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IMPRESA IN CRISI E GARANZIA PATRIMONIALE

Il diritto dell’impresa in crisi è diritto a regolare situazioni che risultano tutte accomunate dalla

circostanza di pregiudicare le ragioni dei terzi e dei suoi creditori: il presupposto delle relative

discipline è infatti rappresentato da una disfunzione della garanzia patrimoniale dell’impresa e il

loro oggetto dal patrimonio dell’impresa in crisi, in quanto appunto strumento di garanzia dei

creditori.

La garanzia patrimoniale dell’impresa è sottoposta a due diversi sistemi di norme:

• fino a quando la crisi non è emersa, trova applicazione la disciplina generale del funzionamento

della garanzia patrimoniale;

• una volta che è emersa la crisi, può divenire operativa la disciplina dell’impresa in crisi, in

luogo di quella chiamata a regolare le disfunzioni della garanzia patrimoniale, e che viene

ritenuta inadeguata a risolvere gli specifici problemi sollevati dalla crisi dell’impresa.

La garanzia patrimoniale dell’impresa presenta di per sé gli atteggiamenti peculiari che riguardano

non già il contenuto della relativa disciplina, quanto piuttosto la sua estensione a seconda della

specifica forma nella quale l’impresa risulta in concreto organizzata.

Per quanto riguarda la garanzia patrimoniale, le diverse forme di organizzazione dell’impresa si

distinguono tra loro a seconda che i creditori dell’impresa risultino in via di principio garantiti

esclusivamente dal patrimonio destinato al suo esercizio, e cioè dal patrimonio dell’organizzazione,

o che invece a siffatta garanzia di aggiunga quella rappresentata da altri patrimoni, per esempio

quelli dei soci illimitatamente responsabili.

I creditori dell’impresa organizzata in forma di s.p.a. e di s.r.l. sono in via di principio garantiti

dall’intero patrimonio sociale e da esso soltanto. Al contrario, la garanzia patrimoniale dei creditori

dell’impresa organizzata in forme diverse è costituita non solo dal patrimonio sociale, ma anche da

quello dei soci a responsabilità illimitata.

La funzione di garanzia del patrimonio

Garanzie patrimoniali e destinazione del valore del patrimonio

Parlando di garanzia patrimoniale, si intende alludere a quella specifica normativa del patrimonio

(art.2740), in base alla quale il valore di un determinato complesso di risorse, l’attivo, è destinato in

primo luogo alla soddisfazione di una massa di debiti, il passivo.

Se l’attivo supera il passivo, il valore complessivo del patrimonio risulterà allora destinato in parte

al titolare ed in parte ai suoi creditori; quando invece il passivo supera l’attivo, il valore del

patrimonio spetterà integralmente ai creditori del suo titolare, ai quali verrà di fatto destinato un

valore inferiore a quello che spetta loro di diritto, ovvero, il valore reale dei loro crediti risulterà

inferiore al valore nominale, al valore cioè che i creditori avrebbero dovuto realizzare.

Il valore reale del diritto di credito, ce costituisce esso stesso una componente dell’attivo del suo

titolare, dipende dunque anche dall’entità del patrimonio del debitore.

La modificazione del valore del patrimonio

Mentre gli effetti giuridici degli atti posti in essere dal titolare si producono esclusivamente sul suo

patrimonio e quindi nella sua sfera giuridica; al contrario le loro conseguenze economiche, ovvero

le modificazioni del valore del patrimonio che derivano dai primi, possono incidere anche sulla

sfera economica dei creditori.

Anche da questo punto di vista si tratta di distinguere a seconda che l’attivo superi o meno il

passivo, a seconda cioè che il patrimonio presenti un valore netto positivo o negativo:

• se è positivo, tutte le modificazioni del valore netto incidono esclusivamente sulla sfera

giuridica del sul titolare (del debitore), lasciando invariata la parte del valore dell’attivo

destinata ai creditori;

• se è negativo, tutte le modificazioni di tale valore incidono sulla sfera dei creditori, a seconda

dei casi aumentando o diminuendo ulteriormente il valore ad essi destinato. Tali modificazioni

invece non riguardano il titolare del patrimonio, al quale continuerà a non spettare alcun valore.

La gestione del patrimonio capiente: l’interesse del titolare e gli interessi dei creditori

Se l’attivo supera il passivo, il titolare tenderà a gestire il proprio patrimonio al fine innanzitutto di

aumentarne illimitatamente il valore e comunque di non diminuirlo, perché ogni modificazione

incide economicamente soltanto su di lui. In questo caso il rischio della gestione è integralmente a

carico di chi lo pone in essere, ovvero il titolare, che sarà indotto a valutare la convenienza di una

operazione sulla base non sono delle aspettative di guadagno, ma anche del rischio di perdite.

In via di principio in tale situazione i creditori dovrebbero essere indifferenti alla gestione del

patrimonio del debitore, dal momento che eventuali aumenti del suo valore non sono a loro destinati

e le eventuali diminuzioni non riducono il valore spettante agli stessi. In realtà le diminuzioni di

valore del patrimonio non incidono sulla posizione dei creditori solo se l’attivo risulta superiore al

passivo.

Ciò consente di capire come i creditori, accanto all’interessi principale ad ottenere ciascuno la

soddisfazione integrale della propria pretesa, vantino altresì quello secondario a conservare l’attivo

superiore al passivo.

