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TFUE.
Un altro elemento non era Stata la stessa Corte di Giustizia a richiamare gli Stati
membri all’ordine dicendo di rivedere e riformare i Trattati e nel far ciò di tener conto che a
proposito del ricorso per annullamento sussiste un deficit di effettività di tutela
giurisdizionale per i singoli?
C’è stata una revisione dei Trattati, e l’inserimento, la novità rappresentata dalla 3°
categoria di atti di cui al 4° comma dell’art. 263 TFUE è da intendersi nel senso più
estensivo possibile, tale da inserire nella nozione di atti regolamentari anche gli atti
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legislativi, in quanto sarebbe contraddittorio sostenere il contrario, poiché la novità può
esser letta in relazione a quanto detto dalla Corte di Giustizia modificando il 230 TCE.
Quindi vanno inclusi nella nozione di atto regolamentare anche gli atti legislativi.
Infine un altro argomento può essere che se non inseriamo gli atti legislativi fra gli atti
regolamentari la carenza di effettività della tutela giurisdizionale rimane, ma può anche
portare conseguenze non da poco se si riflette sul fatto che l’Ue sta per aderire alla CEDU,
e quindi un’interpretazione restrittiva dell’art.263 TFUE, 4° comma, ultima parte, potrebbe
esser oggetto di censure da parte della Corte europea dei diritti dell’Uomo, di censura in
termini di violazione degli artt. 6 e 13 CEDU, o ancor prima, lasciando da parte la CEDU e
la prospettiva di adesione, in termini di violazione dell’art. 47 della Carta di Nizza, che ha
lo stesso valore giuridico dei Trattati.
Quella carenza di effettività che si verifica con l’esclusione degli atti legislativi dagli atti
regolamentari si concretizza anche nella violazione di articoli CEDU e della Carta.
29/04/2013
Gli effetti delle sentenze emesse dalla Corte di Giustizia all’esito del
procedimento del ricorso per annullamento.
La portata delle pronunce sui giudizi nazionali.
Si fa riferimento all’art. 264 del TFUE, ove si dispone che la Corte di Giustizia dell’UE
allorché il ricorso sia fondato dichiara nullo e non avvenuto l’atto (viziato) impugnato.
Questo è il dispositivo della sentenza di accoglimento del ricorso.
Quindi gli effetti della sentenza pronunciata all’esito di un ricorso per annullamento ritenuto
fondato, sono effetti ex tunc ed erga omnes.
L’atto è nullo e non avvenuto, quindi scompare e non è più presente nell’ordinamento
dell’Ue, e ciò fin dalla data della sua entrata in vigore.
Il 2° comma dell’art. 264 TFUE specifica che la Corte ove necessario precisa gli effetti
dell’atto annullato che devono esser considerati definitivi.
Ossia la Corte può in via eccezionale stabilire l’entità della portata retroattiva degli effetti
della sentenza. Questo si può verificare per ragioni eccezionali e in particolar modo in
presenza di rischi e pregiudizi denotati e qualificati dalla Corte di Giustizia secondo precise
caratteristiche.
Quando si verifica questo tipo di limitazione?
Il Caso Carli un ricorso per annullamento avente ad oggetto un provvedimento
riguarda
con cui erano state adottate misure restrittive, in particolare una misura di congelamento di
capitali nei confronti di alcuni singoli soggetti sospettati di far parte di un’organizzazione
terroristica.
L’atto era stato impugnato, tramite ricorso per annullamento, ed era stato ritenuto viziato,
poiché nella procedura di adozione di tale provvedimento non erano stati rispettati una
serie di diritti di questi soggetti.
Di conseguenza si è pervenuti alla dichiarazione di fondatezza del ricorso e quindi l’atto è
stato dichiarato nullo e non avvenuto.
Tuttavia la Corte di Giustizia tenendo conto del rischio che si sarebbe potuto verificare
tramite una pronuncia di questo tipo, nel senso che una volta annullato, l’atto non avrebbe
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più avuto ragione di essere e il Consiglio, che era tenuto ad adottare un nuovo
provvedimento nel rispetto dei diritti violati dei ricorrenti, nelle more di adozione di questo
nuovo provvedimento legittimo del Consiglio si sarebbe potuto creare il rischio che questi
soggetti mettessero mani ai loro capitali e quindi facessero scomparire quello che doveva
esser oggetto della misura restrittiva.
Per questo motivo la Corte nella Sentenza in questione ha chiarito come, alla luce dell’art.
231 TCE, ossia dell’art. 264 TFUE devono esser mantenuti gli effetti del regolamento
controverso nella parte in cui esso include i nomi dei ricorrenti nell’elenco dei soggetti
destinatari di queste misure restrittive di congelamento di capitali, per un breve periodo
che deve esser stabilito in modo tale di consentire al Consiglio di porre rimedio alle
violazioni constatate, ma che tenga conto della rilevante incidenza delle misure restrittive
di cui trattasi sui diritti e sulle libertà dei concorrenti.
Quindi è stato applicato l’art. 231 TCE in modo tale da mantenere fermi gli effetti del
regolamento controverso, nella parte in cui esso riguarda i ricorrenti, per un periodo non
eccedente 3 mesi a decorrere dalla data di pronuncia della sentenza.
