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Diritto del lavoro - i rapporti speciali di lavoro Pag. 1
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Lavoro supplementare e straordinario

Per quel che riguarda il lavoro supplementare, il consenso del lavoratore alla prestazione supplementare è necessario solo in assenza di disciplina collettiva, anche se si precisa che il rifiuto del lavoratore non può mai integrare gli estremi di un giustificato motivo di licenziamento (co. 3°).

Inoltre, la legge non prevede né un numero massimo di ore di lavoro supplementare, né l'obbligo di corrispondere una maggiorazione retributiva e la regolamentazione di questi aspetti è affidata ai contratti collettivi stipulati da sindacati comparativamente più rappresentativi (co. 2° e 4°). Alla stessa contrattazione collettiva compete sia la determinazione dell'eventuale percentuale di maggiorazione sull'importo della retribuzione oraria globale di fatto, sia l'individuazione delle causali e del numero massimo di ore supplementari che possono essere richieste al lavoratore.

Per quanto attiene al lavoro straordinario, si...

Ribadisce la possibilità del ricorso ad esse nel caso di part-time verticale o misto, nonché l'applicazione della normativa generale dettata per i rapporti a tempo pieno (co. 5°). La riforma del 2003 accresce anche il potere del datore di lavoro di modificare la collocazione temporale della prestazione di lavoro a tempo parziale, nonché di aumentarne la durata. È riconosciuto alle parti (co. 7° e 8°) la facoltà di introdurre nel contratto individuale, anche se a tempo indeterminato, non soltanto clausole flessibili che autorizzano la modifica unilaterale della collocazione temporale della prestazione del lavoratore, ma altresì clausole elastiche che consentano l'aumento della durata della prestazione lavorativa nel suo insieme, e si è ridotto da cinque a due giorni il preavviso necessario per l'esercizio di tali facoltà da parte del datore di lavoro. Si tratta di materie in precedenza riservate alla

contrattazione collettiva. Pertanto alla disciplina collettiva è rimasto il potere di stabilire condizioni più favorevoli. L'accordo delle parti individuali sull'inserzione di una clausola flessibile o elastica deve risultare da un specifico atto scritto, anche contestuale al contratto di lavoro, e che il lavoro può farsi assistere da un rappresentante sindacale aziendale da lui scelto. E' ribadito il rifiuto di stipulare il patto contenente la clausola flessibile o elastica non costituisce giustificato motivo di licenziamento (co.9°). Il D.Lgs. 61 si era posto l'obiettivo di incentivare il ricorso al lavoro part-time, dal lato tanto dei lavoratori quanto dei datori di lavoro, nella prospettiva di favorire la diffusione di questa forma di rapporto in funzione di promozione dell'occupazione. Per quel che riguarda il punto di vista sindacale, i lavoratori part-time si calcolano come unità intere per quel che riguarda i limiti dimensionali.

Utili per l'applicazione del Titolo III dello Statuto dei Lavoratori (relativo all'attività sindacale nei luoghi di lavoro). Parlando di apparato sanzionatorio, in caso di difetto di forma scritta del contratto, il legislatore, dopo aver precisato che essa è richiesta solo "ad probationem", ha voluto ribadire espressamente che è ammessa la prova per testimoni nei limiti di cui all'art. 2725 c.c., aggiungendo che, in difetto di tale prova, su richiesta del lavoratore può essere dichiarata la sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno a partire dalla data in cui risulta giudizialmente accertata la mancanza della scrittura, fermo restando il diritto alle retribuzioni dovute per le prestazioni effettivamente rese prima della procedura data (art. 8, co. 1°).

La disciplina sanzionatoria è più complessa nell'ipotesi che il contratto non contenga le indicazioni sulla durata e alla collocazione temporale.

della prestazione lavorativa. Escluso questo caso, l'anullità dell'intero contratto viene distinto, dal legislatore, in due ipotesi: nel caso in cui manchi l'indicazione della durata, il lavoratore può chiedere l'accertamento giudiziale della sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo pieno, con effetto dalla data della sentenza (ex nunc); invece nel caso in cui manchi l'indicazione della collocazione temporale, questa sarà determinata dal giudice, sulla base delle previsioni dei contratti collettivi, tenendo conto delle responsabilità famigliari e delle necessità di integrazione del reddito del lavoratore, nonché delle esigenze del datore di lavoro. Il D.Lgs. 61 riconosce al lavoratore il diritto ad un risarcimento del danno nell'ipotesi di violazione del diritto di precedenza riconosciuto al lavoratore part-time nel caso di assunzione di nuovo personale a tempo pieno, in misura pari alla differenza tra la retribuzione.

percepita e quellache gli sarebbe stata corrisposta in caso di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno neisei mesi successivi ad essa (art. 8, co. 3°). Però, come detto precedentemente, il diritto diprecedenza, sussiste solo se inserito nel contratto individuale.

Il rapporto a tempo parziale, nasce dall'incontro tra una domanda di prestazioni flessibili edun'offerta di forza-lavoro disponibile a lavorare ad orario ridotto. La disciplina legislativa ha finitoper riconoscere nel lavoro a tempo parziale una sorta di rapporto speciale, contraddistinto dallavariabilità della prestazione e nello stesso tempo, dalla stabilità della occupazione.

