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(III)
Alla fine degli anni Novanta si fa ulteriore passo avanti: redigere anche per l’Unione Europea un catalogo di
diritti fondamentali riconosciuti. 113
Questo avviene, non certo perché non venivano riconosciuti (la giurisprudenza della Corte era ormai
trentennale) ma per far fronte ai problemi visti.
Decisione presa dal Consiglio europeo di Colonia del 1999. La redazione di questo catalogo viene affidato ad
un organo ad hoc, la Convenzione, che tra il 1999 e il 2000 redige la Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione Europea.
La Carta viene solennemente proclamata il 7 dicembre del 2000 da Parlamento europeo, Consiglio e
Commissione a Nizza.
Qualche equivoco: negli stessi giorni, la Conferenza intergovernativa che stava lavorando sul trattato di
Nizza: Carta di Nizza/ Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e Trattato di Nizza NON vanno
confusi la Carta di Nizza inizialmente non aveva carattere vincolante, ma aveva la natura di un impegno
politico, al contrario del trattato di Nizza.
Negli anni successivi, malgrado inizialmente la Carta non avesse valore vincolante, la giurisprudenza
dell’Unione ma anche quella nazionale cominciano a fare riferimento abbastanza spesso alla Carta. La Corte
di giustizia, quando ricostruisce un diritto fondamentale, continua ad avere come fonte fondamentale l’art. 6
del TUE, ma anche questa Carta, come ulteriore fonte di ispirazione per ricostruire i diritti fondamentali
vigenti nell’ordinamento dell’UE.
(IV)
Ultimo passaggio si ha con il Trattato di Lisbona, che segna il punto di arrivo di questa evoluzione, che
troviamo sancito in un nuovo art. 6 del TUE: viene completamente riscritto.
Un aspetto importante è sancito nel paragrafo 1:
“L'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione
europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico
dei trattati”.
la Carta ha lo stesso valore giuridico dei Trattati: con questa disposizione si fanno due operazioni:
La prima è quella di dare valore giuridico alla Carta, valore giuridicamente vincolante. Mentre prima
aveva solo valore politico.
La seconda è l’attribuzione di un rango alla Carta. Si afferma che la Carta è una fonte primaria del
diritto dell’UE, superiore alle altre fonti dell’UE di diritto derivato.
In relazione a questo si pone il fatto che la Carta viene, in qualche modo modificata (“adattata a
Strasburgo...”) ovvero viene apportata qualche modifica, soprattutto alle disposizioni orizzontali della Carta,
volte a chiarire la portata e gli effetti dei diritti sanciti in essa, divenuti pienamente vincolanti.
Quel giorno la carta viene proclamata di nuovo in questa nuova versione, quindi forse chiamarla “carta di
Nizza” non è più propriamente corretto.
Dal 1° dicembre 2009 in poi, la Carta dei diritti fondamentali dell’UE diventa vincolante con lo stesso
valore dei trattati. Il principale riferimento diventa la Carta e la giurisprudenza che cita la Carta è una
giurisprudenza ricchissima. 114
C’è un aspetto che resta senza una chiara risposta: se si volesse modificare la Carta, con che procedura si
dovrebbe fare? Le procedure dell’art. 48 fanno riferimento in maniera specifica ai trattati, ma la Carta non è
lo stesso tipo di fonte. La Carta, probabilmente per analogia, dovrebbe essere modificata come con i trattati e
ragionevolmente è in quel quadro che trovano luogo le eventuali modifiche della Carta. Ma resta tutto nelle
mani dell’interprete.
Dallo stesso art. 6 (par. 1 comma 2) traspare l’intento di delimitare la portata della Carta, in quanto chiarisce
che “le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell’Unione definite nei
trattati”.
Si sta dicendo che le disposizioni della Carta che enunciano i vari diritti fondamentali non devono essere
intese come basi giuridiche, cioè come norme che consentono all’Unione di legiferare in merito a quegli
stessi diritti e principi. Questo è ovvio, ma la precisazione riflette quella particolare sensibilità che emerge
nel trattato di Lisbona sul fatto di porre dei freni all’espansione delle competenze dell’Unione.
Comma 3: I diritti, le libertà e i principi della Carta sono interpretati in conformità delle disposizioni
“
generali del titolo VII della Carta che disciplinano la sua interpretazione e applicazione e tenendo in debito
conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioni”
Nell’interpretare la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione si deve tener conto in particolare delle
disposizioni generali e anche di alcune spiegazioni che sono allegate alla Carta e che forniscono dei
chiarimenti ai singoli articoli della Carta, soprattutto per quanto riguarda le fonti di tali disposizioni = le fonti
dalle quali si è ricavata l’esistenza di un diritto poi codificato nella Carta stessa.
Art. 6 par. 3 riproduce quella disposizione che era stata introdotta dal trattato di Maastricht e che all’epoca
era servita per codificare la giurisprudenza della Corte, che aveva detto che i diritti fondamentali, pur non
sanciti in forme scritte, ne facevano comunque parte in quanto principi generali.
