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LA LEGISLAZIONE DI SOSTEGNO DEL SINDACATO
La politica legislativa di promozione e sostegno del sindacato si collega alla considerazione del ruolo assunto
dalle forze rappresentati dei lavoratori nel contesto di una società pluralistica; si riconnette altresì all’esigenza
delle moderne società industriali, a base democratica, di ottenere un minimum di consenso da parte delle forze
sociali nei confronti del sistema: di qui il riconoscimento e il sostegno di organizzazioni, che, in quanto
aggregazioni di ampie fasce di lavoratori, possono costituire un fattore di squilibrio ,o viceversa, di
stabilizzazione del sistema stesso, nella misura in cui possono assumere posizioni massimaliste e di radicale
contestazione o, invece, di responsabile consapevolezza degli equilibri generali dell’economia o, addirittura, di
feconda concentrazione con le istituzioni.
La ratio stessa della politica promozionale contiene, dunque, in sé la necessità di una delimitazione selettiva dei
soggetti collettivi protetti.
Questa necessità è stata a lungo soddisfatta dal richiamo alla figura del sindacato maggiormente
rappresentativo (S.M.R), quale esclusivo destinatario del sostegno legislativo.
Se la rappresentatività del sindacato concerne la capacità di influenzare e governare vasti strati di lavoratori,
maggiormente rappresentativo è quel sindacato che presenti in modo sicuro e spiccato tale capacità.
La rappresentatività indica dunque, l’idoneità del sindacato ad esprimere e tutelare l’interesse collettivo di
un’ampia fascia dei lavoratori senza distinzione tra iscritti e non; la rappresentanza invece, evoca il potere del
sindacato di compiere attività giuridica in nome e per conto dei soli iscritti.
GLI INDICI RIVELATORI DELLA MAGGIORE RAPPRESENTATIVITA’
1- equilibrata presenza in un ampio arco di categorie professionali, non ritenendosi adeguatamente
rappresentativo un sindacato concentrato solo in alcuni settori o categorie merceologiche, né un sindacato
rappresentativo di una sola categoria dei prestatori di lavoro.
2- diffusione su tutto il territorio nazionale, negandosi la patente di maggiore rappresentatività a confederazioni
caratterizzate da concentrazione territoriale e da sostanziale scoperta in ampie zone del paese.
3- esercizio continuativo dell’azione di autotutela con riguardo a diversi livelli e a diversi interlocutori, vale a
dire l’effettività dei compiti che qualificano tipicamente l’azione sindacale nei confronti delle controparti
datoriali e delle pubbliche istituzioni e la capacità di controllo e mobilitazione della base.
4- reale capacità di influenza sull’assetto economico e sociale del paese, quale solo interlocutore stabile ed
effettivo dei pubblici poteri è in grado di spiegare.
LA RAPPRESENTATIVITA’ AI FINI DELL’ACCESSO ALLE TRATTATIVE PER IL CCNL
Nel settore privato l’assenza di una regolamentazione eteronoma della rappresentatività sindacale ha potuto
procrastinarsi nel tempo grazie al lungo periodo di unità sindacale che ha impresso una coerenza pragmatica
all’intero sistema.
Ciò, almeno, fino ad inizio 2009, quando la stipulazione dell’accordo quadro sulla riforma degli assetti
contrattuali del 22 gennaio senza la sottoscrizione della CGIL ha dato origine, ad una sequenza di accordi
separati.
A metà 2011, per far fronte ai rischi di destabilizzazione del sistema indotto dalla rottura dell’unità sindacale, le
confederazioni hanno ritenuto di intervenire stipulando un nuovo accordo in materia di contrattazione collettiva
e di rappresentatività sindacale: l’accordo interconfederale del 28 giugno 2011, finalmente unitario, perché
sottoscritto anche dalla CGIL.
Tale accordo è stato seguito due anni dopo dal protocollo di intesa del 31 maggio 2013, anch’esso unitario in
materia di rappresentanza e rappresentatività.
Per ottenere il diritto di partecipare al negoziato per la stipulazione del CCNL è necessario che il risultato
ottenuto da queste operazioni , come avviene nel pubblico impegno, non sia inferiore al 5% del totale dei
lavoratori della categoria cui si applica il CCNL.
IL SINDACATO MAGGIORMENTE RAPPRESENTATIVO NELLA VERSIONE ORIGINARIA DELL’ART
19 ST.LAV
L’art 19 st.lav non è l’unica norma in cui si esprime il favore dell’ordinamento nei confronti del S.M.R, ma è
tutt’ora la più significativa.
L’art 19, nella sua formulazione, consentiva la costituzione di rappresentanze sindacali aziendali (RSA), titolari
di una serie di incisivi diritti e poteri nei luoghi di lavoro, nell’ambito:
• delle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale
• Delle associazioni sindacali, non affiliate alle predette confederazioni, firmatarie dei CCN o provinciali di
lavoro applicati nell’unità produttiva
Sostegno all’attivismo sindacale entro le aziende, ma a condizione che tale attivismo fosse guidato e, in qualche
misura, mediato da organizzazioni sindacali esterne alle stesse aziende.