La gestione del patrimonio incapiente: gli interessi del titolare e il conflitto tra gli interessi dei

creditori

La situazione si presenta totalmente diversa nel caso di incapienza patrimoniale, qualora cioè il

passivo risulti superiore all’attivo: in questo caso l’intero valore del patrimonio è destinato ai

creditori, sulla sfera economica dei quali incideranno tutte le modificazioni.

In tale circostanza, il titolare del patrimonio non vanta più l’interesse di conservare il valore del

patrimonio, dal momento che le sue riduzioni incideranno esclusivamente sulla sfera economica dei

creditori.

Più articolato si presenta il discorso in ordine all’interesse del titolare ad aumentare il valore del

proprio patrimonio: potrebbe infatti darsi che questi non intenda più realizzare tale interesse, poiché

degli eventuali incrementi di tale valore si avvantaggerebbero in primo luogo i creditori; comunque

il titolare potrebbe confidare nella possibilità che, a seguito di successivi aumenti, il valore

dell’attivo non solo raggiunga quello del passivo, ma addirittura lo superi.

Il titolare del patrimonio quindi può assumere due atteggiamenti a seconda che decida di adottare

un’ottica di breve o di lungo periodo:

• nell’ottica di breve periodo, il titolare finirà per perdere qualsiasi interesse allo stesso

svolgimento di un’attività di gestione;

• nell’ottica di lungo periodo invece, continuerà a perseguire l’interesse ad aumentare il valore del

proprio patrimonio mediante una gestione che tuttavia risulta effettuata pur sempre nel proprio

interesse, ma rischio esclusivamente dei creditori.

La circostanza che il passivo superi l’attivo fa tuttavia emergere un conflitto, interno alla stessa

classe dei creditori, tra gli interessi di ciascuno di essi ad ottenere l’integrale soddisfazione della

propria pretesa.

In una situazione siffatta il patrimonio risulta di per sé insufficiente a soddisfare integralmente non

già la pretesa di un singolo creditore, ma delle pretese di tutti i creditori.

L’attuazione della garanzia patrimoniale

Le forme di tutela dei creditori

L’esigenza di una tutela dei creditori si pone nell’eventualità che il debitore, ancorché obbligato ad

eseguire la prestazione nei modi e nei tempi dovuti, non vi provveda spontaneamente, cioè di

propria iniziativa: al fine di realizzare coattivamente la propria pretesa, l’ordinamento riconosce a

ciascun creditore determinati poteri individuali, che risultano più o meno incisivi a seconda che:

• l’inadempimento costituisca già un fatto storico, quindi non resta che attuare la garanzia

patrimoniale attraverso l’esercizio dell’azione esecutiva;

• rappresenti ancora soltanto una eventualità, quindi si tratterà di conservare la garanzia

patrimoniale avvalendosi degli strumenti predisposti dalla legge.

La realizzazione coattiva del diritto di credito

L’esercizio dell’azione esecutiva consente al creditore di ottenere, a prescindere da qualsiasi

collaborazione del debitore, l’intero valore lui spettante.

In linea di principio la realizzazione coattiva del diritto di credito avviene in denaro, e ciò sia nel

caso in cui a restare inadempiuta sia una obbligazione pecuniaria, sia nel caso in cui la prestazione

dovuta non si presti ad essere coattivamente realizzata in natura.

Al fine di realizzare coattivamente il diritto di credito, si rende dunque normalmente necessaria la

liquidazione di alcuni elementi attivi presenti nel patrimonio del debitore e cioè la loro conversione

in denaro.

L’azione esecutiva

L’attuazione della garanzia patrimoniale viene effettuata nell’ambito di un procedimento

giurisdizionale, il così detto processo esecutivo, su iniziativa del creditore: ed è appunto nel potere

di avviare tale processo che si risolve l’esercizio dell’azione esecutiva. Si tratta di un potere da un

lato individuale, riconosciuto cioè al singolo creditore, e dall’altro singolare, dal momento che esso

risulta diretto alla liquidazione non già dell’intero patrimonio, ma di singoli elementi attivi in esso

presenti: se dunque il patrimonio svolge la funzione di garanzia patrimoniale nei confronti di tutti i

creditori, tale funzione si attua, rispetto al singolo creditore, in ordine allo specifico elemento attivo

sul quale è stata esercitata l’azione esecutiva.

Il concorso dei creditori

Nulla invece impedisce che sullo stesso attivo sia esercitata l’azione esecutiva da parte di più di un

creditore, dal momento che ciascun elemento risulta di per sé potenzialmente destinato a garantire

tutti costoro. Si verifica in tal caso una interferenza, al momento dell’esercizio, di prerogative di per

sé individuali, e proprio per questo in via di principio tra loro indipendenti, in quanto relative a

rapporti obbligatori a loro volta autonomi: i diversi creditori si troveranno infatti a concorrere sullo

stesso ricavato, quello cioè della vendita del medesimo bene.

Il conflitto tra creditori

Qualora il ricavato non sia sufficiente a realizzare integralmente il valore spettante a tutti i creditori

che hanno esercitato l’azione esecutiva sugli stessi elementi attivi, il concorso tra

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A.A. 2014-2015
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SSD Scienze giuridiche IUS/04 Diritto commerciale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Leo Tesi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto fallimentare e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Calvosa Lucia.