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CULTURALI

1.) La tutela del patrimonio storico e artistico come questione costituzionale.

La Costituzione repubblicana apre nuovi orizzonti alla tutela del patrimonio storico e artistico, sancendo, infatti, all'art. 9 che: "La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione". Apprezzato il lavoro di cura di tali beni nel periodo fascista, si ritenne opportuno procedere ad alcuni cambiamenti, operando scelte ben precise. La tutela del patrimonio storico e artistico trova posto nell'ambito dei principi fondamentali, con la chiara specificazione che si tratta di patrimonio della "Nazione" e che la tutela è affidata alla "Repubblica". Oltretutto è preciso impegno da parte dello stato quello di promuovere o sviluppo dell'arte e delle ricerca scientifica (art.33).

2.) Vicende e dimensioni della problematica dei...

“beniculturali”. L’impegno della tutela del patrimonio artistico e storico procede, per oltre un decennio di vita della Repubblica, come attività di ordinaria routine. E’ solo a partire dagli anni ’60 che si guarda al dettato costituzionale con maggiore attenzione per ciò che concerne la problematica dei beni culturali. Tuttavia, per affrontare adeguatamente il problema, occorre in primo luogo dar conto della nozione di bene culturale.

3.) La nozione giuridica di bene culturale e le concettualizzazioni sottese.

Seppure la Convenzione dell’Aja già nel 1954 aveva introdotto per i beni di interesse artistico e storico la dicitura di “beni culturali”, tale dicitura, seppur diffusa nel panorama internazionale, tarda ad essere attuata in Italia, dove solo nel 1957 si utilizza questo termine quando, con il d.l. 657 viene creato il Ministero per i beni culturali ed ambientali. Tuttavia è bene ancora dire che laddove la Convenzione

L'Internazionale dell'Aja del 1954 ha individuato i beni da sottoporre a tutela. In Italia si mira ad una definizione giuridica capace di contenere ogni testimonianza di cultura. Seguendo tale orientamento, la commissione Franceschini parla di bene che costituisca testimonianza materiale avente valore di civiltà, offrendo così per la prima volta una sintesi ampia e veramente informativa di tutti i beni culturali. La commissione Papaldo invece definisce i beni culturali come "le cose che presentano interesse storico, archeologico, artistico, letterario ed ambientale". Nessuna di queste definizioni però si considera soddisfacente. Per tale motivo ebbe largo seguito l'affermazione del Giannini, secondo cui, tenuto conto che la nozione di bene culturale lascia aperti i problemi circa ciò che si dovrebbe intendere per cultura o per civiltà, occorrono dei specifici parametri di individuazione che assicurino fondate e ampie possibilità di intervento pubblico.

Per questo l'autore consiglia di rivolgere maggiore attenzione allo studio della natura giuridica del bene culturale. E molti seguono il suggerimento, spostando l'attenzione dal bene e dai poteri del proprietario alla loro "fruizione pubblica e ai poteri dell'Amministrazione". Così, dalla fine degli anni '70, l'uso dell'espressione "beni culturali" diviene corrente nel linguaggio giuridico e rileggendo il dettato costituzionale, si propone di escludere "quegli elementi di cultura incompatibili con il tessuto connettivo dell'art. 9 Cost.: per esempio l'economia o la religione e di circoscrivere il concetto di bene culturale alle sole manifestazioni dell'arte e della scienza: includendovi, però, non solo le espressioni più raffinate, ma qualsiasi prodotto artistico o scientifico in grado di concorrere alla formazione culturale dei consociati".

4.) Le riflessioni sulla natura giuridica del

beneculturale. Quanto alle riflessioni sulla natura giuridica del beneculturale, numerose sono le definizioni che si cercano di dare al riguardo. L'orientamento diffuso comunque tra i giuristi è quello di creare dei profili del bene culturale atti a superare le controversie derivate dall'applicazione dei provvedimenti contenuti nella legge del '39, quali l'incidenza sul bene stesso dei diritti dei privati proprietari e dei poteri della pubblica amministrazione, considerazioni che spinsero la dottrina e la giurisprudenza a propendere per una limitazione alla proprietà privata. Così, si parla di beni di interesse pubblico, caratterizzati da un vincolo di destinazione, per i beni di appartenenza statale, mentre per i beni di diversa appartenenza si parla di una destinazione pubblica di carattere funzionale. Nel dibattito conserva, comunque, autorevolezza la tesi del Giannini di definire la natura giuridica del bene culturale con riguardo all'interesse protetto,

in termini di proprietà esclusiva, ma piuttosto come un patrimonio comune dell'intera collettività. Si sottolinea l'importanza di una gestione condivisa e partecipativa, che coinvolga sia i proprietari privati che la pubblica amministrazione, al fine di garantire la tutela e la fruizione dei beni culturali. In questo contesto, si promuove anche una visione più ampia del concetto di bene culturale, che non si limita solo ai monumenti e ai manufatti artistici, ma comprende anche le tradizioni, le pratiche sociali, le conoscenze e le espressioni culturali. Si riconosce che i beni culturali sono parte integrante dell'identità di una comunità e contribuiscono alla sua coesione sociale. Questa nuova prospettiva implica una maggiore responsabilità da parte di tutti i soggetti coinvolti nella tutela dei beni culturali. È necessario promuovere una cultura della conservazione e della valorizzazione, sensibilizzando la società civile e promuovendo la partecipazione attiva dei cittadini. In conclusione, la tutela dei beni culturali richiede un approccio olistico e collaborativo, che superi la dicotomia tra pubblico e privato. Solo attraverso una gestione condivisa e una consapevolezza collettiva sarà possibile preservare e valorizzare il nostro patrimonio culturale per le generazioni future.

