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ESCLUSIONI PER ATTIVITÀ LAVORATIVE SESSUALMENTE SPECIFICHE

Alcune deroghe alla direttiva 76/207 sono ammesse per quelle attività per le quali il sesso è condizione determinante. Inizialmente l'interpretazione della Corte è sempre stata restrittiva ma successivamente è avvenuta una revisione avvenuta nel 2002. Oggi queste eccezioni sono state rigorosamente indicate nella direttiva 2006/54; si è riconosciuto che l'obiettivo di queste attività deve essere legittimo, lo specifico requisito richiesto del sesso deve essere comunque proporzionato ed il sesso richiesto deve essere essenziale e determinante per lo svolgimento dell'attività lavorativa in questione.

Nel nostro ordinamento la direttiva è stata recepita con il d. lgs 198/2006 il quale ammette esclusioni solo per il settore dello spettacolo, dell'arte e della moda.

LE CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE DELLE DISCRIMINAZIONI

discriminazioni valgono solo per le discriminazioni indirette e non per quelle dirette; anche nelle ipotesi in cui vengono ammesse, esse devono comunque essere basate sui caratteri essenziali del lavoro svolto. La Corte di Giustizia più volte si è dovuta pronunciare in materia ma le considerazioni più delicate che ha fatto riguardano sicuramente quelle sulla politica sociale alla base dei provvedimenti legislativi nazionali: nel caso Nolte, ad esempio nel caso Nole, la Corte ha giustificato l'esclusione dagli obblighi assicurativi dei lavori minori anche se ciò svantaggia prevalentemente le donne. In linea generale, comunque, il settore in cui le cause di giustificazione delle discriminazioni sono maggiormente ammesse è quello dei trattamenti previdenziali; è difficile, infatti, che la Corte possa accettarle in relazione ad altri ambiti perché, come ha espresso chiaramente nel caso Seymour-Smith e Perez, "la discrezionalità di".cui godono gli Stati membri non può risolversi nello svuotare di ogni sostanza l'attuazione di un principio fondamentale del diritto comunitario" quale quello tra lavoratori e lavoratrici. PARITÀ E TUTELA DELLA LAVORATRICE Le implicazioni del principio di parità hanno dato vita a grandi incertezze su due diversi piani: A) Verso le norme tradizionali a tutela della donna lavoratrice; B) Verso le misure preferenziali per le donne, dirette a rimuovere tutti gli ostacoli alle pari opportunità; A) La direttiva 76/207 conteneva già alcune previsioni, anche se non chiarissime, che sarebbero state poi meglio specificate nell'art. 28.1 della direttiva 2006/54 circa la compatibilità delle misure di protezione della donna, in particolar modo durante la gravidanza e la maternità, rispetto alla normativa antidiscriminatoria. Gli atteggiamenti dei vari ordinamenti nazionali sono stati diversificati: il sistema italiano ha interpretato in manierarigorosa l'incompatibilità fra le parità e le protezioni differenziali, ammettendo solo la disciplina sulla maternità ed il divieto di lavoro notturno delle donne (divieto che poi è stato eliminato dalla Corte di Giustizia). L'ambito in cui la Corte di giustizia si è maggiormente espressa ammettendo deroge è, comunque, quello della tutela della donna in caso di gravidanza e maternità: ambito nel quale alla donna viene garantita una protezione particolare (per cui una donna in gravidanza non può essere licenziata a causa del suo stato, né delle malattie causate dalla gravidanza stessa, né può essere esclusa dal beneficio della maggiorazione di anzianità per la pensione ai fini di vecchiaia). In ogni caso, la Corte, pur ammettendo ipotesi di protezione specifica per la maternità, le limita. CONGEDI PARENTALI La questione dei congedi parentali viene posta in essere per redistribuire in modo più equilibrato.I ruoli e la responsabilità nella famiglia. È, comunque, una questione trattata solo in epoca relativamente recente tramite la raccomandazione 92/241 sulla custodia dei bambini. La conciliazione delle responsabilità professionali con quelle familiari di uomini e donne è, però, stata perseguita solo con la direttiva 96/34 (che a sua volta recepisce il contenuto di un accordo quadro sui congedi parentali e assenza dal lavoro x cause di forza maggiore). Il contenuto della direttiva in questione fornisce, però, solo prescrizioni minime, migliorabili dai singoli ordinamenti nazionali. IL CONTENUTO 5 è il primo diritto sancito; esso è il diritto di tutti i lavoratori, di ambo io IL CONGEDO PARENTALE sesso, di astenersi dal lavoro per la nascita/adozione di un bambino affinché possano averne cura. Astensione per un periodo di minimo 3 mesi fino ad un massimo di 8 anni è lasciato ai singoli ordinamenti (autorità e parti)

Il diritto ad assentarsi dal lavoro per ragioni familiari urgenti è disciplinato dalla direttiva 96/34/CE, recepita nel nostro ordinamento con una disciplina più favorevole nel Testo Unico in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità.

La direttiva prevede che il lavoratore abbia il diritto di assentarsi dal lavoro per ragioni familiari urgenti che rendano indispensabile la sua presenza immediata. La disciplina stabilisce le modalità di applicazione, i presupposti soggettivi, le condizioni di accesso, il preavviso richiesto e i motivi per cui il datore di lavoro è autorizzato al rinvio dell'esercizio del diritto.

