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Estratto del documento

Cosa si intende? È facile confondere con altri istituti.

Si parla dello spostamento stabile di un lav dipendente da un’attiva produttiva ad un’altra del

medesimo datore di lavoro e della stessa impresa: non cambiano i soggetti del rapporto.

Ipotesi simili:

+ distacco: il dat manda per un certo periodo un proprio lav in favore di un altro datore: qui

cambiano i soggetti del rapporto di lavoro.

+ trasferta: un dat manda un suo lav a svolgere la prestazione in modo temporaneo in un altro

luogo. Qui soggetti del rapporto sono uguali, ma il trasferimento non è stabile.

+ trasferimento d’azienda: cambia solo il datore di lavoro, ma il lavoratore fa le stesse cose e nello

stesso luogo.

Il trasferimento ha un grande impatto sulla vita del lavoratore e della sua famiglia: per questo

motivo nel 60 il legislatore introduce dei limiti nello statuto dei lavoratori; il trasferimento deve

essere:

- Comprovato da ragioni tecnico-amministrative (occorre quindi una valida motivazione), il

giudice verifica semplicemente che ci sia un’effettiva esigenza lavorativa e che non possa

essere soddisfatta con altri metodi (come la cassa integrazione). Se il trasferimento è

collettivo, la contrattazione collettiva prevede un’informativa preventiva e una

consultazione col sindacato. Prevede inoltre che non può essere trasferito il lavoratore che

ha più di 50 o figli fino ad una determinata età. Ma questi limiti diventano criteri di scelta

dei lavoratori da trasferire.

- L. n. 104: non si può trasferire il lavoratore con familiari disabili.

Altro aspetto soggetto allo ius variandi è la collocazione temporale della prestazione (orario di

lavoro)

Potere di controllo

Il datore lo può esercitare direttamente in quanto intrinseco al potere direttivo, tant’è che il

legislatore neanche glielo riconosce formalmente: mentre da mansioni, controlla la corretta

esecuzione della prestazione.

Nel 1970 il legislatore interviene su tale potere, non negandolo, ma interviene sulle modalità in cui

si svolge tale controllo; perché sulle modalità? Perché appena riconosciuta la libertà d’opinione sul

luogo di lavoro, le tre norme successive si occupano di controllo, il quale prima non era rispettoso

della dignità del lavoratore. ->

- art.2 le guardie giurate possono essere usate solo per la tutela del patrimonio e queste

devono stare fuori dall’azienda.

- Altra modalità di controllo pesante e umiliante per il lavoratore è l’uso di impianti video-

visivi: art.4.1 li vieta, in particolari situazioni possono essere installate solo su

autorizzazione delle rappresentanze sindacale o in caso di risposta negativa dalla pubblica

autorità (per es. nei supermercati sono necessarie a scopo di anti taccheggio). In questi casi

le riprese non possono essere usate per scopi disciplinari. L’installazione di telecamere non

autorizzate è considerato un reato.

- Art.3 personale di vigilanza: personale diretto a controllare la prestazione di lavoro, non

hanno effetto intimidatorio come le guardie giurate e non costituiscono un controllo a

distanza temporale come le telecamere; inoltre sono riconoscibili per evitare il controllo

occulto.

È emerso un problema con l’arrivo dei computer, i quali hanno la peculiarità di gestire e registrare

un’infinità di dati. Si iniziano a introdurre sistemi di certificazione e di qualità, processi che hanno

in comune la tracciabilità (conoscere i materiali usati, in che luogo, con quale lavoratore, ecc.).

Con questo metodo si può facilmente ottenere determinati dati, in modo da ostacolare l’art.4.

Per questo infatti molti credono che vada rivisitato.

Molti licenziamenti infatti usano un metodo semplice: si usa la cronistoria di tutto ciò che ha fatto

fino a quel momento l’impiegato al computer e spesso si scopre che si è collegato su fb o su altri

siti con i quali si potrebbe creare situazione d’imbarazzo.

- Art.6 visite personali di controllo (perquisizioni): in determinati contesti lavorativi è facile

asportare oggetti preziosi e per il datore è necessario effettuare all’uscita dei lavoratori

perquisizioni, almeno saltuariamente. Il controllo deve essere casuale, con procedure

random, per evitare l’uso vessatorio di queste procedure.

- Art.5 accertamenti sanitari: prima dello statuto dei lavoratori si usavano medici aziendali,

ora il controllo deve invece avvenire tramite strutture pubbliche. Questo affinché non vi sia

un controllo di parte o poco sereno.

Sempre più diffuso è, in caso di assenza, l’uso di investigatori privati per controllare la

correttezza del lavoratore. In questi casi non si è soggetti ai limiti di cui art.4, poiché il

controllo avviene fuori dal luogo di lavoro.

Oltre a controllare la veridicità dello stato patologico, si controlla che non si commettano

comportamenti che possono ritardare la guarigione, poiché anche questi comportamenti

possono essere oggetto di licenziamento. 17/03/2015

Artt. 2104-2105 c.c. specificano la posizione debitoria del lavoratore

Diligenza del prestatore di lavoro: tale articolo esiste in quanto evidentemente si tratta di

una diligenza diversa da quella di un semplice contraente; non è quindi la diligenza del

buon padre di famiglia, ma si seguono tre criteri indicati dalla legge:

1. Natura della prestazione dovuta (sembra una specificazione rispetto al criterio di

diligenza generale);

2. Interesse dell'impresa (la diligenza non è solo valutata in se come un facere corretto,

deve trattarsi di una prestazione proficua, cioè organizzabile e coordinabile con altre

mansioni, sia sul piano temporale che tecnico; dal lavoratore si pretende quindi non

solo un saper fare, ma anche un saper agire con gli altri lavoratori: si chiede qualcosa in

più rispetto al semplice debitore);

3. Interesse della produzione nazionale (criterio che alludeva alla concezione dell’azienda

(?), ma questa parte dell'articolo ha ormai perso validità giuridica).

