Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
LIMITI:
• prima della riforma del 2003, secondo la Legge del 1923 vi erano delle soglie di quantità:
max 2h al giorno e 12h alla settimana.
• Ci voleva il consenso del lavoratore, che poteva quindi rifiutare
• Essendo lavoro in più, era considerato più faticoso per cui era prevista una maggiorazione.
Un'ora di lavoro straordinario costava di più rispetto ad un'ora di lavoro normale.
Il lavoro straordinario era uno strumento che il datore poteva utilizzare solo per esigenze
eccezionali e contingenti.
In passato vi è stato un abuso del lavoro straordinario nonostante questi limiti per cui il lavoro
straordinario, incastrandolo con norme sulla contribuzione previdenziale, risultava meno costoso di
quello ordinario.
La riforma del 2003 per stringere l'uso del lavoro straordinario e prevede però norme ambigue: oggi
la legge non prevede alcuna maggiorazione sul lavoro straordinario.
La contrattazione collettiva di fatto però continua a prevederla. Di conseguenza, la maggiorazione
non è più un obbligo legale ma contrattuale: cambia semplicemente la fonte di riferimento.
I contratti collettivi più sensibili permettono di usare come alternativa o in aggiunta alla
maggiorazione i riposi compensativi (es: lavoro 2 ore e riposo 2 ore un altro giorno).
La legge prevede che le ore in più siano computate a parte, per permettere un controllo. La verifica
viene però fatta ex post: alla fine del periodo (anno) si può capire se certe ore erano di lavoro
straordinario oppure no.
Per capire quando attingere al lavoro straordinario, la legge rinvia alla contrattazione collettiva,
anche aziendale. Spesso i contratti collettivi prevedono dei pacchetti di ore obbligatorie.
Il tetto di utilizzo del lavoro straordinario è di un massimo di 48 ore a settimana calcolate su un
periodo da 4 mesi a 12 mesi.
In assenza di un'apposita disciplina collettiva, il lavorao straordinario è ammesso solo previo
accordo tra lavoratore e datore per un massimo di 250ore l'anno.
Se esiste una regolamentazione collettiva, non è necessario il consenso del lavoratore: il lavoro
straordinario è esigibile dal datore di lavoro a semplice richiesta.
Il datore può chiedere lavoro straordinario senza il consenso dei sindacati in casi di :
• eccezionali esigenze tecnico-produttive e di impossibilità di fronteggiarle attraverso
l'assunzione di altri lavoratori;
• forza maggiore (es: alluvione)
• eventi particolari (mostre, fiere, manifestazioni collegate all'attività produttiva)
Rischio attuale = riprendendoci dalla crisi, anziché assumere nuova occupazione i datori chiedono
lavoro straordinario.
Lavoro notturno
Considerato il lavoro più usurante e faticoso, già l'art. 2108 del cc prevede una maggiorazione per il
lavoro notturno.
Periodo notturno = periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l'intervallo tra la
mezzanotte e le cinque del mattino.
La legge del 2003 aggiunge un limite per cui il lavoro notturno non può superare le 8h complessive
(si comprende quindi anche lavoro straordinario) sulle 24h.
In passato era un lavoro vietato alle donne per proteggere la loro sicurezza, anche se come ha
sostenuto la Corte di Giustizia Europea, diventava una forma di discriminazione, per cui la Corte di
Giustizia CEE ha condannato l'Italia cancellando questo divieto.
Il lavoro notturno resta vietato, per la salute, in due casi:
• per le donne madri fino ad 1anno del bambino;
• nel caso di lavoratori minorenni.
(unico contratto con cui possono essere assunti i minorenni=apprendistato del primo tipo).
Il lavoro notturno non è obbligatorio nelle seguenti condizioni (negli altri casi, lo è):
• quando il figlio ha più di un anno fino a 3 anni.
In questo caso la madre può rifiutare il lavoro notturno. Se non ne usufruisce la madre, può
usufruirne il padre in caso di convivenza con il figlio. Il datore però deve sapere quindi se in
quella famiglia uno dei due genitori usa il congedo del lavoro notturno (problema di
privacy).
• Il genitore single può rifiutare il lavoro notturno fino ai 12 anni del figlio;
• il lavoratore con a carico un disabile può rifiutare il lavoro notturno. Non ci sono limiti di
età.
Per tutti gli altri, il lavoro notturno rappresenta un potere direttivo del datore.
Il legislatore non prevede che il datore preferisca i lavoratori che preferiscono lavorare di notte.
Ultime novità sul tema dell'orario di lavoro = art. 8 D.L. 138/2011 → i contratti collettivi di
prossimità (aziendali e territoriali) potrebbero prevedere ulteriori ipotesi di deroga al contratto
nazionale e alla legge.
MATERNITA', PUERPERIO e CONGEDI PARENTALI
Art. 37 Costituzione: La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse
retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento
della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata
protezione [...]
Secondo comma art. 31 Costituzione: (La Repubblica) protegge la maternità, l'infanzia e la
gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.
Data quindi l'esigenza di assicurare alla madre e al bambino la speciale adeguata protezione sancita
costituzionalmente, le donne lavoratrici sono beneficiarie di una speciale tutela legislativa nel corso
della gravidanza e del puerperio (post-parto).
