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La domanda di ammissione al concordato preventivo con riserva può poi essere
o convertita in una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione.
La domanda di ammissione con riserva non richiede la presenza di alcuna
o autocertificazione dell’imprenditore circa la pendenza di trattative con i creditori,
come richiede l’istanza di sospensione.
La domanda di ammissione con riserva non richiede la presenza di alcuna
o intestazione professionale ed indipendente circa l’idoneità della proposta ad
assicurare il successo del piano, come richiede l’istanza di sospensione.
18.10 La convenzione di moratoria.
L’articolo 182 septies introduce un ulteriore istituto a tutela del debitore in crisi, anch’esso frutto
dell’esperienza.
È infatti noto che, prima di proporre un accordo di ristrutturazione od un concordato preventivo,
l’imprenditore che aveva un’impresa priva di liquidità sufficiente, ma con risultati economici
ancora positivi, provava ad ottenere presso i creditori una dilazione nel pagamento dei crediti: tale
proroga dei termini di adempimento, accompagnata da esiti economici favorevoli, poteva portare
all’eliminazione dello stato di crisi – insolvenza.
Nell’ambito dell’accordo raggiunto con la maggioranza dei creditori, si rinveniva quasi sempre un
creditore che negava il consenso alla dilazione oppure la concedeva a condizioni diverse e di
favore.
Questa dilazione, che l’articolo 182 septies denomina moratoria, mutuando il termine che
l’abrogato codice di commercio utilizzava per disciplinare un istituto precursore
dell’amministrazione controllata, trova ora una disciplina espressa per il caso in cui essa oggi
intervenga tra l’impresa debitrice ed una o più banche od intermediari finanziari. 154
La legge stabilisce che la convenzione tra debitore e banche diretta a disciplinare in via
provvisoria gli effetti della crisi attraverso una moratoria temporanea dei crediti, se è stipulata con
la maggioranza del 75% dell’ammontare del passivo riferibile a banche ed intermediari in deroga
agli articoli 1372 e 1411 del codice civile, produce effetti anche nei confronti delle banche e degli
intermediari finanziari non aderenti.
Anche qui il legislatore utilizza il termine maggioranza, che fa pensare all’applicazione del
principio maggioritario in un caso, oltre a quello delle assemblee degli enti collettivi, del
condominio, del concordato preventivo e del concordato fallimentare, fino ad oggi non previsto
dalla legge, e non invece ad una vera e propria deroga ai citati articoli del codice civile. E tale
conclusione è confermata dalla constatazione che l’estensione degli effetti della moratoria è
tuttavia condizionata al fatto che questi ultimi siano stati informati dell’avvio delle trattative e
siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede.
In sostanza, viene previsto un momento ed un luogo, paragonabile ad una deformalizzata
adunanza, nella quale i creditori interessati, aderenti e non aderenti, possono confrontarsi ed
esprimere le ragioni del loro consenso o dissenso.
Mancando una verifica giurisdizionale della correttezza dell’agire del debitore, il legislatore della
riforma 2015 ha previsto che l’accertamento circa l’omogeneità della posizione giuridica e degli
interessi economici fra i creditori interessati dalla moratoria sia fatta da un professionista in
possesso dei requisiti ex articolo 67 lettera D della legge fallimentare.
Coerentemente ha modificato l’articolo 236 bis, prevedendo una sanzione penale anche per tale
professionista.
È poi previsto, al comma 6, una fase giurisdizionale di controllo dell’operato, ma solo su
opposizione dei creditori non aderenti. Il che significa che, in mancanza di opposizioni, la
moratoria non è soggetta ad alcun controllo da parte dell’autorità giudiziaria, nemmeno di tipo
omologatorio
La disposizione di procedura è palesemente insufficiente, se si considera che essa non prevede
nemmeno quale sia il rito applicabile all’opposizione ex articolo 182 septies comma 6.
Escluso che si tratti di un procedimento camerale endofallimentare, proponibile con ricorso e
definibile con decreto, pare che il rito da seguire sia quello del codice di procedura civile. Ne
deriva che il giudizio assumerà la forma del processo ordinario o sommario di cognizione, anche
se la forma del provvedimento che lo definisce sarà quella del decreto motivato, a meno che da
tale ultimo riferimento non si voglia inferire che il rito applicabile sia quello previsto dagli articoli
737 e seguenti del menzionato codice.
Non è improbabile che nei giudizi di opposizione ex articolo 182 septies comma 6 venga
sollevato, forse con poco fondamento, anche un problema di competenza, giacché l’opposizione
in parola assomiglia molto alle opposizioni alla fusione ed alla scissione societaria, per le quali è
competente il tribunale delle imprese. 155
Forse una parola in più sulla procedura da seguire il legislatore del 2015 l’avrebbe potuta dire.
Se il perimetro di applicazione delle disposizioni sulla moratoria sembra, in teoria,
sufficientemente chiaro, in concreto la realtà può dare adito a casi difficilmente collocabili negli
schemi astratti della legge.
