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Modello tedesco, ove le misure coercitive assumono una connotazione

 marcatamente pubblicistica, in quanto le pene pecuniarie sono devolute allo

Stato e non al creditore privato ed è prevista una sanzione limitativa della

libertà personale.

modello anglosassone del contempt of court, il creditore può chiedere al giudice

 che ha pronunciato la condanna di far dichiarare l'inadempiente colpevole e

farlo condannare all'arresto, solo se nella concreta possibilità di adempiere

l'obbligazione, oppure al pagamento di una multa a favore del creditore.

La preferenza per una misura coercitiva civile, a carattere pecuniario, avvicina l'idea

italiana di coercizione al modello francese. È rimasta invece sostanzialmente isolata

l'opinione di chi ha voluto individuare, nel silenzio del legislatore, in due norme penali,

gli artt. 388 e 650 CP, le disposizioni su cui fondare un sistema generale di misure

coercitive. L'articolo 388 punisce chiunque compie atti simulati o fraudolenti per

sottrarsi all'adempimento degli obblighi civili nascenti dalla sentenza di condanna.

L'articolo 650 punisce chiunque non osservi un provvedimento legalmente dato

dall'autorità per ragioni di giustizia di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di

igiene pubblica. Il pensiero della dottrina italiana sulle misure coercitive ha rifiutato in

linea di massima la penalizzazione dello strumento coercitivo, ritenendo che la

coazione della volontà non potesse essere raggiunta a mezzo del sacrificio del valore

della libertà personale a fronte di un mero inadempimento di un'obbligazione.

3. Tentativi di introdurre nel nostro ordinamento l’astrainte di tipo francese

Il lungo cammino dei tentativi da parte del legislatore di introdurre delle misure

coercitive generali nel nostro ordinamento inizia con il progetto Carnelutti del 1926

che non fu poi recepito nel testo del 40. Il disegno di legge conteneva due disposizioni

dedicate all'esecuzione indiretta. L'art. 663 che stabiliva: “se l'obbligo consiste nel

fare o nel non fare, il creditore può chiedere che il debitore sia condannato a pagare

una pena pecuniaria per ogni giorno di ritardo nell'adempimento a partire dal giorno

stabilito dal giudice. Tale condanna può essere pronunziata con la sentenza, che

accerta l'obbligo, o con un'altra successiva”. L'articolo 688 prescriveva: “il creditore,

che ha ottenuto la condanna prevista dall'art. precedente, può chiedere che l'ufficio

esecutivo liquidi la pena pecuniaria per il ritardo già verificatosi, salvo il suo diritto per

il ritardo ulteriore. Ove gli sia proposta tale domanda, l'ufficio convoca il creditore e il

debitore. Se il debitore non comparisce o comparendo ammette il ritardo, il capo

dell'ufficio esecutivo gli ordina di pagare la somma dovuta per il ritardo già

verificatosi. L'ordinanza ha valore di titolo esecutivo e non è soggetta reclamo. Se il

debitore contesta il suo obbligo, il capo dell'ufficio esecutivo rimette le parti davanti al

giudice competente per la decisione della lite”. Carnelutti considerava le misure

coercitive come un genus intermedio tra l'esecuzione e la pena e quindi riteneva che

l'utilizzo delle misure penali dovesse accompagnare l'introduzione delle misure

coercitive civili. In effetti nel progetto di riforma vi sono alcune norme (gli artt. 685

699) raggruppate sotto il capo secondo denominato della multa e dell'arresto per

inadempimento. Si sarebbe dovuto erogare l'arresto per inadempimento quando esso

sia dovuto alla cattiva volontà del debitore che si presume in presenza di una serie di

indizi rimessi all'apprezzamento discrezionale del giudice. Questa apertura alle 3

sanzioni penali indebolì di molto la proposta carneluttiana, infatti l'idea di misure che

possano limitare la libertà personale ricordava in qualche modo l'istituto dell'arresto

per debiti abrogato nel 1877 e universalmente condannato. Inoltre esse

rappresentavano un passo indietro anche rispetto alle convinzioni sui diritti umani che

andavano maturando in sede internazionale.

Dopo diversi anni si ripropose l'introduzione di una misura coercitiva generale con il

progetto del ministro reale del 1975. La previsione tuttavia risultava carente sotto

diversi profili: in primo luogo non era chiaro se fosse necessaria l'istanza del creditore

per la pronuncia della misura, oppure poteva procedersi d'ufficio; inoltre mancava un

giudizio di liquidazione della somma e nulla si diceva in ordine all'impugnabilità

dell'ordinanza che disponeva la misura ed un eventuale limite dell'ammontare.

Nel 1981 sopraggiunse un altro disegno di legge delega per la riforma generale del

codice di rito, predisposto dalla commissione ministeriale presieduta da Liebman. Il

punto 24 del progetto delegava il governo a disciplinare il potere del giudice che

accerti l’inadempimento di obbligazioni di fare di non fare infungibili ma non

richiedenti particolare abilità professionale e non attinenti ai diritti della personalità, di

condannare l’obbligato al pagamento di pene pecuniarie a favore dell'avente diritto

per ogni giorno di ritardo nell'adempimento, entro i limiti minimi massimi professati

dalla legge. Il progetto rimase tale.

