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LIMITI DI CEDIBILITÀ, PIGNORABILITÀ, SEQUESTRABILITÀ ED I PRIVILEGII

La cessione del credito della retribuzione, alla quale si collega l'istituto del pignoramento e del sequestro conservativo, presenta dei limiti e privilegi nei confronti dei terzi.

La cessione, insieme al pignoramento e al sequestro conservativo, sono previsti soltanto per:

  1. Per i crediti alimentari fino ad 1/3 del credito al netto delle ritenute;
  2. Per tutti i debiti verso lo Stato e gli Enti, aziende ed imprese da cui dipende il dipendente debitore nei limiti di 1/5 al netto delle ritenute;
  3. Per i Tributi allo Stato, alle Province, ai Comuni nel limite di 1/5 al netto delle ritenute.

Nel caso di concorso di cause riportate al punto 2 e 3, la Finanziaria del 2005 ha stabilito che non si può superare in totale 1/5 ed una quota superiore alla metà se concorre anche il punto 1.

Questa è la ragione per la quale a garanzia dei crediti alimentari la misura del pignoramento e del sequestro è limitata.

Il sequestro conservativo viene determinato dal Giudice, anche al di sopra del limite del 5% (art. 545 c.p.c.). Sono garantiti dal privilegio su mobili i crediti retributivi, il TFR ed altre indennità collegate, il risarcimento danni per omessi versamenti di contributi in subordine solo a quelli per ragioni di giustizia. I privilegi rappresentano una deroga alla par condicio creditorum sia nelle procedure esecutive che in quelle concorsuali. Non rientrano nei crediti concorsuali quelli nei confronti dell'amministrazione concorsuale che assumono il valore di crediti prededucibili potendo essere fatti valere direttamente (senza concorrenza con gli altri crediti) nel caso di insufficienza dell'attivo realizzato dall'amministrazione concorsuale.

3.4. LA PRESCRIZIONE DEI CREDITI DI LAVORO

L'art. 2946 c.c. (I DIRITTI SI PRESCRIVONO DOPO 10 ANNI SALVO DIVERSAMENTE DISPOSTO DALLA LEGGE) pur facendo riferimento all'effetto estintivo della prescrizione, in realtà

produce l'effetto acquisitivo, ossia per far valere la prescrizione al fine di opporsi all'esercizio del diritto dell'altra parte. La prescrizione dei crediti retributivi, compreso il TFR, è di 5 anni. Per l'interruzione della prescrizione è necessaria la messa in mora stragiudiziari, il deposito del ricorso presso la cancelleria del giudice adito e la notificazione dell'atto al convenuto. Durante il rapporto di lavoro non si prescrive il diritto ai ratei retributivi, prescrizione che contrasterebbe con la tutela costituzionale del diritto alla retribuzione. L'imprescrittibilità temporanea è stata ristretta da successive sentenze della Corte in caso di mancanza di stabilità effettiva, quale è considerata soltanto quella del pubblico impiego. Si preclude l'applicazione anche nel rapporto con i dirigenti, ai quali non si estende la legislazione sulla stabilità del posto di lavoro. Per i diritti non

Retribuiti non è intervenuta la Corte di Cassazione e quindi si applica la prescrizione normale cioè 10 anni. La prescrizione presuntiva si riferisce alla sola obbligazione pecuniaria soddisfatta nel tempo in cui si è verificata e conclusa, senza obbligo di conservare le ricevute. Si tratta di una presunzione mista (non presunzione assoluta) in quanto è ammessa la prova contraria che consiste nella confessione del datore che ammette di non aver pagato. Anche alla prescrizione presuntiva dei soli crediti retributivi si applicerà il regime dell'imprescrittibilità temporanea che snatura la funzione della prescrizione presuntiva. Il datore è tenuto a conservare le ricevute per tutta la durata del rapporto, alla scadenza del quale la prescrizione comincia a decorrere, e poi per la durata della prescrizione che è quella di 1 anno per i ratei a scadenza inferiore al mese e di 3 anni per i ratei a scadenza superiore.

5. GLI ISTITUTI DI

RISOLUZIONE STRAGIUDIZIARIA

Gli strumenti di risoluzione stragiudiziaria delle controversie di lavoro sono la CONCILIAZIONE e l'ARBITRATO.

La CONCILIAZIONE consiste in una transazione promossa dalle parti ed approvata dal conciliatore ed accettata dalle parti; l'esito finale della conciliazione non è quindi vincolante per le parti, che potrebbero, se non trovano un accordo, rifiutarsi di aderire alla proposta formulata dal conciliatore.

