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CONSUETUDINI COSTITUZIONALI
Tra le fonti non scritte, si debbono ricordare, in primo luogo, le consuetudini costituzionali. Vigentelo Statuto albertino, Costituzione flessibile, la rilevanza delle consuetudini costituzionali eracentrale. Le conseguenze della flessibilità dello Statuto, da un lato, unita alla vaghezza ed allagenericità della gran parte delle sue disposizioni, furono infatti, da un lato, il sostanziale143svuotamento delle sue disposizioni da parte del legislatore successivo e, dall’altro, sul terreno dellaforma di governo, l’affermarsi di consuetudini e di convenzioni costituzionali non solointegrative ma anche derogatorie e modificative.
Sul terreno della forma di governo, le previsioni statutarie, anche in questo caso generiche e nonprive di ambiguità su aspetti essenziali (a cominciare dal tema, cruciale, della responsabilitàministeriale) furono assai presto integrate (ma forse, si potrebbe dire, superate) in via di prassi.
dalla progressiva emersione di un modello di monarchia parlamentare che certo trovava nella Carta in via di prassi si sviluppò l'istituto della albertina un fondamento quantomeno incerto: fiducia parlamentare così come sempre in via di prassi emerse, nell'ambito del Governo, la figura del Presidente del Consiglio dei Ministri che solo più tardi avrebbe trovato una definitiva consacrazione sul terreno della legislazione ordinaria (R.d. 466/1901). Secondo alcuni furono espressione di una consuetudine costituzionale anche i decreti legge che si affermarono a prescindere da un fondamento nello Statuto e forse contro la ratio dell'art. 6 (che radicava in capo al Re solo un potere regolamentare subordinato alla legge). Per altri, peraltro, tali atti trovavano la loro legittimazione sul presupposto della necessità come fonte del diritto ovvero sul presupposto della salus rei publicae che avrebbe legittimato il Governo ad intervenire subito in nome di questo.interesse supremo, per altri sul presupposto di una consuetudine costituzionale che si sarebbe formata in materia. Con l'entrata in vigore della Costituzione, la questione della perdurante ammissibilità delle consuetudini costituzionali deve essere inquadrata alla luce del principio della rigidità costituzionale. Viceversa, l'ammissibilità di consuetudini costituzionali "secundum Constitutionem" può essere affermata alla luce dell'elasticità che connota la nostra Carta fondamentale sul terreno della forma di governo e sul terreno del diritto parlamentare "caratterizzato [...] da un tasso particolarmente alto di politicità, e perciò da un intenso bisogno di flessibilità e di adattabilità". Fuori dal diritto parlamentare in senso stretto, le consuetudini costituzionali di maggiore rilievo riguardano, ad esempio, la formazione e le crisi di governo. La funzione delle consuetudini è
alloraprincipi dell'ordinamentoprincipalmente quella di integrare le lacune e nella "stabilizzazione" dei(Esposito).Non mancano casi di codificazione di consuetudini in leggi (si pensi agli organi non necessari delGoverno, la cui disciplina è stata riversata nella l. 400/1988) o in regolamenti parlamentari (così,secondo alcuni, la previsione della questione di fiducia).Gli elementi fondamentali di una consuetudine costituzionale sono quelle proprie delleconsuetudini in generaleEssi sono essenzialmente 2:1. la repetitio facti;2. la convenzione della loro obbligatorietà sul piano giuridico (opinio iuris ac necessitatis).Le consuetudini entrano a far parte delle fonti di livello costituzionale. Alla loro stregua, la Cortecostituzionale può risolvere conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato: l'art. 37 della l. 87/1953afferma che la Corte risolve i conflitti "per la delimitazione della sfera di attribuzioni determinataperi vari poteri da norme costituzionali», intendendo con tale ultima locuzione (“norme costituzionali”) non solo le disposizioni scritte. Ha ravvisato l’esistenza di consuetudini costituzionali con riguardo a istituti La Corte costituzionale propri del diritto parlamentare: l’autonomia contabile delle Camere (sent. 129/1981);- 144 l’ammissibilità di mozioni di sfiducia individuali, dirette cioè a un singolo Ministro- (sent. 7/1996);- la decadenza dei progetti di legge a fine legislatura (ord. 140/2008). Corte cost., sent. 129/1981 “Occorre considerare, al contrario, che la disciplina dettata dalle norme costituzionali scritte, quanto al regime organizzativo e funzionale degli apparati serventi gli organi costituzionali, non è affatto compiuta e dettagliata. Ad integrazione di esse ed in corrispondenza alle peculiari posizioni degli organi medesimi, si sono dunque affermati principi non scritti, manifestatisi e consolidatisi attraversola ripetizione costante di comportamenti uniformi (o comunque retti da comuni criteri, in situazioni identiche o analoghe): vale a dire, nella forma di vere e proprie consuetudini costituzionali. Tale, in particolar modo, è stato ed è il caso dei rapporti fra gli organi costituzionali in esame e la Corte dei conti quale giudice sull'attività gestoria degli agenti contabili dell'amministrazione dello Stato. Effettivamente, sotto il vigore dello Statuto albertino, per quanto risulta a questa Corte, non si è mai dubitato che i tesorieri della Real Casa e delle due Camere del Parlamento fossero esentati dalla giurisdizione contabile. Né quell'"antica prassi", alla quale accennano esplicitamente i decreti concernenti i tesorieri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, è stata interrotta dall'instaurazione dell'ordinamento repubblicano: sia perché i soggetti che diversamente avrebbero dovutopresentare il conto non hanno ritenuto di essere obbligati a siffatti adempimenti; sia perché la Corte dei conti - con la sola eccezione d'una serie di note del 15 gennaio 1968, che per altro non hanno avuto alcun seguito - non ha rivolto loro alcuna intimazione, riconoscendo in sostanza di non poter esercitare in questo campo la sua giurisdizione.