In tempi più recenti viene presentato lo schema di disegno di legge delega predisposto

dalla commissione ministeriale presieduta da Tarzia, il testo prevedeva di fissare una

somma dovuta al creditore, oltre al risarcimento dei danni, per ogni giorno di ritardo

nell'esecuzione dell'obbligo inadempiuto, anche con decorrenza successiva alla

sentenza e anche con provvedimento successivo. Gli unici limiti al contenuto del

provvedimento coercitivo sono previsti solo con riferimento agli obblighi del lavoratore

autonomo e subordinato, o dell'obbligo di consegna o rilascio non derivante da

contratto di locazione ad uso abitativo.

4. Esame dei tentativi più recenti:

D.d.l. approvato il 24 ottobre 2003 che recepiva il progetto elaborato dalla

commissione Mattarella. L'elemento innovativo è certamente l'idea di far versare la

sanzione pecuniaria nelle forme del deposito giudiziario e attingere successivamente

da questo per individuare la somma da corrispondere al creditore a titolo di

risarcimento del danno prodotto dall'inadempimento.

Disegno di legge Mastella che all'art. 34 prevedeva l'introduzione di un art.

614 bis nel seguente tenore: “con il provvedimento di condanna all'adempimento di

un obbligo di fare infungibile o di non fare, il giudice fissa la somma dovuta all'avente

diritto per ogni violazione o inosservanza successivamente constatata. Il

provvedimento costituisce titolo esecutivo per la riscossione delle somme dovute per

ogni violazione o l'inosservanza. Il debitore può contestare il proprio inadempimento

affermando che questo è dipeso da causa a lui non imputabile, con l'opposizione

all'esecuzione ai sensi dell'articolo 615”. La previsione è stata criticata con riferimento

alla parte in cui si prevede che la misura esecutiva sia stabilita dal giudice della

cognizione poiché si costringerebbe la parte che ha un titolo esecutivo a proporre

domanda in sede dichiarativa al solo fine di ottenere una misura esecutiva. 4

Capitolo 2

L'esperienza straniera dell'esecuzione forzata indiretta

1.Misure coercitive indirette nell'ordinamento francese.

Le origini dell'istituto

L’astreinte ha costituito da paradigma per il legislatore italiano del 2009. È una

creazione pretoria della giurisprudenza francese dei primi anni del 19º secolo. Accanto

all'approccio timido registrato nei primi passi mossi dalla giurisprudenza francese ne è

stato registrato anche 1+ deciso, motivato dall'intento di costringere il debitore

all'adempimento spontaneo. In tale giurisprudenza è andato progressivamente

scomparendo ogni riferimento alla funzione risarcitoria compensativa, per cedere il

passo alla funzione coercitiva in senso proprio: tale funzione emerge in particolare

dalla commisurazione della penalità alla capienza patrimoniale del soggetto

destinatario della stessa. In questa previsione vi era un’evidente funzione efficientista

della misura, in quanto la coercizione è messa in condizione di dare i suoi frutti solo

nella misura in cui il costo dell'inadempimento diventasse insostenibile per l'obbligato.

Altro connotato dell’astreinte fu il carattere provvisorio della comminatoria: il giudice,

in sede di liquidazione della misura, poteva graduare la stessa in ragione della gravità

dell'inadempimento. Accanto all’astreinte provisoire ha cominciato ad imporsi

anche un’astreinte definitif. La possibilità di un provvedimento definitivo, non

modificabile dal giudice, faceva emergere il carattere sanzionatorio determinava lo

sganciamento da qualsiasi scopo risarcitorio con conseguente rinvigorimento delle tesi

contrarie all'Istituto stesso.

Nella legislazione francese, il giro di vite avviene con l'introduzione nei primi anni 70 di

una disposizione che pone L’astreinte a tutela delle stesse prerogative del giudice. Si

tratta dell'articolo 11 c.p.c.: “se una parte detiene un elemento di prova, il giudice

può, su istanza di parte, ordinare di adempiere se necessario a pena di astreinte”.Il

medesimo principio si trova affermato in termini più generali anche nel codice civile.

L'inciso per cui la sottrazione all'obbligo di collaborazione assistito dalla comminazione

di astreinte senza pregiudizio dell'azione risarcitoria, assume un evidente rilevanza

sistematica, in grado di porre definitivamente fine alla disputa circa la natura

dell’astreinte, quale strumento risarcitorio o penale. Progressivamente, la facoltà di

comminare un astreinte è stata estesa ai provvedimenti di tutti i giudici. L'utilizzo ad

ampio raggio dell'istituto del diritto francese, trova solo un timido corrispondente

nell'articolo 614 bis del c.p.c. italiano, dove l'espresso riferimento al provvedimento di

condanna sembra escludere qualunque applicazione generalizzata ai provvedimenti

istruttori del giudice, eventualmente rimasti ineseguiti.

La disciplina(legislazione francese vigente)

Il provvedimento legislativo che ha dato l'ultima sistemazione all'istituto in esame è la

Loi n. 91-650 del 9 luglio 1991, modificata dalla loi n. 92-644 del 13 luglio 1992. La

decisione che commina un astreinte non ancora liquidata consente di adottare una

misura cautelare, consistente in una somma provvisoriamente valutata dal giudice

competente per la liquidazione. Quanto al dies a quo per la decorrenza della misura è

stabilito dal giudice, prendendo come riferimento la da

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A.A. 2012-2013
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SSD Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher FedeUnimiFacLegge13 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto dell'esecuzione civile e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Vincré Simonetta.