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La Riforma
La Riforma è avvenuta con Regolamento Comunitario n. 2790, il 22 dicembre 1999. Tale Regolamento ha disciplinato la materia con una maggiore sensibilità per l'esigenza di efficienza politica distributiva dell'impresa. Qui la scelta politica di base è stata quella di attribuire rilevanza antitrust a quelle intese verticali in cui almeno una delle imprese partecipanti all'accordo fosse in posizione di potere di mercato.
Il regolamento stabilisce e suggerisce in tale prospettiva una presunzione di irrilevanza di intesa in cui la quota di mercato del fornitore o dell'acquirente secondo il tipo di accordo non superi il 30% del mercato rilevante. Quindi se nessuna delle parti dell'accordo non supera il 30% del mercato rilevante, le parti sono libere di organizzarsi.
Vi è poi una lista nera di clausule che rende l'eventuale accordo nullo: quindi queste clausule non possono essere inserite.
poiché se inserite cade tutto l'accordo. Vi è poi una lista grigia di clausule che possono essere inserite, ma che se inserite rimangono nulle. L'altra fonte di queste discipline nel diritto Comunitario è data da una comunicazione della Commissione del 2000, contenente le linee direttive sulle restrizioni verticali. Quindi riassumendo, le fonti in materia del diritto comunitario sono date: dal regolamento del '99 n.2790 (fonte normativa) e da questa comunicazione della Commissione sulle linee direttive sulle restrizioni delle intese verticali (interpretazione della commissione). L'avvertenza è che questa normativa sia degna di intervento. Probabilmente la difficoltà ad introdurre un approccio sistematico deriva dal fatto che finiscono per sovrapporsi diverse tipologie, in particolare si trattano in maniera cumulativa alcune, quando invece andrebbero trattate in modo separato, e cioè si dovrebbero considerare le intese verticali in.In materia di distribuzione di prodotti che comportano una serie di problemi in modo diverso rispetto alle intese relative alla fornitura di beni e servizi intermedi nel processo produttivo. Questi due aspetti sono da interpretare. Distinguiamo pertanto le INTESE NELLA DISTRIBUZIONE COMMERCIALE dalle INTESE CHE ATTENGONO ALLA FORNITURA DI BENI E SERVIZI INTERMEDI nel processo produttivo, in quanto le rispettive problematiche non sono coincidenti fra loro.
LE INTESE IN TEMA DI DISTRIBUZIONE COMMERCIALE
Qui occorre precisare quanto un'integrazione verticale della concorrenza possa realizzare effetti positivi sull'efficienza dinamica del mercato: quale la libertà di scelta del consumatore.
Gli obiettivi di una disciplina Antitrust sulle intese verticali sono fondamentalmente tre. Alla luce di questi obiettivi occorre determinare la valutazione Antitrust sulle Intese Verticali.
Sono tre gli obiettivi di una disciplina che ha a cuore l'obiettivo dell'efficienza dinamica del mercato.
In primo luogo il consumatore deve avere una libertà di scelta effettiva, la più ampia possibile. Ma in che modo? Il consumatore finale deve poter acquisire il bene al prezzo più basso possibile. In terzo luogo, il consumatore finale deve poter godere per quanto possibile di servizi pre-vendita (es. informazione sulle caratteristiche del prodotto) e dei servizi post-vendita. Quindi il consumatore finale dovrà poter usufruire di entrambi i servizi. Questi tre pilastri sono gli obiettivi di una disciplina delle intese verticali. Affinché tali obiettivi si realizzino occorre che le intese verticali non finiscano per determinare una distorsione della concorrenza fra produttori e sostanzialmente finire per ridurre l'offerta. Pertanto è necessario da parte dell'antitrust tutelare la concorrenza effettiva fra i distributori di uno stesso prodotto. La carenza di pressione concorrenziale può far scadere lo stimolo a migliorare.
