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La questione del riconoscimento del titolo di studio e del permesso di soggiorno in Spagna
Un cittadino argentino decide di esercitare la propria attività professionale in Spagna. Chiede il riconoscimento del titolo di studio e lo ottiene, ma la Spagna gli rifiuta la concessione di un permesso di soggiorno definitivo (che egli richiedeva in base alla libertà di stabilimento come cittadino dell'UE). Il codice spagnolo prevedeva che in caso di doppia cittadinanza dovesse prevalere la cittadinanza di ultima residenza, dunque nel caso quella argentina, che non fa parte della Comunità. Micheletti inizia un procedimento davanti ad un giudice spagnolo che fa rinvio pregiudiziale, cioè pone un quesito alla Corte di Giustizia (la maggior parte delle sentenze della Corte di Giustizia derivano da rinvio pregiudiziale). Il giudice nazionale chiese alla Corte di Giustizia se in quel caso fosse corretto che la Spagna considerasse Micheletti un cittadino argentino, e la Corte di Giustizia rispose che in quel caso, utilizzando la normativa spagnola, uno Stato
intervenivasull'attribuzione di cittadinanza effettuata da un altro Stato, contrastando con il diritto comunitario. Dunque tra cittadinanza comunitaria e non comunitaria prevale sempre quella comunitaria. Con questa sentenza si crea un primo concetto di cittadinanza europea, che poi viene riportato anche all'interno del Trattato, prevedendo di collegare a tale cittadinanza anche dei diritti, come: - libera circolazione, la che però fino al Trattato di Maastricht è stata collegata a fattori economici, e non è nemmeno oggi una libertà assoluta, perché si vuole evitare il rischio che un soggetto vada a gravare sul sistema di sicurezza sociale, che varia da Stato a Stato; - diritto di elettorato attivo e passivo al Parlamento europeo (anch'esso esistente solo da un po' prima di Maastricht, perché inizialmente al Parlamento europeo erano inviati dei rappresentanti dei Parlamenti nazionali), con la possibilità di esercitare.Tale diritto in uno Stato diverso da quello di origine, anche se non esiste però un sistema di elettorato comune;
diritto di partecipare alle elezioni locali amministrative di un altro Stato (alcuni Stati consentono l'esercizio di questo diritto anche a cittadini extracomunitari);
diritto di rivolgersi al Mediatore europeo, che si occupa dei casi di cattiva amministrazione da parte delle istituzioni comunitarie nei confronti dei cittadini (persone fisiche e giuridiche), e tale diritto viene esteso anche ai residenti: facendo un esempio, in occasione della costruzione della metropolitana a Salonicco, in Grecia, venne organizzata una gara d'appalto, e una tale impresa la perse perché la Grecia non aveva rispettato il diritto comunitario nello svolgimento della gara d'appalto. L'impresa in questione si rivolse alla Commissione europea, la quale inizialmente rispose, poi mandò una lettera, in agosto, all'impresa, scrivendo che
L'impresa avrebbe dovuto inviarle nuovi documenti entro tre giorni, altrimenti quest'ultima non avrebbe fatto più nulla. La lettera, peraltro, giunse a destinazione quando i tre giorni erano già scaduti. L'impresa si rivolse al Mediatore europeo presentando una denuncia ed il Mediatore contattò la Commissione chiedendo spiegazioni del suo comportamento. La Commissione sostenne che non esistevano regole in materia, ma decise di darsene, stabilendo, ad esempio, che da quel momento in avanti per la richiesta di nuovi documenti il termine sarebbe stato di almeno quindici giorni;
diritto di presentare petizioni al Parlamento europeo (non necessariamente collettive) su materie di interesse comunitario;
diritto di rivolgersi al consolato di un qualunque Stato dell'UE se nello Stato estero in questione non è possibile rivolgersi al proprio consolato (tale tutela, ovviamente, si ottiene fuori dall'UE);
esiste anche un progetto di edificare