ART 19 ST.LAV DOPO LA MANIPOLAZIONE REALIZZATA DAL REFERENDUM DEL 95
Nel 93 un accordo interconfederale istituì le RSU (rappresentanza sindacale unitaria) come forma
rappresentativa alternativa alla RSA, nel 95 un referendum parzialmente abrogativo dell’art 19 st.lav spostò il
criterio identificativo della rappresentatività sindacale sul piano della sottoscrizione dei contratti o accordi
collettivi di qualsivoglia livello applicati nell’unità produttiva interessata.
Dal punto di vista tecnico il referendum del 95 comportò l’abrogazione di alcuni segmenti lessicali dell’art 19 e
precisamente dell’intera lettera A e degli aggettivi “nazionali” e “provinciali” riferiti ai contratti collettivi: la
norma risultante autorizza la costituzione di RSA nell’ambito delle associazioni sindacali che siano firmatarie di
CCL applicati all’unità produttiva.
Di recente la Corte Costituzionale con sentenza 231/2013 ha ritenuto di dilatare il filtro selettivo per l’accesso
alle RSA e ai diritti sindacali del titolo III dello statuto dei lavoratori, ritenendo non più indispensabile la
sottoscrizione di contratti collettivi, nazionali o aziendali, ma sufficiente anche la sola partecipazione alle
trattative di un contratto collettivo applicato in azienda, in modo da non escludere dai benefici del titolo III
sindacati significativi, ma non disponibili a sottoscrivere il contratto collettivo, cui altri sindacati hanno fornito il
consenso.
La norma attribuisce, infatti, il potere di iniziativa della costituzione della RSA ai lavoratori occupati nella
singola unità produttiva, con lo scopo di evitare che modalità di costituzione e designazione dei rappresentanti
sindacali siano monopolizzate dalle organizzazioni sindacali.
tuttavia, come già accennato, si richiede che la RSA presenti un qualche collegamento con una organizzazione
sindacale rappresentativa, in quanto partecipante alla trattativa di un contratto collettivo applicato all’unità
produttiva.
L’esigenza di vincolare l’organismo aziendale ad entità sindacali esterne alla azienda e a struttura associativa si
ricollega ad almeno due considerazioni.
Anzitutto evitare iniziative di gruppetti di lavoratori, di piccolo corporativismo, magari solo strumentali al
godimento dei vantaggi del titolo III dello statuto dei lavoratori.
L’attività sindacale in azienda si svolge in una zona di pertinenza del datore di lavoro, che viene chiamato ad una
serie di comportamenti di collaborazione di adempimento o di sopportazione, sicché sembra logico che il titolare
dell’impresa risulti onerato entro i limiti di congruità e ragionevolezza e solo nei confronti di organismi sindacali
selezionati attraverso il collegamento di realtà sindacali esterne, qualificate e responsabili.
In secondo luogo, va considerata la necessità di promuovere interlocutori stabili con i quali il datore di lavoro
possa proficuamente, e sia pur conflittualmente, dialogare evitando la proliferazione incontrollata di una
molteplicità di rappresentanze scaturenti dall’organizzazione spontanea dei lavoratori, prive di qualsivoglia
collegamento con organismi sindacali più stabili e accreditati.
Non potranno per tanto essere costituito RSA nell’ambito di coalizioni spontanee od occasionali dei lavoratori.
La svolta referendaria del 95 ha dato luogo a vivaci discussioni.
In particolare, si è sostenuto, che in tal modo, attribuendo alla sottoscrizione del contratto collettivo il valore di
criterio selettivo per il godimento dei diritti sindacali in azienda, si finisce per attribuire alla stessa controparte
datoriale il potere di accreditare ad organizzazioni rappresentative sindacali in azienda, dandole così la facoltà di
escludere quelle non gradite mediante il rifiuto dell’accordo con esse.
Il passaggio, almeno nel settore industriale, dal criterio selettivo fondato sull’effettività e forza di imporsi del
sindacato ad un criterio obbiettivo e percentuale (5%) supera la querelle sul se fosse sufficiente ai fini dell’art 19
anche la mera firma successiva di un contratto collettivo oggetto di trattativa da parte di altri sindacati o se
occorresse la effettiva partecipazione al procedimento formativo del contratto.
Oggi più di ieri non è sufficiente la mera adesione formale ad un contratto negoziato da altri sindacati, ma
occorre una partecipazione attiva del processo di formazione del contrato.
È stato osservato che il requisito dell’applicabilità del contratto collettivo non deve necessariamente conseguire
dall’iscrizione del datore di lavoro all’associazione stipulante, bastando l’applicazione di fatto e spontanea del
contratto ai lavoratori occupati nell’attività produttiva di riferimento.
In caso contrario si consentirebbe solo all’impresa che abbia l’accortezza di non affiliarsi sindacalmente di
sottrarsi alle norme del titolo III.
Il referendum non ha invece inciso sulla qualificazione giuridica delle RSA, che restano organismi di natura
sindacale, per quanto figli di una norma volutamente indeterminata e aperta, da cui può facilmente desumersi la
volontà legislativa di non predeterminare il tipo di interazione tra RSA ed associazioni sindacali esterne, in modo
da permettere che queste possano correlarsi nelle forme e secondo i moduli più svariati, in ossequio al principio
di libertà sindacale e nella logica del cosiddetto canale unico di rappresentanza sindacale.
PROFILI DI LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE DELL’ART 19 ST.LAV
Già nella formulazione originaria, l’art 19 ha suscitato numerosi dubbi di legittimità costituzionale, alcuni
sollevati dalla dottrina, altri dall