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SINTESI: Lo stato liberale e l'ordine liberale di Marx
Lo stato liberale, cioè l'ordine liberale di cui parlava Marx, che diceva che il diritto è una sovrastruttura posta dalle classi dominanti per soggiogare quelle subalterne, entra in crisi perché l'ordinamento giuridico si fondava su principi che riguardavano la disciplina di una società prevalentemente contadina e commerciale e non è stato capace di disciplinare il nuovo fenomeno della società industriale di massa, i cui principi sono stati elaborati nel 1805 con il codice civile napoleonico, che cercava di disciplinare tutto quello che attiene ad una società; è stato recepito in Italia nel 1865. Il codice civile del 1805 aveva il limite di non avere la disciplina dei principali istituti dell'economia di produzione di massa. Quindi, nel codice non c'erano le società di capitali, non era conosciuta l'impresa come luogo di produzione, perché quando fu scritto erano ancora nella
fasedella manifattura e non si menzionava il contratto di lavoro. Nei codici penali, che facevano dacorredo, lo sciopero e il sindacato erano considerati reati. In Italia lo stato liberale si conclude nel1920 con l'ultimo governo di Giolitti; dal momento che non c'era una disciplina, per dare soluzioneai problemi che si manifestavano in fabbrica, Giolitti creò i probi viri, giudici speciali. Nel corso deiventi anni di sviluppo industriale in Italia (fine '800, inizio '900) la produzione industriale esplode,l'Italia conosce uno sviluppo economico mai visto prima e i sindacati si moltiplicano e diventanosempre più numerosi a tal punto che lo stato liberale crolla verso il 1920 quando dopo la guerra,esplode il conflitto, esplodono numerosi scioperi, si pensa che sia l'inizio di una rivoluzione(rivoluzione delle lancette), ma nel codice non c'erano ancora istituti in grado di disciplinarli. Perchélo stato non riesce a
Ricomporre i conflitti? A cosa serve la legge o il diritto? Il fine ultimo della legge dell'ordinamento giuridico è quello di assicurare la pacifica convivenza dei consociati in un determinato luogo.
ALL'ORIGINE DELL'ORDINAMENTO GIURIDICO: per dare inizio all'ordinamento giuridico, quando non c'è nessuna regola, colui che comanda è il più forte. Se non c'è una regola vige la forza. Max Weber, sociologo, definisce lo stato come il detentore dell'uso della forza legittima. Quando il più forte impone la sua regola, la legge è quella del più forte. Questo è il modello tipico degli stati monarchici, nei quali il potere è concentrato nelle mani di un soggetto. I sottomessi, per porre fine all'ordinamento giuridico del più forte, si devono unire tutti insieme e convengono insieme di disarmare il più forte. Per evitare che un altro prenda il posto del più forte e
che si ricrei la stessa situazione, devono trovare un altro modo di organizzarsi tra loro e garantire la pacifica convivenza. Il termine societas indica una convivenza sociale/civile, non una convivenza costretta. La prima regola che devono accettare per assicurare una pacifica convivenza è che nessuno deve utilizzare la forza nei confronti di qualcun altro, cioè gli individui si spogliano della loro forza, che viene attribuita allo stato; questo ha all'origine un principio fondamentale: tutti sono uguali e nessuno può essere obbligato a fare qualcosa contro il proprio volere, che è la regola base del diritto privato. Un obbligo può discendere dalla legge o è riconosciuto da un giudice. Quindi, se qualcuno obbliga un individuo a fare qualcosa, deve ottenere il suo consenso, sennò non può obbligarlo. Così è stata creata una prima società, basata sul mutuo rispetto dei cittadini, che si basa sul fatto che nessuno.può utilizzare la forza su qualcun altro. La seconda regola fondamentale è il rispetto per il prossimo. La regola dell'utilizzo della forza da parte dello stato deve essere posta dalla legge, che nelle sue caratteristiche deve essere generale ed astratta, perché le regole e gli obblighi devono essere uguali per tutti. La legge, in uno stato democratico, è posta dalla maggioranza. La maggioranza rappresenta la forza, infatti la più civile di tutte è la maggioranza, che individua il più forte. In questo caso la forza è utilizzata in modo positivo, ma può essere utilizzata anche in modo negativo, ad esempio, con le leggi razziali, che attribuiscono agli ebrei diversa capacità di agire, ma comunque sono regole che tutti gli ordinamenti giuridici, come afferma Hobbes: "ne cives ad arma veniant", esistono per assicurare una pacifica convivenza, affinché i singoli non vengano alle armi. Quando Giolitti si rese contoviri per affrontare i problemi del lavoro e prevenire conflitti. La convivenza civile implica il riconoscimento della legittimità di tutti i membri della società e il rispetto del principio che la libertà di un individuo finisce dove inizia quella di un altro. Gli ordinamenti giuridici hanno l'obiettivo di evitare conflitti, facendo sì che tutti i membri di una comunità accettino