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24/9/04
DIRITTO DEL LAVORO NELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
Il rapporto di pubblico impiego è stato disciplinato in modo diverso dal rapporto di lavoro privato, in ragione della natura pubblica del datore di lavoro.
- Pubblico impiego, la fonte di due diversi rapporti che lo legano alla pubblica amministrazione:
- 1° rapporto di servizio: è il complesso di doveri in capo al dipendente lavorato per la pubblica amministrazione, e in capo alla pubblica amministrazione è l’apparato.
- 2° rapporto organico: è rapporto di coesistenza dell’impiegato sull’ufficio in funzione del quale egli diventa titolare di un ufficio pubblico, incaricandosi dell’ente stesso.
Questi due rapporti coesistenti sono regolati dal diritto amministrativo; la normativa principale in merito era contenuta nel testo unico delle disposizioni sullo statuto degli impiegati dello Stato (1957), testo unico ancora in vigore. Il rapporto "organico" è in una posizione preminente rispetto al rapporto di "servizio".
- Articolo 37: i pubblici uffici sono organizzati in modo da tutelare l’interesse pubblico tramite il buon andamento e l’imparzialità.
- È un fatto rilevante necessario che fosse il diritto pubblico a regolamentare i rapporti di pubblico impiego; così da riscrivere per il rapporto organico mentre dal punto di vista del servizio che non fosse necessario, che anche il rapporto di servizio fosse regolato dal diritto pubblico e amministrativo.
Regole fondamentali a cui è assoggettato il rapporto di pubblico impiego:
- Non costituire tramite contratto, ma da un atto unilaterale chiamato provvedimento amministrativo di nomina.
- Le fonti che disciplinano il rapporto sono costituite esclusivamente da norme di legge e normative, non è ammesso, in tal senso alcun intervento dei sindacati.
- La gestione del rapporto di lavoro (promozioni, licenziamenti, organizzazione degli uffici, ecc.) è decisa unilateralmente dall’ente pubblico, senza chiedere il consenso né al lavoratore né ai sindacati.
- Le eventuali controversie tra datore di lavoro e impiegato dovevano essere gestite dal tribunale amministrativo.
A tali regole si fa eccezione solo per gli enti pubblici economici, i quali sono assoggettati al diritto del lavoro in senso stretto, quindi più al diritto privato che al diritto pubblico.
- Alla fine degli anni '60 si mise in discussione la necessità di assoggettare il pubblico impiego a queste regole. Attraverso una sentenza della Corte Costituzionale, poi, venne riconosciuto il diritto di sciopero per i dipendenti delle p.a., fatto molto importante perché si ammesse la rilevanza degli interessi dei lavoratori in conflitto con l’interesse pubblico.
- Messe poi a problema del meccanismo delle p.a., quindi la necessità di riesedere le regole esistenti per ridurre la spesa pubblica (costi del personale erano altissimi, plafonazioni di servizio, effetto alla collettività).
Leggi quadro sul pubblico impiego (legge 29/3/1983 n°93):
dettava una nuova disciplina del pubblico impiego cambiando molte regole, riconducendo un ruolo importante alla organizzazione sindacale; inoltre, per la prima volta, che i sindacati possano concorrere con l’ente pubblico degli aspetti del rapporto di lavoro.
Tale legge con, però, molti ostacoli applicata in quinta versione, una serie di decreti questa tentativo di riforma non ha perciò dato i risultati sperati.
C'era bisogno di una nuova e più radicale riforma e venne così avviato il processo di contrattualizzazione e privatizzazione del pubblico impiego, tramite cui viene ammesso che il pubblico impiego fosse assoggettato al diritto privato. Il contratto diventò uno strumento importante anche in questo tipo di rapporto, inteso sia come contratto individuale che come contratto collettivo.
