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Periodo di congedo di maternità
Il periodo di congedo di maternità comprende:
- Il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto, ove esso avvenga oltre la data presunta
- Gli ulteriori giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni sono aggiunti al periodo di congedo di maternità dopo il parto anche se si supera il periodo complessivo di 5 mesi.
Per effetto della L. 30-12-2018, n. 145 (legge di bilancio 2019), in alternativa, le lavoratrici possono astenersi dal lavoro esclusivamente dopo il parto entro i cinque mesi successivi allo stesso, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro (art. 16, co. 1.1, T.U., inserito dall'art. 1, co. 485, L. 145/2018).
È stato chiarito che la predetta documentazione deve essere
acquisita dalla lavoratrice nel corso del settimo mese di gravidanza e deve attestare l'assenza di pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro fino alla data presunta del parto (ovvero fino all'evento del parto, qualora dovesse avvenire in data successiva a quella presunta). Pertanto, l'insorgere di un periodo di malattia prima dell'evento del parto comporta l'impossibilità di avvalersi dell'opzione in esame: ciò in quanto ogni "processo morboso" in tale periodo comporta un rischio per la salute della lavoratrice e/o del nascituro, superando di fatto il giudizio medico precedentemente espresso. È stato inoltre precisato che poiché la scelta di avvalersi della facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo il parto costituisce un'opzione alternativa alla tradizionale modalità di fruizione del congedo "ante e post partum", è possibile rinunciare alla predetta scelta solo.Prima dell'inizio del periodo di congedo di maternità ante partum (cioè prima dell'inizio dell'ottavo mese di gravidanza) (circ. INPS 12-12-2019, n. 148). Ferma restando la durata complessiva del congedo, le lavoratrici possono inoltre rendere flessibile il periodo di congedo di maternità, posticipando l'inizio del congedo al mese precedente la data presunta del parto e proseguendo nei quattro mesi successivi al parto, purché non vi siano controindicazioni per la salute della gestante e del nascituro (art. 20 T.U.). Anche la lavoratrice gestante che fruisca della flessibilità di cui all'art. 20 D.Lgs. 151/2001 (continuando quindi a lavorare nell'ottavo mese di gravidanza) può comunque scegliere, nel corso dell'ottavo mese stesso, di prolungare la propria attività lavorativa avvalendosi della facoltà di fruire del congedo di maternità dopo il parto. Resta, tuttavia, fermo l'obbligo di attestare,
entro la fine dell'ottavo mese di gravidanza, l'assenza di pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro fino alla data presunta del parto ovvero fino all'evento del parto, qualora dovesse avvenire in data successiva a quella presunta. In virtù del D.Lgs. 80/2015, inoltre, in caso di ricovero del neonato in una struttura pubblica o privata, la madre ha diritto di chiedere la sospensione del congedo di maternità e di godere dell'astensione, in tutto o in parte, dalla data di dimissione del bambino. L'astensione obbligatoria è riconosciuta alla lavoratrice anche in caso di interruzione della gravidanza verificatasi dopo il 180° giorno dall'inizio della gestazione. La lavoratrice può però, in tale ipotesi, rinunciare a fruire dell'astensione obbligatoria e riprendere in qualunque momento l'attività lavorativa. L'interruzione spontanea o terapeutica della gravidanza dopo il 180° giorno èConsiderata equivalente al parto. Nell'ipotesi invece in cui l'interruzione avvenga prima del 180° giorno dall'inizio della gestazione, è qualificata come semplice malattia, per cui la lavoratrice non ha diritto all'astensione dal lavoro. Il legislatore prevede anche la possibilità di anticipare il periodo di astensione obbligatoria per uno o più periodi in connessione alle condizioni di salute della lavoratrice. L'interdizione anticipata dal lavoro può, infatti, essere disposta (art. 17, co. 3-4, T.U.):
- dall'ASL, secondo le modalità definite nell'ambito della Conferenza Stato - Regioni e, in base alle risultanze dell'accertamento medico, nel caso in cui sussistono gravi complicanze della gravidanza o persistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza;
- dalla sede territoriale dell'Ispettorato del lavoro, d'ufficio o su istanza della lavoratrice, se
Esistono condizioni di lavoro o ambientali ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino quando la lavoratrice è adibita a lavori pericolosi, faticosi ed insalubri e non può essere spostata ad altre mansioni (ex artt. 7 e 12 T.U.). Il periodo di astensione obbligatoria può inoltre essere prorogato fino a 7 mesi dopo il parto, quando le condizioni di lavoro o ambientali siano pregiudizievoli e la lavoratrice non può essere spostata ad altre mansioni.
