di un paese di attrarre investimenti

e imprese nel suo ambito.

L’importanza della normativa fallimentare. Si è visto quanto questa conti nei

periodi di crisi, perché nel periodo ad esempio della crisi finanziaria globale del

2009 che ha caratterizzato il mercato finanziario e le banche, è chiaro c

Dettagli
A.A. 2017-2018
47 pagine
2 download
SSD Scienze giuridiche IUS/04 Diritto commerciale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher silviaesposito1996 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto societario e diritto fallimentare e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Malaguti Maria Chiara.