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PROFILI DI DISCIPLINA DEL CONTRATTO COLLETTIVO DI DIRITTO COMUNE

Le procedure di stipulazione di contratti collettivi, prima lasciate alla più totale anomia, sono state formalizzate dal Protocollo del 23 luglio 1993, che prevedeva per il contratto nazionale di categoria una durata di 4 anni per la parte normativa (regolamentazione degli istituti) e di 2 anni per la parte economica. L'Accordo Quadro separato del 22 gennaio 2009 ha sostituito tale Protocollo, stabilendo la durata del contratto collettivo in 3 anni (sia per la parte economica che per quella normativa). 6 mesi prima della scadenza del contratto nazionale le organizzazioni dei datori e dei lavoratori si incontrano per avviare le trattative per il rinnovo. Si tratta di un contratto atipico, che non può dunque essere ritrovato sul Codice Civile; per questo motivo le procedure di stipulazione sono state formalizzate relativamente tardi, mediante protocolli frutto dell'organizzazione fra le parti. Nonostante la

trattativa inizi 6 mesi prima della scadenza del contratto, moltospesso la trattativa si prolunga oltre il termine fisiologico del contratto. Alla suascadenza però il contratto non decade si ha una ultra-attività del contratto collettivo, che si applica fino al rinnovo dello stesso.Interpretazione del contratto collettivo nonostante il contratto collettivo sia un contratto di diritto comune, esso ha natura privatistica. Da ciò, per quantoconcerne la sua interpretazione, discendono alcune importanti conseguenze:

  1. Il contratto collettivo deve essere interpretato secondo iermeneutici previsti per l'interpretazione dei contratti. È compitodell'interprete quello di ricostruire la comune volontà delle particontraenti.
  2. Dal 2006 è possibile ricorrere in Cassazione per la violazione o falsaapplicazione del contratto collettivo; prima del 2006 essa non eraammissibile.

È possibile RECEDERE da un contratto collettivo la

giurisprudenza ammette, per i contratti collettivi a tempo indeterminato, la facoltà di recesso unilaterale in quanto rispondente all'esigenza di evitare la perpetuità del vincolo. Si tratta di una situazione poco frequente, solitamente piuttosto che recedere le parti tentano di modificare alcuni articoli a loro favore. Finora ci siamo occupati dell'efficacia NORMATIVA del contratto collettivo, vale a dire della parte normativa (regole che si applicano nei confronti dei singoli lavoratori ed aziende) del contratto. Ora dobbiamo soffermarci sulla problematica relativa all'efficacia OBBLIGATORIA del contratto collettivo nei confronti degli stessi soggetti che lo stipulano. Si tratta di quelle parti del contratto che non hanno obiettivo di regolamentazione dei lavoratori, ma che impegnano le parti (sindacati ed organizzazioni datoriali) a determinati obblighi. Occorre dunque chiedersi se sin dalla stipulazione discendano obblighi reciproci tra gli stipulanti, vale

A dire che le conseguenze del contratto non si riflettono sui lavoratori ma su coloro i quali stipulano il contratto.

CAP. 11 – IL CONTRATTO COLLETTIVO NEL PUBBLICO IMPIEGO

Si fa riferimento a quella parte del pubblico impiego che NON è stata contrattualizzata e privatizzata esistono contratti collettivi equivalenti al contratto collettivo nazionale per il pubblico impiego.

Le due parti che stipulano tale contratto collettivo sono (dal lato dei lavoratori) i sindacati, sempre CGIL – CISL – UIL. Tali sindacati hanno al loro interno delle organizzazioni che riuniscono i lavoratori del pubblico impiego.

A rappresentazione delle pubbliche amministrazioni non si hanno le classiche associazioni datoriali (come Confindustria) ma un apposito ente pubblico detto ARAN (Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni) l'ARAN si articola in 4 comparti differenti: comparto funzioni centrali (ministeri ed agenzie fiscali), comparto funzioni

locali, comparto sanità e ricerca, comparto istruzione. Tali comparti sono il corrispettivo delle differenti associazioni sindacali di categoria (metalmeccanici, banchieri).

Come funzionano i contratti collettivi? I contratti ricordano quelli del settore privato a partecipare al tavolo delle trattative, e dunque alla stipulazione dei contratti, sono tutti quei sindacati che godono di una rappresentatività almeno pari al 5% in ambito nazionale. Tale percentuale, che venne poi estesa anche al settore privato, venne per la prima volta introdotta nel pubblico e funge da apri porte nel privato.

Nel complesso i sindacati del settore pubblico ricordano in tutto e per tutto quelli del privato il discorso delle RSA ed RSU è pienamente operativo, e con esse anche tutte le problematiche connesse.

Nelle PA si hanno solitamente 2 livelli di contratto collettivo: contratto collettivo nazionale di comparto e contratto collettivo aziendale (decentrato).

