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DIRITTO PRIMARIO e PRINCIPI GENERALI DI DIRITTO

Della loro esistenza è fatta esplicita menzione nel TUE (art. 6) là dove esso afferma che “i diritti

fondamentali, garantiti dalla CEDU e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli SM,

fanno parte del diritto dell’Unione in quanto princìpi generali”. Questa categoria è prima di tutto

frutto dell’elaborazione della CG, la quale ha consolidato nel tempo l’esistenza di una serie di

princìpi propri dell’ordinamento dei Trattati, mutuandoli sia da questi ultimi, sia da altri sistemi

giuridici. Il ricorso a princìpi generali come quelli di leale collaborazione, di rispetto

dell’equilibrio istituzionale, di certezza del diritto, del legittimo affidamento, ecc… si è d’altra

parte reso necessario di fronte al carattere inevitabilmente generale o parziale di molte parti e

regole di funzionamento del sistema giuridico dell’UE. Tali princìpi sono perciò serviti a

consentire una più completa ricostruzione di un dettato normativo altrimenti generico o incompleto;

a rafforzare una certa interpretazione di disposizioni del diritto UE che si prestavano a più di un

significato; a costruire ulteriori parametri di legittimità del comportamento delle istituzioni o degli

2

SM. Quest’ultima funzione si è espressa soprattutto con riferimento alla tutela dei Diritti

Fondamentali dell’uomo: prima dell’introduzione dell’art. 6 TUE, è stata la CG ad affermare

l’esistenza nel sistema giuridico dell’UE di un obbligo di rispetto di tali diritti da parte delle

istituzioni, provvedendo essa stessa a ricostruirne concretamente il contenuto, e ponendosene

essa stessa a difesa, ispirandosi precipuamente alla CEDU e alle Costituzioni degli SM. I diritti

fondamentali ivi contenuti sono stati poi rilevati dall’UE con l’adozione della Carta dei Diritti

Fondamentali dell’Unione Europea (2000) che, con Lisbona, ha assunto valore vincolante,

venendo così a costituire il primo documento per l’individuazione del parametro su cui va

commisurato l’effettivo rispetto di tali diritti da parte dei soggetti che ne sono vincolati (istituzioni,

organi ed organismi UE, gli SM per quanto riguarda l’applicazione del diritto comunitario)

Il rispetto di tali diritti s’impone non solo da parte degli atti di diritto derivato, ma rappresenta anche

un criterio ermeneutico al quale conformare l’interpretazione delle norme degli stessi Trattati.

Sulla base di un compromesso raggiunto nel percorso che ha poi portato al Trattato di Lisbona, il

Protocollo n°30 allegato ai Trattati limita apparentemente l’applicabilità della Carta di Nizza a

Regno Unito e Polonia, stabilendo che la CG e i giudizi nazionali di questi due Paesi non possono

giudicare della conformità di norme o pratiche degli stessi alle disposizioni della Carta, e che tra tali

disposizioni, quelle relative ai diritti sociali (titolo IV) non creano diritti azionabili dinanzi a un

organo giurisdizionale interno, eccezion fatta per la tutela di tali diritti disposta dal diritto interno

dei suddetti Paesi. Anche la Repubblica Ceca ha chiesto l’estensione di tale Protocollo. La portata

effettivamente derogatoria del Protocollo n°30 è stata però smentita dalla stessa Corte di Giustizia.

L’art. 6 TUE ha infine previsto l’adesione dell’UE alla CEDU, da tempo auspicata per rafforzare il

livello di protezione dei diritti umani nell’Unione. Il processo di adesione è tuttavia ancora in corso

per via dei complicati problemi burocratici, che le trattative fra Commissione e Consiglio d’Europa

(che nulla ha che fare con il CE o il CUE) stanno cercando di dirimere, ad es. in merito

all’individuazione del destinatario di un ricorso alla Corte EDU, visto che questa potrà pronunciarsi

sulla conformità di un atto dell’UE alla CEDU sia quando l’eventuale violazione sia stata posta in

essere da un atto comunitario, sia da un atto di uno SM posto in essere in attuazione del diritto

europeo.

FONTI INTERMEDIE: ACCORDI INTERNAZIONALI dell’UE

Ulteriore fonte di norme per l’ordinamento dell’Ue va indicata nel diritto internazionale, e in

particolare negli accordi internazionali che possono esser conclusi dall’UE con Stati terzi o

organizzazioni internazionali, entrambi regolati ex art. 218 TFUE.

La CG ha affermato che le norme di D.I. consuetudinarie vincolano le istituzioni e fanno parte

dell’ordinamento giuridico dell’UE proprio come vi rientrano gli accordi internazionali non appena

vengono conclusi secondo le condizioni previste dai Trattati.

Secondo la CG, hanno efficacia diretta gli accordi di diritto internazionale che presentino gli

stessi requisiti che giustificano l’applicazione diretta degli effetti delle norme dei Trattati

(chiarezza, completezza e precisione dell’obbligo previsto, che non dev’esser subordinato ad alcun

atto ulteriore). La CG ha però anche aggiunto la necessità, in caso di disposizioni di origine

convenzionale, di esaminare le stesse alla luce sia dell’oggetto, sia dello scopo e sia del contesto

dell’Accordo, subordinando a tale valutazione l’efficacia diretta dell’atto (com’è avvenuto ad es.

per l’Accordo generale sulle Tariffe e il Commercio – GATT).

