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Tutela dei lavoratori co.co.co.

Il legislatore ha iniziato dunque a dare qualche tutela:

  • Dal punto di vista previdenziale: dalla metà degli anni '90 si è previsto che anche per i co.co.co. si devono versare i contributi previdenziali all'Inps, contributi però all'inizio decisamente più bassi (10% del compenso). In più, 2/3 a carico del committente. Il risultato è che le pensioni sono decisamente più basse. La contribuzione però un po' alla volta è aumentata, oggi di pochi punti inferiori a quelli del lavoratore subordinato.
  • Poche altre norme di tutela: l'art. 2113 c.c. sancisce la regola secondo cui le rinunce e le transazioni poste in esse dal lavoratore rispetto a diritti riconosciuti da norme inderogabili di legge e contratto collettivo sono invalide. Rinunce dei lavoratori subordinati e per CO.CO.CO.
  • Poi viene riconosciuta una qualche forma di tutela della maternità, ma non negli stessi termini.
durata.Verso la fine degli anni '90 il dibattito si accentua e viene avanzata da parte di alcuni studiosi, tra cui Biagi, la possibile emanazione di uno statuto dei lavori: al plurale perché doveva trattarsi di una normativa volta a introdurre forme di tutela per tutti i rapporti di lavoro, subordinati e non (non per i contratti d'opera ma per quelli collaborativi). Il disegno di legge non va a buon fine, ma è una discussione che pone ancor di più i riflettori su questo tipo di contratti. Di lì a poco si arriva alla riforma Biagi (emanato poi d.lgs. 10 settembre 2003 post mortem, la stesura completa è stata fatta dopo la sua morte), consulente del ministro del lavoro Maroni del governo Berlusconi, ove viene elaborato il libro bianco con il progetto di riforma del processo del lavoro era previsto anche una parte per ridurre la fuga dal lavoro subordinato, attribuire maggiori tutele al

Lavoro parasubordinato e dare maggiori certezze al giudice e alle parti rispetto alla qualificazione del rapporto.- Sul primo obiettivo: il libro bianco costringeva le parti e il committente nel momento della stipulazione del contratto di collaborazione a introdurre nel contratto un progetto. Il co.co.co. deve essere a progetto, indicando un ben preciso progetto contrattuale, una opera o un servizio ben individuato. La riforma è riuscita in parte allo scopo, fuga ridotta. Non si tratta di un progetto come di un risultato, comportava quantomeno che quel contratto doveva avere un momento finale perché una volta completata quell'opera o servizio il contratto in sé non aveva più ragione di esistere (per la data o per il completamento dell'opera e limitava la possibilità di stipulare contratti di co.co.co.). Art. 61 e seguenti decreto (poi abrogati nel 2015): rapporti di co.co.co. prevalentemente personali e senza subordinazione devono essere

riconducibili a "uno o più progetti" specifici determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore e non può consistere in una mera riproposizione dell'oggetto sociale del committente. 62: Il progetto doveva essere stipulato in forma scritta e contenere i seguenti elementi: indicazione della durata determinata o determinabile, indicazione del progetto nel suo contenuto e il risultato finale che si intende conseguire, il corrispettivo e le forme di coordinamento del lavoratore a progetto e committente, che in ogni caso non può essere tale da ledere l'autonomia. Questo è un limite in qualche modo a quella arbitrarietà del committente, quindi si circoscrive questa autonomia del committente nell'individuazione degli elementi del contratto. In mancanza di questi elementi, il contratto doveva essere considerato di lavoro subordinato. - Sul secondo obiettivo: art. 63 sul corrispettivo, si prevede che sia proporzionato allaquantità e qualità del lavoro eseguito (art. 36 Cost). In relazione a ciò e alla natura del contratto, non può essere inferiore ai minimi stabiliti per ciascun settore di attività eventualmente stabiliti dai CC. Quindi per il compenso del collaboratore a progetto si farà riferimento ai minimi previsti dai CC per i lavoratori subordinati + art. 63. - Sul terzo obiettivo: queste sono norme tutt'ora vigenti art. 75 e seguenti decreto 276. Art. 75: introdotto l'istituto della certificazione, le parti possono decidere di chiedere agli organi previsti all'art. successivo di certificare il contratto stipulato. Sono individuati alcuni organi di certificazione: enti bilaterali (territorialmente costituiti, a composizione mista tra rappresentanti dei lavoratori e datori di lavoro), ispettorato territoriale del lavoro, università (costituire una commissione di certificazione che si presume abbiano competenza tecnica), i consigli provinciali dei.

consulenti del Diritto del lavoro – Prof. Zoli – Secondo semestre

lavoro, il Ministero del lavoro (quando il datore di lavoro abbia le proprie sedi in più regioni).