Per tutto il periodo del congedo di maternità spetta alle lavoratrici un'indennità giornaliera pari all'80% della retribuzione; inoltre, tali periodi sono computati nell'anzianità di servizio a tutti gli effetti (TFR, ferie etc.). La legge, inoltre, prevede delle ipotesi di prolungamento del diritto alla corresponsione del trattamento economico. Ad esempio, sono ammesse al godimento dell'indennità giornaliera di maternità le lavoratrici gestanti che si trovino,
T.U.) e il periodo di congedo parentale facoltativo (ex art. 32, co. 1, T.U.), in quanto entrambi non sonoconsiderati come periodi di sospensione, assenza o disoccupazione.T.U.), di cui la lavoratrice gestante abbia fruito perl'assistenza al coniuge convivente o a un figlio, portatori di handicap in situazione di gravità (ex L. 104/1992).-
Il congedo di paternità
Al padre lavoratore è riconosciuto il congedo di paternità, ossia il diritto ad astenersi dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternità, o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono o affidamento esclusivo del bambino al padre (art. 28 T.U.).
Al padre lavoratore in congedo di paternità si applica la stessa disciplina economica e normativa prevista per la lavoratrice in congedo di maternità.
A differenza però del congedo di maternità, il congedo spettante al padre non ha il connotato dell'obbligatorietà, ma è un diritto condizionato all'esistenza di determinati presupposti (es. morte della madre). Il lavoratore
padre ha diritto a fruire anche di un congedo obbligatorio di paternità entro 5 mesi dallanascita del figlio. Si tratta in tal caso di diritto autonomo del padre lavoratore, indipendente dall'assenza o meno della madre che ha però natura transitoria. Il congedo obbligatorio di paternità, infatti, è una misura sperimentale, introdotta inizialmente dalla legge Fornero (L. 92/2012) per gli anni 2013-2015 e prorogata. Con la Legge di bilancio 2020 è stata elevata la sua durata da 5 a 7 giorni: durata ulteriormente estesa dalla legge di bilancio 2021 da 7 a 10 giorni. Ancora, il padre lavoratore dipendente può astenersi per un periodo ulteriore di un giorno, previo accordo con la madre e in sua sostituzione in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest'ultima. Tale facoltà, riconosciuta inizialmente per l'anno 2018 (art. 1, co. 354, L. 232/2016), è stata confermata anche per l'anno 2019 dalla legge di bilancio.bilancio 2019 (art. 1, co. 278, L. 145/2018) e per l'anno 2020 dalla legge di bilancio2020 (art. 1, co. 342, L. 160/2019). Il congedo di paternità compete in caso di lavoro autonomo? Al fine di estendere la tutela ad un maggior numero di lavoratori, favorendo così le opportunità di conciliazione vita lavoro, sono state progressivamente emanate disposizioni che consentono a soggetti prima esclusi di beneficiare del congedo di paternità. In particolare, in virtù del D.Lgs. 80/2015, il padre lavoratore dipendente può usufruire del congedo di paternità, anche se la madre è una lavoratrice autonoma con diritto all'indennità di maternità. Analogo diritto è riconosciuto al padre lavoratore autonomo quando la madre è lavoratrice dipendente. La medesima disciplina è poi prevista nel caso in cui entrambi i genitori siano lavoratori autonomi o liberi professionisti. Di fatto anche al padre lavoratore autonomo è riconosciuto il diritto al congedo di paternità.lavoro contemporaneamente alla madre lavoratrice. Durante il periodo di congedo parentale, il lavoratore autonomo o libero professionista ha diritto a percepire un'indennità di maternità o paternità, a seconda dei casi, che viene erogata dall'INPS. È importante sottolineare che il congedo parentale non è obbligatorio, ma è un diritto che può essere richiesto dal genitore che intende dedicarsi all'assistenza del figlio. Durante questo periodo, il lavoratore può astenersi dal lavoro senza subire alcuna penalizzazione. Il congedo parentale può essere richiesto sia dalla madre lavoratrice, una volta terminato il periodo di congedo obbligatorio di maternità, per un periodo massimo di 6 mesi, sia dal padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo massimo di 6 mesi, che può essere esteso a 7 mesi nel caso in cui il padre lavoratore decida di astenersi contemporaneamente alla madre lavoratrice. È possibile richiedere il congedo parentale in maniera continuativa o frazionata, a seconda delle esigenze del genitore e del bambino. Durante il periodo di congedo parentale, il lavoratore autonomo o libero professionista ha diritto a percepire un'indennità di maternità o paternità, che viene erogata dall'INPS.Lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi (per cui il congedo complessivo sale a 11 mesi);
Qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 10 mesi.
A seguito del D.Lgs. 80/2015