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LO SCIOGLIMENTO DEL MATRIMONIO
L'attuale disciplina prevede le seguenti possibilità di scioglimento del matrimonio:
- la morte di uno dei coniugi;
- la dichiarazione di morte presunta;
- il divorzio.
LA MORTE
La morte costituisce il caso tipico di scioglimento del matrimonio. Gli effetti che perdurano dopo la morte di un coniuge sono i seguenti:
- il superstite ha diritti successori nei confronti dell'altro;
- la vedova non può contrarre nuovo matrimonio nel periodo di lutto vedovile;
- la vedova conserva il cognome del marito finché non passa a nuove nozze;
- i rapporti di affinità sorti con il matrimonio non cessano, salvo che per alcuni effetti specialmente determinati.
Alla morte la legge equipara la dichiarazione di morte presunta.
IL DIVORZIO
Causa essenziale del divorzio è la disgregazione definitiva della comunione materiale e spirituale tra i coniugi. Il venir meno di questa comunione deve essere in concreto
accertato dal giudice con riferimento alle singole cause tassative previste dalla legge a tal fine:
- quando sia stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale fra i coniugi ovvero sia stata omologata la separazione consensuale, se le separazioni stesse si siano protratte ininterrottamente per almeno tre anni;
- quando un coniuge sia condannato, anche per fatti anteriormente commessi, all'ergastolo o a qualsiasi pena detentiva per reati di particolare gravità;
- quando uno dei due coniugi, cittadino straniero, ha ottenuto all'estero l'annullamento o lo scioglimento del matrimonio o ha contratto all'estero nuovo matrimonio;
- quando il matrimonio non sia stato consumato;
- quando sia passata in giudicato la sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso a norma della L. 164/82.
Può essere sciolto, nelle stesse ipotesi, anche il matrimonio cattolico: si parla in tal caso, di cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Per la Chiesa, che considera il matrimonio indissolubile, il rapporto matrimoniale continua (onde il divorziato non può contrarre nuovo matrimonio cattolico); ma lo Stato che lo considera dissolubile, ammette che gli effetti civili del matrimonio cattolico possano, negli stessi casi e allo stesso modo del matrimonio civile, essere sciolti per divorzio. In ogni caso il giudice deve preliminarmente tentare di riconciliare i coniugi, sentendoli prima separatamente e poi congiuntamente; deve, inoltre, accertare che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita. In teoria, egli potrebbe respingere la domanda di divorzio anche in presenza dei presupposti sopraindicati (tre anni di separazione personale ecc.); nella prassi, l'accertamento della impossibilità di ricostituire la comunione fra i coniugi diventa la conseguenza automatica dell'infruttuoso tentativo di riconciliazione. È ammessa, quando ci sia accordo fra i coniugi.coniugi circa il divorzio e le condizioni inerenti alla prole ed ai rapporti economici, una procedura più celere: il divorzio è di consiglio, sull'istanza pronunciato in camera congiunta dei coniugi; tuttavia il tribunale, se ritiene che le condizioni concordate riguardo alla prole siano in contrasto con gli interessi dei figli, dà luogo alla procedura ordinaria (art. 4, comma 13 o c.c., aggiunto con la riforma del 1987). Sebbene la legge non lo dica, è legittimo ritenere che un giudizio di divorzio, iniziato con rito ordinario, possa su istanza delle parti assumere le forme del rito camerale. Nell'ordinario rito contenzioso la materia del contendere può avere ad oggetto, oltre alla sussistenza della causa di divorzio: - l'affidamento della prole. Il tribunale, nel pronunciare il divorzio o la cessazione degli effetti civili del matrimonio cattolico, stabilisce a quale dei coniugi debba essere affidata la prole, soloIl criterio dell'interesse morale e materiale dei figli è fondamentale nel determinare il loro mantenimento, sia da parte del coniuge affidatario che dell'altro coniuge (art. 6). In caso di necessità, il tribunale può provvedere d'ufficio. Le disposizioni in merito possono essere successivamente modificate per motivi sopravvenuti.
La casa familiare può essere assegnata al coniuge affidatario dei figli, anche se il diritto di godimento sull'immobile spetta all'altro coniuge, estendendo così la norma dell'art. 155 c.c. relativa al divorzio. L'assegnazione, se trascritta, è opponibile al terzo acquirente.
Nell'adottare provvedimenti relativi ai figli e al loro mantenimento, il tribunale non è vincolato dalle decisioni e dagli apprezzamenti già effettuati in sede di separazione.
L'inadempimento degli obblighi derivanti dalla sentenza di divorzio può causare problemi che sono stati affrontati dalla riforma del 1987.
