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Inoltre bisogna provare la permanenza di collegamenti tra il detenuto e l'associazione criminale. Il
regime è disposto da un organo amministrativo. La Core Cost. ne ha dichiarato la legittimità perché
non sarebbe un quid peius sulla pena e sul grado di libertà del detenuto, poiché possono essere
sospesi solo istituti di competenza dell'amministrazione penitenziaria. Il provvedimento è preceduto
dall'attività istruttoria. Gli organi inquirenti sono obbligati a fornire all'ufficio del ministro tutte le
informazioni relative sia all'organizzazione criminale di appartenenza, sia alle caratteristiche di
pericolosità del soggetto. Vi sono alcune incertezze nell'individuazione dell'ufficio del pubblico
ministero competente per la fase esecutiva. Secondo la prassi bisogna consultare il p. m. che aveva
condotto le indagini. Secondo la giurisprudenza di legittimità dopo la sent. di condanna non sarebbe
necessario consultare il p. m. perché questo è a conoscenza di informazioni non attuali. Viene
esclusa qualsiasi forma di contraddittorio anticipato. Ciò rende dubbia la conformità della disciplina
con i principi costituzionali. Il provvedimento applicativo del regime è un decreto motivato. L'art.
non indica le regole e gli istituti soggetti a sospensione. Ma la Consulta ha precisato che il
provvedimento non possa eccedere il sacrificio della libertà già imposto al detenuto dalla sentenza
di condanna e comunque nel rispetto dei limiti previsti dalla Costituzione. Le restrizioni possibili
coincidono con quelle del regime di sorveglianza particolare. A differenza dell'art. 14 quater, l'art.
41 bis non individua un nucleo di posizioni soggettive del detenuto non suscettibili di restrizione.
D'altronde non sarebbe possibile tipizzare le singole restrizioni, per non limitare le misure
applicabili per esigenze di sicurezza e ordine pubblico. Dopo la riforma del 2009 l'art. 41 bis al co.
2 quater stabilisce che il regime sospensivo preveda: a) l'adozione di misure di elevata sicurezza
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di
interna ed esterna volte a prevenire contatti con l'organizzazione criminale, b) restrizioni della
disciplina dei colloqui con terzi, familiari e difensore, c) limitazioni delle somme dei beni e degli
oggetti che possono essere ricevuti dall'esterno, d) esclusione dalle rappresentanze dei detenuti e
degli internati, e) sotto posizione a visto di censura della corrispondenza, f) limitazione della
permanenza all'esterno. Inoltre si prevede che questo tipo di detenuti possa essere ristretto
all'interno di istituti a loro esclusivamente riservati oppure all'interno di sezioni speciali e separate
degli istituti e affidati alla custodia di reparti specializzati della polizia penitenziaria. La riforma del
2009 ha elevato la durata del provvedimento a quattro anni, prorogabili per periodi successivi di due
anni. La proroga richiede una condizione negativa risolutiva, cioè che non risulti venuta meno la
capacità del detenuto di mantenere collegamenti con l'associazione criminale. L'onore di provare la
esistenza della capacità di ristabilire collegamenti con l'organizzazione criminale spetta al Ministo
della Giustizia. Il legislatore ha individuato alcune situazioni ritenute sintomatiche della capacità di
riattivare i rapporti con l'organizzazione di appartenenza, quali il profilo criminale del soggetto, il
ruolo rivestito all'interno dell'organizzazione, i risultati del trattamento penitenziario... Il mero
decorso del tempo non costituisce elemento sufficiente per escludere la capacità di mantenere
collegamenti con l'associazione o il dimostrare del venir meno dell'operatività della stessa. L'unica
forma di controllo del provvedimento è il reclamo, che può essere presentato entro venti giorni al
Tribunale di Roma. Il reclamo non sospende l'esecuzione del provvedimento. Il procedimento per
reclamo si svolge in camera di consiglio. Il detenuto che ne faccia richiesta può essere sentito
personalmente. La decisione del Tribunale di sorveglianza, sotto forma di ordinanza motivata, deve
pervenire entro dieci giorni. È possibile ricorrere in Cass.
I circuiti penitenziari si possono distinguere in:
- alta sicurezza, per delitti quali associazione criminale e sequestro di persona. più il circuito ad
elevato indice di vigilanza, introdotto nel 1998 per detenuti pericolosi, il cui titolo di reato ne
avrebbe impedito l'inserimento nella A. S. Questo circuito aggiuntivo è stato abolito nel 2009 e il
circuito di alta sicurezza è stato diviso in tre gruppi: a.s1 per detenuti appartenenti alla criminalità
organizzata di tipo mafioso, a.s. 2 per soggetti condannati per delitti con finalità di terrorismo o di
eversione dell'ordine democratico, a.s. 3 altri detenuti indirizzati all'altra sicurezza. La divisione in
circuiti è finalizzata a garantire il buon esito del trattamento.
- media sicurezza.
- custodia attenuata.
Le misure alternative alla detenzione
Una prima categoria di misure alternative viene applicata dallo stesso giudice di cognizione. Sono
le sanzioni sostitutive: semidetenzione, libertà controllata, pena pecuniaria. 23 49
di
Una seconda categoria viene attribuita alla competenza del giudice penale dell'esecuzione. Si tratta
della remissione del debito e delle misure alternative alla detenzione, cioè: affidamento in prova al
servizio sociale, la detenzione domiciliare, la semilibertà e la liberazione anticipata. Va aggiunta la
liberazione condizionale.