All'ARBITRO viene conferito il compito di emettere una decisione (detta LODO) con il quale sulla base del contradittorio tra le parti e della fase istruttoria, si stabilisce quale delle due parti ha ragione e quale ha torto.

L'ARBITRATO può essere RITUALE (secondo diritto) cioè vengono predeterminate (ai sensi dell'art. 816 del c.p.c.) le norme procedurali alle quali gli arbitri si devono attenere per garantire adeguatamente ad entrambe le parti il diritto di difesa. L'arbitrato rituale si conclude con il

decreto del giudice che conferisce al LODOARBITRALE la stessa natura di una SENTENZA. L'ARBITRATO IRRITUALE dove l'arbitro agisce secondo equità. Alla base dell'arbitrato vi può essere la CLAUSOLA COMPROMISSORIA con la quale vengono devolute all'arbitro le controversie relative all'applicazione del contratto. Il COMPROMESSO con il quale qualsiasi controversia potrebbe essere affidata ad arbitri che vengono comunque nominati con il compromesso.

6. IL TENTATIVO OBBLIGATORIO ED I TIPI DI CONCILIAZIONE

In materia di lavoro il tentativo di conciliazione è quasi una prassi obbligatoria prima di procedere al ricorso al Giudice. Decorsi inutilmente 60 giorni per il settore privato e 90 giorni per quello pubblico si riscontra il fallimento del tentativo di conciliazione e quindi si può procedere al ricorso. Se non si è tentata la conciliazione, in sede di ricorso, il Giudice potrebbe rimandare le parti al tentativo di conciliazione.

Concedendoi famosi 60 e 90 giorni. In caso di mancata conciliazione la parte ha 180 giorni per riassumere il giudizio.

La conciliazione può avvenire dinanzi alla Commissione Amministrativa istituita presso le DPL o presso i Collegi previsti dai contratti o dinanzi ad un funzionario di un sindacato. Non viene considerata conciliazione quella promossa proprio da un funzionario della DPL (detta conciliazione monocratica). Tale tentativo viene promosso d'ufficio ed in caso di esito positivo proseguono gli accertamenti. Nel caso di conciliazione sindacale è obbligatorio che le parti firmino il verbale nuovamente dinanzi al direttore della DPL che ne accerti l'autenticità. Solo in questo caso la conciliazione è inoppugnabile.

7. L'ARBITRATO RITUALE ED IRRITUALE NELLE CONTROVERSIE DI LAVORO

L'Arbitrato Rituale può essere previsto solo dai CCNL o dalla legge, sempre che sia facoltativo.

L'Arbitrato Irrituale prescinde dal tentativo di

La conciliazione e non si conclude con l'esecutività del lodo mediante decreto del giudice del lavoro. Il nuovo art. 808 ter del c.p.c. si riferisce all'arbitrato irrituale che in materia di lavoro può essere soltanto determinato dalla legge o dai CCNL. Trattasi di arbitrato irrituale il cui lodo non si trasforma in un provvedimento giudiziario, come succede invece per l'arbitrato rituale, è, in astratto, ammettere che una legge ne stabilisca l'obbligatorietà senza incorrere nella violazione dell'art. 24 e 102 della Costituzione.

Il Lodo irrituale è annulabile dal giudice del lavoro:

  1. Se il CCNL è invalido, e se gli arbitri hanno pronunciato su conclusioni eccessivamente fuori dai limiti del contratto, sempre che, tali eccezioni, siano state evidenziate nel procedimento arbitrale.
  2. Se gli arbitri non sono stati nominati con le forme e nei modi stabiliti dal CCNL;
  3. Se il lodo è stato pronunciato da chi è

legalmente incapace;

4) Se gli arbitri non si siano tenuti alle regole di condizioni di validità del lodo imposte dai CCNL;

5) Se non è stato osservato nel procedimento arbitrale il principio del contraddittorio.

Il lodo arbitrale irrituale può essere dichiarato nullo quando abbia violato una norma inderogabile di legge o di CCNL.

L'arbitrato irrituale speciale deve essere previsto dai CCNL e solo dopo il tentativo di conciliazione.

L'arbitrato irrituale (come quello rituale) si conclude con il decreto del giudice del lavoro.

Le parti possono ritenere l'arbitrato invalido per i seguenti vizi:

  • Vizi di volontà della parte che aderiscono all'arbitrato;
  • Contrasto con norme imperative di legge e di CCNL.