Inoltre, la normativa prevede la protezione dal licenziamento per i soggetti che usufruiscono di tale diritto e garantisce il diritto di ritornare allo stesso posto di lavoro o a uno analogo ed equivalente.

La direttiva 96/34/CE è stata modificata nel 2009 sulla base di un accordo quadro sui cambi di parentalità delle parti sociali europee.

Le novità introdotte riguardano la durata delle assenze

La minima del congedo di ciascun genitore è pari a 4 mesi, di cui almeno 1 mese non è trasferibile da un genitore all'altro (per incentivare il congedo maschile).

È possibile richiedere un cambiamento temporaneo dell'orario o dell'assetto di lavoro una volta rientrati dal congedo. Il datore di lavoro deve fornire una risposta, che non necessariamente deve essere positiva, durante il congedo stesso.

La Corte di Giustizia ha trattato più volte l'argomento a partire dalla fine degli anni '90, ed è arrivata a stabilire che:

  • Non è consentito, in base al principio sulla parità retributiva, escludere completamente le lavoratrici in congedo parentale dalla gratifica natalizia erogata senza tenere conto dei periodi di lavoro svolto durante l'anno (mentre è consentito farlo qualora la gratifica sia subordinata solo all'effettiva presenza attiva del lavoratore).
  • Il diritto al congedo parentale non

è legato al numero di figli nati in caso di partogemellare, anche se gli ordinamenti nazionali sono tenuti ad istituire regimi che netengano debitamente conto.

PARITA' E AZIONI POSITIVE

La possibilità di sostenere misure promozionali specifiche del lavoro delle donne è stata giustificata perché queste misure sono finalizzate alla parità di opportunità e non sono più di trattamento. Nonostante ciò sono comunque stati molto controversi i limiti di legittimità delle azioni positive, soprattutto i limiti di quelle azioni che non sono solamente volontarie e temporanee, ma che assumono carattere restrittivo delle politiche dell'impiego perseguite dalle imprese.

In merito a quest'argomento la Corte di Giustiza ha taciuto a lungo, fino al caso Kalanke (1995) in cui la normativa nazionale che prevedeva, a parità di qualifiche professionali, la preferenza per promozioni/assunzioni alle donne nei settori in cui queste

erano rappresentate in modo scarso (50% < ). La situazione è stata poi modificata con l'aggiornamento dell'attuale 157.4 TFUE: questo articolo prevede, infatti, la possibilità di azioni positive per assicurare l'effettiva parità lavorativa quando queste sono volte a favorire il sesso sottorappresentato ( x compensare/evitare svantaggi nelle carriere professionali). 6 Questo principio viene poi anche ripreso dall'art.23 della Carta dei Diritti Fondamentali. Successivamente anche l'orientamentamento della Corte si va modificando: la normativa preferenziale a favore delle donne è legittima se la priorità per queste non è assoluta, ma ammette variazioni o deroghe per qualità personali dei candidati. Una sentenza di condanna è arrivata per l'Italia per via della disparità di trattamento prevista nel regime pensionistico dell'Inpdap, dal momento che la Corte non ha ritenuto sufficiente

La diversa età pensionabile come metodo di compensazione per gli svantaggi delle carriere dei dipendenti pubblici di sesso femminile.

PARITÀ NELLA SICUREZZA SOCIALE

La sicurezza sociale è l'ambito in cui le questioni di non discriminazione tra sessi sono state affrontate più tardivamente; la stessa direttiva 76/207, infatti, anche se ampliava la portata di questo principio comunitario, ne escludeva l'applicazione per le prestazioni previdenziali. Ambito questo che viene, invece, poi incluso con la successiva direttiva 79/7, modificata e integrata da varie altre direttive, e sostituita infine dalla direttiva 2010/41.

Con la 79/7 il principio di parità si applicava ai regimi previdenziali contro rischi di malattia/invalidità/infortuni sul lavoro/malattie professionali/disoccupazione, ma non agli assegni familiari né alle prestazioni per i superstiti.

La Corte ha ritenuto escluse dall'ambito di applicazione varie forme di sostegno al

reddito (tracui gli housing benefits). La direttiva in questione, però, sicuramente amplia notevolmente l'ambito soggettivo di applicazione in quanto è applicabile a tutti i lavoratori, anche autonomi, pensionati, disoccupati involontari e a tutti coloro che hanno interrotto la propria attività x malattie/infortuni.

L'art 4.1, contro il divieto di discriminazione, è stato riconosciuto come avente efficacia verticale nei confronti dei lavoratori della P.A. degli Stati membri. Contrario al suddetto articolo risulta essere, quindi, un diverso modo di calcolo delle pensioni secondo i sessi.

Sono previste possibili eccezioni al principio di parità ex art. 7.1, lasciate alla discrezione degli Stati Membri: ad esempio per il limite d'età per la pensione di vecchiaia, per i vantaggi sulla pensione di vecchiaia per chi ha contribuito all'educazione dei figli, per le maggiorazioni delle prestazioni previdenziali per il coniuge a carico, ecc.

ssere interpretate in modo restrittivo e applicate solo in casi eccezionali.
Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
9 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/07 Diritto del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher domy2211 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto del lavoro dell'Unione Europea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Izzi Daniela.