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4. IL CONSIGLIO DI GESTIONE
Al consiglio di gestione si applicano le norme già affrontate e previste per gli
amministratori nel sistema tradizionale. Ci limitiamo a trattare, dunque, le sole differenze.
Il consiglio di gestione è formato da un minimo di 2 componenti, mentre il numero
massimo è stabilito dallo statuto. La prima nomina avviene nell’atto costitutivo, mentre le
successive competono al consiglio di sorveglianza, che ne determina anche il numero ed
il compenso, almeno che quest’ultimo non spetti determinarlo all’assemblea.
Nelle società quotate, in presenza di più di 4 componenti, almeno uno deve possedere i
requisiti dell’amministratore indipendente.
I membri del consiglio di gestione non possono essere nominati come componenti del
consiglio di sorveglianza, il quale, tra l’altro, può revocarli liberamente.
I componenti del consiglio di gestione, poi, durano in carica per 3 esercizi, ma sono
rieleggibili, ovviamente ad opera del consiglio di sorveglianza e non trova applicazione il
meccanismo della cooptazione, data la semplicità di sostituzione ad opera dell’organo di
controllo.
Le funzioni possono essere delegate ad uno o più componenti, così come ad un comitato
esecutivo.
È il consiglio di sorveglianza a promuovere, nei confronti dei consiglieri di gestione,
l’azione di responsabilità: la delibera comporta la revoca di ufficio se approvata a
maggioranza dei 2/3, con contestuale sostituzione e lo stesso consiglio può rinunciare
all’azione di responsabilità o transigerla, ma occorre la maggioranza dei componenti e la
mancata opposizione della minoranza rappresentante 1/5 del capitale sociale (1/20 per le
società che fanno appello al mercato del capitale di rischio), altrimenti rinunzia e
transazione rimangono inefficaci. In caso di rinunzia, tuttavia, i soci di minoranza ed i
creditori sociali possono comunque esperire l’azione di responsabilità.
5. IL SISTEMA MONISTICO
Differentemente dal sistema dualistico, in cui il collegio sindacale è sostituito dal consiglio
sistema monistico,
di sorveglianza, nel di origine anglosassone, tale organo è del tutto
consiglio di amministrazione,
soppresso: il sistema, infatti, prevede un unico organo, il
comitato di controllo sulla gestione.
all’interno del quale viene costituito il 86
Il controllo contabile, come sempre, spetta all’organo esterno del revisore contabile o
della società di revisione.
Il consiglio di amministrazione, eletto dall’assemblea, è soggetto alla maggior parte delle
norme dettate nel sistema tradizionale per gli amministratori. Almeno 1/3 dei componenti
di tale organo deve essere in possesso di requisiti di indipendenza e nelle società quotate
deve essere nominato almeno un amministratore indipendente dalla minoranza tramite il
voto di lista. È lo stesso consiglio, poi, a nominare tra i propri componenti i membri del
comitato per il controllo della gestione, scegliendoli tra i soggetti con requisiti non solo di
indipendenza, ma anche di professionalità e onorabilità. Almeno uno di essi, tra l’altro,
deve essere iscritto nel registro dei revisori contabili. I componenti del comitato di
controllo sulla gestione non possono far parte del comitato esecutivo, né svolgere
funzioni gestorie in società controllanti/controllate, e devono rispettare, a pena di
decadenza, i limiti al cumulo di incarichi fissati dalla Consob con regolamento, qualora la
società sia quotata o abbia strumenti finanziari diffusi.
Sempre nelle società quotate, poi, i componenti del comitato per il controllo sulla
gestione devono possedere i requisiti di professionalità e onorabilità fissati con decreto
del Ministro della Giustizia; tra essi deve esserci l’amministratore indipendente nominato
dalla minoranza ed è sempre quest’ultima a nominare il presidente.
I componenti del comitato devono essere almeno tre nelle società che fanno ricorso al
mercato del capitale di rischio, ma comunque il numero è deciso dal consiglio di
amministrazione, il quale ha anche il potere di revocare i membri del comitato e di
sostituirli in caso di morte, decadenza, rinuncia e revoca, mentre della revoca dei
consiglieri si occupa l’assemblea (nel momento in cui viene meno la carica di consigliere
viene meno anche quella di componente del comitato).
Il comitato di controllo sulla gestione si occupa di vigilare sull’adeguatezza della struttura
organizzativa della società, del sistema di controllo interno e del sistema amministrativo e
contabile. Riceve, inoltre, le denunce dei soci inerenti fatti censurabili e può presentare
denuncia al tribunale in caso di gravi irregolarità di gestione, denuncia che va inoltrata alla
Consob nell’ipotesi di società quotate.
I componenti del comitato hanno l’obbligo di assistere alle adunanze del consiglio di
amministrazione, dell’assemblea e del comitato esecutivo, anche se l’assenteismo non è
punito con decadenza, sebbene possa fungere da giusta causa per la revoca.
