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MENDAMENTI AGLI ATTI ISTITUTIVI
È evidente che quando ci si trova di fronte a trattati che vengono conclusi per un
periodo di tempo indeterminato, ognuno di questi disporrà di un meccanismo attraverso il
quale si potrà emendare ai contenuti di essi. Ciò al fine di adattare l’atto istitutivo alle
nuove esigenze che possono presentarsi nella vita di un’organizzazione internazionale,
anche allargare lo spettro delle competenze. I meccanismi attraverso i quali emendare ad
un atto istitutivo possono essere diversi e queste regole sfuggono al principio generale di
diritto internazionale secondo cui gli emendamenti da apportare debbono essere
approvati da tutti gli Stati membri. Con riferimento agli enti internazionali vige il
normativo» in base al quale un emendamento può essere approvato dalla
«principio
maggioranza degli Stati e questo produce effetti nei confronti di tutti gli Stati
erga omnes
membri. Ciò consente di applicare gli emendamenti con maggiore facilità, altrimenti si
dovrebbe richiedere l’assenso di tutti gli Stati parte all’organizzazione e questo può
rappresentare un problema soprattutto in organizzazioni a vocazione universale con una
membership elevata, come ad esempio le Nazioni Unite.
Ci sono due procedimenti attraverso i quali è possibile apportare delle modifiche agli
atti istitutivi. Uno di questi procedimenti è il cosiddetto organico», al
«procedimento
termine del quale l’atto che viene adottato è un atto complesso, perché si ha una duplice
manifestazione di volontà: dell’ente e degli Stati. Nel procedimento organico l’atto viene
prima approvato dall’organizzazione, il quale deve essere poi accettato dagli Stati
attraverso lo strumento delle ratifiche. Un esempio è dato dall’art. 108 della Carta delle
Nazioni Unite, il quale disciplina l’emendamento della Carta e prevede appunto che
2
l’emendamento debba essere approvato dai dei membri dell’Assemblea Generale
3 2
dell’Onu, e su esso si dovranno poi esprimere gli Stati con una maggioranza dei dei
3
membri delle Nazioni Unite, tra i quali dovranno essere compresi i cinque membri
permanenti. Un procedimento simile è previsto anche nell’ambito del Consiglio d’Europa
di cui all’art. 41.
Esiste anche un altro procedimento, il cosiddetto esterno»,
«procedimento
denominato così perché il ruolo dell’organizzazione risulta essere piuttosto marginale,
limitandosi a convocare la conferenza internazionale di Stati che è poi chiamata ad
approvare l’eventuale emendamento all’atto istitutivo.
Le fasi di stipulazione di un emendamento sono tre:
14 − La presentazione;
− L’adozione;
− L’entrata in vigore.
La presentazione è il momento in cui gli Stati membri o un organo dell’ente
formulano una proposta di emendamento. Per chiedere la presentazione talvolta gli atti
istitutivi degli enti internazionali possono prevedere dei limiti:
− talvolta ci possono essere degli atti istitutivi di
Ratione temporis:
organizzazioni internazionali in cui si prevede che non è possibile modificare
l’atto istitutivo se non dopo un certo periodo di tempo da quando quell’atto
ha iniziato a produrre effetti giuridici. Questo è il caso ad esempio della
NATO, che prevede che non è possibile apportare emendamenti se non dopo
dieci anni dal momento in cui il trattato ha iniziato a produrre i suoi effetti;
− talvolta l’atto istitutivo può prevedere che determinate
Ratione materiae:
disposizioni contenute in esso non siano suscettibili di emendamenti al pari
delle altre;
− riguarda i soggetti che possono presentare una proposta di
Ratione personae:
emendamento. Talvolta l’atto istitutivo prevede che la proposta può essere
formulata da un solo Stato, da un organo, ovvero congiuntamente da due
Stati. In caso di mancata osservanza di questo limite la proposta non verrà
vagliata.
Quando si arriva ad adottare un emendamento a maggioranza, ossia secondo il
principio normativo, e magari uno Stato non è d’accordo al riguardo, esso può decidere
eventualmente di recedere dall’organizzazione, svincolandosi dagli obblighi previsti
nell’atto istitutivo, magari invocando il cosiddetto delle circostanze» che è
«mutamento
ovviamente intervenuto a seguito dell’adozione dell’emendamento. Per esempio l’atto
istitutivo della AIEA (Agenzia Internazionale Energia Atomica) prevede espressamente
che qualora uno Stato non sia d’accordo con gli emendamenti approvati, possa esercitare
la facoltà di recesso, cioè un atto unilaterale col quale lo Stato dichiara di non voler più
continuare a far parte di quella determinata organizzazione internazionale. Nel caso
dell’ICAO (International Civil Aviation Organization), invece, qualora ci sia disaccordo
sull’emendamento approvato è prevista l’espulsione.
T , , E .
RASFORMAZIONE SUCCESSIONE STINZIONE
Come uno Stato nasce e si può estinguere, allo stesso modo un’organizzazione nasce,
può subire delle trasformazioni e si può estinguere.
