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Ipotesi di "gravi motivi" nel caso di sostituzione del CTU

Quanto alle ipotesi concrete di "gravi motivi", la casistica desunta dalla pratica offre un quadro certo non edificante. I casi tipici nei quali la fattispecie in esame può trovare applicazione si riferiscono a ipotesi di conflitto di interessi tra il CTU e una delle parti in causa, ovvero imperizia del CTU evidenziatasi nel corso del procedimento e per la quale egli avrebbe dovuto astenersi.

Nel caso di sostituzione per gravi motivi, l'art. 64 c.p.c. stabilisce che al CTU si applicano "le disposizioni del codice penale relative ai periti" e che "in ogni caso, qualora il consulente tecnico incorra in una colpa grave nell'esecuzione degli atti che gli sono richiesti, è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda fino a £20.000.000. In ogni caso è dovuto il risarcimento dei danni causati alle parti".

Nel caso in cui non sussista una situazione di incompatibilità, il CTU si presenta all'udienza.

fissatadal giudice, il quale gli conferisce il mandato daespletare, e il CTU presta il giuramento di rito.

Ai sensi dell'art.194 comma 2 c.p.c. e 90 comma 1disp. att. c.p.c., il CTU deve dare comunicazionealle parti costituite di giorno, ora e luogo dell'iniziodelle operazioni peritali. Detta comunicazione nondeve essere posta in essere nei confronti delcontumace. Eccezione a tale principio econseguente necessità di comunicare al contumacel'inizio delle operazioni peritali, si ha quando lacollaborazione del contumace è indispensabile perl'espletamento del mandato, come nel caso di incaricoconsistente nell'ispezione sulla persona delcontumace o su beni nella sua disponibilità.

L'omessa comunicazione o la inesatta comunicazionedell'inizio delle operazioni comporta la nullità dellaperizia a seguito di relativa eccezione da parte deldifensore di una delle parti, purché la contestazioneavvenga alla prima udienza.

utile.Quanto alle modalità di svolgimento dell'incarico, il CTU può, anche senza l'espressa autorizzazione del giudice, avvalersi dell'ausilio di collaboratori e specialisti per il compimento di particolari indagini o l'acquisizione di elementi di giudizio. E' comunque bene richiedere al giudice tale autorizzazione nel caso in cui la collaborazione comporti un aggravio di spesa, onde evitare che in sede di liquidazione delle spettanze non venga riconosciuta come rimborsabile tale spesa.

Mi sembra opportuno precisare che, ove vi sia l'ausilio di collaboratori, il CTU debba valutare la loro opera assumendosene la responsabilità giuridica, scientifica e morale, laddove trasfonda i risultati di tali collaborazioni nella propria relazione; l'attività del collaboratore non può, comunque, integralmente sostituire quella del CTU.

Il consulente può chiedere al giudice di essere affiancato da altro consulente specialista in altra disciplina,

laddove si devono svolgere delle attività attinenti ad altre materie specialistiche. In tal caso il giudice dovrà conferire apposito incarico al collaboratore del CTU e pertanto si sarà in presenza di due distinte consulenze tecniche d'ufficio. Ai sensi dell'art.194 c.p.c. il consulente può essere autorizzato dal giudice a domandare chiarimenti alle parti, ad assumere informazioni dai terzi. La giurisprudenza ha interpretato tale norma in modo molto ampio e conseguentemente ha esteso i poteri del CTU. Secondo la giurisprudenza maggioritaria, il CTU può assumere informazioni senza bisogno di autorizzazione del giudice, solo quando le stesse tendono ad accertare fatti accessori, che non integrano fatti e statuizioni posti a fondamento delle domande e delle eccezioni delle parti, che come tali devono essere dedotti e provati dalle parti. Il CTU, infatti, non può sostituirsi alle parti. Più precisamente, ai sensi dell'art.2697 c.c.,lavorativo previsto, il CTU potrà valutare se il lavoratore ha diritto al pagamento del lavoro straordinario. Inoltre, è importante sottolineare che il CTU non può sostituirsi al Giudice nel valutare le prove presentate dalle parti. Il suo compito è quello di fornire una valutazione tecnica e imparziale basata sui fatti già provati. Infine, è fondamentale che gli accertamenti del CTU siano limitati ai fatti oggetto della controversia. Se il CTU superasse tali limiti, i suoi accertamenti sarebbero nulli e privi di valore probatorio. In conclusione, il CTU ha il compito di valutare i fatti già provati dalle parti e fornire una valutazione tecnica imparziale. Non può sostituirsi alla parte che vuole far valere un diritto e i suoi accertamenti devono essere limitati ai fatti oggetto della controversia.

massimo consentito dalla legge e dalla contrattazione, il Giudice nomina il CTU per la quantificazione del compenso per il lavoro straordinario prestato dal ricorrente. Compito del Consulente, dunque, è solo quello di quantificare le somme spettanti al ricorrente per i fatti già provati. Valgono le stesse conclusioni quando le informazioni di cui all'art.194 c.p.c. provengono da documenti non prodotti in giudizio. Gli stessi possono essere utilizzati dal CTU sempre se ciò avviene nel contraddittorio tra le parti e se si tratta di documenti rilevanti dal punto di vista tecnico, al fine di dimostrare fatti accessori non direttamente posti a fondamento delle domande e delle eccezioni. Quanto poi all'efficacia probatoria dei chiarimenti resi dalle parti al CTU e delle informazioni da lui assunte da terzi, si rileva che i chiarimenti resi non hanno valore confessorio o negoziale, mentre le informazioni non possono essere considerate vere e proprie prove.

testimoniali. In entrambi i casi si è in presenza di elementi aventi valore meramente indiziario di argomento di prova. È opportuno precisare il ruolo non meno importante degli altri istituti del tentativo pregiudiziale di conciliazione e del tentativo di conciliazione della lite nel corso di causa.