Se nel settore privato vi è

La tendenza a far prevalere il contratto collettivo aziendale, vale a dire quello che viene stipulato in maggiore prossimità dei lavoratori, nel settore pubblico si verifica il contrario si presta maggiore attenzione ed il sistema risulta maggiormente accentrato. La distinzione con le associazioni sindacali è dovuta dal fatto che le PA non sono orientate al profitto ma ad offrire servizi a tutti i cittadini, che sono titolari di diritti nei confronti dello Stato.

Per quanto concerne l'efficacia dei contratti collettivi che vengono stipulati, essendo i contratti nelle PA stipulati con l'ARAN, che è un ente pubblico, l'efficacia è automatica e non occorre venga verificato alcun requisito. Si tratta di un'importante differenza con i contratti nel settore privato, dove invece la controparte è un soggetto privato, che spesso vanta interessi egoistici.

CAP. 12 - SCIOPERO E SERRATA

Non esiste una definizione di sciopero proveniente dalla legge,

ma si può dedurre che esso sia un'astensione collettiva dal lavoro avente uno scopo comune. Non si tratta dunque di alcuna forma di manifestazione. Nell'ordinamento italiano non esistono leggi circa il diritto di sciopero, se non quella del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali. Di conseguenza non esiste una definizione ufficiale. Per quanto concerne l'evoluzione del diritto di sciopero, esso inizialmente venne represso in quanto reato (illecito penale) (soggetto dunque a pene detentive e pecuniarie), soprattutto in concomitanza con il periodo corporativo e fascista. Successivamente esso venne tollerato come mera libertà (lasciato alle sole sanzioni disciplinari del datore), a testimonianza di ciò si ricorda l'art. 40 Cost. Infine venne protetto, fino ad essere riconosciuto come diritto, non passibile né di pene pubbliche che di sanzioni private. Tali 3 fasi (tripartizione) non caratterizzarono solo l'Italia ma tanti paesi.europei Il nostro ordinamento ha però vissuto alcuni passi indietro e fasi alterne: Intervenire, emanando delle leggi che regolamentassero il diritto di sciopero ma così non successe. Il problema che insorse fu quello che il Codice Penale del 1930, che comprendeva articoli di repressione del diritto di sciopero, non venne abrogato ci si trovò di fronte ad una discrepanza: nel Codice Penale erano sanciti reati connessi allo sciopero, nella Costituzione si sanciva invece il diritto di sciopero. La Corte Costituzionale, in assenza di una presa di posizione del Parlamento, ha dovuto occuparsi in prima persona del contrasto tra Codice Penale e Costituzione la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimi i reati sanciti dal Codice Penale per quanto concerne lo sciopero, così da ovviare a tale discrepanza. Non abrogò tali leggi ma le definì illegittime dal punto di vista costituzionale. L'art. 40 non indica se il diritto di sciopero riguardi i singoli lavoratori o il sindacato nel suo complesso non viene approfondito dunque il tema.

della titolarità del diritto il diritto di sciopero viene però riconosciuto come un diritto individuale quanto al titolare, ma collettivo in quanto all'esercizio. Ciò significa che un abbandono del lavoro assurge ad esercizio del diritto di sciopero solo se attuato da un numero più o meno consistente di prestatori per una finalità comune. Di conseguenza, la titolarità del diritto non viene mai messa in discussione dal momento che viene riconosciuta a tutti quanti, ma l'azione di tutela del relativo esercizio è riservata alle sole organizzazioni sindacali. L'esercizio del diritto deve dunque essere COLLETTIVO, mentre la titolarità di tale diritto è INDIVIDUALE. MODALITÀ ATTUATIVE DELLO SCIOPERO non c'è l'obbligo di rispettare sempre e comunque un preavviso; vige tale obbligo solo se previsto in modo esplicito e da una specifica disposizione legislativa che lo contempli direttamente nelIl testo formattato con i tag HTML è il seguente:

DURATA si ha una distinzione fra:

  • Sciopero ad oltranza perseguito fino al successo o al fallimento finale,
  • per settimane o addirittura per mesi. Si tratta di una modalità poco frequente negli ultimi decenni (l'ultimo consistente è a fine anni '80 concernente la Fiat).

Sciopero a tempo/programmato condotto per un determinato periodo di tempo, fatto di giornate o mezze giornate solitamente. Si tratta della modalità più frequente.

ESTENSIONE ciò concerne a quali soggetti si estenda lo sciopero e si può avere portata:

  • Generale sciopero che viene potenzialmente esteso ad un intero settore produttivo o all'intero lavoro subordinato di un paese. Si tratta dello strumento più suggestivo di sciopero, in quanto le mo
Dettagli
A.A. 2019-2020
26 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/07 Diritto del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher vittoriapaganini di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto del lavoro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Altimari Mirko.