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SCARICHI INTRODUZIONE

Il D. Lgs. 152 del 2006 prevede come strumento fondamentale per la tutela preventiva delle risorse idriche i piani di tutela delle acque. L'altro cardine della legislazione di tutela delle acque è la disciplina degli scarichi.

La nozione di scarico, posta dal legislatore alla base della normativa sulle acque che andremo poi a esaminare, ha creato in passato problemi interpretativi di coordinamento con la normativa dei rifiuti, sia con riferimento alle modalità con cui questo viene effettuato, sia in relazione alle sostanze in esso contenute, che hanno creato sovrapposizioni di precetti difficilmente coordinabili ed interpretabili, in relazione non solo al concetto di immissione occasionale, scarico discontinuo, scarico occasionale, ma anche con riferimento al c.d. scarico indiretto.

Per comprendere appieno la nozione dettata dal nuovo Testo Unico, occorre fare un se pur breve accenno alla complessa vicenda relativa all'evoluzione della nozione.

stessa.L'EVOLUZIONE DELLA NOZIONE DI SCARICO

I rapporti fra la normativa sui rifiuti e quella sugli scarichi prima del Decreto Ronchi

La legge Merli (Legge n. 319/1976), aveva adottato una nozione di scarico onnicomprensiva: il riferimento allo scarico di qualsiasi tipo (episodico, occasionale, periodico, discontinuo...) o allo scarico indiretto (ad es. tramite autobotte), aveva indotto la giurisprudenza prevalente a ritenere che, "la nozione di scarico comprende, ai sensi dell'art. 1 della legge n. 319/1976, qualsiasi sversamento o deposizione di rifiuti, indipendentemente dal modo con cui avvenga, diretto o indiretto, della sua episodicità, dello stato liquido o solido dei rifiuti, ed indipendentemente dal luogo, ossia in acque superficiali o sotterranee, interne o marine, pubbliche o private, in fognatura, sul suolo o nel sottosuolo" (7).

Con la successiva entrata in vigore del D.P.R. n. 915 del 10 settembre 1982, veniva prevista, all'art. 2,

L'applicazione della cit. legge Merli per quanto riguardava "la disciplina dello smaltimento nelle acque, sul suolo e nel sottosuolo dei liquami e dei fanghi, di cui all'art. 2, lettera e), punti 2 e 3, della citata legge, purché non tossici e nocivi" ai sensi dello stesso. L'art, 9, comma 3°, dello stesso D. P. R., sanciva il divieto di scaricare rifiuti di qualsiasi genere nelle acque pubbliche e private. Nel D. Lgs. n. 133/1992 il legislatore, riprendendo alla lettera la definizione contenuta nella direttiva comunitaria recepita, ha adottato una nozione ampia di scarico, definito come "l'immissione, nelle acque interne superficiali, acque marine territoriali, acque interne del litorale delle sostanze enumerate nell'elenco I o nell'elenco II dell'allegato A, ad eccezione degli scarichi di fanghi di dragaggio, degli scarichi operativi effettuati da navi nelle acque marine territoriali, dell'immissione di rifiuti."

effettuata da navi nelle acque marine territoriali. Data l'ampiezza, tale definizione includeva, analogamente a quanto previsto dalla legge Merli, anche gli scarichi indiretti.

La giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, in tale contesto normativo, ha enunciato il principio di diritto secondo cui, "il D.P.R. n. 915 del 1982 disciplina tutte le singole operazioni di smaltimento dei rifiuti siano essi solidi o liquidi, fangosi o sotto forma di liquami, con esclusione di quelle fasi, concernenti i rifiuti liquidi (o assimilabili) attinenti allo scarico e riconducibili alla disciplina stabilita dalla legge n. 319 del 1976, con l'unica eccezione dei fanghi e liquami tossici e nocivi che sono, sotto ogni profilo, regolati dal D.P.R. n. 915/1982"

(7) Cass., sez. IIII, 17 maggio 1995; Cass., sez. III, 3 marzo 1992; Cass., sez. III, 10 dicembre 1991.

(8) Cass. Pen., sez. unite, 13 dicembre 1995

12Artioli Alice Matricola n. 052920 "NORME IN MATERIA"

AMBIENTALE”Analisi della parte III del D.Lgs 152/2006

Il campo di applicazione del c.d. Decreto Ronchi e del D. Lgs. n. 152/1999

Con l’entrata in vigore del Decreto Ronchi (D. Lgs. n. 22/1997), le acque di scarico sono state espressamente escluse dal campo di applicazione della normativa sui rifiuti (art. 8, comma 1°, lettera e), con l’unica eccezione costituita dai rifiuti allo stato liquido. Il legislatore, inoltre, ha previsto il principio base in base al quale sono vietati tanto l’abbandono e il deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e nel sottosuolo, quanto l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee (art 14, commi 1° e 2°, del D. Lgs. n. 2/1997)

Entrando nel merito della nozione di scarico, notiamo che lo scarico è (art 2, comma 1, lettera bb):

  1. qualsiasi immissione,
  2. diretta,
  3. tramite condotta,

avente ad oggetto acque reflue:

  1. liquide,
  2. semiliquide,
  3. comunque

convogliabili:3 a. nelle acque superficiali,

3 b. sul suolo,

3 c. nel sottosuolo,

3 d. in rete fognaria;

indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche se sottoposte a preventivo trattamento di depurazione.

