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CONSIGLIO
Parleremo oggi del Parlamento europeo ma prima l’assistente tiene a fare un riassunto
delle precedenti lezioni: abbiamo parlato de quadro istituzionale in termini generali (con
particolare riferimento all’art. 13 che lo delinea), abbiamo parlato dei principi che
soprassiedono al rapporto di collaborazione e di protezione dell’acquis comunitario
(teleologici ed altri) che riguardano sia la cooperazione interistituzionale a livello
orizzontale e sia la cooperazione fra le istituzione della UE sia gli Stati membri e le loro
relative istituzioni.
Ci siamo perciò interessati della prima di queste istituzioni con funzioni di carattere
politico (parlamento europeo, consiglio europeo, consiglio, commissione ma in
particolare – con funzioni di carattere veramente politico – il consiglio europeo) e nello
scorso incontro abbiamo proseguito il discorso anche ragionando circa i temi collegati al
consiglio tout court, alla figura dell’alto rappresentante e alla figura di un organismo che
coadiuva il consiglio nella sua attività ovvero sia il COREPER.
Abbiamo richiamato anche il principio di attribuzione con riferimento proprio al tema che
concerne le istituzioni.
Su questo schema ci siamo mossi e su questo schema proseguiamo oggi, nella prossima
lezione affronteremo la commissione ed in quella successiva affronteremo invece tutti gli
aspetti connessi alle altre istituzioni ed in particolare quelle che non abbiamo preso in
considerazione ovvero sia la BCE, la corte di giustizia, la corte dei conti ed altri organismi
presi in considerazione sempre dall’art. 13 (in particolare il comitato economico e sociale
ed il comitato delle regioni), con questo cercando di completare il quadro istituzionale.
Occupiamoci, dunque, del parlamento, entrando così nel gioco di quelle istituzioni che
fra di loro collaborano particolarmente nel processo decisionale (si pensi, in particolare,
al rapporto che in questo il parlamento ha con la commissione): ebbene, è evidente che
quando parliamo di questi argomenti noi ci occupiamo delle procedure decisionali ed è
chiaro anche (su questo il ruolo del parlamento è divenuto man mano sempre più 1
incidente) che in questo ciclo non ci occupiamo (lo farà sicuramente Marchisio o alt
collaboratori) nemmeno dei rimedi giurisdizionali ed anche in quel momento vedrai che
sul problema della validità degli atti comunitari il ruolo del parlamento gioca ed ha
giocato sempre più un ruolo importante e questo non è avvenuto attraverso una originaria
previsione del trattato giacché questo ruolo il parlamento se lo è conquistato grazie
anche alla giurisprudenza della corte di giustizia e grazie anche al suo ruolo sempre più
incidente.
E del resto – facendo un passo indietro – è così anche per il quadro decisionale perché
anche nell’ambito del quadro decisionale il ruolo del parlamento non è sempre stato così
incidente com’è alla luce del trattato di Lisbona, nel quale la procedura di codecisione è
sostanzialmente una delle procedure più importante, nel quale la procedura di
codecisione fa assumere al parlamento un ruolo certamente significativo nel quale il
parlamento invece non era calato con i trattati precedenti perché non aveva gli stessi
poteri: si passava, così, da una forma di consultazione de parlamento ad una forma
successivamente di coinvolgimento come una sorta di potere di blocco a procedura di
cooperazione (che poi sostanzialmente sparisce nel trattato di Lisbona) e con un suo
ruolo di protagonista davvero attivo con la procedura di codecisione.
Tutto ciò per dire che le vicende del parlamento sono coeve, sono lo sviluppo della
importanza che lo stesso parlamento europeo ha e questo soprattutto a partire dal 1976
in poi e cioè a partire dal momento in cui la rappresentanza del parlamento europeo è
una rappresentanza non indiretta, non di designazione bensì di diretta espressione dei
cittadini degli Stati membri.
Vedremo nel prosieguo dell’odierno discorso questo che cosa significa analizzando
anche le previsioni che oggi prenderemo in considerazione, previsioni che poi hanno
arricchito il ruolo del parlamento europeo di momenti di confronto sempre più forti,
indubbiamente parte della fisiologia originaria alla luce dei trattati nel rapporto fra
esecutivo (in particolare la commissione) ed assembleare (come abbiamo detto, infatti, la
tripartizione montesquiana non si applica o per lo meno non trova una compiuta
definizione in questo quadro quadripartito invece che tripartito) è un rapporto significativo
sia nel momento fisiologico – e vedremo perché leggendo le disposizioni che fra poco
esamineremo – sia nel momento patologico (quando si arriva, cioè, alla mozione di
censura e si arriva al momento nel quale il rapporto rivela tutta la sua patologia, anomalie
che naturalmente il legislatore comunitario non può non prendere teoricamente in
considerazione, seppur questa anomali fattualmente non si è mai compiuta in termini
definitivi, in termini di espressione di una mozione di censura perché l’unico momento in
cui una mozione di censura è stata ventilata è stata con la COMMISSIONE SANTÈR
quando solo attraverso la ventilazione di questa mozione di censura è bastato per
provocare le dimissioni della commissione senza passare attraverso la mozione di
censura stessa che riguardava i comportamenti di alcuni commissari).