Ci si può domandare: che bisogno c’è, ancora, di una disposizione di questo genere, se è vero che l’Unione si
è dotata di un proprio catalogo di diritti fondamentali?
Questo paragrafo ha ancora un senso importante: il senso della disposizione è quello di dire che, anche se c’è
una Carta che codifica i diritti fondamentali, possono essere presenti anche altri diritti che non sono
codificati nella Carta ma che, ugualmente, occorre riconoscere in quanto principi generali non scritti. Questo
assume importanza soprattutto in una prospettiva di evoluzione.
Questa norma ci dice che la Corte rimane libera di individuare ulteriori diritti fondamentali che, anche se non
scritti, la Corte ritiene debbano essere fatti valere anche nel diritto dell’Unione. 115
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea
La prima sottolineatura da fare, parlando della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, è che questa presenta
una collocazione sistematica diversa da quella più tradizionale, che normalmente si ritrova nei documenti
internazionali in materia di diritti fondamentali.
Normalmente si ha la distinzione tra diritti civili e politici (diritti di prima generazione) e diritti sociali,
economici e culturali (diritti di seconda generazione).
La Carta usa una sistematica diversa e si articola in sette titoli, i primi sei elencano i vari diritti fondamentali
mentre il settimo contiene alcune disposizioni di carattere generale, cioè orizzontale.
I primi sei titoli enunciano diritti e principi, il settimo titolo contiene disposizioni orizzontali.
Titolo I: dignità (i diritti racchiusi afferiscono alla sfera della dignità umana)
Titolo II: libertà (perlopiù civili e politici se si pensa alla classificazione tradizionale)
Titolo III: uguaglianza
Titolo IV: solidarietà (principalmente diritti sociali)
Titolo V: cittadinanza
Titolo VI: giustizia
Il lavoro compiuto dalla Convenzione che ha redatto questa Carta è un lavoro che ha tratto ispirazione dal
modo in cui i diritti fondamentali erano entrati nell’ordinamento dell’Unione
Si propone quindi di mettere in campo un lavoro che miri codificare i diritti fondamentali vigenti
nell’ordinamento dell’Unione guardando, tendenzialmente, alle stesse fonti a cui guardava la Corte di
giustizia nella sua giurisprudenza (CEDU; accordi internazionali in materia dei diritti umani; tradizioni
costituzionali degli Stati membri) ma con un valore aggiunto: molte delle Convenzioni internazionali sui
diritti umani sono piuttosto risalenti nel tempo (CEDU è del 1950, i patti sono del 1966) quindi rispetto ai
più classici e consolidati diritti fondamentali, la Carta aggiunge qualche nuovo diritto che non ritroviamo in
quelle convenzioni ma che nel frattempo si è affermato a pieno titolo come diritto fondamentale anche negli
organi di controllo di quelle stesse Convenzioni.
Alcuni esempi:
Il titolo I riguarda la dignità:
Art. 1: Dignità umana
“La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata.” 116
In questo senso è già estremamente innovativo il fatto che la Carta si apra con un titolo ed un primo articolo
sulla dignità umana, diritto che non è presente né nella CEDU né nei patti.
Art. 3: Diritto all’integrità della persona
“Ogni individuo ha diritto alla propria integrità fisica e psichica.
Nell’ambito della medicina e della biologia devono essere in particolare rispettati:
il consenso libero e informato della persona interessata, secondo le modalità definite dalla legge,
il divieto delle pratiche eugenetiche, in particolare di quelle aventi come scopo la selezione delle persone,
il divieto di fare del corpo umano e delle sue parti in quanto tali una fonte di lucro, il divieto della
clonazione riproduttiva degli esseri umani.”
È importante notare come, nell’articolo 3, si faccia riferimento ad un diritto dell’ambito della biomedicina,
sancendo il divieto alla clonazione riproduttiva degli esseri umani. Questo diventa importante in una
prospettiva attuale. Trae, per questo, ispirazione dalla Convenzione di Oviedo, redatta nell’ambito del
consiglio d’Europa.
Il titolo II, dedicato alla libertà, è un titolo che contiene tanti classici diritti civili e politici.
Qui è comunque possibile individuare un elemento di novità. Un classico diritto civile è enunciato nell’art. 7
(art. 8 della CEDU), quello sul Rispetto della vita privata e familiare.
L’elemento di novità è che, oltre a questo articolo, nella carta dei diritti fondamentali c’è un art. 8 dedicato
alla protezione dei dati di carattere personale, non presente nella CEDU.
La Corte di Strasburgo (Corte EDU) ha ritenuto che la tutela dei dati personali dovesse rifarsi al rispetto
della vita privata e familiare, a livello interpretativo e ne ha creato un articolo autonomo.
Art. 9: Diritto di sposarsi e di costruire una famiglia
“Il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne
disciplinano l’esercizio”.
L’articolo 9, invece, attesta la particolare cautela con la quale i redattori della Carta si sono dovuti muovere
in un contesto culturalmente eterogeneo come quello europeo. Una delle norme più delicate è questa, il
diritto a sposarsi e costruire una famiglia, enunciato rinviando alle legislazioni naz