Come un' oasi protetta dallo Stato, ma come un qualcosa che deve coinvolgere la comunità e rispondere alle aspettative di sviluppo della società. In questo senso si tende a vedere il bene culturale come bene collettivo, per il quale rilevano potestà statuali ed impegno da parte di enti e privati, sia a livello progettuale che gestionale.

L'adeguamento dei mezzi di tutela e la riorganizzazione delle competenze nell'attesa di una nuova legge organica sui beni culturali. Le incertezze del dibattito sulle riforme da introdurre e le crescenti attese di una più efficace tutela dei beni culturali hanno indotto ad adottare provvedimenti di settore e moderate innovazioni nella ripartizione delle competenze.

Quando la politica di tutela muoveva in termini garantisti, nel convincimento che la più grave minaccia per il patrimonio storico-artistico fosse "costituita dalle azioni e dalle omissioni di coloro che hanno il diritto o l'interesse ad".

alternarne le condizioni”, la legge1552/1961, mirando al consenso dei proprietari e adesiti di pubblica fruizione dei beni, ha offerto lapossibilità di accedere a rimborsi delle spese sostenuteper la conservazione dei beni vincolati, mediante unaccordo tra privato-proprietario e ministro competente.

Dopo venti anni, la legge 512/1982 ha consentitol’integrale deduzione dal reddito imponibile delle spesesostenute per la conservazione dei medesimi beni, lapossibilità di cedere beni d’arte a soluzione di onerifiscali e diverse altre agevolazioni. Più di recente lalegge 352/1997 ha stabilito la possibilità di interventodello Stato, con la concessione di contributi, sui mutuiaccordati da istituti di credito per restauri.

Tornando al problema dell’introduzione della dizione“beni culturali”, va detto che essa fu usata per la primavolta in Italia nel 1974, quando fu istituito il Ministeroper i beni culturali e ambientali.

Il Ministero è stato dotato di estesi poteri e questo gli ha consentito meglio di gestire le risorse destinate ai beni culturali. Risultati positivi sono stati conseguiti, in materia, anche grazie al "decentramento regionale", cui sono seguiti pochi e contraddittori provvedimenti operativi per il prevalere in seno al Parlamento di una volontà "centralista". Il quadro, anziché semplificarsi, si è ancora di più complicato: alla competenza attribuita alle regioni a statuto speciale, si è contrapposta, per tutte le altre regioni, una quasi impossibilità di esercitare compiti di tutela al di là della materia costituzionalmente attribuita (musei e biblioteche di enti locali). Concludendo si può dire che se il ricorso al decentramento regionale è risultato utile perché ha consentito di colmare alcune carenze del sistema di tutela italiano, d'altro canto ha innescato delicati conflitti di attribuzione tanto.da indurre la Corte Costituzionale a interventi chiarificatori.

6.) Lo sviluppo della valorizzazione come ulteriore aspettativa di riforma dell'assetto legislativo.

La crescente attenzione verso i beni culturali ha spinto via via a sviluppare una politica di valorizzazione degli stessi. Da principio la valorizzazione è stata concepita in termini di maggiore fruizione, ma con insoddisfacenti risultati, dal momento che non si ponevano sufficienti risorse per recuperare beni che potevano essere considerati testimonianze meritevoli di essere conservate e proposte ai fini culturali. Di seguito, nel concetto di valorizzazione si sono compresi "tutti quegli interventi tesi a migliorare lo stato fisico dei beni e la loro accessibilità" al fine di produrre cultura.

Gli esiti di questa inversione di ruoli sono stati positivi, anche se si è incoraggiata la tendenza ad allargare gli interventi vincolistici, per prevenire prima di tutto un possibile da indurre la Corte Costituzionale a interventi chiarificatori.

degrado.Alla metà degli anni '90 si è riproposta con vigore l'esigenza di un provvedimento capace di ridefinire la tutela dei beni culturali, attento alle attese di una corretta valorizzazione e propositivo sul piano della cooperazione a fini culturali. 7.) Le risposte rese dai decreti legislativi 1998/112 e 1999/490. Le attese trovano risposta in due decreti legislativi successivi: il d.lgs. 112/1998 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali) e il d.lgs. 490/1999 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali). Quanto al
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A.A. 2008-2009
23 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/11 Diritto canonico e diritto ecclesiastico

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher trick-master di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto ecclesiastico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Petroncelli Hubler Flavia.