le regole stabilite nell'interesse di tutti e rinuncino all'uso della forza. L'obiettivo delle regole è sempre quello di prevenire il conflitto. Giolitti ha istituito i probi viri per affrontare i problemi del lavoro.viri perché vuole che all'interno delle fabbriche si produca con la pace sociale. Quindi, di colpo l'interesse del governo diventa che i contratti collettivi funzionano, ma l'ordinamento liberale non ha mai disciplinato questi fenomeni. Finita la Prima Guerra Mondiale le posizioni si radicalizzano e il paese entra nel caos. L'ordine liberale crolla e c'è l'avvento del fascismo perché il paese è nel caos e arriva Mussolini che apparteneva al partito socialista con la promessa di riportare l'ordine. Tanto c'era bisogno di ordine che non viene bloccato da nessuno ed istaura una dittatura. Eliminati il conflitto e la libertà, il vero problema è riuscire a disciplinare la convivenza civile non togliendo la libertà e l'autonomia, ma riconoscendola e lasciandola libera di esplicarsi. Quel particolare ordinamento giuridico, che era il fascismo, tra i suoi obiettivi c'è il riconoscimento
del contratto collettivo e dove non è sottoscritto il contratto collettivo, il contenuto del contratto collettivo è deciso dalla magistratura del lavoro, perché non c'è conflitto. Il problema è che quei contratti collettivi non rispondevano agli interessi dei lavoratori, perché venivano sottoscritti dai leader dell'unico sindacato riconosciuto, uno per categoria, scelti dal ministro, quindi quei contratti prevedevano ciò che conveniva all'economia italiana, non quello che volevano le persone, però il dissenso non si poteva manifestare. CODICE CIVILE: il problema che si pone è che se l'ordinamento giuridico non disciplina i nuovi problemi che emergono, nasce il malcontento e ritorna il conflitto. Per evitare l'esplosione di un conflitto c'è bisogno di una regola e questo Mussolini lo capì perfettamente (Carta del Lavoro: estese a tutti i lavoratori i diritti del lavoro). In questocaso è lo stato che concede i diritti, non è l'individuo che se li è conquistati con la propria autonomia come per il contratto collettivo. Poi si avverte l'esigenza più importante, che è quella di arrivare ad un nuovo codice civile. Quindi Mussolini si pone un problema, che è quello di redigere un codice che guidi le strutture normative alla società industriale di massa che vuole andare a disciplinare. Per redigere il codice si rivolge alle 11 università italiane che c'erano all'epoca, in cui i professori italiani avevano giurato fedeltà al fascismo tranne 8, e chiede di partecipare alla redazione del codice civile. Il duce si immaginava un codice che disciplinasse tutti i rapporti di produzione della società industriale di massa e, quindi, il lavoro in fabbrica (libro V - del lavoro). Nel redigere il codice, quei giuristi che vennero chiamati fecero una straordinaria operazione giuridica,
Cioè non si opposero direttamente al duce, che sarebbe stato inutile, disciplinarono nel codice civile i tratti dell'economia corporativa, ma nel dettare le discipline posero le basi per costituzione di un codice che si basava sulla libertà e sull'autonomia individuale. Quindi, nello scrivere il codice fascista del 1942, disciplinarono l'economia capitalista, infatti ancora oggi si parla delle disposizioni del codice civile del 1942. Il problema è che nel dettare queste disposizioni, dettarono sia la struttura dell'impresa sia la disciplina del contratto di lavoro. Ciò che mancava nei regimi totalitari, diceva Avel, presidente dell'Ungheria, la principale espressione della libertà che è il pluralismo, il riconoscimento della diversità.
Il problema nel corso del 900 è sempre stato lo stesso, la fabbrica era entrata a far parte della città e le città avevano i
Quartieri operai e la produzione era diventata la produzione industriale di massa. La fabbrica era il luogo in cui si incontravano capitale e lavoro, e come diceva Max queste due entità (il capitalista e il lavoratore subordinato) sarebbero sempre entrate in conflitto, perché il capitalista sarebbe stato sempre più forte e il più ricco, mentre il lavoratore, per le leggi di mercato, guadagnava sempre il minimo per la sopravvivenza. Nel corso del periodo liberale, ma soprattutto dopo la crisi del 1929 in America, che fu la prima crisi globale del sistema capitalistico, il livello di disuguaglianza raggiunto, di povertà e di ricchezza raggiunta all'epoca, fece sì che tutte le classi liberali di tutto il mondo maturarono la consapevolezza che i lavoratori dovevano avere dei diritti. In Italia, Mussolini si rese conto di ciò e la sua ambizione è quella di andare oltre i testi legislativi, che riconoscevano i primi diritti con La Carta.
del Lavoro (1923), il cui primo obiettivo è stato introdurre la durata massima dell'orario di lavoro giornaliero ad otto ore. Dopo di che disciplina l'impiego privato e quindi fece una prima legge che recepiva quei principi che erano state elaborati nel diritto privato e poi gradualmente cominciò a