Può accadere: - che il coniuge non affidatario della prole si rifiuti di ottemperare alle disposizioni del tribunale. Prima della riforma si riteneva che il coniuge affidatario potesse, soluzione, per la verità, alquanto barbara, fare ricorso alle forme processuali dell'esecuzione per consegna o rilascio di cose mobili o dell'esecuzione in forma specifica degli obblighi di fare. Il testo riformato dell'art. 6, comma 10, esclude la competenza del giudice dell'esecuzione, attribuendo l'attuazione dei provvedimenti relativi all'affidamento della prole al giudice di merito, il quale potrà prescegliere le modalità più opportune a seconda delle circostanze, avvalendosi del servizio sociale piuttosto che della forza pubblica, cui farà ricorso solo nei casi estremi; - che resti inadempiuto l'obbligo di corrispondere l'assegno. Agli ordinari rimedi l'art. 5 ne aggiunge uno specifico: il coniuge creditore.Può agire nei confronti del terzo debitore dell'altro coniuge per la corresponsione periodica di somme di denaro (nei confronti, essenzialmente, del suo datore di lavoro), per ottenere somme non superiori alla metà di quelle spettanti all'altro coniuge (e qui si va oltre il limite del quinto di cui all'art. 545 c.p.c.). È anche previsto il sequestro (conservativo) dei beni del coniuge debitore o dei suoi crediti verso il terzo, se questi si rifiuta di corrispondere spontaneamente quanto al coniuge creditore dell'assegno (art. 5, comma 7). Il tribunale, dovuto nel pronunciare il divorzio, può imporre al coniuge debitore dell'assegno di prestare idonea garanzia personale o reale (art. 8); e la sentenza, in ogni caso, costituisce titolo per iscrivere ipoteca giudiziale sui beni del coniuge tenuto alla corresponsione dell'assegno (art. 8, comma 2). Una nuova causa di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del
Il matrimonio cattolico è l'attribuzione di sesso. La aggiunta con la l. n. 164 del 1982, che ammette la rettificazione sentenza di rettificazione non ha effetto retroattivo: essa attribuisce un nuovo sesso per il futuro e lascia sussistere, per il passato, il sesso enunciato nell'atto di nascita. Si tratta, perciò, di una vicenda che investe il rapporto matrimoniale, tale da provocarne lo scioglimento: così l'art. 4 della legge citata, che ricollega l'effetto risolutivo del vincolo matrimoniale alla stessa sentenza di rettificazione, mentre l'art. 3, lett. g, della legge sul divorzio, nel testo modificato dalla l. n. 74 del 1987, include il passaggio in giudicato della sentenza di rettificazione del sesso fra le ipotesi nelle quali può essere domandato il divorzio. Ma la svista è evidente, non essendo concepibile (almeno nel nostro sistema) la protrazione del vincolo matrimoniale fra persone diventate dello stesso sesso. Vale, perciò,
L'art. 4 della l. n. 164 del 1982: la stessa sentenza di rettificazione pronuncia lo scioglimento del matrimonio, mentre è facoltà di uno degli ex coniugi di iniziare un giudizio per ottenere provvedimenti relativi alla determinazione dell'assegno o all'affidamento della prole.
Riassumendo, la sentenza di divorzio produce i seguenti effetti:
- Lo scioglimento del matrimonio;
- La moglie perde il cognome che aveva aggiunto al proprio a seguito del matrimonio;
- L'obbligo per uno dei due coniugi di corrispondere un assegno periodico all'altro, in proporzione alle proprie sostanze ed ai propri redditi. In seguito alla riforma dell'87 occorre che la sentenza di divorzio determini anche un criterio di adeguamento automatico dell'assegno almeno con riferimento agli indici di svalutazione monetaria;
- Il Tribunale dispone a quale dei coniugi debbono essere affidati i figli, sancendo a carico dell'altro.
L'obbligo di contribuire al mantenimento. C.L. 74/87
CONSIDERAZIONI SULLA
Le principali novità introdotte con la L. 74/87 sono le seguenti:
- abbreviazione da 5 a 3 anni del termine necessario per proporre, dopo la separazione, la domanda di divorzio;
- la previsione della fissazione nella sentenza dei criteri per la rivalutazione automatica dell'assegno;
- la possibilità che il coniuge, dopo aver messo in mora l'obbligato, chieda direttamente al terzo, datore di lavoro, la corresponsione tempestiva dell'assegno;
- l'assegnazione della casa coniugale in presenza di figli anche dopo il divorzio;
- l'esibizione necessaria all'udienza di comparizione della dichiarazione dei redditi e l'eventuale indagine della polizia tributaria;
- l'obbligo di comunicare il cambio di domicilio che può dar luogo a risarcimento del danno;
- il diritto al 40% dell'indennità di fine rapporto dell'ex coniuge per i
periodi di coincidenza tralavoro e matrimonio;
l'attribuzione a ciascun coniuge divorziato ed in parti uguali, della pensione di reversibilità ad essi spettante nell'ipotesi di morte del figlio per causa di servizio: in tale caso, alla morte di uno dei genitori la quota parte di pensione si consolida automaticamente in favore dell'altro;
l'applicazione delle pene previste all'art. 570 c.p. in caso di mancata ottemperanza all'obbligo di corresponsione dell'assegno.
LA SEPARAZIONE PERSONALE DEI CONIUGI
La separazione, a differenza del divorzio, non determina lo scioglimento del matrimonio ma solo la dispensa dall'obbligo di coabitazione. Inoltre ha carattere transitorio in quanto può finire in qualsiasi momento con la riconciliazione dei coniugi.
Possono aversi le seguenti specie:
separazione di fatto: consiste nell'interruzione della convivenza senza alcun provvedimento. È priva di per se stessa d