Con riferimento al tentativo di conciliazione pregiudiziale, occorre rilevare che esso, prima facoltativo, ha assunto carattere obbligatorio a seguito della modifica apportata all'art. 410 dal D.Lgs. n. 80 del 1998 ed il suo espletamento costituisce condizione di procedibilità della domanda. Ciò vuol dire che se esso non viene espletato prima di rivolgersi al giudice, questi dichiara improcedibile la domanda e sospende il processo per consentire alle parti di tentare la conciliazione.

Esso deve espletarsi presso la commissione di conciliazione, che deve essere appositamente costituita presso ogni ufficio provinciale del lavoro. Il tentativo di conciliazione deve essere

espletato entro 60 giorni dalla presentazione dalla presentazione della richiesta all'apposita commissione e si considera comunque espletato trascorso inutilmente detto termine.

Se il tentativo di conciliazione raggiunge lo scopo, si redige un verbale di conciliazione, che acquista efficacia di titolo esecutivo. Se il tentativo fallisce, si forma verbale negativo.

Se il tentativo di conciliazione non riesce o comunque è decorso il termine previsto per l'espletamento, il lavoratore può rivolgersi al giudice per l'accoglimento della propria domanda.

Per quanto riguarda la conciliazione della lite in corso di causa, essa deve essere tentata nella prima udienza dal giudice. Proprio per tale motivo, alla prima udienza devono comparire personalmente le parti. In effetti, però, la conciliazione tra le parti può avvenire in qualsiasi momento del giudizio.

Una precisazione deve essere effettuata con riferimento all'ipotesi di conciliazione della lite nel corso

della CTU, grazie all'opera mediatoria del CTU stesso. In caso di conciliazione, infatti, la procedura prevista dagli artt.198 e 199 c.p.c., che culmina nel decreto del giudice con il quale si attribuisce efficacia di titolo esecutivo al verbale sottoscritto dalle parti e dal consulente, riguarda solo ed esclusivamente le consulenze contabili. Un'ulteriore e simile ipotesi è stata ora introdotta nell'ambito della consulenza tecnica preventiva dall'art.696bis c.p.c., che prevede l'attribuzione di titolo esecutivo al verbale conciliativo sottoscritto dalle parti con l'ausilio del CTU. Ove invece venisse conciliata una controversia estranea alla materia contabile o all'ambito applicativo dell'art. 696bis c.p.c., il verbale redatto dinanzi al CTU non avrebbe titolo esecutivo. I talicasi, infatti, la causa potrà essere definita o tramite la redazione di un verbale di conciliazione in udienza davanti al giudice, ovvero tramite una pronuncia.

Cessazione della materia del contendere a seguito di un negozio transattivo. Conseguentemente, il CTU del processo del lavoro deve tenere ben presente che non può conciliare direttamente le parti. La legge n°533 del 1973 ha, infatti, eliminato l'arbitrato dei consulenti tecnici abrogando gli artt. 455 e 458. Nel processo del lavoro, pertanto, solo il verbale di conciliazione, redatto dinanzi al giudice, ha efficacia di titolo esecutivo. La liquidazione del compenso del CTU è disciplinata dagli artt. 49 e ss. D.P.R. n°115/2002, i quali determinano i criteri generali di liquidazione ed al D.M. 30 maggio 2002, che fissa la misura degli onorari. Occorre precisare che, ex art. 49, comma 2 D.P.R. n°115 del 2002, vi sono tre modalità possibili di liquidazione del compenso:

  • Per alcune consulenze gli onorari sono fissi, essendo predeterminata in modo rigido la misura del compenso;
  • Per altre consulenze gli onorari sono variabili tra un minimo ed un massimo indicato dalla norma,
con riferimento a due valori monetari indicati, ovvero tra due percentuali del valore di stima effettuato, spettando poi al giudice, sulla base della difficoltà, completezza e pregio dell'attività, optare per la concreta indicazione del compenso;
  • Per tutte le consulenze per le quali non è previsto un diverso criterio di calcolo, vige invece il criterio residuale degli onorari a tempo, che prevede il pagamento per unità di tempo, le cosiddette vacazioni.
  • Gli onorari possono essere aumentati sino al 100% per le prestazioni di particolare complessità o rilevanza.
Dettagli
Publisher
A.A. 2008-2009
35 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/07 Diritto del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher trick-master di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto del lavoro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Pandolfo Angelo.