Questo processo ebbe inizio negli anni '90, precisamente con l’articolo 2 della legge delega 421/1992. L'anno successivo vennero emessi elaborati nuovi normativi in materia, emanandola attraverso legislativa 29/1993. Tuttavia la riforma in questo stralcio è poca anche dopo emanarono una seconda legge delega, ovvero le legge Bassanini art. 11, la cui funzione è quella di dare direzione al processo di privatizzazione del pubblico impiego.
Nel 1998 il legislatore decise di riordinare tutte le norme presenti ed elaborò il decreto legislativo n°165 del 30/3/2001, ovvero il Testo Unico sul pubblico impiego, T.U. di tipo compilativo nel senso che tramite esso il legislatore ha solo messo in ordine le varie leggi in materia.
La principale novità che si realizza con questa riforma è che il pubblico impiego viene regolato dal diritto privato, civile, del lavoro e dalle norme collective, come affermato dall’articolo 2 comma 2 del T.U.
Alcuni rapporti di pubblico impiego non sono assoggettati alle nuove norme di privatizzazione; lavoratori esenti sono quei nominati all’articolo 3 del T.U.: magistrati, avvocati, procuratori dello Stato, forze di polizia, diplomatici, dipendenti di camera e senato, professori e ricercatori universitari.
PRINCIPIO CONCORSUALE = il concorso pubblico è considerato il meccanismo ideale per selezionare candidati in grado di assicurare il buon andamento della pubblica amministrazione.
articolo 97 comma 4° Costituzione: “Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge.”
Nello stesso articolo si parla del buon andamento e dell'imparzialità della amministrazione e quindi va sottolineato che tra il principio concorsuale e il principio di buon andamento c'è un'implicita, poiché il concorso è la procedura relativa che compara le capacità di più persone escludendo che vengano fatte situazioni di favoritismo.
articolo 51 Costituzione: “Tutti i cittadini dell'uno e dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizione di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge.”
articolo 98 Costituzione: “I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione.”
In conseguenza a ciò, vengono stabilite le incompatibilità tra la pubblica e pubblico dipendente ed taluni impieghi.
- Nel caso in cui siano state violate le regole del concorso, si avrà la nullità delle assunzioni con esso operate.
- Il concorso pubblico non viene abolito nelle ipotesi in cui si debbano assumere persone appartenenti alle cosiddette categorie protette in quanto esse seguono le leggi del collocamento obbligatorio, quindi il personale verrà scelto un meccanismo diverso da quelli del concorso.
- La legge delega 421/1992, in materia di procedimenti volti alla selezione per l'accesso al pubblico impiego, precisa che tali procedimenti non potevano essere regolati tramite contrattazione collettiva, la materia del reclutamento, quindi, è sotto sovranità pubblica, dato che non può essere regolato da norme di diritto privato, preciso gli enti pubblici, per selezionare i più meritevoli devono attenersi alle regole stabilite dal legislatore.
articolo 39 T.U. non parla più di concorso, ma di procedure selettive, formula più ampia, che comprende anche il concorso ma che più in generale fa riferimento a tutte le procedure che selezionano il personale pubblico, sulla base di criteri non necessariamente meritocratici.
articolo 35 T.U., sanzisce il principio di adeguata pubblicità della selezione. Il principio di imparzialità, economicità e celerità e il principio di trasparenza e non discriminazione della stessa, al fine di garantire parità di condizioni per l'accesso ai pubblici uffici, i bandi di concorso, possono fare riferimento allo svolgimento della partecipazioni pubbliche, anche se questo in realtà li rende meno blindati tra i partecipanti per fini pubblici.
- Sono state sviluppate 3 diverse teorie circa la natura (privata o pubblica) che tali procedure concorsuali debbano avere e quindi secondo quali norme debbano essere regolati:
teoria privatistica: secondo i sostenitori di questa teoria, i concorsi pubblici (sia volti all'assunzione di nuovo personale sia finalizzati alla promozione di personale già in carica) sono soggetti alle norme di diritto privato.