questoservizio.Se la distribuzione è fluida la… al consumatore finale sarà più forte e quindi è anche vero che vi è una concorrenza a livello dei distributori e vi sarà una pressione concorrenziale dei commercianti sul terreno della concorrenza fra prodotti provenienti da diverse imprese.L'antitrust tutela non solo la concorrenza fra produttori ma anche la concorrenza fra distributori di uno stesso prodotto, e questo ha modi nel diritto della concorrenza una distinzione fra tutela della concorrenza fra produttori e tutela della concorrenza fra distributori.Tutte le clausule relative alla libertà d'azione del prodotto o del distributore vanno quindi considerate alla luce del criterio menzionato, stabilito all'art. 8, e alla luce di questi criteri vanno valutate le intese verticali.Però bisogna riconoscere quali sono gli orientamenti per capire in che misura tali accordi sono validi alla luce della formula
Di cui all'art.81. Consideriamo quindi le CLAUSULE DI PREZZO IMPOSTO. La pratica di prezzo imposto verticale è una pratica che in Europa è molto diffusa; in Italia in particolare si riteneva che fosse in qualche modo necessario per mantenere il prestigio della marca che si riteneva in qualche misura fondare anche sul prezzo. Sui principi della concorrenza tale argomento aveva poco da dire e perché se ci sono valori da farsi valere questi possono farsi valere in relazione al tipo di prodotto. Questa pratica era vietata in America fino al 1911. L'Antitrust in Europa si è messa in una posizione: quella del divieto di clausule di Prezzi imposti, e contestualmente l'ammissibilità in pratiche nella distribuzione che possano valorizzare la qualità dei prodotti. La pratica di prezzi imposti è ammissibile nella pratica selettiva nella distribuzione del prodotto stesso.
L'argomento che è stato sempre posto a favore della pratica dei prezzi imposti verticali era quello di ottenere un miglioramento reciproco tra produttori e distributori. Ma l'obiezione che è sempre stata menzionata è che potrebbe esserci un vantaggio reciproco tra produttori e distributori nel mantenere prezzi finali elevati e quindi sfruttare la rendita di posizione. Ma tutto questo non è uno strumento indispensabile per ottenere questo miglioramento. Noti fino a quando si parla di clausole di prezzo fisso. LE CLAUSOLE DI PREZZO MASSIMO VERTICALE Qui non si possono richiamare i ragionamenti che sono stati fatti relativi a soggetti che sono sullo stesso livello di mercato. Certo, se il distributore aumenta il prezzo in modo considerevole tanto da recuperarsi una nicchia monopolistica, questo potrebbe ritorcersi a suo pregiudizio commerciale del prodotto, prodotto che finisce per avere un prezzo troppo caro.DOMENIQUE) che può ritorcersi nel danno del produttore, negli altri distributori e senza altro vi è una distorsione informativa. La clausola di prezzo imposto verticale massimo, quindi il tetto, non dovrebbe portare quei rischi di limitazioni amministrative produttive che invece abbiamo visto nelle innovazioni che sono proprie delle clausole di prezzo imposto massimo orizzontale. Da qui un giudizio favorevole per queste clausole. Naturalmente questa causa maschera un'intesa di prezzo fisso. A tal fine si deve osservare l'uso commerciale dei prezzi di listino. È questo prezzo di listino che viene scontato dal commerciante; qui davvero si potrà dire che non viene mascherato un'intesa di prezzo fisso, ma se il prezzo di listino che pur posto come prezzo massimo è in effetti seguito nella distribuzione gli effetti sarebbero gli stessi. Il listino può essere imposto come tetto massimo. Il prezzo massimo ha una diversa valutazione.positiva per le ragione che abbiamo detto perché può essere utile per ovviare all'altro giudizio commerciale di un altro prodotto e per evitare distorsioni informative di produttori che sfruttano le nicchie monopolistiche che coesistono e finiscono per disorientare i consumatori. Bisogna vedere da queste valutazioni positive se in concreto se c'è un uso.. Per chi è al di fuori del diritto vi sono clausole di gestione del prezzo in cui il produttore committente conserva la proprietà del prodotto o del bene, o comunque assume su di sé il rischio dell'invenduto. Le clausole di orientamento dei prezzi sono le nuove pratiche contrattuali che finiscono per orientare la politica dei prezzi dei distributori senza incorrere nelle maglie del divieto; qui naturalmente le clausole di orientamento dei prezzi possono avere effetti economici diversi o riproducono gli effetti di una clausola di prezzo imposto o ancora sono volti ad evitare politiche diquesti monopolisti da parte dei distributori. L'art. 4 del 99 afferma che vi è la possibilità per i fornitori di imporre un tetto massimo di vendita o raccomandare un prezzo di vendita a condizione che questi prezzi raccomandati non si rivolgono a un prezzo fisso o prezzo minimo di vendita per effetto di pressioni che siano esercitati o incentivati, che siano offerti, e vedere se questa clausola nasconde un prezzo fisso. Naturalmente queste clausole di orientamento dei prezzi possono innescare un fenomeno diverso cioè lanciare una funzione di segnale concorrente nel mercato. Questo finisce per raffreddare le iniziative concorrenziali altrui, alla fine si creerebbe un livello di forma dei prezzi non concorrenziali, deve essere l'impresa a dimostrare che i prezzi ufficiali di listino non escludono affatto una pratica di sconti. Qui la pratica di sconti deve essere lasciata al nucleo dei rivenditori, le clausole di orientamento dei prezzi sono normali e tipiche nei