Questa certificazione è sulla carta, sul testo del contratto e non sul concreto svolgimento del rapporto che non c’è ancora stato nonrisolve il problema. Questa produce effetti finché non c’è una sentenza che la disconosce.

Nel 2012 viene emanata la riforma Fornero, governo tecnico di Monti, legge 92 del 2012: la riforma rafforza le previsioni della riforma Biagi e novella alcuni degli artt. da 61 a 69 del decreto 276, aggiungendo l’art. 69 bis che riguarda le collaborazioni con partita iva per rimarcare il fatto che anche se uno collabora ed emette fattura non significa niente, in quanto qualora ricorressero determinati contesti allora si deve ritenere che si sia davanti ad un contratto a progetto, ma se manca il progetto il contratto si deve considerare di lavoro subordinato.

Quindi c'è una trasformazione del contratto a titolo sanzionatorio. In presenza di due elementi su tre trasforma in un CO.CO.CO., ma semanca il progetto, conversione in un contratto di lavoro subordinato: - Collaborazione col medesimo committente è di durata complessiva almeno di otto mesi all'anno per due anni consecutivi; - Il corrispettivo derivante dalla collaborazione costituisca più dell'80% dei corrispettivi annui percepiti dal collaboratore nell'arco di due anni consecutivi; - Il collaboratore disponga di una postazione fissa di lavoro presso una sede del committente; Queste riforme hanno portato alla diminuzione dei co.co.co., ma non è servita in modo esagerato, in quanto esisteva ancora il problema della qualificazione. In questo contesto si arriva al decreto n. 81 del 2015 con la riforma Renzi, formato da una legge delega e 8 modifiche successive: la riforma ha conosciuto delle valutazioni molto diverse. Bisogna leggere congiuntamente l'art.2 e le norme finali, cioè artt. 52 eseguenti: art. 2 applicato al caso di specie dei riders di Foodora trasformando il loro rapporto in subordinato. L'art. 2 del decreto in pratica individua nell'ambito delle co.co.co. due sottotipi diversi: quelle organizzate dal committente alle quali si applica la disciplina del lavoro subordinato, differenziandole dalle co.co.co. non etero organizzate alle quali non si applica la medesima disciplina, ma si applica quel poco che esisteva prima della riforma Biagi. Quindi le co.co.co. sono ormai di due tipi, quelle etero organizzate parificate al lavoro subordinato. Da un lato la riforma Renzi ha disconosciuto il "progetto" quindi è tornata indietro, ma è avanzata in merito al riconoscimento delle tutele. Nel testo originario del decreto del 2015: si prevedeva che "si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro

esclusivamente personali,Diritto del lavoro – Prof. Zoli – Secondo semestrecontinuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committenteanche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro ".

Nel 2019 sono apportate due modifiche "prestazioni di lavoro prevalentementepersonali" e non esclusivamente; non si dice più "anche con riferimento aitempi e i modi di lavoro". Si è sottolineato nella miglior dottrina che quindi ladifferenza tra etero organizzazione e inter-organizzazione: la prima esercita leproprie prerogative attraverso ordini e direttive volte a specificare l'oggettodella prestazione di lavoro, ad ottenere il rispetto di determinate regolenell'adempimento della prestazione; la seconda è presente quando l'attivitàviene effettivamente integrata nell'organizzazione produttiva del committente.Ma c'è un'altra norma che ci può aiutare, la L 81

del tutto volontario e concordato tra le parti.La caratteristica delle co.co.co. ma se questo inserimento lascia comunque al collaboratore la determinazione dell'organizzazione dell'attività del soggetto allora non c'è etero organizzazione e non si applica la disciplina del contratto di lavoro subordinato (se c'è l'inserimento dunque nell'organizzazione, ma fatto autonomamente dal collaboratore e concordato dalle parti). Il secondo comma dell'art. 2 opera delle esclusioni nell'applicazione della disciplina al comma uno in certe situazioni: - Lettera a): Il primo indubbiamente dà lo spazio più ampio alla CC: "collaborazioni per le quali gli accordi collettivi esclusioni delle nazioni stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche sul trattamento economico normativo in ragione delle particolari esigenze produttive e
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SSD Scienze giuridiche IUS/07 Diritto del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Martibartoli24 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Del Lavoro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Zoli Carlo.