Questo spiega la tendenza del legislatore a riconoscere in materia un ruolo centrale allacontrattazione collettiva, cui attribuiva importanti poteri di deroga e d'integrazione della normativa.Tuttavia, il D.Lgs. 276 ha mostrato la volontà di alterare in maniera significativa il rapporto con

La contrattazione collettiva, assegnando all'autonomia individuale un ruolo spesso alternativo all'autonomia collettiva. Il Lavoro Intermittente

Il D.Lgs. 276 ha introdotto anche nuove tipologie contrattuali ad orario flessibile, tra le quali varicordato il lavoro intermittente (o a chiamata), che può essere considerato come una particolare declinazione dello schema generale del lavoro a tempo parziale. Ai sensi dell'art. 34 del decreto, il lavoratore mette le proprie energie lavorative a disposizione del datore di lavoro, il quale può utilizzarle per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente, secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale (co. 1°).

In assenza di disciplina collettiva, le attività per le quali è consentito il lavoro intermittente sono quelle previste dal R.D.

2657 del 1923. Il contratto di lavoro intermittente può essere concluso in ogni caso per lo svolgimento di prestazioni rese da soggetti con meno di 25 anni di età ovvero da lavoratori con più di 45 anni di età, anche pensionati (co. 2°). E' invece vietato il ricorso a questo tipo di contratto per la sostituzione di lavoratori in sciopero, per l'adibizione a mansioni ricoperte da lavoratori licenziati collettivamente o posti in Cassaintegrazione guadagni nelle unità produttive interessate da questi processi di riduzione del personale o di riduzione o sospensione dell'orario di lavoro, nonché delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell'art.4 del D.Lgs.626 del 1994 (co. 3°). Per la stipulazione del contratto di lavoro intermittente il legislatore richiede (art. 35) la forma scritta ai fini della prova di numerosi elementi fondamentali, quali la durata, l'ipotesi.

(soggettiva ooggettiva) che ne consente la stipulazione, il luogo e la modalità della disponibilità eventualmente garantita dal lavoratore ed il relativo preavviso di chiamata (che non può comunque essere inferiore a un giorno lavorativo), il trattamento economico e normativo nonché l'indennità di disponibilità, i tempi e le modalità di pagamento, le eventuali misure di sicurezza connesse all'attività. Le parti devono altresì recepire le indicazioni contenute nei contratti collettivi, ed il datore di lavoro deve informare annualmente le rappresentanze sindacali aziendali sull'andamento del ricorso al lavoro intermittente. Per quel che riguarda la disciplina del rapporto, l'attenzione maggiore è rivolta all'ipotesi in cui il lavoratore si obblighi alla c.d. Disponibilità, cioè ad accettare le chiamate del datore di lavoro, rimanendo a disposizione dello stesso anche nei periodi nei quali

non gli sia chiesto di effettuare la prestazione. In questi casi, ai sensi dell'art. 36, ha diritto ad un'indennità la cui misura deve essere stabilita dai contratti collettivi sulla base di un minimo previsto da un decreto ministeriale, ma può legittimamente rifiutare la chiamata solo nel caso di malattia o di altro evento che renda impossibile la prestazione, dandone tempestiva informazione al datore di lavoro. Comunque, anche in caso di rifiuto legittimo è prevista la perdita del diritto all'indennità di disponibilità per tutto il periodo di impossibilità, mentre in caso di ritardata comunicazione il lavoratore perderà l'indennità per un periodo di quindici giorni. Ogni altra ipotesi di rifiuto di rispondere alla chiamata è invece considerata inadempimento tale da giustificare la risoluzione del rapporto, la perdita dell'indennità per il periodo successivo al rifiuto, nonché congruo.

risarcimento del danno. Resta ancora da ricordare che la legge sancisce un principio di non discriminazione nei confronti dei lavoratori intermittenti (art. 38). Il lavoratore intermittente ha diritto a ricevere un trattamento economico, normativo e previdenziale proporzionato, in ragione della prestazione effettivamente eseguita, in particolare con riferimento alla retribuzione globale, alle ferie, ed ai trattamenti per malattia, infortunio sul lavoro, malattia professionale, maternità e congedi parentali (co. 2°). Per contro, per tutto il periodo in cui il lavoratore resta a disposizione di una eventuale chiamata del datore di lavoro, non è titolare di alcun diritto riconosciuto ai lavoratori subordinati, né matura alcun trattamento economico e normativo (salvo l'indennità di disponibilità) (co. 3°).

Il Lavoro Ripartito

Il contratto di lavoro ripartito, regolato dall'art. 41 del D.Lgs. 276, stabilisce che due lavoratori assumono in solido

L'adempimento di un'unica obbligazione di lavoro nei confronti del datore di lavoro. In sostanza i due lavoratori rispondono ciascuno per l'intera obbligazione, ma salvo che non sia diversamente stabilito nel contratto di lavoro o nel contratto o accordo.

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Publisher
A.A. 2012-2013
5 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/07 Diritto del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher valeria0186 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto del lavoro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Caliandro Stefano.