Nelle società quotate il comitato di controllo sulla gestione ha i medesimi poteri
d’informazione del collegio sindacale nei confronti degli amministratori, dei revisori e degli
organi delle controllate, oltre a poter procedere con ispezioni e controlli. Ciascun membro
può avvalersi della collaborazione di dipendenti della società e può convocare
individualmente il consiglio di amministrazione o il comitato esecutivo, ma non
l’assemblea. L’attività del comitato è documentata in apposito libro.
Il comitato elegge al suo interno il presidente, si riunisce ogni 90 giorni, è validamente
costituito in presenza della maggioranza dei suoi componenti e delibera a maggioranza
assoluta dei presenti. La convocazione, nelle società quotate, può essere richiesta da
ogni componente. 87
XII. I CONTROLLI ESTERNI
1. IL SISTEMA
Oltre al controllo interno, operato dai vari organi dei tre sistemi, e a quello esterno,
operato dal revisore contabile o dalla società di revisione, tutte le società per azioni,
nell’interesse generale diverso da quello dei soci, della minoranza e dei creditori sociali,
sono soggette ad altri controlli esterni. giudiziaria,
Pensiamo, anzitutto, al controllo sulla gestione esercitato dall’autorità quando
ricorrono situazioni che alterano il corretto funzionamento della società, che riguarda tutte
le società per azioni.
Poi possiamo guardare al controllo esercitato dalla Consob, al fine di garantire la tutela
degli investitori e la trasparenza del mercato e delle società, su tutte le società quotate in
borsa e su quelle che operano sul mercato mobiliare: la Consob è un’Autorità
amministrativa indipendente con poteri non solo di controllo, ma anche regolamentari,
esercitati nell’ambito dell’autonomia riconosciuta dalla legge.
Vi sono, inoltre, dei controlli pubblici esercitati nei confronti di società che operano in
particolari settori: pensiamo al potere di vigilanza della Banca d’Italia nei confronti delle
società bancarie, di quelle d’intermediazione mobiliare e delle società di gestione del
risparmio, oppure al controllo dell’Isvap sulle società assicurative o ancora a quello del
Coni sulle società sportive.
Infine, un potere di controllo viene esercitato anche dalla Corte dei Conti nei confronti
degli enti pubblici economici trasformati in società per azioni (Eni, Enel ecc.) e in cui lo
Stato ha ancora una partecipazione maggioritaria.
2. IL CONTROLLO GIUDIZIARIO SULLA GESTIONE. PRESUPPOSTI E INIZIATIVA
Primo controllo esterno che prendiamo in considerazione è quello esercitabile
dall’autorità giudiziaria a norma dell’art. 2409 del codice: essa interviene solo e solamente
quando vi è sospetto di gravi irregolarità da parte degli amministratori nella gestione,
potenzialmente dannose per la società o per le controllate. Quindi, danno potenziale e
sospetto di irregolarità nella gestione sono i presupposti che danno luogo all’intervento
giudiziario: si tratta, dunque, di un controllo di legalità, di regolarità della gestione, che
riguarda l’operato degli amministratori, o degli stessi in concorso con altri organi e che
non può avere a oggetto irregolarità imputabili alla sola assemblea, per esempio, o al solo
collegio sindacale, né tanto meno l’autorità giudiziaria può intervenire a sindacare
l’opportunità o la convenienza delle scelte degli amministratori, dovendo limitarsi a
reintegrare il corretto funzionamento della società qualora gli stessi siano venuti meno ai
propri doveri (esempi: redazione di un bilancio falso, operazioni in conflitto di interessi,
irregolare tenuta della contabilità ecc.).
A denunziare le irregolarità possono essere:
- soci,
i con partecipazione al capitale sociale, anche cumulativa, di almeno 1/10 (1/5
nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio): la percentuale minima
di partecipazione è prevista per evitare iniziative pretestuose da parte di piccolissimi
azionisti
- collegio sindacale di
il o gli organi corrispondenti degli altri sistemi (consiglio
sorveglianza comitato per il controllo sulla gestione),
e in tutte le SpA (un tempo era
possibile solo per le società quotate)
- pubblico ministero,
il per quanto riguarda le sole società che fanno appello al mercato
del capitale di rischio, in quanto vi è un interesse pubblico, ma anche privato,
preminente rispetto alle altre società per azioni (sarà vero? mah); il soggetto in
questione non può agire nel caso in cui vengano lesi interessi diversi (esempio: quelli
dei consumatori) 88
- Consob,
la per le sole società quotate, quando l’irregolarità riguarda gli organi interni di
controllo
- giudiziale straordinario
gli organi delle procedure concorsuali (commissario o per
commissario liquidatore
l’amministrazione straordinaria, per la liquidazione coatta
amministrativa) se vi è un’irregolarità riguardante altre società del gruppo
sospetto”
L’onere della prova dei denunzianti riguarda il “fondato e non l’effettiva
irregolarità. Il procedimento di controllo dell’autorità giudiziaria non può proseguire se le
irregolarità non si presentano come potenzialmente dannose o se sono state rimosse,
mentre continua nel caso di cessazione dalla carica degli amministratori che le hanno
commesse o in caso di messa in liquidazione della società.
IL PROCEDIMENTO
3.
Il procedimento at