L'attuale disciplina è contenuta nel d. lgs 151/2001 (modificato dal l. lgs 115/2003), che rappresenta
il testo unico in tema di paternità e maternità.
L'obiettivo del decreto è sempre quello protettivo della salute e della vita di madre e bambino, ma
con una rinnovata attenzione per le esigenze, fisiologiche ma anche relazionali ed affettive, di cura
del figlio ad opera di ambedue i genitori lavoratori.
Testimonianza di questa tendenza è l'estensione della disciplina ad adozioni e affidamenti con il
conseguente abbandono del tradizionale concetto puramente fisico di maternità, e la piena
corresponsabilizzazione della figura paterna, con la quasi totale equiparazione del lavoratore padre
alla lavoratrice madre.
Nel mondo del lavoro, entrambi i genitori sono ritenuti portatori di un'essenziale funzione sociale
che si espande dalla fase biologica della procreazione, fino alla crescita ed educazione di figli:
naturali, adottivi o affidatari.
Congedo maternità
Art. 16 T.U. = Divieto di adibire al lavoro le donne
Solo alla lavoratrice madre naturale, è imposto il divieto di lavoro nei seguenti periodi:
• congedo ante-partum: durante i due mesi precedenti la data presunta del parto (è onere della
lavoratrice presentare al datore il certificato medico con scritta la data presunta del parto)
• se il parto avviene oltre tale data, per il periodo intercorrente tra data presunta e data
effettiva del parto
• congedo post-partum: durante i tre mesi dopo il parto a partire dalla data effettiva (non da
quella presunta)
• durante gli ulteriori giorni non goduti prima del parto, se la data effettiva del parto ha
anticipato la data presunta.
Nel complesso, la donna gode di un congedo di maternità pari a 5 mesi. L'inosservanza di tali
disposizioni è punita penalmente con l'arresto fino a sei mesi (art. 18 T.U.)
Nel caso di interruzione spontanea o terapeutica della gravidanza successiva al 180esimo giorno (=6
mesi) dall'inizio della gestazione, e nel caso di decesso del bambino alla nascita o durante il
congedo di maternità, le lavoratrici hanno facoltà di riprendere in qualunque momento l'attività
lavorativa, con preavviso di 10gg al datore, se il medico specialista del S.S.N. (servizio sanitario
nazionale) e il medico competente attestino che tale operazioni non arrechi pregiudizio alla salute
(art. 16 T.U.).
Ratio = lavoro come funzione terapeutica per superare il trauma.
Fermo restando la durata complessiva del congedo, le lavoratrici hanno la possibilità di goderne
secondo una modulazione diversa da quella sopra indicata, astenendosi dal lavoro a partire solo dal
mese precedente la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi al parto, ove il medico
specialista del S.S.N. E il medico competente per la sicurezza sul lavoro lo autorizzino (art. 20
T.U.).
Art. 17: estensione del divieto di adibire la donna al lavoro:
• un mese in più di congedo ante-partum se la lavoratrice è impegnata in lavori gravosi o
pregiudizievoli (lo decide la DTL) → tot congedo = 6
• astensione dall'inizio del periodo di gravidanza e fino all'inizio dell'astensione obbligatoria
(:2 mesi prima del parto) per i seguenti motivi:
➢ nel caso di gravi complicanze della gravidanza o di preesistenti forme morbose o che si
presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza (competenza ASL)
➢ quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute
della donna e del bambino (competenza DTL)
➢ quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni (competenza DTL)
Art. 22=trattamento economico e normativo
Durante il congedo di maternità, le lavoratrici hanno diritto ad un'indennità economica giornaliera
pari all' 80% della retribuzione normale.
Questa indennità è a carico dell'Inps anche se, di regola, grava sul datore l'obbligo di anticiparla. Se
la contrattazione collettiva prevede trattamenti più favorevoli (indennità fino al 100%retribuzione)
la maggiorazione è a carico del datore.
I periodi di congedo vanno computati nell'anzianità di servizio a tutti gli effetti. Si applica tutto il
trattamento normativo e vi è un'equiparazione per legge tra periodi di astensione obbligatoria ed
effettiva prestazione di lavoro.
Gli stessi periodi sono considerati come attività lavorativa anche ai fini della progressione di
carriera, quando i contratti collettivi non richiedano a tale scopo particolari requisiti (art. 22 T.U.)
Eccezioni = vi è il prolungamento del trattamento di maternità anche a:
• lavoratrici gestanti che si trovino, all'inizio del periodo di congedo di maternità, sospese,
assenti dal lavoro senza retribuzione o disoccupate, purché tra l'inizio della sospensione,
dell'assenza o della disoccupazione e l'inizio del periodo di congedo per maternità non siano
decorsi più di 60gg.
• Alle lavoratrici la cui risoluzione del rapporto sia dovuta a licenziamento per giusta causa,
cessazione dell'azienda, scadenza del termine.
Gli interventi legislativi succedutosi in materia attestano come il fondamento della protezione sia
sempre più ricondotto alla maternità in quanto tale e