La coerenza di tale consuetudine con la Costituzione è evidente nel fatto che essa valorizza l'autonomia spettante a ciascuna Camera.
"D'altronde, non sarebbe fondato sostenere che si tratti di una prassi irrilevante dal punto di vista del diritto costituzionale. L'esenzione dei loro agenti contabili dai giudizi di conto rappresenta, viceversa, il diretto riflesso della spiccata autonomia di cui tuttora dispongono i tre organi costituzionali ricorrenti. Tale autonomia si esprime anzitutto sul piano normativo, nel senso che agli organi in questione compete la produzione di apposite norme giuridiche,
disciplinanti l'assetto ed il funzionamento dei loro apparati serventi; ma non si esaurisce nella normazione, bensì comprende - coerentemente - il momento applicativo delle norme stesse, incluse le scelte riguardanti la concreta adozione delle misure atte ad assicurarne l'osservanza. Rispetto alla materia del presente conflitto, ciò significa da un lato che spetta alle Camere del Parlamento e alla Presidenza della Repubblica dettare autonomamente le disposizioni regolamentari che ognuno di tali organi ritenga più opportune per garantire una corretta gestione delle somme affidate ai rispettivi tesorieri; e comporta d'altro lato che rientri nell'esclusiva disponibilità di detti organi, senza di che la loro autonomia verrebbe dimezzata, l'attivazione dei corrispondenti rimedi, Citamministrativi od anche giurisdizionali."
Corte cost., sent. 7/1996
A disegnare il modello dei rapporti tra Parlamento e Governo concorrono anche le fonti
integrativedel testo costituzionale. A questo proposito non vengono qui in considerazione tanto le convenzioniparlamentari, che il ricorrente definisce figure non consolidate, quanto piuttosto i regolamentiparlamentari e le prassi applicative, che, nel caso in esame, rappresentano l'inveramento storico diprincipi contenuti nello schema definito dagli artt. 92, 94 e 95 della Costituzione. In tal senso, e al fine di assicurare alla sfiducia individuale le stesse garanzie procedimentalipreviste dalla Costituzione in via generale per la mozione di sfiducia, va considerata la modificaapportata, nel 1986, dalla Camera dei deputati al proprio regolamento (art. 115), con la quale si èdisposto che "alle mozioni con le quali si richiedono le dimissioni di un ministro", si applica lastessa disciplina della mozione di sfiducia al Governo. Quanto al Senato della Repubblica, non sirinviene analoga disposizione nel relativo regolamento, ma gli atti parlamentari testimoniano, nellaprassi,Il tutt'altro che isolato ricorso al medesimo istituto, con il supporto di conformi pareri della Giunta per il regolamento. A questi elementi - quando siano in armonia con il sistema costituzionale, come nel caso di specie - non può non essere riconosciuto grande significato, perché contribuiscono ad integrare le norme costituzionali scritte e a definire la posizione degli organi costituzionali, alla stregua di principi e regole non scritti, manifestatisi e consolidatisi attraverso la ripetizione costante di comportamenti uniformi (o comunque retti da comuni criteri, in situazioni identiche o analoghe): vale a dire, nella forma di vere e proprie consuetudini costituzionali.
Nel diritto parlamentare esistono fondamentali consuetudini:
- la questione di fiducia, disciplinata da una consuetudine costituzionale, prima della sua
- la c.d. immunità di sede, per cui nessuna autorità può far eseguire coattivamente propri provvedimenti rivolti al Parlamento o ai
norme appartenenti al diritto oggettivo. Secondo Dicey, le convenzioni