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La scala mobile e i riflessi sulpiano economici
Comunque in contemporanea a quegli anni si doveva fare i conti con i riflessi sulpiano economico della scala mobile. La scala mobile è un meccanismo automatico finalizzato a mantenere inalterato nel tempo il potere di acquisto del salario, perché funzionava attraverso indici. A seconda dell'aumento degli indici Istat dei prezzi, faceva sì che automaticamente scattasse per il lavoratore il diritto ad avere in busta paga un incremento, "indennità di contingenza", sempre incrementata quando scattavano ... Il meccanismo era automatico. Si era creata la spirale salari-prezzi. Se l'indennità di contingenza aumenta con l'aumentare dei prezzi, ma se le imprese devono corrispondere l'indennità, sono prima o poi costrette ad aumentare i prezzi dei loro prodotti e allora se per star dietro all'aumento dei salari, dovevano aumentare i prezzi, aumentavano i salari questa spirale aveva una influenza notevole sulle dinamiche.
inflattive delsistema. Infatti nell’ ’83 avevamo una inflazione a 2 cifre(16%). Gli anni ’70hanno avuto anche questo problema oltre alla crisi. Hanno dovuto individuareun sistema per calmierare l’inflazione rallentando e poi bloccare la scalamobilie,che cesserà nel ’92. Visto che la scala era un istituto regolato solo subase autonoma,ossia tra accordi interconfederali, si è chiesto il consenso deisindacati per rallentarla. Poi in verità non tutti erano d’accordo o si temevanoeffetti di incrinatura della uniformità,è intervenuto il legislatore con unparticolare tipo di provvedimenti, “provvedimenti sui tetti massimi”. Finoagli anni ’60 e inizio ’70 il modello classico di rapporto tra legge e contrattocollettivo era tale che la legge costituiva il minimo,come garanzia dellavoratore,perché inderogabile unilateralmente dal contratto collettivo( ilcontratto collettivo può derogare
in melius,ma non in peius - il minimo legale-).Il modello del tetto massimo capovolge il modello classico perché la leggeinvece di costituire un minimo derogabile in melius,costituisce un massimoinderogabile in peius. È il decennio del diritto di lavoro dell’emergenza perché itagli fatti dal legislatore son stati giustificati dalle contingenze più economicheche storiche del periodo. L’inderogabilità in peius c’è sempre ma non viene inrilievo,perché è difficile pensare che il sindacato faccia una cosa del genere. Peralcuni questo periodo è quello della inderogabilità bilaterale. Comunquel’emergenza ha prodotto questi provvedimenti,con cambiamenti nei rapporti trastato e sindacato. In una situazione di emergenza è possibile temporaneamentecomprimere l’autonomia dei sindacati.
• Anni ’80: l’emergenza si è ulteriormente evoluta ed è diventata crisi.
Decennio della prima vera crisi. Infatti fa ingresso nel nostro ordinamento l'istanza diflessibilità. Flessibilità ha sempre avuto un significato ostile, infatti è sempre stata vissuta come istanza nemica della ratio fondamentale della nostra materia che è di tutela del lavoratore, perché la flessibilità contrasta con la rigidità della tutela. Una tutela per funzionare ha bisogno di essere inderogabile/rigida. E allora la normativa inderogabile unilateralmente è anche rigida perché le parti del rapporto individuale non possono stipulare clausole peggiorative né del contratto collettivo né della legge. E il nostro diritto del lavoro è così rigido che l'art. 2113, c.c. prevede l'invalidità delle rinunce e transazioni che hanno come oggetto diritti inderogabili del prestatore di lavoro, ossia non è permesso neppure ai lavoratori di disporre dei loro diritti. La norma lavoristicaè rigida. Laflessibilità porta invece con sé 2 tipi di conseguenze/significati tecnici: 1) lamoltiplicazione delle tipologie di rapporto di lavoro/articolazione deltipo,definibili come articolazione del tipo,da intendersi come se il rapporto dilavoro subordinato tipico fosse quello a tempo pieno e indeterminato,insommaquello standard,mentre tutti gli altri rapporti sono atipici,ma la flessibilità cheagisce in controsenso rispetto al tipo lavoristico fa moltiplicarle figure dirapporto e valorizza il tempo determinato ad esempio o il part-time, introdottoproprio nell’’84 o i contratti formativi; 2) il modello di rapporto classico tra leggee contratto collettivo viene ulteriormente alterato con la flessibilità,tanto datrasformarsi in deregolazione/deregulation,che è il terzo modelloderegolativo,con previsione della possibilità per il sindacato con il contrattocollettivo di derogare in peius la norma legale. La deregulation non