Gli accordi conclusi con Paesi terzi sono subordinati ai Trattati, dato che l’esercizio delle

competenze internazionali dell’UE deve avvenire nel rispetto di quanto previsto da questi ultimi: la

CG è autorizzata a giudicare circa la compatibilità di un accordo internaz. col diritto primario su

richiesta del PE, del CUE, della Commissione o di uno SM prima che l’accordo stesso sia concluso;

ma anche dopo, nel quadro di una delle competenze di legittimità spettanti alla CG (a questo

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secondo titolo ad es. la CG aveva annullato un accorto in materia di concorrenza stipulato fra la

Commissione e gli U.S.A.).

In base all’art. 216 TFUE, il rispetto degli accordi internazionali costituisce un limite di

legittimità degli atti di diritto derivato, che può portare al loro annullamento e che, comunque,

implica l’obbligo di interpretare tali atti di diritto derivato in maniera per quanto possibile conforme

ai detti accordi, siano essi stati stipulati dall’UE o da tutti gli SM.

Non costituiscono fonti del diritto UE gli accordi internazionali conclusi tra gli SM o tra gli SM e

Stati Terzi.

ATTI DI DIRITTO DERIVATO

In subordine ai Trattati opera una serie di fonti frutto dell’attività normativa delle Istituzioni. L’art.

288 TFUE specifica i diversi tipi di atti tipici del diritto derivato di cui le istituzioni si possono

avvalere nell’esercizio di tale attività; essi sono: Regolamenti, Direttive e Decisioni, che sono atti

vincolanti; e poi abbiamo Pareri e Raccomandazioni, che sono atti non vincolanti.

Gli atti tipici vincolanti assumono una diversa natura a seconda della procedura con cui sono

adottati: se sono adottati in base ad una procedura legislativa, allora hanno natura legislativa; se

sono invece emanati su delega o in esecuzione di un atto vincolante, allora assumono

rispettivamente la veste di atti delegati o di esecuzione, integrando conseguentemente tali

qualificativi nella propria intitolazione (reg. delegato, reg. di esecuzione, ecc…).

La scelta del tipo di atto da utilizzare nel caso concreto è basata sulle diverse caratteristiche di

ciascuno di essi. Tale scelta è talvolta operata direttamente dai Trattati, che stabiliscono per una

determinata materia quale sia lo strumento attraverso il quale darle esecuzione; altre volte la scelta è

rimessa dai Trattati al Legislatore (il quale deve scegliere considerando anche i princìpi generali del

sistema). In ambo i casi la scelta è determinata sulla base della maggiore o minore rispondenza delle

caratteristiche specifiche di ogni atto al contenuto ed agli obiettivi dell’intervento normativo di cui

si tratta: qualora si profilino più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva.

I tre diversi tipi di atti differiscono per caratteristiche ed effetti, ma fra essi non esiste un rapporto

gerarchico predeterminato: nulla vieta che una decisione modifichi o deroghi un regolamento, o che

altrettanto faccia un regolamento rispetto a una direttiva. Sussisterà un rapporto gerarchico sulla

base di altre circostanze, come ad esempio la particolare funzione cui un determinato atto deve

assolvere, come ad es. gli atti di d. derivato che sono previsti dai Trattati per integrare o modificare

fonti del d. primario: questi atti finiscono sostanzialmente con l’integrare le fonti primarie,

assumendo maggiore importanza. Altri casi in cui può prodursi un rapporto gerarchico sono i casi in

cui si hanno atti delegati alla Commissione. In sostanza gli atti vengono qualificati sulla base di

un’analisi dei loro elementi essenziali, del loro oggetto e del loro contenuto, e non in base al nomen

iuris.

Gli atti possiedono delle caratteristiche comuni: devono essere motivati attraverso i

“Considerando” contenuti nel preambolo, in cui sono riportate motivazioni e base giuridica

(possono esservi più basi giuridiche: in questo caso si individua la principale attraverso il criterio

del centro di gravità), ossia la norma primaria presupposto per l’adozione di un atto di diritto

derivato. Se mancano tali elementi, l’atto può essere dichiarato invalido dal giudice comunitario.

Altro elemento comune è l’irretroattività dell’efficacia di tali atti, salvo alcuni casi specifici. Deve

inoltre esser rispettato il principio del legittimo affidamento: se si sono instaurati dei rapporti di

buona fede derivanti da un atto, non possono essere intaccati da atti successivi. In caso infine di

difformità fra le varie versioni linguistiche dell’atto, si prende per buona quella che salvaguarda

l’effetto utile della disposizione.

1) Regolamento → Ex art. 288 comma 2 TFUE, ha portata generale, cioè è obbligatorio in tutti i

suoi elementi ed è direttamente applicabile nella sua interezza (no applicazione parziale da parte

degli SM) a tutti i soggetti pubblici e privati che si trovino nella situazione presa in considerazione

dall’atto in quanto destinatari, senza che il contenuto dell’atto sia ratificato dagli SM (in Italia, una

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prassi dichiarata poi illegittima – in quanto nascondeva ai cittadini l’origine comunitaria dell’atto –

consisteva nel riprodurre il contenuto dell’atto in un regolamento interno). Non mancano

regolamenti che riguardano espressamente un solo SM o comunque che siano diretti a regolare delle

fattispecie territorialmente circoscritte. Gli SM devono conformarsi al regolamento in maniera

rigorosa, anche se alcuni regolamenti possono lasciar

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A.A. 2016-2017
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SSD Scienze giuridiche IUS/14 Diritto dell'unione europea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Giulia Lanzoni di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto dell'unione europea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Rossi Dal Pozzo Francesco.