L’esperienza infatti porta a constatare che l’imprenditore in crisi non chiede ai propri creditori
solo una dilazione del termine di adempimento delle proprie obbligazioni, ma domanda anche
altre misure che possono consistere nella riduzione dei debiti, nella concessione di nuove linee di
credito, nel mantenimento di quelle vecchie. A queste richieste di accompagnano concessioni di
vario genere da parte del debitore (garanzie reali o personali, continuazione di rapporti
commerciali, ricapitalizzazioni).
Non è frequente, ma qualche volta accade che tutti questi accordi siano recepiti in un piano
attestato, che se redatto ai sensi dell’articolo 67 lettera D, manda esenti da revocatoria gli atti, i
pagamenti e le garanzie concesse in esecuzione di esso.
Pertanto, quando la convenzione conclusa con i creditori bancari aderenti ha un contenuto
eterogeneo, quali sono gli effetti di essa che si estendono ai creditori bancari non aderenti? Si
tenga presente che nell’accordo complessivo con i creditori della categoria, le modalità dilatorie
concordate possono essere diverse: ad esempio l’imprenditore può aver concordato con una banca
una dilazione di 24 mesi, con concessione di garanza, con un’altra dilazione di soli 12 mesi senza
garanzia.
Quali saranno dunque gli effetti che si estendono ai creditori non aderenti? Il tema è, ancora una
volta, quello visto in materia di accordo di ristrutturazione, ossia quello della possibilità, ammessa
dalla legge o, comunque, non espressamente vietata, che la convenzione diretta a disciplinare in
via provvisoria gli effetti della crisi abbia un contenuto eterogeneo: ossia che la moratoria
temporanea possa essere connessa ad altri accordi ed assumere, pertanto, forma diversa da banca a
banca, a seconda delle esigenze commerciali, imprenditoriali e di risanamento del singolo
imprenditore.
Nell’esempio sopra riportato, quale sarà la dilazione di pagamento che verrà estesa alle banche ed
agli intermediari non aderenti? Quella di 12 o quella di 24 mesi?
Il tutto è reso più difficile dalla previsione dell’ultimo comma dell’articolo in commento, ove si
stabilisce che in nessun caso, per effetto degli accordi e convenzioni di cui ai commi precedenti,
ai creditori non aderenti possono essere imposti l’esecuzione di nuove prestazioni, la concessione
di affidamenti. Il mantenimento della possibilità di utilizzare affidamenti esistenti o l’erogazione
di nuovi finanziamenti.
Tolte tutte queste ipotesi, è evidente che l’unico effetto che può essere esteso al creditore non
aderente è quello della dilazione del debito, che tuttavia nella pratica può non essere oggetto di
un’unica e globale pattuizione tra l’imprenditore e le banche aderenti, ma di singoli accordi
differenti. 156
Tenuto conto delle osservazioni sopra esposte, sarà l’applicazione pratica dell’istituto a mostrare
se la convenzione di moratoria troverà, di fatto, concreta applicazione solo nel caso in cui essa
consista in una dilazione secca di pagamento di durata determinata per tutte le banche aderenti, o
solo nel caso in cui la dilazione intervenga con società di leasing, per le quali è espressamente
previsto che agli effetti del presente articolo non è considerata nuova prestazione la prosecuzione
della concessione del godimento di beni oggetto di contratti di locazione finanziaria già stipulati,
oppure se essa sia destinata ad avere maggior successo.
18.11 L’effettuazione di pagamenti oggettivamente
preferenziali (in favore di fornitori strategici).
Secondo l’articolo 182 quinquies comma 5 della legge fallimentare, il debitore che presenta una
domanda di omologazione di un accordo può chiedere al tribunale di essere autorizzato a pagare
crediti anche anteriori per prestazione di beni o servizi. Tali pagamenti, in caso di successivo
fallimento, non sono soggetti all’azione revocatoria di cui all’articolo 67.
18.12 La disapplicazione della disciplina mirante ad
assicurare l’integrità del capitale sociale.
Secondo l’articolo 182 sexies della legge fallimentare, dalla data del deposito della domanda di
omologazione dell’accordo di ristrutturazione, e sino all’omologazione, non si applicano una serie
di norme del codice civile, che dispongono lo scioglimento delle società di capitali in caso di
perdita del capitale sociale o di riduzione sotto i limiti di legge.
La norma si spiega con la considerazione dei possibili effetti di ricapitalizzazione conseguenti
all’eventuale stralcio di una porzione dell’indebitamento pregresso.
In tale prospettiva, l’incentivo in commento riveste maggiore interesse per l’ipotesi di
presentazione di una domanda di concordato preventivo.
18.13 La struttura del procedimento.
La fase dell’accordo di ristrutturazione che conduce alla sua stipulazione con i creditori ha
carattere del tutto stragiudiziale.
Stipulato l’accordo, questo deve essere pubblicato presso il registro delle imprese, e depositato
presso la cancelleria del tribunale fallimentare, insieme all’attestazione ed ai documenti tipici
della domanda di ammissione al concordato.
Entro 30 giorni dalla pubblicazione, i creditori possono proporre opposizione all’omologazione. Il
tribunale, decise le eventuali opposizioni, procede all’omologazione in Camera di Consiglio, con
decreto motivato, che è reclamabile davanti alla Corte d’appello entro 15 giorni dalla sua
pubblicazione nel registro delle imprese