Il secondo comma [Deve inoltre osservare le disposizioni per l'esecuzione e per la disciplina

del lavoro impartite dall'imprenditore e dai collaboratori di questo dai quali

gerarchicamente dipende] ribadisce altri articoli come il 2086 (idea di gerarchia), il 2094

(lavoratore subordinato).

In realtà con lo statuto dei lavoratori, queste disposizioni diventano irrilevanti, poiché si

protegge la dimensione personale del lavoratore.

Il tema sta riemergendo con la tematica dei codici etici, cioè codici di comportamento

diretti a improntare il comportamento del lavoratore sia nei rapporti reciproci, che

nell’unita produttiva, che nei rapporti con i clienti. Sono dei codici molto corposi e

minuziosi. Ed hanno sempre maggiore rilevanza, ma in concreto per il lavoratore significa

avere tante altre regole e vincoli. Cosa succede se il lavoratore li viola? Secondo alcuni

nulla, a meno che non vi si fa esplicito richiamo nei codici disciplinari; ma secondo altri in

realtà hanno natura giuridica diversificata: nella maggior parte dei casi sono un atto

unilaterale redatto dalla stessa azienda e in quanto tali non vincolano il lavoratore; cosa

diversa se sono bilaterali, cioè concordati col sindacato, acquisendo stessa natura del

contratto collettivo; altra strada più furba seguita dalle aziende è quella di redigere il

codice etico e di farlo firmare al lavoratore ottenendo l’accettazione (il lavoratore

firmando, per svincolarsi, dovrebbe scrivere per ricevuta) e va quindi a modificare il

contratto di lavoro.

Il lavoratore, in quanto subordinato, insieme ad un obbligo di diligenza, ha un obbligo di

obbedienza (sempre entro i limiti del ius variandi).

Altro obbligo peculiare è quello di fedeltà, contenuto nell’art. 2105: obbligo del lavoratore di non

recare pregiudizio al patrimonio dell’impresa (es. passare il segreto della produzione di un

prodotto, come la Coca-Cola, passare una lista clienti con le loro caratteristiche, come la

generosità, quelli che si lamentano...)

Tale articolo si sviluppa in due divieti:

1. Non divulgare notizie

2. Non svolgere attività concorrenziale

Un contenzioso è sorto in merito al poter divulgare notizie in ambito sindacale, che è spesso un

contesto pubblico: se a divulgare queste notizie è un sindacalista, ma dipendente dell’azienda

sorge il problema se la critica rientri nella libertà sindacale o se sia una violazione dell’obbligo di

fedeltà. Spesso si usa il criterio penalista della continenza secondo cui la divulgazione della notizia

è lecita se necessaria ai fini dello svolgimento dell’attività ( sindacale )

Punto complicato su cui ha lavorato la giurisprudenza è l’obbligo di non concorrenza: ha

specificato che questa può anche essere indiretta, quindi anche questa sanzionabile. Così come

l’attività potenzialmente concorrente.

Il legislatore prevede che l'obbligo di fedeltà, e in particolare quello di non concorrenza, possa

essere proiettato anche dopo la fine del rapporto di lavoro.

L’art. 2125 si occupa del patto di non concorrenza con cui il lavoratore si obbliga col datore di

lavoro a non porre in essere attività concorrenziale, anche una volta finito il rapporto di lavoro.

Durante il rapporto, il lavoratore ha un obbligo sancito dal contratto, dopo il rapporto ha invece la

possibilità di vincolassi per un certo periodo mediante un patto.

Questo inizialmente non era un tema importante, oggi invece si sta accrescendo, per motivi come

la scomposizione dell’impresa.

I lavoratori infatti dovrebbero essere sollecitati a non sottoscrivere patti di non concorrenza.

Si vengono a creare due diverse esigenze contrapposte, che sono contemperate nell’art.2125

mediante dei limiti, limiti che sono poi stati enfatizzati dalla giurisprudenza: spesso questi patti

sono annullati perché i datori di lavoro non conoscono tutti i limiti.

Limiti legali previsti dallo stesso art. 2125:

- Forma scritta

- Durata massima di tre anni, cinque per i dirigenti

- Limite d’oggetto

- Limiti di spazio

- Deve essere previsto un compenso per l’attività che il lavoratore è chiamato a non svolgere

La giurisprudenza ha lavorato molto su questi limiti, facendo sì che questi siano limiti congrui

In molti casi (l’80%) la giurisprudenza rende nulli questi patti per la determinazione del compenso:

spesso le aziende determinavano un super minimo, ma occorre un’adeguatezza in base alla

retribuzione, che può essere quella di 1/5. Ma la giurisprudenza sostiene che il si allarma possa

venir meno, per l’alea del rapporto; pertanto pretende che il compenso sia determinato in

maniera fissa e certa.

In caso di violazione

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
18 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/07 Diritto del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher antigone94 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Del Lavoro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Focareta Franco.