implica maida noi la possibilità per il contratto individuale di derogare alla normativa superiore. Le parti non possono da sole decidere di derogare. Con deregulation solo il contratto collettivo può derogare in senso peggiorativo alla norma di legge. [3 modelli: m. classico – inderogabilità unilaterale; m. dei massimi - inderogabilità in melius, ovvero bilaterale; m. deregolativo – la derogabilità in peius]. Ci vuole sempre l'autorizzazione della legge e il previo accordo del sindacato. Tutti questi casi di deregolazione operano in momenti di crisi, si tratta sempre di scegliere tra 2 interessi del lavoratore. La deregulation è espressione della flessibilità, di significato contrastante con la propensione del diritto del lavoro all'aumento delle tutele non della diminuzione. Anni della crisi ovvero della flessibilità. È iniziata anche la contrattazione collettiva in perdita, conseguenza della.deregolazione, perché se per derogare ci vuole accordo con sindacato, questo non può che essere in perdita. Fin quando la contrattazione collettiva è stata acquisitiva e migliorativa, non si è mai parlato di partecipazione del sindacato, perché questo tipo di contratto era il prodotto del conflitto, dove il sindacato avanzava le sue pretese, si apriva una trattativa fino all'equilibrio e si fissava una disposizione come pax contrattuale. Il contratto collettivo faceva coppia col conflitto, quando il sindacato non deve accettare il pdv della controparte, anzi deve esprimere e valorizzare il suo interesse, cercando l'equilibrio. Il contratto è strumento di pax perché per un momento ferma il conflitto. Infatti spesso si inseriscono clausole di tregua, che obbligano i soggetti a non ricominciare il conflitto per un certo periodo di tempo, clausole di pace sindacale. Quando il sindacato è chiamato dalla legge a gestire una situazione dicrisi, è costretto ad abbandonare la sua logica conflittuale e a condividere la situazione con l'impresa. Per diritto classico si intende un diritto conflittuale, rigido e di tutela. Quando si entra nella crisi si sceglie il contrario: partecipazione, flessibilità e deroga, contrattazione in perdita. Oggi il salario non è più variabile indipendente da contingenze. La contrattazione in perdita, anche se favorevole agli equilibri del sistema perché attutisce le conseguenze della crisi, fa sì che il rapporto tra sindacati e gli iscritti si incrini e anche tra sindacato e non iscritti. Quindi la maggiore rappresentatività dei sindacati, che per la lettera A) poteva essere anche presunta, entra in crisi e succede tra fine degli anni '80 e inizio anni '90: profonda crisi di rappresentatività, perché chi è iscritto, può anche revocare l'iscrizione, chi non lo è non concede facilmente il suo consenso.
Questa crisi ci porta negli anni '90 al referendum del '95 che riguarda in primis l'art.19 dello statuto dei lavoratori, che promuoveva il sindacato maggiormente rappresentativo, perché con la crisi si svuota e i lavoratori rivendicano di essere rappresentati da qualcuno che non sia scelto da sindacato esterno e vogliono quindi trasformazione delle Rsa, che prima beneficiavano del rapporto privilegiato col sindacato esterno.
Diritto del lavoro. Lezione del 12 ottobre.
Anni '90: decennio dominato da alcune tematiche: modello di rappresentanza sindacale aziendale; il rapporto tra i livelli; la politica dei redditi; la privatizzazione del rapporto di pubblico impiego. Il problema del modello di rappresentanza in azienda scaturisce dalla crisi di rappresentatività. L'art.19 prevedeva per le Rsa godessero di diritti, veicolo del sindacato per entrare in azienda. Visto che le Rsa potevano essere costituite nell'ambito della rappresentatività.
presunta della lettera A), questo criterio poteva andare bene quando il sistema garantiva che Cgil, Cisl e Uil erano forti o quando, agendo unitariamente, potevano considerarsi sindacati affidabili. Ma con la crisi di rappresentatività è venuta meno la funzionalità dellarappresentatività presunta. È partito un ripensamento del modello di rappresentanza sindacale in azienda. Il modello del 19 era la Rsa, ma il problema era capire cosa voglioi lavoratori in azienda a prescindere dalla loro iscrizione, perché i non iscritti potevano lamentare il fatto che non si sentissero rappresentati. Nella creazione del nuovo modello era balenata l'idea di sostituirlo con un altro. Iniziano i progetti per il modello dell'RSU (rappresentanza sindacale unitaria). La Rsu non è prevista da norma di legge, ma da accordo interconfederale del 1993, mentre la Rsa ha base legale, qui c'è base autonoma contrattuale. L'altra differenza è che la
Rsa è organismo di matrice associativa, perché viene scelta e riconosciuta da sindacato esterno all'azienda, e i lavoratori non iscritti non hanno direttamente dei loro rappresentanti, mentre la Rsu ha matrice elettiva, perché viene costituita sulla base dei voti riportati dalle singole schede presentate dai sindacati e al voto partecipano tutti i lavoratori, iscritti e non.
Nel settore privato però, visto che il sindacato ha sempre avuto timore del metodo elettivo, non tutti membri di Rsu sono eletti, ma solo 2/3, un terzo invece è designato dai sindacati che hanno stipulato l'accordo interconfederale del 1993, che hanno creato poi il modello. La Rsu rappresenta tutti, ma un terzo è ancora scelto dai vecchi sindacati, quindi ci sono 2 principi, quello elettivo, per recuperare il consenso, e quello associativo che riemerge nella clausola del "terzo riservato". Questo nuovo modello che vuole evitare il referendum, ha iniziato ad essere oggetto.
di auspicio da parte di un grande protocollo, del 23 luglio 1993, protocollo sulla politica dei redditi. Protocollo che ha razionalizzato tutto quello