In questo quadro emerge anche una sviluppo del rapporto diretto fra parlamento e
parlamenti, fra parlamento e cittadini ed anche in termini di controllo e verifica: fra
parlamento e parlamenti nella misura in cui i parlamenti sono coinvolti nella elaborazione
di politiche e procedura che in qualche modo applicane le politiche e le procedure
comunitarie (basti pensare alla legge comunitaria in Italia), nella interlocuzione con i
cittadini (laddove è stato introdotto il diritto di petizione al parlamento ed ora vedremo di
che cosa si tratta) e nella verifica e controllo che il parlamento stesso può effettuare ma
che può altresì effettuare attraverso la figura del mediatore introdotta nel Trattato di
Maastricht, figura questa che assomiglia a quelle figure che cosiddetto difensore civico
importate nella nostra esperienza, figura estremamente importante nel perseguire, 1
nell’analizzare, nel verificare, nel denunciare e segnalare i fenomeni di cattiva
amministrazione anche a livello comunitario.
Si tratta, dunque di un quadro complesso che oggi ricostruiremo sapendo anche che si
tratta di un quadro il quale trova principalmente l’espressione dei poteri del parlamento
all’interno del pilastro Unione Europea, perché in realtà di ruolo del parlamento (e lo
vedremo fra poco parlando di PESC) ce n’è poco: del resto è evidente che se in quel
pilastro si opera - in materia di politica estera - a livello di metodo intergovernativo è
evidente che il ruolo è più un ruolo del consiglio europeo o degli altri soggetti che
esprimono la volontà degli Stati e poi eventualmente nel rapporto di mandato che questi
soggetti hanno anche nei parlamenti nazionali, è evidente che qui vi è meno spazio per la
forza ed il ruolo del parlamento europeo.
Questo è un argomento importante perché questo stesso ragionamento (che lasciamo
aperto perché non è il momento per portarlo ad alcuna conseguenza) si potrebbe
applicare anche per il rapporto fra parlamento europeo e parlamenti nazionali ed allora
anche qui bisognerà capire molto bene quale è la logica che soprassiede e governa
questo tipo di rapporti e l’unica logica che ci viene in mente è quella che delinea le
competenze e le attribuzioni sulla base del principio di attribuzione negli ordinamenti
degli Stati e dell’ordinamento della UE e delle prerogative delle istituzioni della unione e
delle istituzioni nazionali.
Parliamo ora del tema (un po’ noioso) sul quale ci siamo lasciati nella scorsa lezione: la
decisione a maggioranza qualificata in termini di consiglio ed in particolare cercheremo
con questo di concludere il ragionamento fatto sul consiglio europeo.
Abbiamo visto che le delibere a maggioranza qualificata sono quelle che in questo
momento prevalgono, le quali dunque costituiscono in questo momento il sistema di
votazione più diffuso e prendendo atto di questa situazione l’art. 16 par. 3 del TUE inserito
dal trattato di Lisbona stabilisce che Il consiglio delibera a maggioranza qualificata
salvo nei casi in cui i trattati dispongano diversamente e nell’ultima lezione abbiamo
commentato questa disposizione giacché le procedure interistituzionali di cooperazione
ma soprattutto quella di codecisione comportano l’applicazione di questo principio.
Ebbene, proprio in considerazione di ciò il tema che oggi prenderemo in considerazione
è il tema del calcolo della maggioranza qualificata, sul quale dovremmo fare l’esegesi di
una serie combinata di disposizione, in particolare l’art. 16 del TUE che poi offre un
rimando all’art. 238, con un rimando ulteriore al protocollo 36 sulle disposizioni transitorie
che ci offre la interpretazione delle disposizioni concernenti la maggioranza qualificata.
Proviamo dunque a ricostruire da qui attraverso questa indicazione che ci offre il
protocollo 36 delle disposizioni transitorie: ai sensi dell’art. 205 del trattato CEE (trattato
precedente al trattato sul funzionamento) la maggioranza qualificata viene calcolata
attraverso un sistema di ponderazione di voti; nel sistema della maggioranza semplice ed
in quello della unanimità ciascun membro del consiglio dispone di un voto
indipendentemente dalla dimensione o dalla importanza dello Stato rappresentato.
E’ evidente, invece, che nel sistema della maggioranza qualificata il voto pertiene al peso
di importanza demografico dello Stato preso in considerazione.
La tabella rimasta in vigore fino al trattato di Nizza, con 15 Stati membri, attribuiva una
certa ponderazione e di questa ponderazione in effetti troviamo riscontro nell’art. 3 del
protocollo 36 dove si attribuiva un certo peso numerico in termini di voti a ciascuno Stato
(per esempio alla Lettonia 4, alla Irlanda 7, alla Repubblica Ceca 12 e così via).
Questo grado di rappresentatività è stato innalzato e modificato tramite le previsioni del
trattato di Nizza giacché nelle previsioni del tratto di Nizza (che sono differenti da quelle
del trattato di Lisbona) si faceva riferimento in particolare a tre condizioni delle quali le 1
prime 2 erano sempre applicabili mentre la terza l diviene soltanto se un membro del
consiglio ne richiede la verifica ai fini della protezione dei suoi interessi:
1. Il raggiungimento di una soglia minima di voti ponderati pari a 255 su 345,
second