un consolato comune unificando le rappresentanze diplomatiche e consolari all'estero; diritto di rivolgersi alle istituzioni comunitarie nella propria lingua più in generale, un (che sia lingua ufficiale). Con riguardo alle lingue ufficiali, si può notare che inizialmente alcuni Stati avevano rinunciato ad avere la propria come lingua ufficiale, mentre oggi praticamente tutti gli Stati rivendicano lo status di lingua ufficiale, con la conseguenza che tutti gli atti devono essere tradotti in tutte le lingue ufficiali, anche se inglese e francese sono ufficiosamente le "lingue di lavoro" delle istituzioni europee. Oltre a questi diritti, contenuti nel Trattato (agli artt. 17 e ss.), ve ne sono alcuni contenuti nella Carta dei diritti fondamentali, elenco di diritti proclamato a Nizza, i quali sono gli stessi proclamati nel Trattato, più un generale diritto alla buona amministrazione, che non ha effetto vincolante, ma implicherebbe una possibilità in.più per il cittadino europeo di ottenere tutela. C'è stata una serie di pronunce che hanno cercato di offrire un quadro giuridico a tali diritti. Caso interessante è stato il caso Chen: i signori Chen erano cittadini cinesi, ma il Chen per ragioni lavorative si trovava spesso nel Regno Unito. Quando la Chen decise di avere un secondo figlio (l'altro era in Cina), i coniugi decisero di farla partorire in Irlanda del Nord (essi avevano un permesso di soggiorno nel Regno Unito, del quale l'Irlanda del Nord fa parte), perché l'Irlanda aveva una particolare normativa per l'attribuzione della cittadinanza: si prevedeva l'attribuzione di cittadinanza irlandese per la nascita sull'isola di Irlanda, a condizione che non si avessero altre cittadinanze. La bambina nacque quindi con cittadinanza irlandese, anche perché la Cina ha una politica contro le famiglie numerose, ed il secondo figlio di cinesi nato all'estero non
Può avere cittadinanza cinese, né titolo di soggiorno per abitare stabilmente in Cina. La madre, con la bambina, tornò in Inghilterra e chiese, per la figlia, un permesso di soggiorno definitivo sulla base della cittadinanza europea della bimba, chiedendolo anche per sé, per poterla accudire. Il Regno Unito rifiutò il permesso perché ritenne ci fosse stato un abuso di diritto, un utilizzo fraudolento di una possibilità prevista dal diritto comunitario. La causa davanti al giudice nazionale venne rinviata alla Corte di Giustizia, che si doveva pronunciare sull'atteggiamento tenuto dal Regno Unito (indirettamente la Corte finisce sempre per intervenire sul diritto nazionale, alla luce però dell'interpretazione del diritto comunitario) e stabilì che il Regno Unito non poteva interferire sull'attribuzione di cittadinanza da parte dell'Irlanda. La Corte non accettò la teoria dell'abuso di diritto.
perché il diritto comunitario consentiva tale comportamento. Naturalmente, poi, dal diritto della bimba derivò anche il diritto della madre.
Nel frattempo, però, data la lunghezza di decisione della Corte (mediamente tre anni di tempo), dopo le conclusioni dell'Avvocato generale (che fa parte della Corte di Giustizia e propone una soluzione alla Corte), il quale sosteneva non ci fosse stato abuso di diritto, l'Irlanda ha indetto un referendum con il quale la legge sulla cittadinanza è stata modificata nel senso che siano necessari altri elementi oltre alla nascita sul territorio per poterla ottenere (come il fatto che i genitori risiedano da un certo tempo sul territorio irlandese). Al momento della sentenza, quindi, quella normativa non era più in vigore.
La cittadinanza del Regno Unito è una cittadinanza particolare: quando il Regno Unito è entrato a far parte della CE si è posto un problema. Il Regno Unito,
riconosce diverse categorie di British citizens, dovute al passato coloniale del Paese: ci sono i British citizens in senso stretto e i overseas citizens (cittadini delle ex colonie). Questi ultimi hanno certi diritti, ma non tutti: ad esempio non hanno automaticamente il diritto di risiedere nel Regno Unito. Quando il Regno Unito è entrato a far parte della CE ha dovuto effettuare una dichiarazione in cui affermava che dovevano essere considerati cittadini europei solamente i British citizens, non quelli d'oltremare. C'è stato un tentativo di forzare questa situazione nel caso Kaur, rinvio pregiudiziale arrivato alla Corte di Giustizia. La signora Kaur era un cittadina britannica d'oltremare, di un Paese africano, e voleva ottenere un permesso di soggiorno definitivo nel Regno Unito. La Corte di Giustizia, però, si occupa solo di questioni di rilevanza comunitaria, non meramente nazionale, e questo è un primo problema, perché qualificando inquesto modo la questione è sicuramente una questione interna. La Kaur ha cercato di argomentare che tale permesso le serviva anche per spostarsi in futuro in altri Paesi dell'UE, ma si trattava di una previsione futura ed incerta, che non è stata tenuta in conto dalla Corte. Questa, comunque, si è ugualmente pronunciata, affermando che così come compete ad ogni Stato stabilire quali siano i propri cittadini, allo stesso modo