La recidiva viene definita come ricaduta volontaria del condannato nel delitto, cioè il
comportamento di chi dopo essere stato condannato per un delitto non colposo ne commette un
altro. Significa che la rieducazione non è stata efficace. Anche se non è sempre vero ciò, perché non
sempre il recidivo è reduce da un'esperienza trattamentale.
Affidamento in prova al servizio sociale (art. 47 ord.)
Il suo ambito di applicazione coincide parzialmente con la sospensione condizionale della pena. Per
l'affidamento in prova la pena detentiva inflitta non doveva essere inizialmente superiore a due anni
e sei mesi di reclusione. Mentre per la sospensione condizionale si parlava di due anni.
L'osservazione scientifica della personalità in istituto costitutiva uno dei presupposti
dell'affidamento. Nel 1986 si estende la durata di pena inflitta a tre anni e si riduce il periodo di
osservazione a un mese. Col tempo si comincia ad interpretare il significato di pena inflitta come
pena residua da espiare in concreto. Ma la cassazione nel 1989 dichiara che la pena inflitta è quella
irrogata in concreto con la sentenza o le sentenze di condanna. Nel 1989 sull'istituto interviene la
Corte Cost. che dichiara incostituzionale la norma nella parte in cui non prevedeva, nelle ipotesi di
pene cumulate o espiate senza soluzione di continuità la detraibilità delle pene espiate dal computo
delle pene rilevante ai fini della determinazione del limite di tre anni. Nel 1992 la Corte interpretava
la norma nel senso che l'affidamento in prova poteva essere concesso in tutti i casi in cui il residuo
di pena inferiore a tre anni si riferisse ad una pena irrogata per un unico reato. Lo stesso anno il
legislatore da della norma un interpretazione autentica, sostenendo che la pena prevista si riferisce
alla pena da espiare in concreto, tenuto conto anche dell'applicazione di eventuali cause estintive.
Su quest'ultimo assunto si formò un contrasto giurisprudenziale, sciolto dalla Cassazione nel 1993.
La corte individua come pena residua da espiare in concreto quella ottenuta detraendo non solo
quella estinta, ma anche quella già espiata.
Il contrasto con la liberazione condizionale deve oggi considerarsi una costante da risolvere dando
la precedenza all'affidamento in prova. Per la concessione di quest'ultimo beneficio infatti si
richiedono condizioni meno rigorose. La giurisprudenza di legittimità ritiene che per la concessione
di questo beneficio non si richiede un giudizio sull'assenza di pericolosità sociale del detenuto. È
stata criticata la necessità di prevedere come presupposto l'osservazione del condannato in istituto e
quindi l'inizio dell'esecuzione della pena nel carcere. Con la riforma del 1986 si prevede che
l'affidamento possa essere concesso senza osservazione della personalità in carcere, se il
condannato dopo un periodo di custodia cautelare, avesse goduto di un periodo di libertà serbando
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di
un comportamento tale da consentire un giudizio positivo. La consulta interviene nel 1989
dichiarando la norma illegittima nella parte in cui non prevede che il condannato potesse beneficiare
dell'affidamento in prova se avesse tenuto un comportamento adeguato, anche senza aver trascorso
un periodo di custodia cautela in carcere. Con una riforma del 1998 si rende automatico il
meccanismo che evita un inizio di pena al condannato meritevole. Il procedimento per l'ottenimento
del beneficio è stato modificato nel 2006 ed è previsto dall'art. 656 co. 5 c.p.p. Quest'art. prevede
che p.m. possa sospendere d'ufficio l'esecuzione. L'ordine di esecuzione e il decreto di sospensione
devono essere notificati al condannato e al difensore con l'avviso che entro 30 giorni egli può
presentare istanza volta ad ottenere la misura alternativa o la sospensione della pena. L'istanza viene
trasmessa dal p.m. al tribunale di sorveglianza. Il termine ordinario per la decisione è di 45 giorni. Il
co. 9 dello stesso art. prevede alcune condizioni ostative alla concessione del beneficio:
A) condannati per i delitti di cui all'art. 4 bis o altri gravi delitti.
B) condannati che al momento del passaggio in giudicato della sentenza di condanna si trovino in
custodia cautelare.
C) condannati ai quali sia stata applicata la recidiva.
Se l'istanza di affidamento in prova è proposta dopo che ha avuto inizio l'esecuzione della pena va
presentata al magistrato di sorveglianza il quale può sospendere l'esecuzione della pena. La
sospensione opera sono alla decisione del tribunale. Se l'istanza non è accolta riprende l'esecuzione
della pena e non può essere accordata altra sospensione.
All'atto dell'affidamento è redatto verbale nel quale sono dettate le prescrizioni che il soggetto dovrà
seguire in ordine ai suoi rapporti con il servizio sociale, alla dimora, alla libertà di locomozione... È
inoltre possibile prevedere ulteriori prescrizioni. Il verbale delle prescrizioni deve essere sottoscritto
dall'affidato ed è dal momento della sottoscrizione che ha inizio l'affidamento.
L'affidamento è revocato qualora il comportamento del soggetto appaia inc