Nei suddetti casi possono impugnarlo nel termine di 30 gg dalla notificazione del lodo, dinanzi al tribunale.

È possibile chiedere al giudice del Tribunale di avallare il lodo per renderlo esecutivo nei casi di seguito previsti:

  • Quando il
giudice ne accerti la validità;- Quando l'impugnativa non avviene nei 30 giorni;- Quando le parti hanno dichiarato per iscritto di accettare il lodo. 8. I PRINCIPI DEL PROCESSO DEL LAVORO Il processo del lavoro è ispirato a principi particolari che sono stati introdotti con la legge 533/1973, alla quale si è richiamata di recente anche la riforma del processo civile. L'atto introduttivo è il RICORSO che è la richiesta al giudice della fissazione dell'udienza che deve essere notificata, insieme al ricorso, alla parte convenuta. Il giudice di I° grado è il Tribunale, come giudice unico, presso sezioni specializzate; in II° grado c'è la Corte d'Appello, presso sezione specializzata; infine anche il ricorso in Cassazione avviene presso sezioni specializzate. I principi informatori sono: - Il PRINCIPIO DELL'IMMEDIATEZZA in base al quale le parti devono far valere ogni richiesta o eccezione e devono indicare gli

Elementi di prova al momento del ricorso. Per chi inizia il ricorso, di solito il lavoratore, ciò può avvenire in sede di costituzione del giudizio; per il datore invece deve avvenire 10 giorni prima dell'udienza.

Il PRINCIPIO DELLA CONCENTRAZIONE che avrebbe dovuto significare lo svolgimento del processo in un'unica seduta, mentre è prassi effettuare dei rinvii.

Il PRINCIPIO DELL'ORALITÀ dovrebbe prevedere il solo colloquio del giudice con le parti ed i testimoni, mentre è prassi accettare delle note autorizzate con molte distorsioni, anche relativamente all'audizione delle parti e dei testi.

L'APPELLO è ispirato al principio del processo civile, che prevede l'esibizione di nuove prove e nuovi motivi, e, se autorizzati, anche documenti già esistenti.

Il processo in cassazione risponde al giudizio di legittimità secondo le regole generali, anche se il ricorso viene presentato in sezioni specializzate.

sindacato o da un gruppo di lavoratori dal lavoro, al fine di ottenere miglioramenti delle condizioni di lavoro o di difendere i propri diritti. Il diritto di sciopero è riconosciuto e tutelato dall'articolo 40 della Costituzione italiana. 2. Le caratteristiche del diritto di sciopero.Il diritto di sciopero presenta alcune caratteristiche fondamentali. Innanzitutto, è un diritto costituzionalmente garantito, che consente ai lavoratori di esprimere il proprio dissenso o di lottare per il miglioramento delle proprie condizioni di lavoro. Inoltre, il diritto di sciopero è un diritto collettivo, che può essere esercitato da un gruppo di lavoratori o da un sindacato. Infine, il diritto di sciopero è un diritto limitato, nel senso che deve essere esercitato nel rispetto di determinate regole e limiti stabiliti dalla legge. 3. Le limitazioni al diritto di sciopero.Pur essendo un diritto fondamentale, il diritto di sciopero può essere soggetto a limitazioni. Queste limitazioni possono essere giustificate da motivi di ordine pubblico, di sicurezza o di tutela di altri diritti fondamentali. Ad esempio, è vietato scioperare durante lo svolgimento di servizi essenziali per la collettività, come i servizi di emergenza o i trasporti pubblici. 4. Le conseguenze dell'esercizio del diritto di sciopero.L'esercizio del diritto di sciopero può comportare diverse conseguenze. Da un lato, i lavoratori che aderiscono allo sciopero possono subire delle sanzioni disciplinari da parte del datore di lavoro. Dall'altro lato, il datore di lavoro può adottare misure per garantire la continuità del servizio o per limitare gli effetti dello sciopero. Inoltre, il diritto di sciopero può avere delle ripercussioni economiche, sia per i lavoratori che per l'azienda. In conclusione, il diritto di sciopero è un diritto fondamentale riconosciuto dalla Costituzione italiana, che consente ai lavoratori di astenersi dal lavoro per ottenere miglioramenti delle condizioni di lavoro o per difendere i propri diritti. Tuttavia, questo diritto è soggetto a limitazioni e può comportare diverse conseguenze sia per i lavoratori che per l'azienda.
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A.A. 2011-2012
17 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/07 Diritto del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher luca d. di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto del lavoro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Scienze giuridiche Prof.