Per si intende un fenomeno di carattere generale che riguarda il
«trasformazione»
passaggio da un ente privo di soggettività internazionale alla creazione di un vero e
proprio soggetto di diritto internazionale. Un esempio di passaggio da un’organizzazione
intergovernativa ad una organizzazione internazionale è l’Organizzazione Mondiale del
Turismo che trae origine da un’organizzazione non governativa con sede a Ginevra che ha
collaborato per lo sviluppo delle politiche turistiche e che nel 1970 adotta il suo statuto e
nel 2003 viene accettata come istituto specializzato dell’Onu. Un ulteriore esempio è
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rappresentato dal CSCE che poi ad un certo punto è divenuta OSCE (Organizzazione per
la Sicurezza e la Cooperazione in Europa). La CSCE nasce da una conferenza tenuta ad
Helsinki su impulso dell’Unione Sovietica che voleva avviare un dialogo con i Paesi
occidentali su alcuni punti fondamentali, tra cui anche la materia dei diritti umani. La
conferenza si chiude con l’adozione di un Atto Finale, che non è un trattato, ma un atto
senza effetti giuridici obbligatori e le norme in esso previste richiamano il diritto
internazionale generale. Gli Stati si erano impegnati di riunirsi periodicamente per
monitorare lo stato di applicazione dei principi contenuti nell’Atto Finale del ’75. Nel 1994
a Budapest si è deciso di trasformare questa conferenza in una vera e propria
organizzazione. In realtà su questo ci sono dei dubbi in dottrina, poiché l’OSCE è
caratterizzata dalla mancanza di un atto istitutivo, motivo per cui è definita pseudo
organizzazione internazionale, ancorché presenti il suo apparato istituzionale e anche il
suo centro per la risoluzione delle controversie legali con sede a Vienna. L’OMC
(Organizzazione Mondiale per il Commercio) come l’OSCE nasce da un processo di
trasformazione, però è una vera e propria organizzazione internazionale e soprattutto non
è un istituto specializzato delle Nazioni Unite. È un ente a vocazione universale con un
proprio trattato istitutivo, l’accordo di Marrakech del 1994, ed è provvista di personalità
internazionale anche perché ha stipulato accordi di sede, il quale elemento è sicuramente
espressione della soggettività di un’organizzazione. Quindi l’OMC è dotata di ius
come dimostrano appunto gli accordi di sede, mentre l’OSCE ha
contrahendi,
semplicemente variato il nome, ma la natura giuridica rispetto al CSCE non è variata.
tra organizzazioni internazionali riguarda il caso in cui si ha un
La «successione»
trasferimento di funzioni e competenze da un’organizzazione internazionale provvista di
personalità internazionale, ad un’altra della medesima natura giuridica. È quindi un
fenomeno totalmente diverso da quello della trasformazione. Un esempio è dato
dall’OECE (Organizzazione Europea di Cooperazione Economica), destinata a controllare
la distribuzione degli aiuti del Piano Marshall, che nel 1961 si è trasformata in OCSE
(Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico). Anche il passaggio che c’è
stato dalla OUA (Organizzazione dell’Unità Africana) all’UA (Unione Africana) è un
esempio di successione: l’OUA nasce nel 1963 con la Carta di Addis Abeba e nel 2002 si
ritiene che l’UA abbia ereditato le competenze dell’Organizzazione dell’Unità Africana.
Ovviamente l’Unione Africana ha posto in essere nuove norme e nuovi apparati
istituzionali attraverso dei Protocolli aggiuntivi all’atto principale.
La successione è una delle cause di estinzione di un’organizzazione internazionale,
perché è evidente che nel momento in cui si ha un passaggio, ad esempio, dall’OECE
all’OCSE, la prima si estinguerà perché le sue funzioni verranno ad essere esercitate
dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico.
Le cause di estinzione sono diverse e dipendono sostanzialmente dalla volontà degli
Stati. Ci può essere un finale», cioè una data a partire dalla quale il rapporto
«termine
cesserà di produrre effetti giuridici. Questo caso è più l’eccezione che la regola, sulla base
del fatto che generalmente le organizzazioni internazionali vengono istituite per un tempo
16 indeterminato, quindi difficilmente all’interno dell’accordo istitutivo ci sarà un termine
finale, ad eccezione della CECA che fu istituita per cinquant’anni. L’organizzazione
internazionale si estingue a seguito di questo fenomeno, perché gli Stati ritengono di dar
vita ad un nuovo ente, ritenendo che esso possa meglio realizzare gli obiettivi previsti
nella vecchia organizzazione. Ovvero ci può essere anche una risolutiva», per
«condizione
esempio alcune organizzazioni internazionali prevedono la loro estinzione nel caso in cui
la membership dovesse scendere al di sotto di un determinato numero, questo è il caso
dell’ESA (Agenzia Spaziale Europea).
L’elemento comune che caratterizza questi due strumenti giuridici è che entrambi
fanno riferimento ad eventi futuri. La differenza invece sta nel fatto che il termine è certo,
per cui nel momento in cui si arriverà ad una determinata data si avranno determinati
effetti giuridici, mentre la condizione è ipotetica, quindi qualora si dovesse verif