Sotto la disciplina del D. Lgs. n. 152/1999, non configurava più uno scarico in senso tecnico quello che non convogliava acque reflue tramite condotta (e, cioè, tramite uno stabile, oggettivo e duraturo sistema di deflusso, anche se non necessariamente attraverso una tubazione): di conseguenza erano escluse dalla nozione di scarico tutte quelle immissioni di sostanze che, liquide o semiliquide, non avvenissero tramite condotta o che avessero ad oggetto sostanze che non si trovassero allo stato liquido o semiliquido. La giurisprudenza successiva all'entrata in vigore del D. Lgs. n. 152/1999 ha quindi ribadito la scomparsa dello scarico indiretto, affermando che non sembra dubitabile la scomparsa di quello che la giurisprudenza qualificava come scarico indiretto, ovvero

La suatrasformazione in rifiuto liquido. Più esattamente, dopo l’entrata in vigore del D. Lgs. n. 152/1999,se per scarico si intende il riversamento diretto nei corpi recettori, quando il collegamento tra fontedi riversamento e corpo recettore è interrotto, viene meno lo scarico (indiretto) per far posto allafase di smaltimento del rifiuto liquido.

Il ritorno allo scarico direttoLa nozione di scarico la troviamo all’art. 74 (comma 1°, punto ff): per scarico deve intendersi“qualsiasi immissione di acque reflue in acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in retefognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamentodi depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque previsti all'articolo 114”.

Nel merito, si deve osservare che la differenza tra la nuova e la vecchia nozione di scarico consistenell’eliminazione nella prima, rispetto alla seconda, dell’inciso “diretta tramite condotta”

nonchédella specificazione delle varie tipologie di scarichi condottati ("acque reflue liquide, semiliquide ecomunque convogliabili"). È evidente, quindi, che con questa eliminazione, non solo si sconvolge la paziente opera certosina diricostruzione giurisprudenziale, che è riuscita, negli anni, a comporre i numerosi interpretativi eapplicativi, ma soprattutto si rimette in discussione il difficile rapporto con la normativa sui rifiuti,ritenuta universalmente la disciplina di chiusura del sistema, atta ad evitare che restino prive di13Artioli AliceMatricola n. 052920 "NORME IN MATERIA AMBIENTALE"Analisi della parte III del D.Lgs 152/2006controllo le rilevanti ipotesi di introduzione di sostanza nei corpi ricettori in assenza di condottaevidenziate dal Governo.Inoltre, viene attuata una semplificazione della natura fisica di tale immissione che potevaconsistere in: - acque reflue liquide, - acque reflue semiliquide e, - acque reflue convogliabili.comunque convogliabili. La previdente nozione di scarico era funzionale alla chiara delimitazione dell'ambito di applicabilità della normativa degli scarichi rispetto a quella dei rifiuti. Sotto tale profili l'art. 185, comma 1° (limiti al campo di applicazione) del T.U. dispone ora: "non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del presente decreto: ... b) gli scarichi idrici, enclisi i rifiuti liquidi contenuti in acque reflue..." L'esclusione in esame appare ora di profilo molto più incerto per varie ragioni: la chiara nozione previgente di "acque di scarico" di cui al D. Lgs. n. 152/1999 ha lasciato posto a quella di "scarichi idrici" che non è definita dall'art. 74 del T.U., anche se sembra ragionevole ricondurla a quella di scarico. DEFINIZIONI Ritengo che sia indispensabile, prima di passare a esaminare la disciplina prevista per gli scarichi dal decreto in esame, precisare ilsignificato di alcuni termini. Sono acque reflue domestiche (art. 74, comma 1°, punto g) quelle provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche. Sono assimilate alle acque reflue domestiche le acque reflue (art. 101, comma 7): - provenienti da imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del terreno e/o alla silvicoltura; - provenienti da imprese dedite all'allevamento di bestiame; - provenienti da imprese dedite alle attività dei primi due punti che esercitano anche attività di trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola, inserita con carattere di normalità e complementarietà funzionale nel ciclo produttivo aziendale e con materia prima lavorata proveniente in misura prevalente dall'attività di coltivazione dei terreni di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilità; - provenienti da impianti di acquacoltura e di piscicoltura che

Sono acque reflue domestiche (art. 74, comma 1°, punto g) le acque reflue provenienti da attività domestiche, comprese quelle provenienti da servizi igienici, cucine, lavanderie e docce, nonché le acque meteoriche di dilavamento che si raccolgono all'interno delle abitazioni.

Sono acque reflue zootecniche (art. 74, comma 1°, punto f) le acque reflue provenienti da allevamenti di animali, compresi gli allevamenti ittici, che diano luogo a scarico e che si caratterizzino per una densità di allevamento pari o inferiore a 1 Kg per metro quadrato di specchio d'acqua o in cui venga utilizzata una portata d'acqua pari o inferiore a 50 litri al minuto secondo; aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e indicate dalla normativa regionale; provenienti da attività termali, fatte salve le discipline regionali di settore.

Sono acque reflue industriali (art. 74, comma 1°, punto h) qualsiasi tipo di acque reflue provenienti da edifici o installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, differenti qualitativamente dalle acque reflue domestiche e da quelle meteoriche di dilavamento, intendendosi per tali anche quelle venute in contatto con sostanze o materiali, anche inquinanti, non connessi con le attività esercitate nello stabilimento.

Sono acque reflue urbane (art. 74, comma 1°, punto i) il miscuglio di acque reflue domestiche,

diacque reflue industriali, e/o di quelle meteoric

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Publisher
A.A. 2006-2007
26 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/10 Diritto amministrativo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher melody_gio di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto dell'ambiente e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bari o del prof Mastrodonato Giovanna.