Fatti salvi casi del genere, l’atto impugnato se il ricorso è fondato è nullo e dichiarato non
avvenuto.
Se viene accolto un ricorso per annullamento presentato dinnanzi al Tribunale (dato che
sostanzialmente salvo alcune ipotesi in prima istanza i ricorsi ex art. 263 TFUE sono
proposti davanti al Tribunale) tale pronuncia ha effetto a partire dalla scadenza del
termine di impugnazione della pronuncia, trattandosi di sentenze suscettibili di
impugnazione dinnanzi alla Corte di Giustizia occorre attendere lo spirare del termine
previsto per l’impugnazione, per far sì che si producano gli effetti della sentenza e quindi
per far sì che concretamente ed effettivamente l’atto impugnato, in caso di accoglimento
del ricorso, sia nullo e non avvenuto.
Se poi invece il ricorso di impugnazione è stato presentato allora gli effetti
dell’annullamento decorrono dall’accoglimento dell’impugnazione da parte della Corte di
Giustizia.
Quindi: c’è una sentenza di 1° grado con cui è stato annullato un determinato
provvedimento, un atto. Per far sì che gli effetti di questa sentenza si producano occorre
aspettare:
1) O che si concluda il procedimento di impugnazione della sentenza, se questo
appello, questa impugnazione sia stata effettivamente proposta. Allora ci sarà una
sentenza della Corte di Giustizia che si muove nel senso di accoglimento del
ricorso per annullamento, di rigetto dell’impugnazione, e l’atto sarà nullo e non
avvenuto a partire dalla data della sentenza di 2° grado.
2) O se l’impugnazione non è stata proposta, occorre attendere lo spirare del termine
previsto per l’impugnazione, in modo da consolidare gli effetti della pronuncia di
1° grado, che passa in giudicato e sia incontrovertibile.
Cosa accade se il ricorso per annullamento viene giudicato infondato, viene rigettato?
L’atto impugnato può esser senz’altro nuovamente portato all’attenzione della Corte di
Giustizia, sia pure per vizi differenti da quelli che avevano costituito fondamento del primo
ricorso. Quindi se il ricorso è infondato l’atto, che ne costituisce l’oggetto, può nuovamente
esser giudicato sotto il profilo della sua legittimità, ma per motivi diversi, da parte della
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Corte di Giustizia, però non attraverso un nuovo ricorso per annullamento, che è
soggetto al termine decadenziale di 2 mesi da quando l’atto è pubblicato e notificato al
ricorrente, o comunque il ricorrente ne è venuto a conoscenza.
Allora si dovrà utilizzare un ricorso indiretto, un mezzo di tutela indiretto, quali il rinvio
pregiudiziale di validità o l’eccezione di invalidità disciplinata dall’art. 277 TFUE.
L’eccezione di invalidità configura uno strumento di tutela che può esser utilizzato
quando, nell’eventualità di una controversia che mette in causa un atto di portata generale,
anche dopo lo spirare del termine previsto dall’art. 263 TFUE, ciascuna parte può
utilizzare gli stessi motivi previsti dall’art. 263 per invocare dinnanzi alla Corte di Giustizia
l’inapplicabilità dell’atto stesso.
L’eccezione di invalidità è detta anche eccezione di inapplicabilità, perché l’effetto di
questo tipo di rimedio consiste nel ritenere il provvedimento come inapplicabile al caso di
specie. Quindi una portata inter partes da riconoscere in capo a questo tipo di strumento di
tutela giurisdizionale, a differenza del ricorso per annullamento che invece conduce ad
una pronuncia dotata di effetti erga omnes.
Il rinvio pregiudiziale di validità vi è la necessità di un giudizio a quo, come
presupposto per poter nuovamente censurare quell’atto sotto il profilo della sua legittimità,
essendo quell’atto già stato oggetto di un ricorso per annullamento giudicato infondato.
Quindi in caso di infondatezza del ricorso per annullamento è possibile mettere
nuovamente in discussione quell’atto, provvedimento che è già stato vagliato dalla Corte di
Giustizia, ma è una possibilità che sconta parecchi limiti proprio in relazione all’effettività
della tutela giurisdizionale.
È una possibilità limitata e circoscritta.
L’ultimo criterio Nell’ambito del nostro ordinamento nazionale è ammissibile la
sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c. in pendenza di un ricorso per annullamento
davanti alla Corte di Giustizia.
Prendiamo in considerazione un caso deciso dalla Corte di Cassazione nel 2006.
C’è una decisione della Commissione con cui sono stati dichiarati illegittimi gli aiuti di
Stato concessi dallo Stato italiano sotto forma di sgravi, agevolazioni fiscali.
È una decisione nell’ambito del diritto della concorrenza, e in particolare degli aiuti di
Stato, che ha considerato come aiuti di Stato illegittimi queste misure di agevolazione
fiscale adottate dall’ordinamento.
Questa decisione viene impugnata davanti alla Corte di Giustizia mediante ricorso per
annullamento.
Contestualmente, davanti al Giudice del lavoro italiano competente, veniva da parte di
un’impresa impugnata la cartella esattoriale con cui l’INPS domandava la restituzione di
quegli importi che erano stati oggetto di agevolazione a favore dell’impresa in esecuzione
di quella decisione della Commissione.
Nel senso che da parte dell’istituto sono oggetto di pretesa una serie di importi che erano
stat