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FONTI COMUNITARIE E SOGGETTI DEGLI ORDINAMENTI INTERNI
1. Considerazioni generali.
Abbiamo visto come la caratteristica propria dell'ordinamento comunitario, consiste nel riconoscere come titolari di soggettività giuridica non solo gli Stati membri, ma anche coloro ai quali tale soggettività spetta nell'ambito degli ordinamenti interni degli Stati membri. Tale caratteristica comporta che le norme comunitarie presentano due dimensioni:
- dimensione internazionale: sono di tipo internazionalistico i rapporti giuridici che il diritto comunitario fa sorgere in capo agli Stati membri e alla Comunità. Il contenuto di tali rapporti è costituito da una serie di diritti e obblighi che la Comunità, o lo Stato membro può far valere nei confronti di un altro Stato membro o istituzione. Nell'ambito di tali rapporti, lo Stato membro interessato si presenta in maniera unitaria, analogamente a quanto avviene nell'ordinamento internazionale.
Di tipo internazionalistico sfociano, in caso di controversia, nei procedimenti giudiziari di soluzione, il più importante dei quali è disciplinato dagli artt. 226 e 227 TCE.
Dimensione interna: appartengono ad una dimensione interna all'ordinamento di ciascuno Stato membro, i rapporti giuridici interessati dal diritto comunitario che coinvolgono soggetti di tali ordinamenti. Talvolta si tratta di rapporti orizzontali (contrapposti sono soggetti privati), più spesso si tratta di rapporti verticali (sorgono tra un soggetto privato e un soggetto pubblico). Il diritto comunitario può intervenire su tali rapporti con intensità variabile.
In primo luogo, può darsi che il diritto comunitario fornisca la disciplina di tali rapporti. Ciò avviene, in particolare, nel campo d'applicazione dei regolamenti, i quali, essendo direttamente applicabili, disciplinano un'intera materia e si sostituiscono alle eventuali norme interne preesistenti.
(effetto di sostituzione). Tale effetto, seppur su scala più limitata, può derivare anche da altre fonti di diritto comunitario. In secondo luogo il diritto comunitario può interessare la disciplina di un rapporto giuridico dettando principi o regole che si limitano ad impedire l'applicazione di norme interne ad esse contrarie (effetto di opposizione). In questi casi, la disciplina del rapporto resta soggetta al diritto interno, dal quale vengono eliminate soltanto le norme incompatibili con il diritto comunitario. In entrambi i casi precedenti si suole dire che la norma comunitaria produce effetti diretti ovvero gode di efficacia diretta negli ordinamenti interni (non è possibile definire a priori il contenuto degli effetti diretti che una norma comunitaria può produrre, essendo questi strettamente legati al contenuto della norma stessa e al contesto in cui la norma è invocata). L'efficacia diretta di una norma comunitaria implica che ilsoggetto nei cui confronti la norma produce effetti favorevoli può pretenderne il rispetto da parte dell'altro soggetto del rapporto (efficacia diretta in senso sostanziale). In caso di mancato rispetto, l'efficacia diretta comporta anche l'invocabilità in giudizio: i soggetti favoriti della norma comunitaria possono chiedere al giudice nazionale l'applicazione in giudizio della norma stessa, ottenendone la corrispondente tutela giurisdizionale. Occorre rilevare che in passato, la Corte usava indistintamente i termini efficacia diretta e applicabilità diretta. In realtà l'applicabilità diretta in senso stretto è riservata dall'art. 249 TCE ai soli regolamenti. L'efficacia diretta è invece una caratteristica che può essere presente anche in altre fonti comunitarie, appare quindi opportuno distinguere le due nozioni ed utilizzare soltanto il termine efficacia diretta per riferirsi all'oggetto.dellapresente Parte. Non sempre le norme comunitarie presentano le caratteristiche necessarie per produrre effetti diretti (persino di regolamenti). L'efficacia diretta non costituisce tuttavia l'unica forma attraverso cui le norme comunitarie assumono rilevanza normativa interna. In presenza di norme prive dellacapacità di produrre effetti diretti, la giurisprudenza ha individuato almeno due forme di efficacia indiretta: - interpretazione conforme: riconoscere che il diritto comunitario, anche non direttamente efficace, ha un valore interpretativo cogente rispetto alle norme interne. I giudici nazionali sono infatti soggetti ad un obbligo di interpretazione conforme. - risarcimento del danno: riconoscere che la mancata attuazione di una norma non direttamente efficace fa sorgere, in capo coloro che sono stati danneggiati dalla mancata attuazione, il diritto al risarcimento del danno a carico dello Stato membro responsabile. 2. I presupposti dell'efficacia diretta.Sì, è stato detto che l'efficacia diretta non è una caratteristica propria di ogni norma comunitaria. Pertanto, il giudice nazionale, qualora intenda trarre da una norma comunitaria effetti diretti al fine di risolvere una controversia, ha l'onere di verificare d'ufficio se la norma presenta le caratteristiche necessarie, avvalendosi, se del caso, del rinvio pregiudiziale di cui all'art. 234 (è una questione infatti che attiene all'interpretazione della norma stessa e rientra pertanto nella competenza pregiudiziale della corte di giustizia). Per stabilire se una norma comunitaria abbia o meno efficacia diretta, la Corte mira ad individuare nella norma in questione alcune caratteristiche sostanziali che la rendano suscettibile di essere applicata dal giudice. Le caratteristiche richieste sono espresse con formule variabili ma che ruotano sempre intorno al concetto di sufficiente precisione e incondizionatezza della norma. (V. sentenza Van Gend &Loos).1) Sufficiente precisione: ha riguardo alla formulazione della norma: essa deve contenere un precetto sufficientemente definito perché i soggetti destinatari possano comprenderne la portata e il giudice possa applicarlo nei giudizi di propria competenza. La norma comunitaria deve specificare almeno tre aspetti:
- il titolare dell'obbligo;
- il titolare del diritto;
- il contenuto del diritto-obbligo creato dalla norma stessa.
(V. sentenza Francovich e sent. CIA Security International). La diretta efficacia si determina anche in funzione del contenuto del diritto che si intende azionare (v. sentenza Johnston e sent. von Colson).
2) Incondizionatezza: attiene all'assenza di clausole che subordinino l'applicazione della norma ad ulteriori interventi normativi da parte degli Stati membri o delle istituzioni comunitarie, ovvero consentano agli Stati membri un certo margine di discrezionalità dell'applicazione (v. sentenza Becker). L'esistenza di norme che
consentono agli Statimembri di derogare all'applicazione di un'altra norma per determinati motivi non esclusi di per sé l'efficacia diretta di quest'ultima (sentenza Van Duyn). Inoltre ai fini della verifica dell'efficacia diretta, la destinatarieità formale della norma non ha alcun rilievo. In particolare la circostanza che la norma si rivolga agli Statimembri o alle istituzioni non comporta necessariamente che sia priva di efficacia diretta (v. sentenza Defrenne). In linea di massima, i presupposti dell'efficacia diretta sono gli stessi qualunque sia il tipo di norma comunitaria rispetto alla quale il problema si pone. Le caratteristiche proprie di ciascuna fonte portano ad alcune differenze di approccio e, talvolta, a soluzioni particolari. - Disposizioni del Trattato: alcune di esse si riferiscono espressamente singoli. Esempio importante è dato dalle norme in materia di concorrenza (in particolare gli artt. 81 e 82), le quali sonosenz'altro direttamente efficaci, nel senso che sono direttamente opponibili alle imprese interessate (v. sentenza Pronumptia e sentenza Manfredi). Quindi anche norme del Trattato formalmente rivolte agli Stati membri possono produrre effetti diretti qualora siano dotate delle caratteristiche della sufficiente precisione e dell'incondizionatezza (v. sentenza Van Gend & Loos, Defrenne, Van Duyn e Reyners). Le norme del Trattato producono effetti diretti tanto nei rapporti verticali, quanto nei rapporti orizzontali. Si parla pertanto di efficacia diretta verticale e di efficacia diretta orizzontale (v. sentenza Angonese e sentenza Deliège).- Accordi internazionali conclusi dalla Comunità (art. 300): anche per essi si pone il problema dell'efficacia diretta. È infatti possibile che soggetti privati siano interessati a far valere la disciplina contenuta in tali accordi, per contestare la legittimità di comportamenti o di provvedimenti degli Stati membri odelle istituzioni (v. sentenza Kupferberg e sentenza Sevince). La verifica svolta dalla Corte per decidere circa l'efficacia diretta delle disposizioni contenute in accordi internazionali si caratterizza per una particolare attenzione rivolta al contesto. Dapprima occorre dimostrare che la natura e la struttura dell'accordo permettono di riconoscere effetti diretti alle sue disposizioni in generale. Successivamente, è necessario provare che la specifica disposizione invocata presenta le caratteristiche della sufficiente precisione e della incondizionatezza (v. sentenza Kupferberg). - Regolamenti: per essi il problema dell'efficacia diretta ha scarsa consistenza. Infatti la caratteristica della diretta applicabilità implica che, normalmente, le disposizioni dei regolamenti siano anche capaci di produrre effetti diretti. Il principio subisce una certa attenuazione nel caso di regolamenti che richiedono l'emanazione da parte degli Stati membri di provvedimenti diintegrazione o di esecuzione. In mancanza quindi dei provvedimenti nazionali, non si può fare a meno di verificare che la disposizione regolamentare in questione presenti i presupposti della sufficiente precisione e dell'incondizionatezza (v. sentenza Leonesio e sentenza Azienda Agricola Monte Arcosu). Anche i regolamenti producono effetti diretti tanto nei rapporti verticali (efficacia diretta verticale) quanto in quelli orizzontali (efficacia diretta orizzontale).
Segue: il caso delle direttive e delle decisioni.
- Direttive: per quanto riguarda i presupposti sostanziali, anche le direttive per essere direttamente efficaci, devono presentare le caratteristiche della sufficiente precisione e incondizionatezza (v. sentenza Marshall). Le differenze dai casi precedenti riguardano invece il momento a partire dal quale l'efficacia diretta si produce e i soggetti nei confronti può essere fatta valere.
1) portata temporale: per sua natura la direttiva non è concepita
come fonte di effetti diretti. La disciplina dei rapporti giuridici interni rientranti nel suo ambito di applicazione è disciplinata dal diritto interno di ciascuno Stato membro. Tuttavia, il diritto dell'Unione europea ha un impatto diretto sui rapporti giuridici interni degli Stati membri, in quanto le norme dell'Unione europea hanno prevalenza sul diritto nazionale in caso di conflitto.